Esche proteiche e COVID-19

Esche proteiche: un’arma efficace per combattere il COVID-19

La pandemia da COVID-19 ha causato oltre 6,7 milioni di decessi in tutto il mondo, portando a una ricerca urgente di soluzioni innovative. I ricercatori della Cyrus Biotechnology, con sede a Seattle, hanno sviluppato l’idea di utilizzare esche proteiche come potenziale trattamento per la malattia. Queste proteine mirano a imitare l’enzima 2 convertitore dell’angiotensina (ACE2), il quale è coinvolto nell’ingresso dei coronavirus nelle cellule.

Ruolo dell’enzima 2 convertitore dell’angiotensina

L’ACE2 è un enzima presente in diverse parti del corpo, incluso polmoni, cuore, vasi sanguigni, reni, fegato e tratto gastrointestinale. È anche coinvolto come recettore funzionale per le glicoproteine spike di alcuni coronavirus, compreso il virus SARS-CoV-2.

Ricerca e scoperta

La ricerca su esche proteiche come potenziale trattamento per il COVID-19 ha radici fino al 2005, quando Josef Penninger dell’Istituto di biologia molecolare di Vienna scoprì che il coronavirus SARS si legava all’ACE2 nei topi. Studi successivi hanno portato allo sviluppo di esche proteiche che si legano alla proteina spike del virus, rendendolo incapace di infettare le cellule. Alcuni studi preliminari suggeriscono che queste molecole potrebbero proteggere dalle infezioni e aiutare i pazienti a eliminare il virus.

Prospettive future

L’efficacia delle esche proteiche contro il COVID-19 potrebbe aprire la strada a nuove terapie per altre malattie, come l’Ebola, l’HIV e l’influenza. Le prime prove di sicurezza negli esseri umani sono state promettenti, e ulteriori studi potrebbero portare a un importante passo avanti nella lotta contro le malattie virali.

Con un approccio innovativo e promettente, le esche proteiche offrono speranza in un momento in cui la ricerca di soluzioni efficaci contro il COVID-19 è di vitale importanza.

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