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Acido angelico: proprietà, isomerizzazione, usi

Acido Angelico: Origine, Caratteristiche e Applicazioni

L’acido angelico, un acido carbossilico monoinsaturo presente in diverse piante della famiglia delle Apiaceae, ha una interessante che inizia con la sua scoperta nel 1842 da parte del farmacista tedesco Ludwig Andreas Buchner. Isolato per la prima volta dalle radici della pianta Angelica Arcangelica, l’acido angelico è noto per le sue molteplici proprietà e usi.

Caratterizzato da una formula chimica CH3CH=C(CH3)COOH, conosciuta anche come acido (2Z)-metilbuten-2-oico, l’acido angelico si presenta come un solido volatile con un odore pungente e un sapore acre. La sua solubilità varia in base alla temperatura dell’, mostrandosi solubile in acqua calda ma meno in acqua fredda. Tuttavia, è solubile in ed etere, e i suoi sali ed sono comunemente noti come angelati.

Questo acido è in grado di isomerizzarsi, cioè di convertirsi ad alte temperature, soprattutto in presenza di acido solforico concentrato o soluzione diluita di idrossido di sodio, anche accoppiandosi con l’ per formare una coppia di isomeri cis-trans.

Grazie al suo gradevole sapore dolce e legnoso, l’acido angelico trova impiego come additivo alimentare e nell’industria dei profumi per il suo aroma speziato. Inoltre, la sua capacità di proteggere dalla radiazione UV lo rende un ingrediente comune nei prodotti cosmetici. Inoltre, è stato rinvenuto nella secrezione difensiva di alcuni coleotteri della famiglia dei carabidi.

Con le sue molteplici proprietà e applicazioni in settori come la medicina popolare, l’industria alimentare, dei profumi e cosmetica, l’acido angelico si conferma come un composto versatile e ampiamente utilizzato, sottolineando la sua rilevanza in vari campi.

Calore di idratazione. Esercizi svolti e commentati

Il calore di idratazione rappresenta la variazione di che si verifica quando un sale anidro si combina con molecole d’ per formare un sale idrato. Un esempio comune è rappresentato dalla reazione del solfato di (II) che si unisce con 5 molecole d’acqua per formare il solfato di rame (II) pentaidrato.

Per calcolare il calore di idratazione di un sale, è possibile utilizzare l’ del sale anidro e quella del sale idrato. Quando avviene la formazione del sale idrato, si libera calore, quindi la variazione di entalpia è negativa.

Esercitarsi nel calcolo del calore di idratazione aiuta a comprendere meglio questo concetto. Ad esempio, conoscendo l’entalpia di soluzione del solfato di rame (II) e del sale idrato, è possibile calcolare il calore di idratazione con precisione. Allo stesso modo, per determinare l’entalpia di soluzione di un altro sale come il cloruro di calcio, è necessario considerare diverse entalpie di idratazione e del sale anidro.

– Calcolare il calore di idratazione del solfato di rame (II) con l’entalpia di soluzione del sale e del sale idrato fornite.
– Determinare l’entalpia di soluzione del cloruro di calcio considerando le entalpie di idratazione dell’ione calcio e cloruro gassosi insieme all’entalpia del sale anidro.

L’esercizio pratico e il calcolo di queste grandezze termochimiche sono utili per approfondire la comprensione del calore di idratazione e delle reazioni che coinvolgono i sali.

Equazioni termochimiche: esercizi svolti

Guida pratica alla risoluzione degli esercizi sulle equazioni termochimiche

Le equazioni termochimiche sono essenziali per comprendere la variazione di calore durante una reazione chimica considerando i diversi stati fisici delle sostanze coinvolte. Queste equazioni permettono di interpretare i dati termodinamici in base a proprietà specifiche.

Un’applicazione comune degli equazioni termochimiche è il calcolo della variazione di entalpia (∆H) in relazione alla reazione chimica e alle quantità di sostanze coinvolte. La legge di Hess può essere impiegata per determinare ∆H indipendentemente dal numero di stadi della reazione.

I singoli esercizi possono essere risolti considerando i coefficienti stechiometrici e le molecole coinvolte nelle reazioni.

Esercizio 1: Decomposizione del perossido di idrogeno


Nel caso della decomposizione del perossido di idrogeno, è possibile calcolare la variazione di entalpia seguendo l’equazione termochimica fornita.

