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Ossido di ferro (III): proprietà, reazioni, sintesi, usi

Ossido di (III): caratteristiche, reazioni, produzione e applicazioni

L’ossido di ferro (III), conosciuto anche come ossido ferrico e chimicamente rappresentato con la formula Fe2O3, è un composto inorganico che ha il ferro con un numero di ossidazione +3. Insieme all’ossido di ferro (II) e all’ossido di ferro (II e III) presenti nella magnetite, costituisce uno dei tre ossidi del ferro.

Proprietà dell’ossido di ferro (III)

L’ossido di ferro (III) può variare nella sua cristallina, tra cui forme come romboedrica (forma α), cubica (forme β e γ), e ortorombica (forma ε). È solubile in acidi diluiti ma poco solubile in .

Sintesi dell’ossido di ferro (III)

La sintesi di questo composto può avvenire attraverso la decomposizione del carbonato di ferro (III) o dalla reazione del ferro con l’ossigeno in presenza di acqua, generando ossidrossido ferrico che si trasforma successivamente in ossido ferrico.

Reazioni dell’ossido di ferro (III)

L’ossido di ferro (III) è coinvolto in reazioni chimiche con acido cloridrico, monossido di carbonio e alluminio che portano a diversi prodotti.

Applicazioni dell’ossido di ferro (III)

Questo composto trova ampio impiego nell’industria siderurgica per la produzione di e . Grazie alla sua pigmentazione, viene impiegato come colorante nel settore edile, nelle vernici e nelle finiture industriali. Viene utilizzato anche per lucidare lenti e gioielli, come mezzo di filtrazione per estrarre i fosfati negli acquari marini e come nanoparticelle nelle applicazioni biomediche, incluso l’uso in cosmetici.

Tropano: struttura, sintesi, alcaloidi tropanici

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Alcaloidi Tropanici: Caratteristiche, Processo di Sintesi e Applicazioni

Gli alcaloidi tropanici, con il tropano come di base, sono presenti in piante medicinali antiche e vengono impiegati per diversi utilizzi terapeutici. Alcuni esempi noti sono la e l’ utilizzate come anticolici e spasmolitici, con quest’ultima impiegata anche nei colliri per dilatare le pupille durante gli esami oculari.

La struttura del tropano è caratterizzata da un anello pirrolidinico e uno piridinico, condividendo atomi di azoto e carbonio e un ponte di azoto tra carbonio e 5. La sintesi del tropano avviene tramite la riduzione del tropinone in presenza di acido cloridrico e PtO2.

Gli alcaloidi tropanici sono metaboliti di piante di varie famiglie e, nonostante abbiano una struttura simile, presentano differenze nelle proprietà biologiche e farmacologiche. Ad esempio, l’atropina agisce come antagonista dell’, utile come antidoto per veleni e come spasmolitico, mentre la scopolamina è conosciuta per i suoi effetti antiemetici.

La cocaina, un altro alcaloide tropanico, è una droga illecita con effetti dannosi sulla salute a lungo termine. Al contrario, i farmaci che contengono la parte tropanica vengono impiegati come antispastici, anestetici e midriatici. L’atropina, ad esempio, è utilizzata per l’esame del fondo oculare.

In conclusione, gli alcaloidi tropanici rappresentano un interessante campo di studio per le loro diverse proprietà e applicazioni biologiche, chimiche e farmacologiche.

Eparina: struttura, meccanismo di azione, usi

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, azione e applicazioni dell’eparina

L’eparina, un polisaccaride ad alto contenuto di solfato, è stato scoperto nel 1916 da Jay McLean ed è utilizzato come anticoagulante sin dagli anni ’30. Derivante dal greco ἧπαρ, che significa fegato, poiché è stato isolato per la prima volta dal fegato di un cane.

Struttura

Nota anche come eparina non frazionata (UFH), l’eparina ha una massa molecolare compresa tra 3000 e 30000 Da. Appartenente alla famiglia dei glicosaminoglicani, è composta da unità solfatate di D-, 2-desossi-2-sulfamino-D-glucosio, 2-acetamido-2-deossi-D-glucosio, , e acido iduronico. Grazie ai gruppi solfato, ha una densità di carica negativa superiore rispetto ad altre molecole biologiche simili.

di azione

L’eparina agisce come anticoagulante inattivando la e attivando il fattore X (protrombinasi), un enzima della cascata di coagulazione. Si lega a diverse proteine, tra cui l’antitrombina, regolando così la formazione di coaguli nel sangue. Questa interazione inattiva la trombina, prevenendo la formazione di coaguli e prolungando il tempo di coagulazione. Inoltre, inibisce l’attivazione indotta dalla trombina delle piastrine e dei fattori V e VIII.

