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L’influenza di ChatGPT nel rendere più stupidi è respinta, ma la cautela viene raccomandata dallo studio del MIT

Svelato lo scandalo cerebrale: ChatGPT ti sta rendendo un mollusco mentale? Un nuovo studio del MIT avverte che l’IA potrebbe spegnere il tuo cervello quando scrivi, lasciando i tuoi neuroni a sonnecchiare! “ChatGPT ci sta rendendo stupidi”, urlano i titoli sensazionalisti, ma la boss del progetto, Nataliya Kosmyna, taglia corto con un “Nessuna stupidità, nessun cervello in vacanza”. Eppure, i risultati mostrano che senza AI, il tuo cranio lavora duro – quindi usa ChatGPT con parsimonia o rischi di diventare solo un burattino di codice. #AI #ChatGPT #MIT #CervelloInPericolo #StudioVirale

Eccovi la bomba: mentre i media gonfiano la storia come un palloncino impazzito, il MIT ha appena sganciato uno studio che fa tremare le scrivanie, pubblicato il 10 giugno 2025 senza ancora il bollino di approvazione ufficiale. Tutti corrono a gridare allarme, con titoli che sembrano usciti da un horror da quattro soldi, ma gli autori implorano: non fatevi prendere dal panico, gente! Questo non è un invito al linciaggio dell’AI, ma un richiamo a non semplificare tutto in frasi come “ChatGPT ci sta rendendo stupidi”. Approfondiamo questo pasticcio cerebrale, con i suoi twist e contro-twist.

Lo studio dell’MIT, che potrebbe farvi ripensare a tutte quelle email pigre scritte con ChatGPT, si è concentrato sull’impatto dell’IA sul nostro povero cervello durante la scrittura. Coinvolti 54 giovani tra i 18 e i 39 anni da università di Boston, tutti bardati con cuffie da elettrodi stile film di spionaggio per monitorare ogni scintilla cerebrale. I partecipanti? Divisi in tre gruppi caotici: uno poteva usare solo ChatGPT come aiutante, uno solo Google per rovistare online, e un terzo – i puristi – doveva affidarsi solo al proprio ingegno, senza aiuti esterni.

Indovinate un po’? I risultati sono esplosivi: chi scriveva senza AI ha acceso il cervello come un falò, con connessioni folli nelle zone del linguaggio, attenzione e creatività. Quelli con Google hanno acceso le parti da “navigatore ossessivo”, mentre il gruppo ChatGPT ha mostrato un’attività cerebrale fiacca come un lunedì mattina. Ma attenzione, non è un verdetto di stupidità eterna – gli ricercatori hanno tuonato contro etichette come “brain rot”, insistendo che è solo meno sforzo. E nella sessione bonus, quando i “dipendenti da AI” hanno scritto da soli, il cervello si è riattivato alla grande, come se dicesse: “Ehi, posso farlo!”

Perché non possiamo ancora incriminare ChatGPT come il cattivo della storia? Primo, questo studio non ha passato la peer-review, quindi trattatelo come un rumor di bar – interessante, ma non oro colato. Il MIT l’ha buttato online per agitare il dibattito, magari per bloccare qualche politica scolastica sull’AI, ma prendetelo con le pinze. E le critiche? Sono una bomba: solo 54 soggetti, tutti “WEIRD” (ovvero, occidentali, istruiti e privilegiati – che noia!), nessun dato a lungo termine, e poi, scrivere da zero non è la stessa cosa che editare roba di AI. Magari è solo che il tuo cervello si rilassa un po’, non che si dissolve! Insomma, la lezione è chiara: prima di affidarti all’AI, prova a spremere quel grigio tra le orecchie, o rischi di diventare solo un’altra statistica sensazionalista.

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