Esercizio 2: Variazione di entalpia della reazione inversa


Per trovare la variazione di entalpia della reazione inversa è necessario applicare le regole delle equazioni termochimiche.

Esercizio 3: Combustione del metano


Nella combustione del metano, è importante considerare la natura esotermica della reazione per calcolare il calore sviluppato e le variazioni di entalpia.

Esercizio 4: Formazione di ossido di ferro


Nella reazione di formazione dell’ossido di ferro, occorre tenere conto della natura endotermica per calcolare i grammi di ferro consumati e il calore assorbito.

Le equazioni termochimiche offrono uno strumento utile per calcolare varie grandezze termodinamiche sfruttando le proprietà dei composti e le leggi della termodinamica. Se desideri approfondire le equazioni termochimiche e la loro risoluzione, puoi consultare questo [link](https://www.tesionline.it/tesi/scienze/fisica/equazioni-termochimiche/49009).

Semicarbazide: sintesi, reazioni, usi

Sintesi, Reattività e Impieghi della Semicarbazide

La semicarbazide ha una composizione molecolare H2NCOCHNH2 ed è un composto organico che si presenta come l’idrazide dell’. Questa sostanza è ampiamente impiegata come reagente nella cromatografia su strato sottile, ma anche nella produzione di farmaci antibatterici, principalmente appartenenti alla classe dei nitrofurani utilizzati per trattare le infezioni urinarie. Inoltre, la semicarbazide è un sottoprodotto derivante dalla decomposizione dell’azodicarbonammide (ADC), un additivo utilizzato nella lavorazione di prodotti a base di farina.

Per ottenere la semicarbazide, si possono utilizzare diversi metodi reattivi, come la reazione tra l’ e il cloro in presenza di o la reazione dell’urea con l’. Un processo cruciale che coinvolge la semicarbazide è la formazione di semicarbazoni quando reagisce con aldeidi o chetoni mediante una condensazione. È importante notare che, nonostante la presenza di due gruppi amminici nella molecola, solo uno di essi manifesta la tipica reattività degli ammine a causa dell’influenza disattivante del gruppo carbonilico adiacente.

I derivati della semicarbazide, come i semicarbazoni e le tiosemicarbazoni, mostrano attività antivirali, antinfettive e antitumorali, agendo principalmente sul legame del o del ferro all’interno delle cellule.

La sintesi, la reattività e gli usi della semicarbazide rivestono un ruolo essenziale nel campo della chimica organica e nella produzione di farmaci per il trattamento delle infezioni urinarie. Questi composti sono fondamentali anche come reagenti in laboratorio e come additivi alimentari per determinati processi industriali.

Diopside: diffusione, proprietà, usi

Il Diopside: origine, diffusione e proprietà

Il Diopside è un minerale facente parte del gruppo degli ionosilicati, appartenente alla famiglia dei pirosseni. Il suo nome deriva dal greco “δις-“, che significa doppio, e “όψις”, che significa apparenza, in riferimento alle due fenditure prismatiche tipiche della serie dei pirosseni.

Diffusione
Presente in rocce ignee e metamorfiche in diverse parti del mondo, il Diopside si trova principalmente in regioni italiane come Trentino Alto Adige, Piemonte, Val d’Aosta e Campania. Si forma anche durante il metamorfismo di calcari e dolomiti e si rinviene in varie località come Russia, Austria, Madagascar, Pakistan, Sud Africa, Sri Lanka e Cina. Cristalli di Diopside di colore verde brillante e alta trasparenza provengono da Tanzania, Finlandia e Afghanistan. Negli Stati Uniti, esemplari di pregio si trovano in stati come New York, Maine, Vermont e California, con giacimenti anche in Canada.

Proprietà
Il Diopside è un silicato di calcio e magnesio che può subire sostituzioni di ferro (II). La presenza di ferro conferisce alla pietra un colore più scuro e una minore trasparenza. I colori del Diopside variano dal bianco grigiastro al verde brillante, con una durezza nella scala di Mohs compresa tra 5.5 e 6.5 e un peso specifico tra 3.2 e 3.5.

Applicazioni
La varietà di Diopside ricca di cromo, di colore verde, è utilizzata dai cercatori di diamanti per individuare camini di kimberlite o peridotite, facilitando la localizzazione di diamanti presenti in strutture ignee verticali. I cristalli di Diopside contenenti cromo possono essere tagliati e utilizzati nella gioielleria, sia come pietre sfaccettate che cabochon. Questo minerale ha inoltre potenziali utilizzi nella produzione di ceramiche, vetro e biomateriali.

