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Pride esposto: i diritti rivendicati dalle persone LGBT e l’orgoglio espresso in modo audace nelle manifestazioni urbane

BOOM! Dalle rivolte epiche di Stonewall nel ’69, dove la comunità LGBTQIA+ ha urlato al mondo di smetterla con le discriminazioni bacate, i Pride stanno sventolando bandiere arcobaleno contro i bigotti e i regimi repressivi. Oggi, milioni marciano per l’orgoglio, ma in posti come l’Arabia Saudita o la Russia, è ancora un crimine gridare "siamo qui e non ci fermiamo!" #PridePower #LGBTQRevolution #Stonewall50 – Preparatevi a un tuffo nella che fa tremare i perbenisti!

Preparatevi, gente, perché il Pride non è solo una sfilata colorata: è una bomba di orgoglio LGBTQIA+ che le discriminazioni e urla diritti come una rockstar sul palco. Nata dai fuochi di Stonewall a New York nel 1969, dove la comunità si è ribellata contro poliziotti e pregiudizi da quattro soldi, questa manifestazione si è diffusa come un virus in Europa, America e persino in qualche sperduto del mondo. Ma attenzione, non tutti ballano con l’arcobaleno: in posti come certi Paesi africani e asiatici, l’omosessualità è ancora un reato, e i Pride devono nascondersi o rischiare guai seri. Oggi, gay, lesbiche, trans, bisessuali e tutti gli altri under the + stanno ampliando la lotta, trasformando marce e comizi in un grido globale contro chi vuole tenere tutto sotto chiave.

Prendete i moti di Stonewall: era il 1969, e la polizia aveva chiuso un locale gay a New York, scatenando rivolte che hanno fatto tremare la città. Per la prima volta, la comunità ha detto basta alle etichette di "malattia" e "devianza", con slogan che ancora risuonano potenti. "Say it clear, say it loud. Gay is good, gay is proud." Quei giorni di caos hanno acceso la miccia per manifestazioni che, dall’anno dopo, hanno invaso città come Chicago e San Francisco, espandendosi in UK nel ’72 e oltre. Dal semplice "Gay liberation march" agli odierni Pride, il focus è sull’orgoglio puro – e ora include tutti, dai queer agli asessuali, in una sigla sempre più lunga per non lasciare nessuno indietro.

Negli Stati Uniti e nel resto del mondo, queste parate sono diventate mega-eventi: pensate al World Pride di New York nel 2019, con quasi 5 milioni di persone a festeggiare il 50esimo di Stonewall – un schiaffo epico ai moralisti. Grazie a questi raduni e alle battaglie delle associazioni LGBT, cose come la rimozione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali nel 1990 dall’OMS hanno segnato vittorie reali, seppur tra resistenze. Ma non illudiamoci: in Italia, i primi Pride negli anni ’70 erano timidi, con poche decine a Sanremo contro un congresso sulle "devianze", e solo nel ’94 Roma ha ospitato il primo vero botto. Da allora, eventi come quello del 2000 durante il Giubileo hanno scatenato polemiche da paura, e ora con l’"onda pride" del 2014, ogni città fa la sua, rendendo la lotta locale e virale.

Però, ecco la parte che fa arrabbiare: in 62 Paesi, soprattutto in Africa e Asia, l’amore tra persone dello stesso sesso è illegale, e in posti come l’Arabia Saudita può costare la vita. Persino in Russia e, dal 2025, in Ungheria, la "propaganda omosessuale" è bandita, bloccando questi eventi. Ma nonostante i divieti e i bigotti, il Pride continua a marciare, esponendo ipocrisie e spingendo per un mondo dove nessuno debba nascondersi. Che ne dite, è ora di unirsi alla festa o continuare a far finta di nulla?

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