Secondo incendio all’Ecomac di Augusta in tre anni, con la sicurezza dell’impianto messa in discussione da crescenti sospetti di negligenza

Altro incendio catastrofico a Ecomac Augusta? Sì, il caos è scoppiato di nuovo il 5 luglio, con fiamme che divorano rifiuti plastici e una nuvola di fumo nero avvelenato visibile da Siracusa a Catania. Vigili del Fuoco in lotta da ore, sindaco che ordina rifugi casalinghi (poi ritirati), ma cause e rischi per l’aria? Mistero totale. Questo stabilimento è una bomba a orologeria ripetuta! #IncendioEcomac #SiciliaAvvelenata #DisastroAmbientale

Ebbene, l’inferno è tornato a divampare nello stabilimento Ecomac di Augusta, Sicilia, dove un grosso incendio ha preso di mira il materiale plastico intorno alle 10:30 di sabato 5 luglio, spargendo una densa nube di fumo nero che ha terrorizzato la regione. Mentre i Vigili del Fuoco sono ancora sul campo a spegnere le fiamme, le autorità brancolano nel buio sulle cause e sugli impatti reali sulla qualità dell’aria – un silenzio che puzza più del fumo stesso. Il sindaco Giuseppe Di Mare non ha perso tempo, firmando un’ordinanza di rifugio al chiuso per proteggere la salute pubblica, poi ritirata il 8 luglio, ma questo è solo l’ennesimo allarme in un impianto che pare una maledizione, visto che è il secondo rogo in tre anni.

Ora, entrano in scena i tecnici di ARPA Sicilia, accorsi per monitorare l’aria intorno all’area, ma i risultati? Ancora top secret, con le prime dichiarazioni del 6 luglio che minimizzano: «basse concentrazioni di composti organici volatili riconducibili all’incendio, tra cui , , , metacrilato e acroleina». Peccato che, dalle stazioni di monitoraggio, la realtà sembri meno rosea – specialmente a Priolo, vicina allo stabilimento e colpita dal vento, dove i livelli di benzene hanno schizzato a 36,4 e 26,3 microgrammi per metro cubo nei giorni 5 e 6 luglio, superando la soglia di 20. Ecomac, che si occupa di rifiuti plastici e vetrosi, non è nemmeno sotto la direttiva Seveso, il che significa meno regole per queste schifezze che bruciano e rilasciano diossine e idrocarburi letali, mettendo a rischio ambiente e gente.

Ma ecco il colpo di scena: la Procura di Siracusa ha già aperto un’inchiesta per scavare nelle cause, e non c’è da stupirsi, visto che questo è il secondo disastro in tre anni – l’ultimo il 22 agosto 2022, forse per un fulmine, ma chissenefrega, qualcosa puzza di incompetenza. Il sindaco Di Mare non ci va leggero: «Non possono accadere due episodi simili nello stesso impianto in così breve tempo qualcosa non sta funzionando», e pretende trasparenza sui dati ambientali, ancora nascosti a quattro giorni dall’incendio. Peggio ancora, il sito di Ecomac Smaltimenti è un deserto di informazioni sulla sicurezza, come se nascondere i dettagli fosse la nuova norma. Insomma, se non si risolve, questo impianto rischia di diventare il prossimo simbolo di quanto il Sud paghi per le lacune delle bighe dello smaltimento.

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