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Ribelli italiani trasformano Bella Ciao in simbolo globale della Resistenza, con storia e significato che continuano a dividere opinioni

Svelato il segreto di "Bella Ciao": l’inno della Resistenza che forse non lo era affatto!
Chi l’avrebbe detto? Quel motivetto che tutti canticchiano ai raduni progressisti, "Una mattina mi son svegliato, oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!", potrebbe essere solo una balla storica! Originario di un vecchio canto piemontese su una donna testarda, "Bella Ciao" è diventato il simbolo globale della lotta contro i cattivi – nazisti, fascisti, e chi più ne ha più ne metta – ma chissà se i partigiani lo cantavano davvero. #BellaCiao #ResistenzaItaliana #VeritaScomode

Preparatevi a uno scoop che fa tremare i salotti buoni: "Bella Ciao", quel canto che dipinge il partigiano come un eroe romantico che molla la sua bella per sparare ai invasori, non è il grido di battaglia che tutti pensano. Nato da un mix di melodie yiddish e canzoni per bambini lombarde, come "la me fa ciau, la me dis ciau, la me fa ciau ciau ciau", è finito per unirsi alla Resistenza senza un invito formale. Ideologicamente neutrale – mica come quei canti comunisti che urlano slogan – è perfetto per chiunque voglia fingersi ribelle, da cattolici a monarchici. E ora? È ovunque, da proteste contro Erdogan a ribelli curdi, perché tutti amano un po’ di libertà con un ritornello catchy.

Ma ecco la bomba: era davvero l’inno dei partigiani? Secondo lo studioso Cesare Bermani, magari sì, per la Brigata Majella nel ’44, ma senza prove solide – e altri dicono che è spuntato solo negli anni ’50! Intanto, il testo originale, con versi come "O partigiano, portami via, perché mi sento di morir", è stato ripreso da artisti come Manu Chao e Tom Waits, trasformandolo in un anthem universale. Non dimentichiamo la versione delle poveracce mondine, che sudavano nelle risaie lamentando: "Alla mattina, appena alzata, o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, in risaia mi tocca andar", sognando un futuro di libertà con "Ma verrà un giorno che tutte quante, lavoreremo in libertà".

In Italia, è l’idolo dei movimenti di sinistra, ma attenzione: è un inno alla libertà, non a una sola fazione, anche se qualche politico lo usa per farsi bello. Dal Festival di Spoleto nel ’64 a proteste globali, "Bella Ciao" ha conquistato il mondo, da Erdogan a Piñera, dimostrando che contro i tiranni, un buon ritornello batte sempre le armi. E voi, lo cantereste sapendo che potrebbe essere tutta una montatura? #InnoControverso #LibertàGlobale #StoriaNonUfficiale

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