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Perché non conserviamo ricordi dei primi anni? Le teorie sull’amnesia durante l’infanzia.

Alcuni individui conservano nella memoria solo pochi eventi infantili, mentre altri non ricordano affatto e altri ancora hanno memorie di fatti mai accaduti. La memoria riguardante le esperienze infantili rappresenta una sorta di stanza oscura dove, di tanto in tanto, emergono frammenti che potrebbero essere sia realtà, sia frutti dell’immaginazione, o infine costruzioni elaborate a posteriori tramite i racconti di genitori e familiari.

La ragione per cui solitamente non ricordiamo i primi anni di vita è da ricercare nell’immaturità delle strutture cerebrali associate alla memoria, che rendono arduo il passaggio delle esperienze vissute l’infanzia in memorie a lungo termine. In assenza della capacità linguistica, risulta estremamente complicato formulare una struttura logica che permetta di organizzare i in modo coerente.

Il cervello in fase di sviluppo

Nei primi anni di vita, il cervello attraversa una fase di sviluppo intenso, connessioni neurali in continua evoluzione. Se esaminassimo le aree chiave per la memoria nel cerebro di un bambino, noteremmo che l’ippocampo, la regione responsabile del consolidamento dei ricordi, non è sviluppato come in un adulto. Sebbene l’ippocampo stabilisca collegamenti rapidamente, questi restano fragili e soggetti a un frequente processo di “potatura” o rottura. Tale situazione genera una difficoltà nella trasformazione delle esperienze vissute in memorie durevoli.

Anche la corteccia prefrontale, che si occupa di ragionamento, pianificazione e recupero di ricordi, mostra segni di grande plasticità. Sussiste, dunque, una doppia difficoltà: da un lato, i ricordi a breve termine faticano a diventare a lungo termine a causa della plasticità dell’ippocampo; dall’altro, la corteccia prefrontale rende complicato il recupero coerente delle memorie stesse.

L’importanza del linguaggio

Il linguaggio rappresenta un cambiamento significativo nella nostra abilità di creare e recuperare ricordi autobiografici. La verbalizzazione implica la costruzione di una narrazione, che richiede coerenza temporale e chiarezza sugli attori coinvolti. In questo senso, il linguaggio funge da strumento che organizza e rende accessibili i nostri ricordi. È per questo che molti dei nostri ricordi iniziano a definirsi attorno ai tre o quattro anni, quando la nostra abilità linguistica si sviluppa in modo più strutturato.

Inoltre, è essenziale considerare come la cultura influenzi l’amnesia infantile. I risultati di ricerche transculturali mostrano differenze sostanziali tra le culture occidentali e orientali nella capacità di ricordare eventi prenatali. I bambini che crescono in contesti occidentali, dove si enfatizza la narrazione personale, tendono a ricordare più precocemente rispetto a quelli delle culture orientali, dove i ricordi individuali non vengono enfatizzati e spesso più generali.

Tali differenze nella struttura narrativa e nelle pratiche educative suggeriscono che il linguaggio non solo contribuisce a organizzare i ricordi, ma influenza anche il modo in cui essi vengono memorizzati e recuperati successivamente.

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