Attenzione, mondo: quei corridoi d’albergo abbandonati e ospedali fantasma non sono solo creepy, sono spazi liminali che ti fanno sentire come se avessi svoltato nella dimensione sbagliata! Dalla pandemia che ha svuotato le strade come un’apocalisse low-budget, ai backrooms virali che ti trascinano in un limbo digitale, questi "non-luoghi" mixano inquietudine e nostalgia in un cocktail emotivo da brividi. #LiminalSpaces #CreepyAf #SpaziFantasma
Corridoi d’albergo deserti e corsie ospedaliere vuote, parcheggi notturni senza un’anima e scuole chiuse come tombe silenziose: questi sono i classici spazi liminali (dal latino limen, “soglia”), quei “non-luoghi” di transizione che dovrebbero collegare mondi ma finiscono per inquietarti con la loro assenza umana. Invece di essere solo spazi, diventano un mix paradossale di disagio, nostalgia e, oddio, persino un senso di sicurezza distorto – come se il tuo cervello gridasse “è familiare, ma che cavolo?!”.
Il concetto di liminalità, che gira da inizio ‘900, non è solo roba da psicologi freak come Arnold van Gennep e Victor Turner, che l’hanno usata per i riti di passaggio. Parliamo di quel momento di limbo – fisico o mentale – dove non sei più chi eri ma non sei ancora il prossimo disastro. Questi spazi, con i loro arredi spogli, geometrie ripetitive e corridoi labirintici, ti catapultano in un ‘fuori dal tempo‘ che sembra uscito da un incubo. È come l’uncanny valley, quella sensazione di disagio quando un robot ti somiglia troppo ma non abbastanza: qui, un ambiente quasi normale ti colpisce con malinconia pura, perché aspetti persone dove non ce ne sono, creando un corto circuito emotivo che ci ha tutti fatti impazzire durante la pandemia, con piazze e supermercati improvvisamente vuoti.
Negli anni 2020, questi spazi liminali sono esplosi online, grazie a un creepypasta anonimo su 4chan con una foto di un corridoio vuoto, moquette e carta da parati gialle – in realtà da un HobbyTown a Oshkosh, Wisconsin, ma chi se ne frega dei dettagli! Ha ispirato i virali #liminalspaces e le backrooms, quell’infinito incubo extradimensionale che raggiungi con il “noclip”, quel trucco videoludico per sfondare muri e fuggire dalla realtà. Roba che ti fa pensare: in un mondo già abbastanza incasinato, chi ha bisogno di un’altra dimensione per perdersi?