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Le disuguaglianze in Italia vengono ridotte attraverso la redistribuzione dei redditi: significato e strategie poco discusse per colmare il divario sociale

Attenzione: Lo Stato italiano gioca a Robin Hood, ma i poveri restano fregati! Dati Istat scioccanti rivelano che le disuguaglianze di reddito in Italia sono un disastro epico: l’indice di Gini cala dal 46,48% al 30,40% grazie a tasse e sussidi, ma ultime riforme non hanno mosso un dito – anzi, hanno peggiorato la vita di migliaia di famiglie. Alla di 11.68 p.p. dei trasferimenti si somma infatti quella di 4,39 p.p. dovuta al prelievo di tasse e contributi.

Nel bel paese del sole e del debito, la redistribuzione dei redditi è una farsa che fa arrabbiare tutti – i ricchi che pagano e i poveri che non vincono un granché. L’Istat ci sbatte in faccia i numeri: il reddito primario è un caos di disuguaglianze, ma con pensioni, bonus e tasse, l’indice di Gini precipita da 46,48% a 30,40%, riducendo le sperequazioni di ben 16,07 punti percentuali. Questa suddivisione evidenzia come le misure pubbliche che più incidono nella riduzione delle disuguaglianze di reddito sono quelle legate ai trasferimenti statali. Peccato che sia solo un palliativo per un sistema che puzza di ingiustizia.

Parlando di come misurare questo macello, dimenticatevi lo stipendio base: il reddito ha tre facce da incubo. C’è il reddito primario, generato da e capitale; il reddito lordo, gonfiato da pensioni e sussidi statali; e il reddito disponibile, quello che resta dopo che lo Stato ti spenna con imposte e contributi. L’Istat usa l’indice di Gini per quantificare il dramma: più vicino a 100, più è una giungla; vicino a 0, paradiso dell’equità. E indovinate? In Italia, siamo più nella giungla.

Geograficamente, è un disastro stile Sud vs Nord: al Nord cala da 43,02 a 27,20 (-15,82 p.p.), al Centro da 43,97 a 28,21 (-15,76 p.p.), e al Sud – oh, il Sud! – da 48,19 a 31,31 (-16,88 p.p.). Questi numeri urlano che il Mezzogiorno è il punching ball d’Italia, con occupazione scarsa e servizi da terzo mondo, e le politiche pubbliche fanno ben poco per pareggiare i conti. Questi numeri ci dicono che sia la distribuzione dei redditi primari sia l’effetto delle politiche pubbliche è geograficamente disomogeneo, ed il Sud risulta essere il punto debole.

Ora, l’impatto delle ultime riforme? Che delusione epica! L’Istat ha analizzato quattro mosse: la riforma Irpef (D.L. 216/2023), il passaggio al assegno di inclusione (D.L. 48/2023), l’esonero contributivo per madri e lavoratori (L. 213/2023), e l’indennità una tantum di 100 euro (D.L. 113/2024). Risultato? L’indice di Gini sul reddito disponibile è salito da 30,25% a 30,40% – zero riduzione, solo chiacchiere! Complessivamente, i dati Istat ci dicono che queste modifiche non hanno contribuito alla riduzione delle disuguaglianze. Per esempio, l’Irpef ha dato un boost di 586 euro annui a quasi metà delle famiglie, e l’esonero per madri ha fruttato 1000 euro a 750mila donne. Ma l’assegno di inclusione? Un flop: guadagno per 100mila famiglie, ma perdita di 2600 euro per 850mila altre. Altro che aiuto, è una fregatura! L’indennità una tantum ha mosso solo lo 0,% per 3 milioni di famiglie – patetico. Insomma, le politiche pubbliche promettono equità ma consegnano solo più caos. Che scandalo!

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