Applicazioni

L’eparina viene impiegata per la prevenzione e il trattamento di condizioni trombotiche come la trombosi venosa profonda, l’embolia polmonare e la fibrillazione atriale. Viene inoltre utilizzata per prevenire la coagulazione eccessiva durante interventi cardiochirurgici o dialisi e per prevenire trombi murali dopo un infarto miocardico. È importante sottolineare che l’uso dell’eparina richiede una prescrizione medica.

Almandino: diffusione, minerali associati, proprietà, usi

Almandino: distribuzione, minerali associati, caratteristiche e impieghi

L’almandino, appartenente al gruppo del granato, è un neosilicato composto da silicato di (II) e alluminio, con formula Fe3Al2(SiO4)3. Il minerale ha ottenuto il nome “almandino” da Alabanda, grazie al mineralogista tedesco Georg Pawer nel 1546. Si dice che le gemme venissero tagliate in quest’antica città della Caria, Anatolia, che oggi è conosciuta come Doğanyur.

Distribuzione

L’almandino è comunemente trovato nel micascisto, una roccia metamorfica, così come nelle rocce magmatiche come diorite e pegmatite granitica, e nei depositi alluvionali come minerale sedimentario. Si trova associato a diversi minerali come biotite, , quarzo, staurolite, andalusite, orneblenda, epidoto, magnetite, , leucite e . Il minerale si trova diffuso in diverse parti del mondo, con importanti ritrovamenti in Tirolo settentrionale, Cina, Brasile, Nuovo Galles del Sud in Australia, e Repubblica Ceca. Negli Stati Uniti, esemplari di alta qualità si trovano in Alaska, mentre nello stato di New York si trova la principale miniera di granato del mondo.

Subway Garnet

Un esemplare di notevoli dimensioni, con un peso superiore a 4 kg, è esposto presso l’American Museum of Natural History di New York. Secondo fonti, il cristallo di colore marrone-rossastro sarebbe stato scoperto durante gli scavi della metropolitana di New York nel 1885. Tuttavia, poiché la metropolitana di New York fu inaugurata nel 1900, 15 anni dopo la scoperta del Subway Garnet, è probabile che la pietra sia stata rinvenuta durante scavi fognari.

Caratteristiche

L’almandino si presenta in varie tonalità, dal rosso al marrone, con possibili sfumature viola. La sua durezza, misurata sulla scala di Mohs, varia da 6.5 a 7.5, mentre il peso specifico è di 4.3, più elevato rispetto agli altri minerali del gruppo dei granati.

Utilizzi

Apprezzato dai collezionisti, l’almandino è ampiamente utilizzato nella produzione di gioielli, specialmente pendenti, orecchini e anelli. A livello industriale, viene impiegato come abrasivo e, quando ridotto in piccoli granuli, contribuisce alla produzione di carta vetrata.

Gruppo 7 (Mn, Tc, Re, Bh): proprietà

Metalli di Transizione del Gruppo 7: Caratteristiche e Applicazioni

Il Gruppo 7 della Tavola periodica è costituito da metalli di transizione appartenenti al blocco d. I principali elementi di questo gruppo sono il manganese, il , il e il bhorio, che si collocano rispettivamente nel 4°, 5°, 6° e .

Il bhorio, elemento scoperto nel 1976, è un elemento artificiale con proprietà ancora in gran parte sconosciute a causa del suo tempo di dimezzamento breve, il che limita le nostre conoscenze su di esso.

Gli altri metalli del Gruppo 7 sono caratterizzati da una colorazione bianco-argento, durezza e punti di fusione ed ebollizione elevati. Mentre il manganese è abbondante in natura, tecnezio, renio e bhorio sono elementi rari sulla Terra o, nel caso del bhorio, sono sintetici.

Le proprietà di questi elementi sono riassunte in una tabella che include informazioni quali numero atomico, configurazione elettronica, elettronegatività e numeri di ossidazione.

Il manganese cristallizza in una struttura cubica a corpo centrato, mentre tecnezio e renio in una struttura esagonale compatta.

Questi metalli condividono analogie nella configurazione elettronica dei loro gusci esterni, che influenzano le loro proprietà fisiche e reattività chimica. Per esempio, il manganese è utilizzato nell’industria siderurgica per migliorare la resistenza alla corrosione e agli urti meccanici dell’.

