Il commercio del caffè adulterato sta assumendo una dimensione allarmante, mettendo a rischio la qualità e la trasparenza di un mercato globale che muove intere economie. Il percorso dalla coltivazione alla tazzina presenta così tante tappe quanto insidie, e ciò apre la porta a pratiche illecite che vanno ben oltre la semplice contraffazione, trasformando una bevanda amata in un prodotto potenzialmente rischioso.
Composizione del caffè
Il caffè, preparato da chicchi macinati e tostati, è il risultato di un complicato intreccio biologico e chimico. La pianta appartiene al genere Coffea della famiglia delle Rubiaceae e tra le specie di maggior rilievo spiccano “coffea Canephora (Robusta)” e “coffea Arabica (Arabica)”.
La miscela Arabica, con un tasso di caffeina tre volte inferiore rispetto alla Robusta, è apprezzata per il suo aroma delicato, mentre la Robusta, originaria dell’Africa tropicale, offre un gusto più leggero e meno corposo, rispecchiando i sapori autentici delle terre d’origine.
Gli innumerevoli composti bioattivi – acidi fenolici, polifenoli, alcaloidi e una notevole varietà di minerali – sono la chiave dietro le proprietà antiossidanti del caffè e il suo legame con benefici per la salute, molti studi suggeriscono infatti un possibile impatto positivo nella prevenzione di cirrosi, diabete, cancro e malattie cardiovascolari.
Tipologie di frodi nel caffè
La complessità della filiera produttiva e la varietà dei chicchi offrono terreno fertile per pratiche fraudolente che, non solo compromettono il gusto e la qualità, ma mettono anche a rischio la salute dei consumatori.
La forma più comune di frode è l’adulterazione, che si attua aggiungendo sostanze estranee – come farine di cereali tostati (orzo, segale, mais), gusci di cacao o carrube, semi tostati di dattero, soia o lupino, oppure chicchi esausti essiccati e rimacinati – per simulare l’aspetto del caffè autentico.
Un’altra prassi diffusa riguarda la contraffazione della varietà: a causa del prezzo più elevato e dell’apprezzamento per l’Arabica, vengono spesso mescolate varietà di Robusta, vendute ingannevolmente come 100% Arabica, sfruttando il fatto che il minor contenuto in caffeina e il gusto meno raffinato possano sfuggire a controlli superficiali.
Infine, le frodi riguardanti l’origine geografica, dove caffè pregiati come Jamaica Blue Mountain, Kopi Luwak o Etiopia Sidamo vengono adulterati con miscele di qualità inferiore, minano la fiducia dei consumatori e compromettono la reputazione di intere regioni.
Metodi per rilevare le frodi nel caffè
La rilevazione delle adulterazioni nel caffè è diventata una sfida scientifica di prima importanza. Tecniche sofisticate, che vanno dalla rimozione della frazione lipidica con solventi organici a metodi avanzati come la microscopia ottica ed elettronica, sono state sviluppate per individuare anche piccole tracce di sostanze estranee.
Altre metodologie analitiche impiegate includono la spettroscopia infrarossa, la PCR e la cromatografia, cruciali per differenziare campioni di caffè puro da quelli adulterati. Un approccio innovativo fa uso della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) per identificare il 16-O-metilcafestolo, un marker chimico presente in quantità significativamente diverse tra le varietà Robusta e Arabica: una tecnica tanto sensibile da poter rilevare l’1% di Robusta in una miscela.
In alternativa, metodi basati sulla rilevazione del DNA stanno rapidamente guadagnando terreno, grazie all’elevata specificità e sensibilità nel distinguere le specie anche dopo la tostatura.
Il consumatore, nonostante il ruolo di utente finale, dispone di alcune strategie per proteggersi: è consigliabile preferire il caffè in chicchi, meno suscettibile alle adulterazioni, e fare attenzione alle etichette, verificando le certificazioni e diffidando da offerte eccessivamente convenienti.
Le torrefazioni di qualità, custodi di tradizioni secolari e segreti familiari, continuano a rappresentare un punto di riferimento, pertanto è sempre opportuno rivolgersi a rivenditori affidabili e riconosciuti.