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Ricercatori espongono in 3D i dettagli nascosti del crollo del Ponte Morandi, accusando negligenze sistematiche

Disastro epico a Genova: il Ponte Morandi crolla come un castello di carte, 43 vite spazzate via in un attimo! “L’ era in uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo”, dicono gli esperti, ma chi paga per questa pagliacciata? Manutenzione zero e politici con la testa altrove: il 14 agosto 2018, alle 11:36, un strallo si spezza e boom, 500 sfollati e processi in corso dal 2022. #PonteMorandi #TragediaGenova #InfrastruttureFallite

Ehi, gente, preparatevi a un racconto che fa incavolare: il Viadotto Polcevera, quel colosso costruito da Riccardo Morandi tra il 1963 e il 1967, era il fulcro per l’A10, legando Italia e Francia sud con connessioni vitali per il porto e il “triangolo industriale” – Genova, Milano, Torino. Ma bang! Un disastro del genere ha sbattuto l’economia locale dritta contro un muro, con traffico in tilt e miliardi persi. Non è solo un ponte, è un simbolo di quanto le nostre infrastrutture siano un colabrodo.

Ora, sbattiamo i riflettori su come era fatto questo mostro: 1.102 metri di acciaio e cemento, diviso in due parti – una con impalcato sorretto da 8 pile alte variabili per 484 metri, e l’altra strallata da 618 metri con 3 piloni. Morandi l’aveva inventato con i suoi “cavalletti bilanciati” per saltare case e ferrovie senza troppi fronzoli, una roba innovativa e bella da vedere, con stralli inclinati che ridistribuivano i pesi come maghi. Peccato che, alla fine, fosse una bomba a orologeria.

Immaginate: tre parti chiave – pilone, stralli e sostegni a H – con carichi divisi in 4 punti. Gli stralli reggevano i lati esterni, mentre il centro poggiava sui piloni. Ma ecco il colpo di scena: solo la pila n.9 è crollata, le altre due se la sono cavata. Se non è ironia…

Passiamo al macello reale: indagini al cardiopalma puntano al cedimento di uno strallo sulla pila n.9, come mostra quel video della procura – roba che fa accapponare la pelle. L’umidità salmastra ha corroso i cavi, facendoli gonfiare e spaccare il cemento. Risultato? Pesi che schiacciano tutto, e poof, il ponte va a ramengo perché non era “ridondante”, senza backup per ridistribuire le forze. Moderni ponti strallati? Li riempiono di stralli extra, ma qui, niente.

Le perizie non scherzano: analizzando il reperto 132, hanno scoperto che il 99% dei cavi era marcio, con “L’acciaio era in uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivati dello , e . Morandi stesso, nel ’79, aveva visto le crepe e lanciato un allarme, ma nel ’92 hanno sistemato solo la pila 11. Le altre? Lasciate marcire per 25 anni, con ispezioni che urlavano “pericolo!” e nessuno che muoveva un dito. E ora, processi con 59 imputati in ballo – chissà chi finirà sul banco degli accusati. Che schifo, vero? (Commento: Tipico di un sistema che promette ponti eterni e consegna tragedie annunciate.)

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