Azidi inorganiche, azidi organiche

Azidi inorganiche e organiche: caratteristiche e applicazioni

Gli azidi sono anioni poliatomici contenenti l’anione N3-. La fenilazide è stata la prima azide isolata da Johann Peter Grieß nel 1864. Negli ultimi anni, le azidi organiche hanno destato interesse per la sintesi dei peptidi e altre applicazioni, inclusa la sintesi combinatoriale per la produzione di nuovi composti.

Le azidi stanno emergendo come importanti composti per la sintesi di eterocicli e le modifiche ai biopolimeri. L’anione N3- viene stabilizzato da diverse strutture di risonanza, ma la struttura centrale con la maggiore delocalizzazione contribuisce maggiormente alla sua stabilità.

Le azidi possono essere suddivise in due categorie: inorganiche e organiche.

Azidi inorganiche

Le azidi inorganiche sono sali derivati dall’ HN3, in cui l’idrogeno viene sostituito da un metallo. Queste sostanze sono altamente esplosive e vengono impiegate come esplosivi detonanti per inneschi. Un esempio rilevante di azide inorganica è il , che può essere ottenuto direttamente o indirettamente da questo composto e può presentarsi in forma di gas, liquido o solido.

Il sodio azide può essere sintetizzato attraverso diverse vie, come la reazione tra idrazina e n-butilnitrito in ambiente basico, la reazione tra sodio ammide e monossido di biazoto, o la reazione tra idrazina idrata, etilnitrito e metossido di sodio.

Azidi organiche

Le azidi organiche aciliche e ariliche sono comunemente ottenute dal sodio azide. Ad esempio, le azidi ariliche possono essere prodotte dalla reazione di un sale di diazonio in presenza di sodio azide, di con solfonilazide o con nitrito di sodio e .

Le azidi organiche trovano impiego nella trasposizione di Curtius per la produzione di , come detonatori e propellenti, in dispositivi come airbag, come conservanti in ambito sanitario e lavorativo, per il controllo dei parassiti in agricoltura e come conservanti nei vaccini. Sono utilizzate anche in alcuni farmaci e negli esplosivi.

Acido carbammico: decomposizione, idrolisi, usi

: Caratteristiche, Reazioni e Campi di Applicazione

L’acido carbammico è un composto chimico instabile che funge da capostipite dei , derivati dell’acido carbonico. Può essere considerato come una monoammide dell’acido carbonico oppure come un derivato dell’ in cui un atomo di idrogeno è sostituito da un gruppo carbossilico (COOH), i cui composti correlati includono gli uretani. Nonostante la sua instabilità, l’importanza dell’acido carbammico si concentra soprattutto nei suoi numerosi derivati.

Decomposizione dell’Acido Carbammico

L’acido carbammico subisce una decomposizione in ammoniaca e secondo la reazione: NH2COOH → NH3 + CO2. Sebbene tecnicamente rappresenti il più semplice amminoacido, la glicina viene considerata tale a causa della sua stabilità rispetto all’acido carbammico. Quest’ultimo non è stato oggetto di sintesi diretta, ma agisce come intermedio in varie reazioni, come ad esempio nella decomposizione termica degli azidi, che porta alla formazione di e azoto.

Idrolisi dell’Acido Carbammico

Dall’idrolisi dell’isocianato si ottiene l’acido carbammico N-sostituito, il quale subisce decarbossilazione producendo biossido di carbonio e un’ammina primaria. Inoltre, grazie all’intervento dell’ureasi, enzima appartenente alla classe delle idrolasi, l’idrolisi dell’urea genera inizialmente acido carbammico e ammoniaca, per poi proseguire con la produzione di ammoniaca e biossido di carbonio.

Utilizzi dell’Acido Carbammico

I derivati più significativi dell’acido carbammico sono i carbammati, esteri dell’acido con formula NH2COOR. In particolare, il carbammato di ammonio NH2COONH4 viene prodotto su vasta scala per la sintesi dell’urea a partire da ammoniaca e biossido di carbonio. I poliuretani, polimeri in prevalenza termoindurenti, derivano dalla polimerizzazione di un diisocianato con un poliolo, legati da legami carbammato. Questi materiali trovano impiego in svariati prodotti come canotti, racchette da tennis, tavole da surf e nella produzione di tessuti elastici come la lycra, utilizzata in varie tipologie di abbigliamento sportivo e da mare.

