Le autorità ordinano lo sgombero del leggendario centro sociale Leoncavallo, svelando controversie sepolte nella storia milanese

Bomba a Milano: Leoncavallo, l’icona della rivolta, spazzata via dalla polizia! Dopo decenni di caos, il centro sociale simbolo di ribellione è stato sgomberato. Il sindaco Sala grida al sacrilegio, dicendo che ha “il valore storico e sociale” per la città, mentre il ministro Piantedosi lo chiama solo un covo illegale. È guerra tra legalità e cultura?

In una mossa che sta accendendo i social e le strade di Milano, le forze dell’ordine hanno finalmente fatto irruzione nel mitico Leoncavallo, quel covo di rivoluzionari che da decenni fa impazzire le autorità. Fondato nel ’75 da attivisti del ’68, questo centro è stato il playground della contestazione, con occupazioni, feste e persino tragedie come l’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, che trasformò le madri in eroine anti-droga. Centomila persone in piazza Duomo per i funerali? Roba da far tremare i palazzi del potere!

Non stupisce che il sindaco Giuseppe Sala stia urlando al golpe culturale, enfatizzando “il valore storico e sociale” di un posto che ospitava di tutto: dal di serigrafia ai developer di videogiochi indie, fino a una scuola popolare di italiano e un laboratorio teatrale. Ma andiamo, è solo un nido di occupazioni abusive secondo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che in un post su X ha difeso lo sgombero come un trionfo della legalità. Peccato che l’ordine di sgombero risalga al 2003 e sia stato rinviato ben 103 volte – quasi una barzelletta!

Dal ’94, dopo lo sgombero dalla sede originale in via Leoncavallo, il centro ha saltato da un posto all’altro, atterrando infine in via Watteau, dove è diventato l’ultimo rifugio per i milanesi in cerca di dibattiti, fiere di cibo e musica gratis. Con la chiusura di Macao nel 2021, era praticamente l’unico sopravvissuto, un faro per i giovani contro il grigiore della città. Ora, però, con 31 anni di occupazione alle spalle, il futuro è in bilico: il Comune chiacchiera con le Mamme antifasciste del Leoncavallo per una nuova sede, forse a Corvetto, ma chissà se sarà solo un altro rinvio o la fine di un’era che ha fatto infuriare più di un governo. Che scandalo!

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