La neuroestetica risponde a cosa succede nel nostro cervello davanti a un’opera d’arte

La è la disciplina delle neuroscienze che indaga i processi cerebrali connessi all’esperienza estetica. Questa branca è stata formalmente introdotta nel 1994 grazie a un articolo pubblicato sulla rivista Brain da un neurobiologo e un artista. La neuroestetica si focalizza su ciò che determina la nostra percezione di bellezza e come reagiamo a essa, esplorando le emozioni intense che possono sorgere di fronte a un’opera d’arte.

Studi recenti hanno rivelato che le reazioni emotive suscitate dall’arte non sono fenomeni astratti, ma derivano dall’attivazione di specifiche aree del quando interagiamo con un’opera d’arte. Allo stesso modo, artisti storici possono essere visti come pionieri nella comprensione dei meccanismi cerebrali legati all’estetica.

Come si studia la neuroestetica e cosa accade nel cervello a un’opera d’arte

Un esperimento in neuroestetica prevede che i partecipanti osservino un’opera d’arte mentre indossano sensori speciali che misurano parametri fisiologici, come la cardiaca e la conduzione elettrica della pelle. I biomarcatori così ottenuti permettono di rilevare indizi su ciò che accade nel cervello durante l’esperienza estetica.

Inoltre, le tecniche di neuroimaging, come l’elettroencefalografia, offrono la possibilità di visualizzare direttamente l’attività cerebrale, chiarendo quali aree si attivano in risposta a stimoli estetici. Questa integrazione di informazioni porta a una comprensione più profonda delle nostre reazioni verso ciò che consideriamo bello.

Quali aree cerebrali si attivano davanti a un’opera d’arte

Quando ci immergiamo in un’opera d’arte, le stesse aree cerebrali utilizzate per l’elaborazione delle informazioni sensoriali nella realtà vengono attivate. Per esempio, la corteccia fusiforme gioca un ruolo cruciale nel riconoscimento dei volti e si attiva anche quando osserviamo ritratti pittorici.

Il potere dell’arte va oltre l’analisi visiva. Il cervello utilizza i neuroni specchio, che si attivano sia nell’azione che nell’osservazione, per permetterci di immedesimarci con le emozioni dei soggetti rappresentati. Questa attività neuronale facilita una connessione empatica, arricchendo l’esperienza estetica personale.

In aggiunta, l’arte stimola diverse aree cerebrali legate alle emozioni, inclusa l’amigdala. Quando un’opera ci affascina, il sistema della ricompensa rilascia neurotrasmettitori come dopamina e serotonina, responsabili delle sensazioni di gratificazione. Questo rilascio di sostanze chimiche contribuisce al nostro attaccamento verso le opere preferite.

Immagine
Localizzazione dell’amigdala nel cervello umano. Credit: Images are generated by Life Science Databases(LSDB)., CC BY–SA 2.1 JP , via Wikimedia Commons.

Reward system
Principali aree del circuito della ricompensa in un cervello umano.
VTA: area tegmentale ventrale; AMY: amigdala; HIPP: ippocampo; NAc: nucleus accumbens; PFC: corteccia prefrontale. Credit: GeorgeVKach, CC BY–SA 4.0 , via Wikimedia Commons.

Vincent Van Gogh, neuroscienziato sui generis

Il fondatore della neuroestetica suggerisce che l’artista opera come un neuroscienziato, esplorando le potenzialità del cervello attraverso pratiche diverse rispetto alla scienza.

Un esempio è l’opera Campo di grano con volo di corvi di Van Gogh. Se osservata attentamente, sembra che le spighe si muovano, creando un’intensa sensazione di dinamismo. Questo fenomeno è il risultato dell’attivazione della regione cerebrale nota come area MT, che si occupa della percezione del movimento. Così, l’arte di Van Gogh stimola nel nostro cervello risposte simili a quelle che sperimentiamo nella realtà, offrendo un’affascinante esperienza di neuroestetica.

Fonte:

Magsamen S., Your Brain on Art: The Case for Neuroaesthetics, 2019
Cinzia D., Vittorio G., Neuroaesthetics: a review, 2009
Freedberg D, Gallese V., Motion, emotion and empathy in esthetic experience, 2007
Babiloni F. et al., The great beauty: A neuroaesthetic study by neuroelectric imaging during the observation of the real Michelangelo’s Moses sculpture, 2014.
Thakral P. et al., A neural mechanism for aesthetic experience, 2012

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