Vitamina E: proprietà, fonti, funzioni

Benefici, fonti e ruolo della vitamina E

La vitamina E è un nutriente liposolubile che comprende tocoferoli e tocotrienoli, sostanze fondamentali per la nostra salute. Questi composti agiscono come potenti , contrastando i dannosi e proteggendo le cellule dai ossidativi.

Scoperta nel 1922 da Evans e Bishop, la vitamina E è presente in varie forme, ma l’α-tocoferolo è la più attiva nel corpo umano. Troviamo la vitamina E principalmente negli oli vegetali come l’olio di girasole, di soia e di mais, nonché in alimenti come noci, mandorle e nocciole.

Le funzioni della vitamina E sono molteplici e fondamentali per il nostro organismo. Oltre ad essere coinvolta nella protezione cellulare e nella regolazione enzimatica, svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione di malattie neurologiche, cardiovascolari e cutanee. Inoltre, la vitamina E trova applicazioni anche nel campo medico, come nell’utilizzo di polietilene ad alto peso molecolare arricchito con vitamina E per la produzione di protesi.

Le fonti naturali di vitamina E sono facilmente reperibili nei vegetali e nei frutti oleosi, fornendo al nostro corpo un’importante difesa contro lo stress ossidativo e contribuendo al mantenimento della nostra salute in generale. Includere alimenti ricchi di vitamina E nella dieta è quindi essenziale per garantire il corretto funzionamento del nostro organismo e prevenire molte patologie legate all’ossidazione cellulare.

Zimasi: enzimi, fermentazione degli zuccheri

Zimasi: il ruolo degli enzimi nella degli zuccheri

Le zimasi sono enzimi naturali presenti nei lieviti che svolgono un’importante funzione nella trasformazione degli zuccheri in e biossido di carbonio durante il processo di fermentazione. Questo complesso enzimatico favorisce la reazione di conversione del e di altri zuccheri fermentabili come , mannosio e galattosio.

La fermentazione degli zuccheri avviene in determinate condizioni, quali l’assenza di ossigeno, una temperatura costante, presenza di acqua e un ambiente leggermente acido. Le zimasi non sono attive a inferiore a 6 o a temperature molto elevate che possono inattivare gli enzimi.

Nel 1897, il chimico tedesco Eduard Buchner isolò le zimasi dai lieviti, dimostrando che è l’enzima a catalizzare la trasformazione in alcool e anidride carbonica, e non le cellule stesse.

Le zimasi sono impiegate anche nel settore farmaceutico per favorire i processi metabolici in caso di carenza di enzimi digestivi pancreatici. In questo contesto, “zimasi” indica il nome commerciale di un mix enzimatico utilizzato come integratore alimentare, composto da amilasi, peptidasi e lipasi che aiutano rispettivamente la digestione degli amidi, delle proteine e dei lipidi.

Questi enzimi sono essenziali nella produzione di etanolo da zuccheri e da fonti ricche di carboidrati come il grano.

Clorammine: sintesi, reazioni

Sintesi e Reazioni delle Clorammine: Approfondimento sui composti clorurati

Le clorammine sono composti risultanti dalla sostituzione di uno, due o tutti e tre degli atomi di idrogeno dell’ con atomi di cloro, dando origine alla monoclorammina NH2Cl, alla diclorammina NHCl2 e alla triclorammina NCl3. Questi composti possono anche presentarsi in forma organica come RNCl2 o R2NCl, dove il gruppo -R sostituisce gli atomi di idrogeno.

La formazione delle clorammine avviene rapidamente dalla reazione tra cloro e ammoniaca, con la presenza e la concentrazione influenzate da diversi fattori come il , la temperatura, il rapporto tra cloro e ammoniaca e il tempo di reazione.

Per ottenere clorammine, è possibile far reagire ammoniaca e in tre reazioni reversibili:

– NH3 + HClO ⇄ NH2Cl + H2O
– NH2Cl + HClO ⇄ NHCl2 + H2O
– NHCl2 + HClO ⇄ NCl3 + H2O

La monoclorammina, in particolare, è la specie più rilevante e comunemente conosciuta come clorammina.

