Tra vecchi razzi e satelliti abbandonati, i detriti spaziali sono una minaccia crescente che mette in pericolo non solo le missioni future, ma anche la vita quotidiana sulla Terra.
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A giugno 2022, una collisione sfiorata tra un razzo sovietico e un booster americano ha riportato sotto i riflettori il problema dei detriti spaziali. Questi due rottami, un tempo simboli della Guerra Fredda, fluttuavano nell’orbita terrestre a velocità impressionanti, a decine di migliaia di chilometri all’ora. Un eventuale impatto avrebbe potuto generare una nube di detriti potenzialmente letale, mettendo a rischio satelliti, stazioni spaziali e astronauti. Questo è solo uno dei tanti episodi che rivelano la crescente crisi dei detriti spaziali, un problema che sta rapidamente evolvendo in un’emergenza ambientale.
Con il lancio del primo satellite nel 1957, l’umanità ha iniziato a utilizzare l’orbita terrestre come una sorta di “discarica spaziale”, accumulando detriti che oggi rappresentano una minaccia sempre più pericolosa. Al momento, secondo i dati dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), più di 170 milioni di frammenti orbitano intorno alla Terra, e ciascuno di essi è una potenziale minaccia. Ciò che rende particolarmente pericoloso questo fenomeno è la velocità: anche i frammenti più piccoli, muovendosi a velocità elevate, possono danneggiare o distruggere satelliti funzionanti e, nei casi peggiori, mettere in pericolo la vita degli astronauti.
La minaccia invisibile: frammenti piccoli, problemi grandi
I rischi maggiori non provengono dai frammenti più piccoli, ma dai grandi “fantasmi” del passato, come gli stadi superiori dei razzi degli anni ‘60 e ‘70. Questi oggetti, un tempo simboli di progresso, oggi rappresentano vere mine vaganti. Continuano a vagare nello spazio senza controllo, alcuni per secoli, prima di cadere finalmente sulla Terra. Il rischio è che questi oggetti scatenino una reazione a catena nota come “Sindrome di Kessler”, un fenomeno che potrebbe rendere impraticabile l’orbita terrestre bassa, impedendo qualsiasi futura esplorazione spaziale.
La situazione è aggravata dalla crescente quantità di satelliti in orbita, spinti dalla domanda di servizi come quelli offerti da Starlink di SpaceX, che punta a fornire connettività globale tramite una rete satellitare estesa. Con decine di migliaia di satelliti previsti nei prossimi anni, le collisioni stanno diventando difficili da evitare. Solo nel 2024, Starlink ha registrato circa 50.000 manovre per evitare impatti. Questo alto numero di manovre riflette sia la densità degli oggetti che il crescente affidamento su sistemi automatizzati per prevenire collisioni.
Come Ripulire lo Spazio?
La questione cruciale è come affrontare l’immenso problema dei detriti spaziali. Secondo gli esperti, il primo passo è la cooperazione internazionale. Come afferma Ian Christensen, direttore della Secure World Foundation, il problema più grande è convincere Stati Uniti, Russia e Cina — responsabili del 90% dei detriti pericolosi — a rimuovere i propri rottami.
La strategia di base per affrontare il problema è la prevenzione: progettare missioni e satelliti in modo da ridurre la generazione di detriti in futuro. Agenzie come NASA ed ESA hanno adottato regole severe, imponendo agli operatori satellitari di rimuovere i veicoli dallo spazio alla fine della loro vita utile, facendoli rientrare nell’atmosfera o trasferendoli in orbite “cimitero”, lontane dalle principali traiettorie orbitali.
Negli Stati Uniti, la Federal Communications Commission (FCC) ha adottato una norma nel 2022 che richiede agli operatori di deorbitare i satelliti dismessi entro cinque anni dalla fine della loro missione, riducendo di molto il precedente termine di venticinque anni. Tuttavia, questa regola si applica solo ai nuovi lanci, lasciando il problema dei milioni di frammenti e dei satelliti inattivi ancora in orbita.
