Se guardi, sei complice: la campagna delle studentesse dello IED che combatte la diffusione non consensuale di immagini intime. Anche solo guardare, senza dissociarsi o denunciare, rende complici #revengeporn #consapevolezza #Roma
Roma è stata tappezzata di frasi shock come "Guardate tutti quella stronza della mia ex nuda", "Guardate Francesca quanto è stata brava l’altra notte", con tanto di QR code per andare a vedere. Commento: Ma davvero ci vuole un QR code per ricordarci che siamo diventati una società di voyeur senza vergogna?
L’ennesimo caso di revenge porn? Non esattamente: più che altro la dimostrazione che – se vai effettivamente a cliccare con la smania di andare a vedere – sei effettivamente parte del problema. Commento: Ecco, finalmente qualcuno che punta il dito contro la passività complice dei curiosi digitali.
“Sei complice”, per dirla tutta. È esattamente questo il messaggio – direttissimo – della campagna realizzata da un gruppo di studentesse dell’Istituto europeo di design (Ied) di Roma. Lo scopo? Creare una maggiore consapevolezza su questo fenomeno, ribaltando la prospettiva: anche chi guarda è responsabile. Commento: Finalmente, un po’ di sana colpevolizzazione per chi si diverte a guardare senza riflettere.
Chi ha esperienza con il mondo dei social sa quanto facilmente si possano incontrare invettive di questo tipo, mentre si scorre tra i contenuti o si naviga in gruppi privati (ma di fatto accessibili a chiunque), alimentati soprattutto da piattaforme come Telegram. Frasi che spesso sono seguite da video di ragazze in momenti privati, ignare che la loro immagine stia circolando nel web e che, quasi sempre, segnano l’inizio o la conseguenza di altre forme di violenza. Commento: Telegram, il paradiso dei moderni guardoni digitali.
Per questo motivo, a fronte di questo, il collettivo dello IED capitolino ha deciso di passare dall’online al reale, dando vita alla campagna Sei complice, un’azione di guerrilla marketing che vuole sensibilizzare sul tema della condivisione non consensuale di contenuti intimi. L’idea del collettivo è semplice ma potente: affiggere in alcune delle vie più frequentate di Roma cartelli con frasi di questo tipo, accompagnati da un QR code che rimanda a un video. Commento: Guerrilla marketing per scuotere le coscienze, finalmente qualcuno che prende l’iniziativa!
Il video inizia come se fosse quello di una ragazza coinvolta in una situazione intima. La telecamera inquadra il suo busto, mentre una voce maschile le chiede di spogliarsi o di fare la sexy. Ma subito, l’immagine cambia: la telecamera si sposta sul volto di un ragazzo che, con tono fermo, chiede allo spettatore se è consapevole di ciò che sta guardando e se sa che diffondere materiale intimo senza consenso è un reato, così come guardarlo. Commento: Un twist che fa riflettere, speriamo che funzioni.
Il messaggio della campagna è chiaro: interrompere l’indifferenza, generare disagio e trasformare la curiosità in consapevolezza. L’intento è di cambiare la narrazione, che di solito si concentra solo sulle vittime, ma raramente punta il dito su chi alimenta questo circolo vizioso. Commento: Basta con la narrazione delle vittime, ora tocca ai colpevoli passivi.
Quasi sempre si tratta di ragazzi che, anche quando non sono i primi a caricare contenuti privati, finiscono per condividerli o commentarli in modo automatico, senza fermarsi a riflettere sulle conseguenze psicologiche, fisiche e sociali per chi appare in quei video. Commento: La superficialità dei giovani d’oggi è direttamente proporzionale alla loro presenza online.
Qui in Italia, il revenge porn è reato regolato dal 2019 dall’articolo 612 ter del Codice penale e prevede la reclusione da 1 a 6 anni e multe da 5 mila a 15 mila euro in su se chi commette il reato è il coniuge, un partner o l’ex. Il neo è che però sono in poche a denunciare, spesso sopraffatte dalla vergogna. Ed è proprio questo ciò che non deve accadere. Commento: Leggi severe ma poca denuncia, il classico paradosso italiano.