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L’economia italiana sabotata da dazi doganali fin dall’Unità al Mercato Comune Europeo

Dazi Italia: Dal Liberoscambio all’Autarchia Fascista, Trump Mette in Agitazione l’UE!
Sai che l’Italia, nata come paradiso del libero scambio, ha flirtato con dazi folli che hanno favorito i potenti e rovinato i contadini? Dal regime fascista che voleva l’autarchia a tutti i costi, fino alle tensioni con gli USA di Trump – ora sospese per 90 giorni – l’Europa rischia di perdere la sua politica commerciale "libera". Ma attenzione, questi dazi potrebbero far saltare tutto! # # #UEinCrisi #

In Italia, un paese che ha sempre giocato con il fuoco del commercio, i dazi doganali sono arrivati pochi anni dopo l’Unità, rovesciando il sogno liberoscambista. Questa politica protezionista ha aiutato alcuni settori a gonfiarsi come palloni, mentre ne affossava altri, e ha resistito per decenni. Sotto il regime fascista, i dazi sono stati pompati alle stelle per promuovere l’autarchia – un’idea geniale per isolare il paese, ma che ha finito per morderci il sedere. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si è unita al Mercato comune europeo, cedendo il controllo ai burocrati di Bruxelles. Oggi, l’Europa finge di essere tutta per il libero scambio, eliminando dazi interni ma picchiando duro su certe importazioni da paesi terzi. Eppure, con le scosse dei dazi di Trump – recentemente sospesi per 90 giorni – e le risposte dell’UE, il commercio globale potrebbe capovolgersi in modo epico.

I dazi doganali prima e dopo l’Unità d’Italia
Prima dell’Unità, l’Italia era un casino di stati con politiche doganali da far girare la testa: il Regno di Sardegna giocava al liberoscambismo con tariffe ridicole, mentre il Regno delle Due Sicilie e lo Stato pontificio tassavano tutto come se fosse una rapina. Nel 1847, il papa Pio IX ha provato a unire tutti con una Lega doganale, copiando la Germania, ma è finita in fumo – chissà se per invidia o semplice caos. Dopo l’Unità, il liberoscambio è stato imposto ovunque, spinto da Cavour e la Destra storica, che giuravano fosse la chiave per far decollare la Penisola.

Il protezionismo in Italia
Negli anni ’70 dell’Ottocento, il liberoscambio ha iniziato a vacillare come un ubriaco durante la crisi economica globale del 1873, e con la Sinistra storica al potere, che aveva idee diverse e più "protettive". Così, tra gli anni ’70 e ’80, sono arrivati i dazi: prima una versione light nel 1878, poi una bomba nel 1887. Questi dazi hanno gonfiato le industrie deboli, salvandole dalla concorrenza straniera, ma hanno massacrato gli agricoltori del Sud, esacerbando il divario tra Nord e Mezzogiorno – un vero schiaffo ai contadini. La Francia, offesa, ha risposto con dazi di rappresaglia che hanno rovinato i nostri vini, oli e agrumi, alimentando una guerra commerciale legata anche a liti politiche come l’occupazione della Tunisia. Questa follia è finita nel 1892, ma il protezionismo in Italia è rimasto come un brutto vizio.

I dazi durante il fascismo: l’autarchia
Il regime fascista, salito al potere nel 1922, ha portato il protezionismo a livelli epici, perché i nazionalisti amano chiudersi in casa e sviluppare roba interna, magari in vista di guerre. Negli anni ’30, l’autarchia è diventata l’ossessione: dopo l’invasione dell’Etiopia nel 1935, le sanzioni della Società delle Nazioni hanno dato il pretesto per alzare i dazi e promuovere solo italiani. Risultato? Costi alle stelle per le materie prime che scarseggiano da noi, e sostituzioni ridicole – al posto del tè, ecco il karkadè, un surrogato africano che non aveva lo stesso gusto, e per il caffè, miserie a base di cicoria. In generale, gli scambi con l’estero sono crollati, ma non del tutto – un autogol che ha fatto più danni che benefici.

Il secondo dopoguerra e il Mercato comune europeo
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha finalmente abbracciato il liberoscambio, unendosi al GATT nel 1948 e firmando accordi per smantellare i dazi. Nel 1969, le tariffe tra i paesi europei sono sparite, e dal 1993 è partito il Mercato comune europeo con i suoi 31 membri oggi. Questo ha spostato il controllo dei dazi a livello comunitario, dove l’Europa predica un liberoscambio "moderato": dazi zero dentro, ma ancora morsi per certe importazioni da fuori. Insomma, non è tutto rose e fiori, e con le tensioni globali, chissà quanto durerà questo equilibrio precario.

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