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La teoria del cervello rettiliano e la sua insoddisfacente spiegazione sulla complessità del cervello umano

Il concetto di “ ” si riferisce a una parte del sistema nervoso responsabile degli istinti più primordiali e delle reazioni automatiche, come la paura e l’aggressività. Questa definizione, sviluppata negli anni Sessanta dal neurologo Paul MacLean, suggerisce l’esistenza di un nucleo “ancestrale” nel cervello umano. Tuttavia, va notato che questa è una semplificazione della reale complessità del cervello. Le moderne scoperte neuroscientifiche hanno dimostrato che, sebbene alcune funzioni vitali siano localizzate in strutture cerebrali profonde, il concetto di un “pilota automatico rettiliano” è considerato superato.

Immagine Paul MacLean. Credits: Edward A. Hubbard, National Institute of Health, Public domain, via Wikimedia Commons.

L’origine del concetto: la teoria del cervello trino

Il termine “cervello rettiliano” è stato introdotto da Paul MacLean, il quale negli anni ’60 presentò la del cervello trino, che proponeva che il cervello fosse composto da tre strati principali. Questi includono:

  • Cervello rettiliano: la parte più antica, responsabile delle funzioni vitali come respirazione e riflessi, e degli istinti base di sopravvivenza e riproduzione.
  • Sistema limbico: struttura evolutivamente più recente, associata alle emozioni e alla memoria. Sebbene presenti in primitiva nei rettili, nelle aree cerebrali dei mammiferi assumono un ruolo centrale.
  • Neocorteccia: la parte più avanzata, coinvolta nel pensiero razionale, nel linguaggio e nella pianificazione, ha la massima in Homo sapiens.

Ipotesi cervello trino

Questa teoria, sebbene di facile comprensione e utile per l’informazione divulgativa, è stata superata a seguito di nuove evidenze che evidenziano l’integrazione e l’interdipendenza delle diverse strutture cerebrali.

Il cervello rettiliano gestisce funzioni di base per la sopravvivenza

Le aree associate al “cervello rettiliano” comprendono il tronco encefalico e i gangli della base, che sono fondamentali nella regolazione delle funzioni automatiche necessarie alla vita, tra cui la respirazione e i riflessi di sopravvivenza. Queste funzioni, pur essendo universali nel regno animale, non operano in isolamento; anche i comportamenti più elementari sono influenzati dal sistema limbico e dalla neocorteccia.

Il mito del cervello rettiliano: le implicazioni

Spesso l’idea del cervello rettiliano viene impiegata in psicologia popolare e marketing per spiegare reazioni impulsive, ma com’è evidente, questa visione semplifica e distorce la comprensione dei comportamenti umani. La valutazione dei disturbi mentali si basa, erroneamente, su una ricerca di disfunzioni in specifiche aree cerebrali, mentre è chiaro che le emozioni e i comportamenti derivano da dinamiche complesse che coinvolgono ampie reti cerebrali. Le esperienze e le influenze culturali giocano anch’esse un ruolo significativo.

Cervello connessioni complesse

La rappresentazione del cervello come un’entità stratificata non riflette la sua complessità. Infine, il “cervello rettiliano” è una metafora che dovrebbe essere interpretata con cautela, poiché il cervello è un sistema integrato in cui istinti, emozioni e razionalità cooperano per affrontare le sfide della vita. La ricerca attuale continua a rivelare le affascinanti interconnessioni tra le varie funzioni cerebrali e il loro impatto sul comportamento umano.

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