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Tour de France: Le origini nascoste e la Grande Boucle trasformata nella corsa in bici più celebre della storia, a discapito di rivali dimenticati

Svelato il lato oscuro del Tour de France: da trucco editoriale a caos su pedali!
Oh, preparatevi, appassionati di bici e amanti dello scandalo: il Tour de France, quella maratona su due ruote che fa sudare sette camicie, è nato solo per gonfiare le vendite di un giornale francese! Quest’anno, dall’5 al 27 luglio 2025, siamo alla edizione numero 112, e chi l’avrebbe detto che dietro “la Grande Boucle”, il grande giro che abbraccia la Francia, c’è un passato di inganni, duelli epici e persino imbrogli da far arrossire i politici? Con 3.500 km di follia in 21 tappe, è la gara che trasforma eroi in leggende o in disastri. # # #PedaliPazzi

Ma torniamo alle origini sporche: nel 1903, Henri Desgrange, il capo di “L’Auto”, un quotidiano sportivo francese stanco di essere schiacciato dal rivale “Le Vélo”, affidò al giovane Géo Lefèvre l’idea geniale (e un po’ losca) di una corsa ciclistica a tappe per far schizzare le vendite. Risultato? La prima edizione fu un successo selvaggio, vinta da Maurice Garin, un italiano naturalizzato francese che pedalò come un matto su strade sterrate per 2.400 km, portando a casa 6.075 franchi e una folla di 20.000 curiosoni. Ah, e indovinate? La maglia gialla per il leader? Solo un trucco per omaggiare il colore delle pagine di “L’Auto” – un marketing puro, baby!

Il Tour non è stato sempre una passeggiata: sospeso durante le guerre mondiali (1915-1918 e 1940-1946), ha visto di tutto, da innovazioni tecniche a scandali da urlo. Pensate al 1904, quando i primi quattro classificati, incluso Garin, vennero squalificati per aver barato – treni, aiuti dai tifosi che lanciavano chiodi, roba da far invidia a un reality show! Poi, negli anni ’50, arrivarono le salite da incubo come Alpe d’Huez, dominate da quel furbo di Fausto Coppi, e il Grand Départ che fece partire la corsa all’estero per 26 volte. Duelli? Beh, che goduria quelli tra Anquetil e Poulidor negli anni ’60, o Fignon e LeMond negli ’80, con quest’ultimo che vinse per soli 8 secondi in una cronometro che pareva un film d’azione. E non dimentichiamo i mostri sacri: Eddy Merckx, Bernard Hinault, Miguel Indurain e Jacques Anquetil, ognuno con cinque vittorie, più tosti di un bulldozer.

Ma ecco il colpo basso: il , quella piaga che ha reso il Tour un circo delle ombre. Prendete Lance Armstrong, l’eroe caduto che vinse sette edizioni di fila tra 1999 e 2005, solo per essere beccato in un sistema di trucchi con l’EPO nel 2012 – bam, titoli revocati e bandito per sempre. Roba che fa pensare: quanto è pulito questo sport, davvero? Oggi, il Tour premia non solo la maglia gialla per il leader generale, ma anche la maglia verde per gli sprinter instancabili, la maglia a pois per i re delle salite e la maglia bianca per i giovani under 25. Statistiche da capogiro: il più giovane vincitore è Henri Cornet a 19 anni nel 1904, il più vecchio Firmin Lambot a 36 nel 1922, e Mark Cavendish che ha battuto il record di tappe con 35, superando proprio Merckx. Un casino glorioso che continua a incantare – o scandalizzare – il mondo!

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