Scoprite il lato piccante di Pompei: arte erotica ovunque, con falli giganti e scene di sesso che farebbero arrossire anche i romani moderni! Non era la città più libertina, ma si è conservata alla perfezione, mostrando una mentalità sul sesso molto più aperta di oggi, soprattutto per gli uomini. Dai genitali come simboli di fertilità agli affreschi nei bordelli, è puro scandalo storico. #PompeiErotica #ArteSessoAntica #RomaLibera
Negli scavi di Pompei, l’arte erotica è ovunque e non per caso: la città si è preservata meglio di altre romane grazie al Vesuvio, offrendo uno spaccato crudo della vita quotidiana dove il sesso era sbandierato senza pudori. Pensate a raffigurazioni di organi genitali maschili, spesso esageratamente enormi, sparse nelle case private – un vero tripudio di phallus che all’epoca simboleggiavano fertilità, non solo un invito al peccato. E non dimentichiamo divinità come Priapo, con i suoi attributi mostruosi, usati persino come segnavia per i lupanari, quei bordelli affollati che erano il paradiso degli uomini.
Nei lupanari, soprattutto quello celebre nella Regio VII vicino alle Terme Stabiane, gli affreschi non lasciano spazio all’immaginazione: scene di rapporti sessuali di ogni tipo fungevano da catalogo per i servizi offerti dalle prostitute. Stesse situazioni in altri angoli della città, inclusi i lupanari privati nelle ville dei ricchi, dove le pareti erano tappezzate di erotismo per attirare clienti. Perfino nelle terme, come quelle suburbane presso Porta Marina, spuntano raffigurazioni audaci che rendono le visite un’avventura borderline.
E poi ci sono le scritte graffitate, puro gossip antico: nel lupanare della Regio VII, un tizio si è vantato con “Hic ego puellas multas futui”, che significa “Qui ho avuto rapporti sessuali con molte ragazze”, mentre nella Casa dei Vettii, una prostituta pubblicizzava i suoi affari con “Eutychis, graeca a[ssibus] II moribus belli”, ovvero “Eutychis, greca, di buone maniere, [disponibile] per due assi”. Roba che oggi farebbe impazzire i social!
Questa arte erotica ha sempre fatto scalpore: nel 1819, il re Francesco I di Borbone la censurò, nascondendola nel Gabinetto segreto del Museo archeologico di Napoli, accessibile solo a “adulti moralmente irreprensibili” – ehi, oggi è aperto, ma guai ai minori soli! Ma perché tanto baccano? Pompei rispecchiava la morale romana comune, con la prostituzione vista come un comodo sfogo per gli uomini, preservando l’onore delle donne sposate. Non era perversione, ma un servizio “sociale” ampiamente accettato, con i genitali maschili spesso usati come talismani di buona fortuna, tipo i nostri cornetti.
Insomma, l’abbondanza di queste raffigurazioni erotiche non era solo per eccitare, ma per celebrare la fertilità e la vita quotidiana in una società dove il sesso era meno tabù – almeno per i maschi. Pompei è come una foto istantanea del 79 d.C., che ci fa ridere e scandalizzare allo stesso tempo sulla doppia morale dell’umanità!