Soluzioni tecnologiche
Nel tentativo di affrontare la crisi dei detriti spaziali, il governo degli Stati Uniti ha promosso l’ORBITS Act, una proposta di legge che finanzia con 150 milioni di dollari lo sviluppo di tecnologie per la rimozione attiva dei detriti. Se approvato, l’atto incentiverebbe la ricerca e le missioni pilota per eliminare gli oggetti più pericolosi, come satelliti fuori uso e stadi di razzi.
Anche altre nazioni stanno sviluppando tecnologie innovative per affrontare il problema. Nel 2024, la società giapponese Astroscale ha firmato un contratto da 80 milioni di dollari con l’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) per rimuovere un razzo H-IIA tramite un satellite dotato di un braccio robotico. Astroscale ha già dimostrato la sua tecnologia, avvicinandosi a 50 metri dal razzo H-IIA nel 2014, e spera di lanciare una flotta di “netturbini spaziali” in grado di agganciare i detriti e guidarli verso la distruzione atmosferica.
In Europa, l’ESA è impegnata nel progetto ClearSpace-1, previsto per il 2026. L’obiettivo della missione è catturare un grande detrito con un robot a più bracci, rimuovendolo dall’orbita bassa terrestre. Alcuni ricercatori stanno anche esplorando l’uso di laser terrestri per deviare i detriti più piccoli, abbassandone l’orbita e facendoli bruciare in sicurezza nell’atmosfera. Altri studi propongono tecniche come reti e arpioni per catturare frammenti di maggiori dimensioni.
Con l’espansione dell’economia spaziale, che si prevede supererà i 1.000 miliardi di dollari entro il 2040, cresce la pressione per trovare soluzioni efficaci al problema dei detriti spaziali. Le conseguenze di una grande collisione potrebbero distruggere intere reti di comunicazione e mettere a rischio la vita degli astronauti. Con migliaia di nuovi satelliti che saranno lanciati nei prossimi anni, lo spazio sta diventando sempre più affollato e il margine di sicurezza si restringe drasticamente.
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Fonte: The Guardian – LeoLabs
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Tra vecchi razzi e satelliti abbandonati, i detriti spaziali sono una minaccia crescente che mette in pericolo non solo le missioni future, ma anche la vita quotidiana sulla Terra.
A giugno 2022, una collisione sfiorata tra un razzo sovietico e un booster americano ha riportato sotto i riflettori il problema dei detriti spaziali. Questi due rottami, un tempo simboli della Guerra Fredda, fluttuavano nell’orbita terrestre a velocità impressionanti, a decine di migliaia di chilometri all’ora. Un eventuale impatto avrebbe potuto generare una nube di detriti potenzialmente letale, mettendo a rischio satelliti, stazioni spaziali e astronauti. Questo è solo uno dei tanti episodi che rivelano la crescente crisi dei detriti spaziali, un problema che sta rapidamente evolvendo in un’emergenza ambientale.
Con il lancio del primo satellite nel 1957, l’umanità ha iniziato a utilizzare l’orbita terrestre come una sorta di “discarica spaziale”, accumulando detriti che oggi rappresentano una minaccia sempre più pericolosa. Al momento, secondo i dati dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), più di 170 milioni di frammenti orbitano intorno alla Terra, e ciascuno di essi è una potenziale minaccia. Ciò che rende particolarmente pericoloso questo fenomeno è la velocità: anche i frammenti più piccoli, muovendosi a velocità elevate, possono danneggiare o distruggere satelliti funzionanti e, nei casi peggiori, mettere in pericolo la vita degli astronauti.
La minaccia invisibile: frammenti piccoli, problemi grandi
I rischi maggiori non provengono dai frammenti più piccoli, ma dai grandi “fantasmi” del passato, come gli stadi superiori dei razzi degli anni ‘60 e ‘70. Questi oggetti, un tempo simboli di progresso, oggi rappresentano vere mine vaganti. Continuano a vagare nello spazio senza controllo, alcuni per secoli, prima di cadere finalmente sulla Terra. Il rischio è che questi oggetti scatenino una reazione a catena nota come “Sindrome di Kessler”, un fenomeno che potrebbe rendere impraticabile l’orbita terrestre bassa, impedendo qualsiasi futura esplorazione spaziale.
