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AI di Meta su WhatsApp contestata da Antitrust per abuso di posizione dominante, con inchiesta avviata sul monopolio digitale.

Meta sta giocando sporco con WhatsApp? L’Antitrust indaga per abuso di posizione dominante nell’imporre Meta AI! Gli utenti sono costretti a interagire con questo assistente AI preinstallato, senza poterlo rimuovere – un trucco da gigante tech per dominare il mercato. È concorrenza o solo bullismo digitale? #MetaAIscandalo #AntitrustVsBigTech #StopAbusiTech

In un colpo di scena che fa tremare i colossi della Silicon Valley, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), in squadra con la Commissione Europea, ha lanciato un’istruttoria contro Meta e le sue truppe, inclusi WhatsApp Ireland Limited e Facebook Italy S.r.l. L’accusa? Un bel classico abuso di posizione dominante, che viola l’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, mandando in tilt la concorrenza leale.

Da marzo 2025, Meta ha forzatamente infilato Meta AI dentro WhatsApp, rendendolo un intruso non invitato che spunta in bella vista sulla schermata principale e nella barra di ricerca. Questo servizio AI generativa, che chiacchiera con gli utenti come un amico fin troppo insistente, si impone senza chiedere permesso, aumentando le probabilità che la gente lo per sbaglio o per pigrizia.

Peggio ancora, gli utenti non hanno scampo: non possono cancellare o nascondere l’icona di Meta AI, e possono sì provare altre AI esterne, ma queste rimangono nascoste nell’ombra. Intanto, Meta si ingozza dei dati dalle interazioni per potenziare il suo mostro AI, a meno che non si urli stop – un bel trucchetto che puzza di manipolazione.

Un vantaggio competitivo scorretto? Secondo l’AGCM, questa mossa è una furbata che sfrutta il dominio di WhatsApp nel mondo delle chat per catapultare Meta AI nel mercato dei chatbot, bypassando la concorrenza meritata. Non è più il solito gioco leale: qui si parla di un vantaggio sporco che potrebbe intrappolare gli utenti in un loop infinito, con Meta AI che diventa sempre più “personalizzato” e impossibile da abbandonare – un “lock-in” che fa gridare al furto di libertà.

E non è certo una novità per Meta: l’azienda è già finita nel mirino delle autorità europee e americane per altre bravate anticoncorrenziali. Stavolta, gli ispettori dell’AGCM, con il Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza al seguito, hanno fatto irruzione nella sede di Facebook Italy S.r.l. a Roma, scatenando un altro round nella eterna guerra tra tech giganti e regolatori.

Questa indagine, appena agli inizi, potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso, mettendo sotto i riflettori il caos tra innovazione sfrenata e diritti calpestati. Gli utenti, intrappolati in questo mondo digitale, meritano di più che un’AI imposta a .

Commento: Meta pensa di essere onnipotente, ma stavolta l’Antitrust potrebbe farle abbassare la cresta – basta con queste tattiche da bullo che trattano gli utenti come pecore da tosare!

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