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L’Italia ha rilanciato la sua potenza navale con l’Enrico Toti come primo sottomarino dopo la seconda guerra mondiale

Svelato il mostro subacqueo italiano che sfidava i rossi! Il leggendario sottomarino Enrico Toti, simbolo del revival navale tricolore, è stato il primo baluardo antisovietico dopo 20 anni di umiliazione post-bellica. Costruito nei cantieri di Monfalcone nel ’65, questo gigante delle onde – lungo 46, metri e armato fino ai denti – è oggi esposto al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, dove attira curiosi e nostalgici.

Preparatevi a immergervi nelle viscere di questa bestia marina, che era più sottomarino che sommergibile, con una velocità da brividi: 14 nodi in immersione e fino a 150 metri di profondità, testato addirittura a 300! Pesante 593 tonnellate quando si nascondeva sotto le onde, ospitava 26 marinai tosti e sfoggiava una “falsa torre” innovativa con snorkel per respirare aria fresca – una genialata diesel-elettrica con motori FIAT e Siemens che ricaricava mentre sfiorava la superficie.

Ma ecco il colpo di scena: armato di quattro tubi lanciasiluri da 533 mm a prua, pronti a sparare siluri filoguidati con testata autocercante – roba che poteva inseguire e affondare nemici subacquei come un predatore affamato. Submarine-Submarine Killer, lo chiamavano, specializzato nel dare la caccia ad altri sottomarini, anche se alla fine non ha mai sparato un colpo in battaglia, limitandosi a esercitazioni NATO e addestramenti che hanno fatto tremare i comunisti.

E perché questo gioiello è nato solo dopo la WWII, in piena Guerra Fredda? Beh, dopo la sconfitta, l’Italia era stata costretta a rinunciare a navi da battaglia e sottomarini per ordine degli alleati – una restrizione umiliante che gli USA hanno allentato per monitorare i russi nel Mediterraneo. Così, nel ’65, è partito il progetto nei cantieri C.R.D.A., con il Toti varato nel ’67 e seguito da Dandolo, Mocenigo e Bagnolini. Dopo 27.000 miglia nautiche di avventure, nel ’99 ha appeso le ancore, navigando fino a Cremona per finire al museo – un finale epico per un relitto che ancora racconta storie di spie e tensioni globali.

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