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Vita aliena su esopianeta rivelata dal telescopio Webb in modo controverso

È UFFICIALE, ALIENI MICROBICI IN AGGUATO? Un pianeta lontano 124 anni luce, K2-18b, potrebbe essere un covo di vita batterica, grazie a tracce di gas che sulla Terra urlano "vita"! Ma non farti illusioni, potrebbe essere solo un trucco cosmico. Preparati a un viaggio spaziale che fa impallidire Hollywood. #AlieniInArrivo #VitaExtraterrestre #SpazioMisterioso

In questi giorni, l’universo ci sta prendendo in giro con una notizia da urlo: K2-18b, un esopianeta 8,6 volte più massiccio e 2,6 volte più grande della Terra, nella costellazione del Leone, potrebbe ospitare vita microbica. Grazie ai superpoteri del James Webb Space Telescope (JWST), un team dall’Università di Cambridge ha sniffato nell’atmosfera di questo mondo lontano le impronte di dimetil solfuro (DMS) e/o dimetil disolfuro (DMDS), gas che qui da noi sono prodotti solo da schifezzine microscopiche come il fitoplancton. Precedenti osservazioni avevano già individuato metano e anidride carbonica, rendendo K2-18b un candidato per un "Hycean planet", ovvero un oceano gigante sotto un’atmosfera di idrogeno – roba che fa sembrare i nostri mari una pozzanghera.

Ma andiamo ai fatti nudi e crudi: un segnale debole ha intrigato gli scienziati, e come ha confessato Nikku Madhusudhan, primo autore del lavoro, "Non sapevamo con certezza se il segnale visto l’ultima volta fosse dovuto al DMS, ma anche solo un accenno di ciò era abbastanza interessante da spingerci a dare un’altra occhiata con il JWST usando uno strumento diverso". Le probabilità che queste osservazioni siano un colpo di sfortuna? Solo lo 0,3%, il che significa che è praticamente una scommessa vinta. Secondo i cervelloni, è la prova più solida finora che la vita potrebbe esistere altrove, anche se, diamoci una calmata, potrebbe essere solo chimica pazza.

Per smascherare i segreti di K2-18b, gli astronomi giocano a fare i detective con la luce delle stelle: durante il transito del pianeta, il JWST cattura il calo di luminosità e analizza come l’atmosfera assorbe quella luce, rivelando gas come DMS e DMDS. È stata una scoperta incredibile vedere i risultati emergere e rimanere coerenti durante le ampie analisi indipendenti e i test di robustezza, ha esclamato con entusiasmo Måns Holmberg, coautore del lavoro. Eppure, non è tutto rose e fiori: le concentrazioni di questi gas su K2-18b sono migliaia di volte più alte che sulla Terra, e potrebbero derivare da reazioni chimiche non biologiche che non conosciamo ancora.

Certo, gli scienziati sono cauti come gatti: per essere sicuri al 100%, serve superare la soglia dei cinque sigma, ovvero una probabilità di errore inferiore allo 0,00006%. Al momento, con le osservazioni attuali, non ci siamo ancora, ma un po’ di tempo extra con il JWST – tra 16 e 24 ore – potrebbe fare la differenza. Intanto, il lavoro è uscito su The Astrophysical Journal Letters, e se vi state chiedendo se siamo soli, beh, K2-18b ci sta mandando un winky ambiguo. Fonti: EurekAlert e The Astrophysical Journal Letters.

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