In condizioni neutre o leggermente alcaline, la monoclorammina si decompone come segue:

– 3 NH2Cl → N2 + NH4Cl + Cl2

A valori di pH elevati, reagisce con ioni OH-:

– 3 NH2Cl + 3 OH- → NH3 + N2 + 3 Cl- + 3 H2O

A pH intorno a 4, si verifica una reazione di disproporzione con formazione di diclorammina:

– 2 NH2Cl + H+ ⇄ NHCl2 + NH4+

A sua volta, la diclorammina subisce una reazione di disproporzione che porta alla formazione di triclorammina:

– NHCl2 + H+ ⇄ NCl3 + NH4+

La diclorammina e la triclorammina possono reagire tra loro generando:

– NHCl2 + NCl3 → N2 + 3 HCl + 2 HClO

Le clorammine, particolarmente la monoclorammina, sono utilizzate per la grazie alla loro efficacia nel contrastare i microrganismi e alla limitata formazione di sottoprodotti dannosi come i trialometani. Tuttavia, in presenza di sostanze organiche, possono creare clorammine organiche con minori proprietà disinfettanti e sono difficili da rimuovere. Nonostante ciò, presentano il vantaggio di mantenere inalterate le caratteristiche dell’ come pH, odore e sapore.

Ioni spettatori: esercizi svolti

Individuare gli ioni spettatori nelle reazioni di ossidoriduzione

Nel contesto delle reazioni , è fondamentale identificare gli ioni spettatori, ossia le specie che non variano il proprio e non partecipano direttamente alla reazione chimica. Questi ioni svolgono un ruolo cruciale nell’equilibrio della reazione molecolare di ossidoriduzione.

Le reazioni redox possono presentare una complessità che richiede una precisa individuazione degli ioni spettatori. Una volta identificati, gli ioni spettatori vengono rimossi per bilanciare la reazione utilizzando metodi come il numero di ossidazione e le semireazioni. Successivamente, è importante reintrodurre gli ioni spettatori per completare la reazione bilanciata, spesso composti da o alcalino-terrosi.

Ecco due esempi di esercizi svolti per individuare gli ioni spettatori:

) Nella reazione KI + H2SO4 → K2SO4 + I2 + H2S + H2O, il potassio agisce come ione spettatore, mentre lo iodio e il solfuro subiscono variazioni nei numeri di ossidazione e non sono ioni spettatori. L’idrogeno e l’ossigeno mantengono invariato il loro numero di ossidazione e quindi sono spettatori. La reazione bilanciata è: 8 KI + 5 H2SO4 → 4 I2 + H2S + 4 H2O + 4 K2SO4.

2) Nella reazione Ag2S + HNO3 → AgNO3 + NO + S + H2O, l’ agisce come ione spettatore, mentre lo zolfo, l’ossigeno e l’idrogeno sono spettatori. L’azoto subisce variazioni nel numero di ossidazione e non è uno spettatore. La reazione bilanciata è: 3 Ag2S + 8 HNO3 → 2 NO + 3 S + 4 H2O + 6 AgNO3.

Identificare correttamente gli ioni spettatori è essenziale per comprendere e bilanciare le reazioni di ossidoriduzione in modo accurato e completo.

Chemisorbimento: cinetica, interazioni adsorbato-superficie solida

Il processo di adsorbimento attraverso il chemisorbimento coinvolge reazioni chimiche tra la superficie solida e l’adsorbato, ed è ampiamente utilizzato nella per reazioni gassose in ambito industriale. Questo fenomeno avviene su superfici solide costituite da metalli, ossidi metallici o zeoliti.

Inizialmente, le molecole di gas interagiscono con gli atomi o gli ioni sulla superficie solida tramite deboli, noto come fisisorbimento. Successivamente si verifica il chemisorbimento, in cui si formano legami chimici forti come i .

Durante il chemisorbimento si creano interazioni che portano alla formazione di legami covalenti, ionici e a idrogeno, spesso in modo irreversibile e a basse concentrazioni. Questo fenomeno cessa quando tutti i siti attivi sulla superficie sono occupati dalle specie adsorbite, e la sua è paragonabile a quella di una reazione chimica, con possibilità di essere esotermico o endotermico.

La cinetica del chemisorbimento è generalmente lenta e coinvolge un’energia di attivazione, con processi di tipo associativo o dissociativo a seconda dei casi. Ad esempio, il chemisorbimento dell’idrogeno sui metalli è principalmente dissociativo, mentre per il monossido di carbonio varia in base al tipo di metallo.

A seconda della natura della superficie metallica, il monossido di carbonio può adsorbire in forma molecolare su metalli del blocco d destro, come rame o , oppure in modo dissociativo su metalli alcalini, alcalino-terrosi, titanio o terre rare.

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