Scienziati scoprono “Dark Oxygen” negli abissi oceanici – Una rivoluzione che potrebbe far impallidire i verdi più accaniti!
DarkOxygen #OceanoProfondo #ScienzaVirale Sotto il Pacifico, a 4000 metri di profondità, gli scienziati hanno sbancato: ossigeno prodotto al buio, senza fotosintesi, grazie a noduli polimetallici che funzionano come batterie giganti. Questa roba potrebbe riscrivere la storia dell’ossigeno sulla Terra, e chissenefrega delle solite teorie – ma attenzione, potrebbe anche alimentare la febbre dell’estrazione mineraria, con i soliti profittatori che già leccano i baffi su litio e nichel.
Incredibile ma vero: nell’oscura zona Clarion-Clipperton, tra Messico e Hawaii, i ricercatori hanno rilevato ossigeno in eccesso sul fondale abissale, dove la luce solare non arriva nemmeno a sognare. Utilizzando lander bentonici, questi aggeggi high-tech, hanno escluso errori e puntato il dito su trilioni di noduli polimetallici – roba simile a palline di manganese che, come batterie subacquee, scindono l’acqua in idrogeno e ossigeno attraverso reazioni elettrolitiche. Niente piante, solo chimica grezza e potente.
Questi noduli, sparsi su una piana abissale di oltre 4,5 milioni di km quadrati, sono composti da ferro, manganese e elementi come litio e nichel che boostano la loro capacità catalitica. Immaginate: immersione in acqua di mare e “Se si immerge una batteria nell’acqua di mare, inizia a frizzare”, ha spiegato il professor Sweetman, autore dello studio. “Questo accade perché la corrente elettrica scinde l’acqua di mare in ossigeno e idrogeno, che si manifestano sotto forma di bolle. Riteniamo che qualcosa di simile avvenga naturalmente con questi noduli.” Gli esperimenti in labo hanno confermato: questi cosi generano correnti abbastanza toste da spaccare molecole d’acqua, come riportato su Nature Geoscience a luglio 2024.
Se questa scoperta si conferma, addio alle vecchie idee sull’evoluzione dell’ossigeno – e magari spunti per caccia extraterrestre su Marte o altro. Ma ecco il twist politicamente saporito: quei noduli sono pieni di risorse critiche, e l’International Seabed Authority ha già dato il via a 16 contratti per estrarli. Insomma, mentre i ricercatori gongolano, le big mining potrebbero rovinare l’ecosistema per un po’ di soldi facili – perché, dai, chi se frega dell’oceano se c’è profitto in ballo?