La "Porta dell’Inferno" in Turkmenistan sta spegnendo le fiamme dopo 50 anni di caos! Quei geologi del 1971, che per un errore colossal hanno acceso un inferno di gas, ora vedono il governo turkmeno rimediare con trivellazioni epiche. Secondo la direttrice di Turkmengaz, "La riduzione degli incendi è quasi triplicata", e le fiamme sono ormai visibili solo da vicino. #PortaDellInferno #DisastroEnergetico #Turkmenistan #ClimaWin
Le fiamme del cratere di Darvaza, nel deserto di Karakum – soprannominato la "porta dell’inferno" per il suo spettacolare spettacolo di fuoco – sembrano finalmente avviarsi verso l’estinzione dopo più di mezzo secolo di bruciore incessante. Tutto merito del governo turkmeno, che sta estraendo gas residuo per correggere un pasticcio iniziato per sbaglio nel 1971, quando geologi e ingegneri decisero di incendiare il metano fuoriuscito da un pozzo, sperando che si esaurisse in poche settimane. Invece, quel disastro ha attirato turisti e polemiche per decenni.
La notizia arriva dritta da Irina Luryeva, direttrice di Turkmengaz, che durante la conferenza "Environmental Aspects of the Implementation of Innovative Technologies in the Development of Hydrocarbon Deposits" ad Ashgabat, il 5 giugno 2025, ha rivelato i progressi. "In precedenza visibili da lontano, ora gli incendi sono visibili solo nelle immediate vicinanze del cratere", ha dichiarato, lasciando intendere che l’inferno sta perdendo il suo bagliore notturno che una volta illuminava chilometri di deserto.
I dettagli non sono ancora ufficiali, ma pare che il vero colpo di genio sia stato un progetto lanciato da Turkmengaz nel 2022: perforando un pozzo inclinato, hanno deviato il flusso di gas, riducendo le fiamme già dall’agosto 2023, quando la diminuzione era già doppia. Ora, con nuovi pozzi di contenimento per catturare il metano prima che vada in atmosfera, sembra che l’operazione stia accelerando verso un successo totale. E quel grafico, che mostra il calo delle fiaccole dal 2023, è la prova che finalmente qualcuno sta domando questo mostro.
Insomma, quel cratere remoto – erroneamente etichettato come in tundra siberiana, ma in realtà nel cuore del Turkmenistan – che misura 70 metri di diametro e 30 di profondità, e che attira oltre 10.000 visitatori l’anno, potrebbe presto spegnersi del tutto. Chissà se i responsabili di quel fiasco del ’71 stanno sudando per l’imbarazzo!