La situazione è aggravata dalla crescente quantità di satelliti in orbita, spinti dalla domanda di servizi come quelli offerti da Starlink di SpaceX, che punta a fornire connettività globale tramite una rete satellitare estesa. Con decine di migliaia di satelliti previsti nei prossimi anni, le collisioni stanno diventando difficili da evitare. Solo nel 2024, Starlink ha registrato circa 50.000 manovre per evitare impatti. Questo alto numero di manovre riflette sia la densità degli oggetti che il crescente affidamento su sistemi automatizzati per prevenire collisioni.
Come Ripulire lo Spazio?
La questione cruciale è come affrontare l’immenso problema dei detriti spaziali. Secondo gli esperti, il primo passo è la cooperazione internazionale. Come afferma Ian Christensen, direttore della Secure World Foundation, il problema più grande è convincere Stati Uniti, Russia e Cina — responsabili del 90% dei detriti pericolosi — a rimuovere i propri rottami.
La strategia di base per affrontare il problema è la prevenzione: progettare missioni e satelliti in modo da ridurre la generazione di detriti in futuro. Agenzie come NASA ed ESA hanno adottato regole severe, imponendo agli operatori satellitari di rimuovere i veicoli dallo spazio alla fine della loro vita utile, facendoli rientrare nell’atmosfera o trasferendoli in orbite “cimitero”, lontane dalle principali traiettorie orbitali.
Negli Stati Uniti, la Federal Communications Commission (FCC) ha adottato una norma nel 2022 che richiede agli operatori di deorbitare i satelliti dismessi entro cinque anni dalla fine della loro missione, riducendo di molto il precedente termine di venticinque anni. Tuttavia, questa regola si applica solo ai nuovi lanci, lasciando il problema dei milioni di frammenti e dei satelliti inattivi ancora in orbita.
Soluzioni tecnologiche
Nel tentativo di affrontare la crisi dei detriti spaziali, il governo degli Stati Uniti ha promosso l’ORBITS Act, una proposta di legge che finanzia con 150 milioni di dollari lo sviluppo di tecnologie per la rimozione attiva dei detriti. Se approvato, l’atto incentiverebbe la ricerca e le missioni pilota per eliminare gli oggetti più pericolosi, come satelliti fuori uso e stadi di razzi.
Anche altre nazioni stanno sviluppando tecnologie innovative per affrontare il problema. Nel 2024, la società giapponese Astroscale ha firmato un contratto da 80 milioni di dollari con l’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) per rimuovere un razzo H-IIA tramite un satellite dotato di un braccio robotico. Astroscale ha già dimostrato la sua tecnologia, avvicinandosi a 50 metri dal razzo H-IIA nel 2014, e spera di lanciare una flotta di “netturbini spaziali” in grado di agganciare i detriti e guidarli verso la distruzione atmosferica.
In Europa, l’ESA è impegnata nel progetto ClearSpace-1, previsto per il 2026. L’obiettivo della missione è catturare un grande detrito con un robot a più bracci, rimuovendolo dall’orbita bassa terrestre. Alcuni ricercatori stanno anche esplorando l’uso di laser terrestri per deviare i detriti più piccoli, abbassandone l’orbita e facendoli bruciare in sicurezza nell’atmosfera. Altri studi propongono tecniche come reti e arpioni per catturare frammenti di maggiori dimensioni.
Con l’espansione dell’economia spaziale, che si prevede supererà i 1.000 miliardi di dollari entro il 2040, cresce la pressione per trovare soluzioni efficaci al problema dei detriti spaziali. Le conseguenze di una grande collisione potrebbero distruggere intere reti di comunicazione e mettere a rischio la vita degli astronauti. Con migliaia di nuovi satelliti che saranno lanciati nei prossimi anni, lo spazio sta diventando sempre più affollato e il margine di sicurezza si restringe drasticamente.
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Fonte: The Guardian – LeoLabs
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