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“Ma però” e “a me mi piace” sono corretti? La risposta arriva dall’Accademia della Crusca.

Nel corso degli anni, l’espressione “ma però” e frasi come “a me mi ” sono state comunemente giudicate errate e da evitare, considerate segno di una lingua poco curata. Tuttavia, recenti affermazioni dell’Accademia della stanno rivalutando queste costruzioni, chiarendo che, se utilizzate nel contesto appropriato, non solo sono corrette, ma possono anche essere ricche di significato. Analizziamo i motivi per cui queste espressioni possono avere un loro posto nel linguaggio quotidiano.

Il significato di “a me mi piace”

Critiche e obiezioni all’uso di “a me mi piace” sono frequenti, in quanto viene definita un pleonasmo. In molti credono che l’inserimento di entrambe le forme, “a me” e “mi“, rappresenti una ripetizione superflua. Tuttavia, l’Accademia della Crusca afferma che questa costruzione non è errata, anzi, serve a evidenziare e rinforzare il soggetto stesso. Esempi aneddotici in questo senso sono frequenti nella lingua parlata, come nel caso della frase

“A me mi piace il gelato.”

Criticata da alcuni per la sua apparente ridondanza, essa in realtà enfatizza il gusto personale dell’individuo, ponendo l’accento chi esprime tale preferenza. Questa forma è comune in molte varianti regionali e nel linguaggio colloquiale. La Crusca evidenzia che, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, la ripetizione arricchisce l’affermazione con ulteriori sfumature pragmatiche, mostrando il desiderio di enfatizzare il proprio parere.

L’uso di “ma però”

Un altro esempio controverso è l’espressione “ma però”, spesso oggetto di critiche per l’apparente duplicazione delle congiunzioni avversative. Molti tendono a considerarla un errore, poiché entrambe le parole funzionano in modo simile. Inaspettatamente, l’Accademia insegna che “ma però” è corretto e riscontrabile anche in opere di grandi autori della letteratura italiana. Autori come Dante e Alessandro Manzoni impiegavano questa forma nelle loro scritture.

Prendendo in considerazione il Canto XXII dell’Inferno, Dante utilizza “ma però” in una situazione drammatica per sottolineare l’impossibilità dei diavoli intrappolati nella pece. La frase:

“Ma però di levarsi era neente,

sì avieno inviscate l’ali sue,”

illumina la tensione tra il desiderio di sollevarsi e l’incapacità di farlo. Analogamente, Manzoni lo impiega in una conversazione tra personaggi ne I Promessi Sposi. Qui, l’amico di Renzo usa l’espressione in un contesto colloquiale, conferendo autenticità al dialogo.

Entrambi gli esempi indicano che “ma però” non è solo una costruzione linguistica, ma un modo per conferire vivacità e forza espressiva al discorso. Quindi, sia “ma però” che “a me mi piace” non devono essere considerati errori, poiché possono svolgere una funzione stilistica significativa in contesti specifici.

In conclusione, l’utilizzo di queste espressioni richiede una considerazione attenta del contesto. Ciò che a prima sembrerebbe una ripetizione, in realtà, può svolgere un ruolo cruciale nel dare risonanza e chiarezza al messaggio comunicativo, evidenziando come la lingua sia un organismo vivo e in continua evoluzione.

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