L’impatto della plastisphere sull’ecosistema marino globale
Questa nuova realtà marina, chiamata plastisphere, è emersa come risultato dell’accumulo di plastica negli oceani. L’inquinamento da rifiuti di plastica è diventato una grave crisi ambientale che minaccia gli ecosistemi marini e la salute umana. La plastica è stata rilevata in vari ambienti, inclusi i tessuti umani, evidenziando la diffusione di questa minaccia.
L’effetto dell’ambiente marino sulla plastisphere
L’oceano ha la capacità di frammentare i rifiuti di plastica in microplastiche, che vengono colonizzate da funghi, diatomee e batteri per formare biofilm sulla superficie della plastica. Questo nuovo ecosistema, la plastisphere, può essere influenzato dalla profondità delle microplastiche nell’oceano e dai nutrienti presenti nell’acqua circostante, determinando la struttura della comunità di microrganismi che vi abitano.
Il ruolo delle materie plastiche nella formazione della plastisphere
Le materie plastiche, come il polietilene, il polipropilene, il polistirene, il polivinilcloruro e il polietilentereftalato, costituiscono la maggior parte dei rifiuti di plastica nell’ambiente marino. Oltre a queste, si trovano anche poliuretano e poliammidi. La scarsa biodegradabilità di queste materie plastiche rappresenta una sfida ambientale significativa.
Le alternative biodegradabili alle plastiche tradizionali
Esistono plastiche biodegradabili, realizzate principalmente da fonti naturali come l’amido e la cellulosa, che offrono un’alternativa sostenibile alle plastiche convenzionali. Tra queste bioplastiche troviamo l’acido polilattico, il polilcaprolattone, il poliidrossibutirrato e i poliuretani, che si distinguono per la loro capacità di degradarsi più facilmente rispetto alle plastiche tradizionali.
Il problema dello smaltimento dei rifiuti di plastica
Attualmente, la maggior parte dei rifiuti di plastica finisce in discarica, generando inquinamento ambientale. Inoltre, una grande percentuale di questi rifiuti viene trasportata attraverso i fiumi fino al mare, distribuendosi lungo le coste e raggiungendo anche aree remote come gli oceani aperti. Il conseguente rilascio di microplastiche, particelle sintetiche non solubili in acqua di dimensioni variabili tra 1 μm e 5 mm, rappresenta una minaccia per gli ecosistemi marini.
In conclusione, l’emergere della plastisphere sottolinea l’urgente necessità di adottare misure per ridurre l’uso di plastica monouso e promuovere soluzioni sostenibili per affrontare l’inquinamento marino da rifiuti plastici.La distribuzione della plastica nell’ambiente marino è influenzata dalla sua galleggiabilità. Ad esempio, materie plastiche come il PE e il PP, meno dense dell’acqua di mare, tendono a galleggiare e a essere trasportate per lunghe distanze da vento e correnti superficiali. Al contrario, plastiche più dense come il PVC hanno maggiori probabilità di affondare nell’acqua.
La degradazione microbica e vari effetti fisico-chimici possono causare alle materie plastiche che galleggiano in mare di perdere l’idrofobicità superficiale e aumentare di densità nel tempo, finendo per sprofondare sul fondo marino, dove possono persistere per centinaia o addirittura migliaia di anni.
La plastisphere e la sua biodiversità
La plastisphere rappresenta un ecosistema marino unico costituito da una comunità microbica che si sviluppa sulla plastica e che si differenzia dall’ambiente circostante. La microbiologa marina del Royal Netherlands Institute for Sea Research, Linda Amaral-Zettler, è stata la prima a coniare il termine “plastisphere” per descrivere questo nuovo ecosistema marino, caratterizzato da una comunità biologica di organismi interagenti e dal loro ambiente fisico.
Fattori influenzanti
Studi hanno evidenziato che il colore della plastica può influenzare la diversità dei microbi che vi si sviluppano: le comunità su microplastiche blu presentavano una maggiore diversità rispetto a quelle su plastica gialla o trasparente. Inoltre, confrontando i batteri presenti nelle acque circostanti con quelli presenti nella plastisphere, si è riscontrato che i batteri della plastisphere possedevano un numero maggiore di geni, suggerendo un adattamento a uno “stile di vita legato alla superficie”.