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Perché il pane indurisce rapidamente lasciato all’aria? Colpa dell’umidità e retrogradazione dell’amido.

Da secoli, gli scienziati approfondiscono il meccanismo che porta il pane a diventare duro, ma nonostante gli sforzi, molte sfide rimangono indecifrabili. Un dato di fatto è che le ragioni dietro questo cambiamento sono principalmente due: la ridistribuzione dell’umidità tra la crosta e la mollica, e la retrogradazione dell’amido. Questo ultimo processo, in particolare, coinvolge l’amilosio che, assumendo una forma cristallina, influisce sulla consistenza del pane, rendendolo meno elastico. Contrariamente, i biscotti tendono a diventare più morbidi e perdono la loro croccantezza col passare del tempo.

La ridistribuzione dell’umidità nel pane raffermo

Per comprendere l’indurimento del pane all’aria, è indispensabile conoscerne la composizione. L’ingrediente predominante è la farina, che contiene fra il 70 e il 75% di amido, un carboidrato complesso presente in cereali e tuberi. I granuli di amido si trovano in una struttura reticolata di proteine che conferisce rigidità al pane.

L’amido si presenta in due forme: l’amilosio, che costituisce la parte interna del granulo ed è formato da lunghe catene con una struttura amorfa, e l’amilopectina, che forma la parte esterna con una struttura altamente ramificata e cristallina.

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Ora che abbiamo chiarito la composizione del pane, è bene analizzare cosa accade quando questo diventa stantio. La consistenza desiderata del pane è quella di una crosta croccante abbinata a una mollica morbida. Tuttavia, nel pane raffermo si verifica un fenomeno opposto: la crosta diventa più tenera mentre la mollica si indurisce, un fenomeno facilmente attribuibile all’umidità. Si verifica infatti una migrazione dell’umidità dalla mollica verso la crosta. La crosta, solitamente con una percentuale di umidità tra il 10% e il 20%, scambia la sua acqua con quella della mollica, che ne contiene circa il 45%. Da alcuni esperimenti emerge che, dopo circa 100 ore di conservazione, la crosta aumenta di umidità dal 15% al 28%, favorendo questa redistribuzione.

Per visualizzare meglio il concetto, si può pensare al pane tostato: quando il pane viene tostato, il calore secco rimuove l’umidità residua dell’amido, rendendolo duro. La “freschezza” del pane è quindi influenzata da quello che si chiama equilibrio igroscopico, cioè il bilanciamento tra l’umidità del pane e quella dell’ambiente circostante. Di fatto, il pane si indurisce perché perde acqua e si secca, ma la questione è più complessa.

La retrogradazione dell’amido e l’indurimento della mollica

Comprendere perché la mollica inizia a indurirsi è più complicato, e riguarda un processo noto come retrogradazione dell’amido. Pensiamo alla preparazione del pane: quando la farina viene mescolata con l’acqua e cotta, l’amido, inizialmente insolubile, assorbe l’acqua durante la cottura. Con l’aumentare della temperatura, i legami tra le molecole si rompono, consentendo all’acqua di infiltrarsi. Ciò porta a una gelatinizzazione, nella quale l’amido si gonfia e forma una struttura morbida e porosa.

Appena sfornato, il pane è elastico e morbido grazie alla gelatinizzazione. Tuttavia, quando il pane si raffredda, inizia un processo inverso: la retrogradazione. Qui l’amido non torna al suo stato originale, ma stabilisce una nuova condizione in cui le molecole si riorganizzano, escludendo l’acqua e formando una struttura più cristallina. È l’amilosio che tende a riunirsi creando cristalli ordinati, rendendo il pane più duro. Questo processo inizia subito dopo la cottura, ma lo percepiamo solo quando il pane diventa meno gradevole, di solito dopo alcuni giorni.

Ma cosa possiamo fare per far tornare il pane raffermo più genuino? La risposta è riscaldarlo nuovamente, riattivando la fase di gelatinizzazione che riprende sopra i 60 °C.

I fattori che influiscono sulla durata del pane

Per affrontare meglio il problema della durezza del pane, sono stati esaminati vari fattori, in particolare il mix di farine utilizzato. Gli studi mostrano che le farine ottenute da grano ceroso, ricche di amilopectina e povere di amilosio, risultano migliori. Anche la farina d’orzo appare utile nel ridurre il tasso di indurimento. Inoltre, si è osservato che la farina di soia può fare la differenza. Tuttavia, il funzionamento di questi metodi dipende da specifiche proporzioni di ingredienti nell’impasto. Non esiste una soluzione universale; è il bilanciamento di ingredienti, idratazione e cottura a fare la differenza.

Anche la quantità di glutine gioca un ruolo chiave: secondo alcuni studi, un contenuto più alto di glutine nel pane consente di mantenere una consistenza della mollica più fresca durante la conservazione. Infine, il metodo più efficace per conservare il pane rimane congelarlo, poiché diversi studi dimostrano che, una volta decongelato, il pane conserva quasi il sapore e la consistenza di quello fresco.

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