La pastorizzazione, processo di riduzione della carica microbica negli alimenti, fu sviluppata dal chimico francese Louis Pasteur nella seconda metà dell’Ottocento. Questo metodo aumenta la sicurezza e la durata di conservazione degli alimenti, con particolare riferimento al latte. La pastorizzazione del latte implica il riscaldamento a temperature superiori ai 60 °C per vari intervalli di tempo, a seconda del procedimento utilizzato. L’alta temperatura riduce la proliferazione di microrganismi, rendendo il prodotto microbiologicamente sicuro, in conformità con le normative nazionali. Tuttavia, i contaminanti chimici, come pesticidi, richiedono monitoraggi e controlli specifici prima del processo.
La pastorizzazione: da vino a latte
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Nel 1863, Pasteur indagò sui problemi dell’industria vinicola francese, scoprendo che il deterioramento del vino durante il trasporto era causato da batteri che provocavano fermentazione acetica. Concepite per eliminare questi microrganismi senza alterare le proprietà organolettiche, le tecniche di riscaldamento a circa 60°C/70°C permisero di estendere l’applicazione del metodo anche ad altri alimenti, in particolare al latte.
Nel latte, l’obiettivo della pastorizzazione è ridurre i microrganismi indesiderati, prolungando il periodo di conservazione. Il latte crudo ha una shelf life significativamente inferiore rispetto al latte pastorizzato, poiché i microrganismi possono proliferare e alterare le sue caratteristiche.
Come avviene la pastorizzazione del latte
La pastorizzazione coinvolge temperature elevate per periodi ben definiti. Esistono tre principali tipologie:
– LTLT (Low Temperature Long Time): riscaldamento a 63°C per 30 minuti.
– HTST (High Temperature Short Time): riscaldamento a 72°C per 15 secondi.
– UHT (Ultra High Temperature): temperature superiori a 100°C per meno di 10 secondi.
Temperature più elevate consentono un trattamento più breve, necessario per mantenere la qualità del prodotto e prevenire alterazioni indesiderate. A livello industriale, i pastorizzatori utilizzano scambiatori di calore per riscaldare il latte senza contatto diretto tra il latte e il fluido termico. Dopo la pastorizzazione, il latte viene rapidamente raffreddato tra i 4°C e i 6°C per prevenire la proliferazione di batteri termofili.
Contaminanti non eliminati dalla pastorizzazione
Il processo di pastorizzazione riduce i contaminanti biologici, ma non elimina quelli chimici, come pesticidi e micotossine. Questo richiede controlli preventivi e monitoraggio prima della pastorizzazione. La pastorizzazione, pur essendo efficace nella riduzione della carica microbica, non garantisce una sterilizzazione totale. Alcuni batteri, come quelli del genere Bacillus, possono sopravvivere a questo trattamento.
Secondo la normativa italiana, il latte bovino deve presentare un numero limite di germi mesofili aerobi per millilitro. La pastorizzazione deve soddisfare specifici criteri di verifica per garantire che il latte sia sicuro per il consumo.