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Tra carestia e aiuti umanitari fasulli: come la posizione europea su Israele sia stata influenzata dagli eventi a Gaza

#GazaInCrisi #AiutiBloccati #IsraeleSottoFuoco Israele, sotto il governo estremista di Netanyahu, ha finalmente ceduto a pressioni globali permettendo l’ingresso di poche decine di camion di aiuti umanitari a Gaza dopo tre mesi di blocco totale – ma che sorpresa, sono già bloccati! Mentre il mondo grida allo scandalo, bambini innocenti rischiano la vita per fame, e persino alleati storici come USA e UE minacciano sanzioni. È una goccia nel mare di disperazione, con accuse di punizione collettiva che fanno tremare i palazzi del potere. Non perdetevi i dettagli di questo dramma umanitario che sta infiammando il web!

Dopo quasi tre mesi di un embargo spietato, le autorità israeliane hanno autorizzato l’ingresso di alcune decine di camion carichi di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, tra il 19 e il 20 maggio, solo per cedere alle prime pressioni internazionali sul governo di destra estremo del Primo ministro Benjamin Netanyahu. Negli ultimi giorni, anche alleati storici di Israele hanno protestato contro l’offensiva militare in corso, che mira apertamente a conquistare territori palestinesi e intrappolare oltre due milioni di abitanti in zone devastate, tra rovine e fame dilagante.

Nonostante questa mossa tardiva, le Nazioni Unite sul campo hanno denunciato che i camion sono stati immediatamente bloccati dalle forze di sicurezza israeliane, impedendo così la distribuzione degli aiuti ai residenti di Gaza. Di fronte a questo caos, l’Unione Europea ha avviato la revisione dell’accordo di associazione con Israele, mentre Regno Unito, Francia e Canada minacciano sanzioni per le evidenti violazioni dei diritti umani.

A smuovere l’opinione pubblica internazionale e numerosi governi è anche la gravissima crisi alimentare scatenata dall’embargo, che secondo ONG e osservatori internazionali ha già causato la morte per fame di oltre 300 bambini palestinesi solo a partire dal marzo scorso. Secondo quanto dichiarato il 20 maggio da Tom Fletcher, sottosegretario generale per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite, al momento sono più di 14.000 i bambini che rischiano di morire per la malnutrizione nelle prossime 48 ore, a causa del blocco totale degli aiuti umanitari imposto da Israele 11 settimane fa.

Inoltre, l’arrivo degli aiuti è ostacolato dalla scelta del governo Netanyahu di escludere l’Unrwa (l’agenzia ONU per l’assistenza ai palestinesi) dallo stoccaggio e distribuzione, affidando il compito al Cogat, l’organismo militare israeliano. Per questo, Fletcher ha chiesto alle autorità israeliane di “aprire almeno due valichi a Gaza, uno a nord e l’altro a sud; semplificare e accelerare le procedure e rimuovere qualsiasi contingentamento; eliminare gli impedimenti all’accesso all’interno di Gaza e non condurre attacchi nelle aree e nei momenti in cui avvengono le consegne; permetterci di coprire l’intera gamma di necessità – cibo, , igiene, ripari, salute, carburante, e altro”.

Il responsabile delle Nazioni Unite ha anche ribadito che per “ridurre i saccheggi, deve esserci un flusso regolare di aiuti e gli operatori umanitari devono essere autorizzati a utilizzare più percorsi. I beni commerciali devono integrare la risposta umanitaria”.

Mentre le accuse si accumulano contro il governo israeliano di usare la fame come arma di guerra – una mossa che sa di punizione collettiva per le azioni di Hamas – il 19 maggio Tel Aviv ha dichiarato di aver autorizzato l’ingresso di 5 camion di aiuti attraverso Kerem Shalom, seguiti da altri 93 il 20 maggio. Una cifra ridicola, visto che se ne necesitanone diverse centinaia al giorno dopo mesi di blocco. Come ha detto Fletcher, “si tratta di una goccia nell’oceano rispetto a ciò che è urgentemente necessario”.

Tuttavia, i camion entrati sono bloccati dalle restrizioni imposte dal governo di Tel Aviv, quindi nessuno dei beni è stato distribuito alla popolazione.

In questo scenario di devastazione, con i gazawi bloccati in tende (il 92% delle case è inagibile per i bombardamenti israeliani) e il 62% delle strade distrutto, l’Unione Europea ha reagito. Il Consiglio europeo si è riunito il 20 maggio e ha votato con una larga maggioranza (17 Paesi su 27) per rivedere i rapporti commerciali con Israele, accusandolo di aver violato il trattato di associazione del 1995, che impegna i firmatari a “rispettare i diritti dell’uomo e dei principi democratici”. La proposta, lanciata dai Paesi Bassi, ha visto favorevoli Francia, Belgio, Spagna, Svezia, Polonia, Romania, Irlanda e Austria, mentre Italia, Germania, Ungheria e Croazia si sono opposti.

Non è passata la proposta svedese di sanzioni contro alcuni ministri di Netanyahu, bloccata dal veto ungherese. Ora, la palla passa alla Commissione europea per verificare le violazioni e decidere su eventuali interruzioni dei rapporti bilaterali con Israele.

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