Antichi trucchi solari: quando una pelle pallida urlava “Sono ricco e non sudo come voi plebei!”
Ah, amici, preparatevi a un tuffo nel passato dove le creme solari non esistevano e la pelle chiara era il badge d’onore dei nababbi! Immaginate: invece di spalmarsi lozioni magiche per abbronzarsi come oggi, la gente si copriva come muli o si ungeva di robaccia naturale per evitare di diventare rossi come gamberi. #StoriaSolare #PelleScandalosa #UVAntichi Non era per vanità, oh no, era per gridare al mondo: “Io non sgobbo sotto il sole, io sono classe!” Oggi, con i nostri selfie da spiaggia, sembra che il mondo si sia rovesciato – abbronzati o siete out. Ma andiamo a scoprire i dettagli succosi.
Prima dell’era delle creme solari ultramoderne, gli umani dovevano arrangiarsi con due opzioni basiche: coprirsi come monaci con vestiti, cappelli o ombrelli, o spalmarsi unguenti fatti di roba naturale come argilla e olio, che offrivano una protezione da quattro soldi. Gli antichi si proteggevano non solo per evitare scottature, ma per un motivo simbolico: conservare la pelle chiara era lo status symbol definitivo, perché dimostrava che eri troppo figo per lavorare all’aperto, al contrario di oggi dove abbronzarsi è il nuovo must per sembrare un turista da copertina.
La protezione solare in passato non era per fare i fighi in spiaggia come i vacanzieri moderni, ma per sopravvivere al lavoro sotto il sole cocente. Già negli ultimi decenni dell’Ottocento, la gente sapeva empiricamente che i raggi UV facevano male – pensate ai contadini che si arrostivano nei campi senza scelta. Raccoglitori di asparagi o simili sudavano sette camicie, e mantenere la pelle chiara significava: “Ehi, io non mi spello come voi comuni mortali, segno che sto nella crème de la crème!” I canoni estetici erano capovolti – chi voleva essere abbronzato? Solo i pezzenti!
Per difendersi, si usavano vestiti e prodotti naturali, tipo in Egitto dove il lino era il re per coprirsi dalle scottature fin dall’età della pietra. Niente di fancy, eh: cappelli preistorici e tuniche per non farsi friggere. E le “creme solari” primitive? Roba come argilla mista ad acqua, usata dagli homo sapiens per riti cerimoniali, ma chissenefrega, serviva anche a non cuocere! Greci e Egizi si ungevano di olio d’oliva o crusca di riso – prodotti che bloccavano i raggi quanto una retina, ma almeno ci provavano, poveri diavoli.
Parlando di facce, il viso era la zona critica: dalle maschere antiche alle morette del ‘500, usate dalle nobildonne europee per non rovinarsi la carnagione e mantenere quel pallore da “sono troppo elitaria”. Queste mascherine di velluto nero erano l’accessorio must-have per i viaggi, perché per i ricchi, scottarsi era un’offesa alla loro superiorità. Gli occhi? Be’, fino all’età moderna, zero protezioni – tranne gli inuit con i loro “occhiali da neve” rudimentali, una fessura per non accecarsi. Solo nel Settecento arrivarono gli occhiali da sole veri, fatti a Murano, e diventarono comuni nel Novecento, finalmente salvando tutti dal bagliore.
Poi, boom: fine Ottocento, la scienza smaschera i rischi dei raggi UV, e nascono le creme solari moderne. Le prime commerciali nel 1928, con L’Oréal che irrompe nel 1936, e durante la Seconda guerra mondiale, i soldati americani se le spalmavano in quantità nel Pacifico – perché anche in battaglia, nessuno vuole una faccia da pomodoro. Oggi, le creme non servono più solo per rimanere pallidi come fantasmi, ma per abbronzarsi “sicuri”, visto che i canoni estetici si sono ribaltati: ora l’abbronzatura è il simbolo di vacanze da ricchi, non di sudore da poveri. Che mondo folle!