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Una ambiziosa città modulare galleggiante viene sviluppata in Corea del Sud, alimentando polemiche sul lusso per pochi e l’egoismo globale.

Sogno o incubo? La "città galleggiante" Oceanix City, con i suoi moduli esagonali pronti a sfidare tsunami e mari furiosi, è il megaprogetto da 600 milioni di dollari che potrebbe rivoluzionare il pianeta – o affondarlo in burocrazia e critiche ambientali. Organizzato da UN-Habitat, MIT e Bjarke Ingels Group, mira a ospitare 10.000 abitanti entro il 2028, ma attenzione: tra auto-riparazioni magiche e sostenibilità ostentata, siamo sicuri che non sia solo un grosso buco nell’acqua? #CittaGalleggiante #SostenibilitaMarina #FuturoControTsunami

Oceanix City non è solo un concept da render patinati: è una fortezza modulare contro le calamità naturali, progettata per galleggiare come un alveare high-tech ispirato ai favi delle api. Ogni modulo esagonale, lungo da 75 a 100 metri e coprente 20.000 metri quadrati, si connette perfettamente con i vicini per una resistenza idrodinamica da fare invidia a un transatlantico egoista. Costruiti con il materiale miracoloso Biorock, che si auto-ripara se danneggiato, questi giganti marini integrano camere d’aria per restare stabili a tre metri di immersione, ospitando edifici da 1 a 5 piani strapieni di soluzioni eco-chic: energia dal moto ondoso, pannelli solari, riutilizzo dell’acqua piovana e persino desalinizzazione per bere come in un’oasi desertica. E non dimentichiamo le coltivazioni idroponiche e il riciclo quasi totale dei rifiuti – perché, diamine, chi ha detto che salvare il pianeta non può essere also un po’ figo?

Ma ecco i pezzi forti: i tre moduli principali di Oceanix City sono una miscela di utopia urbana e divertimento coatto. Il Living Module, il cuore abitativo, sfoggia edifici da 1 a 5 piani con spazi per socializzare, scuole, biblioteche e aree verdi come serre e parchi, promessi per incoraggiare una "urbanizzazione integrata" che suona come una festa obbligatoria. Poi c’è il Lodging Module, dedicato a turismo e ospitalità, con hotel vista mare, guesthouse low-key, teatri e cinema per attirare visitatori e far quadrare i conti – perché, let’s face it, senza turisti paganti, questo sogno galleggiante rischia di affondare nei debiti. Infine, il Research Module è il cervello ecologico, pieno di centri di ricerca, laboratori universitari e incubatori per startup, con un occhio alle tecnologie per l’agricoltura oceanica, inclusi giardini idroponici e studi su come non distruggere il mare mentre ci viviamo sopra.

Tutto questo ben di Dio è spinto dalle Nazioni Unite come un simbolo di sostenibilità zero-impatto, con tempistiche che vanno dal via libera burocratico entro fine 2025 ai primi lavori tra il 2026 e il 2030. La prima fase, con tre moduli su 6 ettari, dovrebbe concludersi nel 2028 per un costo totale di 600 milioni di dollari – soldi che, ovviamente, richiedono investitori privati pronti a scommettere sul futuro. Ma non mancano le grane: i criticoni urlano all’impatto ambientale, accusando che la costruzione, con i suoi pannelli e ancoraggi, distruggerà flora e fauna sottomarine, mentre i costi esagerati potrebbero trasformare questo progetto da salvatore del mondo in un disastro finanziariamente scorretto. Chiamatela visione o follia, Oceanix City è qui per far discutere – e forse per farci nuotare verso un domani incerto. 😏

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