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Perché Fiume/Rijeka non è italiana? Storia di una città contesa per molti anni

La di Fiume, oggi Rijeka, in Croazia, ha una contrassegnata da avvenimenti storici significativi e conflitti. Dopo la Seconda guerra mondiale, Fiume fu occupata dai partigiani jugoslavi e successivamente annessa alla Jugoslavia con il trattato di pace del 1947. Attualmente, la popolazione supera di poco i 100.000 abitanti, prevalentemente di lingua ed etnia croata, ma nel passato la città era un centro multietnico con una considerevole presenza . Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, movimenti politici rivendicarono la sua annessione all’Italia, culminando con l’occupazione da parte di legionari nel 1919 e il riconoscimento dell’appartenenza al Regno d’Italia nel 1924, che durò fino alla Seconda guerra mondiale.

Fiume nell’Impero austroungarico

Fiume, fondata nell’epoca romana, venne annessa all’Ungheria nel 1779 sotto Maria Teresa d’Austria. Negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi del XX secolo, la città conobbe un periodo di crescita demografica ed economica, grazie al suo porto, passando da poco più di 20.000 abitanti a circa 50.000. Alla vigilia della Prima guerra mondiale, quasi metà della popolazione era di lingua ed etnia italiana, mentre gli altri residenti erano croati, ungheresi e appartenenti ad altre etnie. Fino al 1915, Fiume non era una delle principali rivendicazioni italiane, che si concentravano su altre terre “irredente” come il Trentino e Trieste.

La città di Fiume durante la Prima guerra mondiale

Con l’entrata in guerra dell’Italia contro Austria-Ungheria e Germania, venne sottoscritto il Patto di Londra, che stabiliva i compensi territoriali post-war. Tuttavia, Fiume non era inclusa tra i territori rivendicati. Al termine del conflitto, il movimento per l’annessione della città crebbe in Italia, nonostante la contraddizione di rivendicare Fiume e allo stesso territori non abitati da italiani già previsti nel Patto di Londra. Questa incoerenza portò alla diffusione del mito della vittoria mutilata, che poneva Fiume come simbolo principale della rivendicazione nazionalista.

L’impresa di Fiume: d’Annunzio e i suoi sostenitori

Nel settembre del 1919, alcuni reparti dell’esercito italiano, supportati da movimenti nazionalisti, occuparono Fiume, con Gabriele d’Annunzio come leader. L’occupazione riscosse un ampio sostegno in Italia ma sollevò preoccupazioni per un possibile conflitto con la Jugoslavia e per le relazioni con le potenze alleate. Nonostante ciò, il governo italiano non riconobbe l’occupazione e, nel novembre 1920, firmò il trattato di Rapallo, stabilendo l’indipendenza della città. Tuttavia, nel dicembre 1920, le forze armate italiane intervennero, costringendo d’Annunzio alla ritirata. Le richieste di annessione continuarono fino al 1924, quando un nuovo accordo italo-jugoslavo portò all’annessione di Fiume all’Italia, mentre i sobborghi rimasero sotto la giurisdizione jugoslava.

La Seconda guerra mondiale e il passaggio alla Jugoslavia

Fiume rimase parte del Regno d’Italia fino alla caduta del regime fascista. Nel 1943, dopo l’armistizio con gli angloamericani, la città fu occupata dai nazisti e inclusa nella “Zona d’operazioni del Litorale adriatico”. Alla fine della guerra, Fiume fu occupata dai partigiani jugoslavi, e nel 1947 l’Italia riconobbe ufficialmente la sua annessione alla Jugoslavia. Durante questo periodo, gran parte della popolazione di lingua italiana lasciò la città a causa dell’esodo giuliano-dalmata.

Dal 1991, a seguito della proclamazione di indipendenza della Croazia, Fiume è diventata parte di questo Stato. Attualmente, la maggior parte della popolazione è di etnia croata, e solo una piccola minoranza, circa l’,9%, si identifica come italiana.

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