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Il 99% dei batteri viene eliminato da una maniglia autopulente, con una svolta decisiva negli ospedali grazie a un inventore giamaicano

Un genio giamaicano rivoluziona l’igiene pubblica con una maniglia che si disinfetta DA SOLA! Rayvon Stewart, un giovane universitario, ha creato Xermosol: elimina il 99,9% dei batteri schifosi in soli 30 secondi usando luci UV, perfetta per luoghi dove le mani sporche sono un incubo. Dite addio ai germi nei climi umidi e caldi – un’invenzione che fa impallidire i vecchi disinfettanti! #BatteriAddio

Preparatevi a un colpo di genio che potrebbe rendere le maniglie delle porte più pulite delle nostre coscienze politiche! Rayvon Stewart, uno studente universitario giamaicano, ha ideato una maniglia autopulente che spara raggi UV per spazzare via il 99,9% dei batteri in appena 30 secondi, trasformando i luoghi pubblici in fortezze anti-contagio – perché, diamoci una calmata, quante volte avete toccato una maniglia e poi vi siete chiesti se avevate bisogno di una doccia?

L’idea è nata in un contesto difficile, per dirla alla giamaicana, e si traduce in un gadget semplice ma potentissimo, ideale per scuole, ospedali e uffici dove le mani passano come turisti in un resort infetto. Stewart ha pensato a tutto: sicurezza per umani e animali, efficacia persino nei climi umidi e bollenti dove i batteri si moltiplicano come conigli indisciplinati, rendendolo un must per Paesi con risorse sanitarie limitate – senza bisogno di roba che fa starnutire tutti!

Come funziona questo mostro chiamato Xermosol, che sembra uscito da un videogioco come Pac-Man? Due terzi della maniglia nascondono i componenti elettronici in un guscio grigio, mentre la parte da afferrare si illumina di luci UV che scattano automaticamente al tocco, disinfettando tutto in 30 secondi netti. Niente odori nauseabondi, niente tossici – è fatta per installazioni facili in qualsiasi posto dove i batteri minacciano di rovinarti la giornata, specialmente nei Caraibi dove il caldo rende l’igiene una questione di vita o di morte.

Passando alla storia di Rayvon Stewart, cresciuto in una zona rurale della Giamaica come Mount Prospect, dove nessuno in famiglia aveva mai annusato l’università prima di lui e suo cugino. Nonostante le difficoltà, lui non si è arreso: “Sapevamo di avere una missione, anche se i mezzi erano pochi.” All’Università of Technology, ha iniziato con software per vestiti virtuali, ma un’esperienza da volontario in ospedale gli ha illuminato la lampadina – letteralmente – sulle maniglie delle porte, quelle superfici dimenticate che potrebbero essere più pericolose di una chiacchierata con un politico corrotto.

Ora, Stewart sta raccogliendo premi come il Nazionale del Primo Ministro per la Gioventù e il Commonwealth Health Innovations Awards, e corre verso un brevetto internazionale. Persino la comunità scientifica, con la microbiologa Camille-Ann Thoms-Rodriguez, lo acclama come “un motivo d’orgoglio” – prova che dai Paesi con meno risorse possono arrivare idee che mettono in crisi i giganti tecnologici. Chapeau a questo eroe anti-batteri!

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