Il tecnezio, con i suoi diversi isotopi a emivita variabile, trova impiego in procedure diagnostiche come la scintigrafia e la tomografia a emissione di un singolo fotone. Il renio, invece, è utilizzato per creare con il platino fondamentali nella produzione di benzina senza piombo ad alto numero di ottani e in leghe ad elevata resistenza termica.

Inoltre, i composti del renio sono impiegati come catalizzatori in reazioni a rischio di avvelenamento del catalizzatore.

Gruppo imminico: basicità, basi di Schiff, reattività

Il gruppo imminico: caratteristiche, composti e reattività

Il gruppo imminico è un importante gruppo funzionale composto da un atomo di carbonio che è legato a un atomo di azoto attraverso un doppio legame ibridato sp2. Questo gruppo è analogo al gruppo carbossilico, in cui un atomo di carbonio è legato a un atomo di ossigeno.

I composti che contengono il gruppo imminico includono le , che sono suddivise in aldimmine (primarie e secondarie, note anche come di Schiff) e chetimmine (primarie e secondarie). Le immine sono simili alle , in cui l’azoto è legato a un gruppo -OH, e agli , in cui l’azoto è legato a un altro azoto.

La presenza dell’azoto conferisce alla molecola un carattere basico a causa del doppietto elettronico solitario. Le ammine, che presentano il gruppo amminico, sono considerate basi secondo la teoria di Brønsted–Lowry. Tuttavia, la basicità del gruppo imminico è inferiore rispetto alle ammine in quanto il doppietto elettronico solitario dell’azoto occupa un orbitale ibrido sp2 anziché uno sp3 come per le ammine, rendendo gli orbitali sp2 meno disponibili per formare legami con ioni H+ e di conseguenza meno basici.

L’atomo di azoto, ricco di elettroni, può agire come nucleofilo, mentre il carbonio legato all’azoto può agire come elettrofilo in presenza di buoni nucleofili. Inoltre, il doppio legame presente può comportarsi come dienofilo e reagire con un diene per formare un addotto ciclico, come visto nelle cicloaddizioni di Diels-Alder.

Muscarina: struttura, funzioni, metabolismo

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Muscarina: effetti e impatto sul corpo umano

La muscarina è una sostanza tossica presente in vari come Inocybe, Clitocybe e Amanita muscaria. Scoperta nel 1869 da Oswald Schmiedeberg e Richard Kopp, la muscarina ha dimostrato di avere effetti nocivi sul corpo umano.

Uno degli antidoti specifici in caso di avvelenamento da muscarina è l’, un antagonista del recettore muscarinico dell’acetilcolina. Altri importanti antagonisti muscarinici sono la e la pirenzepina.

e comportamento della muscarina

La muscarina è un sale di ammonio quaternario con tre gruppi metilici legati all’azoto e un tetraidrofurano sostituito. Essendo chirale, di solito si presenta in forma L. Solubile in ed etanolo, è poco solubile in cloroformio, etere etilico e acetone.

Effetti nel corpo umano

La muscarina agisce sul sistema nervoso periferico competendo con l’acetilcolina nei recettori, attivando il sistema nervoso parasimpatico. Questo può causare rallentamento cardiaco, contrazioni muscolari e aumento della secrezione ghiandolare, arrivando anche a provocare insufficienza circolatoria acuta con arresto cardiaco.

Metabolismo della muscarina

Le informazioni sul metabolismo della muscarina nel corpo umano sono limitate, ma sembra che non subisca alcuna trasformazione metabolica. L’acetilcolinesterasi, enzima responsabile del metabolismo dell’acetilcolina, non è in grado di metabolizzare la muscarina. Quest’ultima, solubile, viene escreta principalmente attraverso le urine, contribuendo alla sua tossicità.

Anatasio: diffusione, proprietà, usi

L’anatasio: distribuzione geografica, peculiarità e campi di utilizzo

L’anatasio, conosciuto anche come ottaedrite, rappresenta una forma piuttosto rara di biossido di titanio appartenente alla categoria dei polimorfi insieme al rutilo e alla brookite. Ciò che contraddistingue l’anatasio è la sua particolare struttura cristallina, con una cella unitaria di forma tetragonale contenente quattro unità di TiO2, in contrasto con il rutilo che ne contiene due e la brookite che ne possiede otto.

Il termine “anatasio” ha origine dal greco antico “ανάτασις”, che significa “estensione”, in relazione alla sua struttura cristallina caratterizzata da un asse verticale dei cristalli più allungato rispetto al rutilo. Risale al 1801 la denominazione di questo minerale da parte del rinomato mineralogista e cristallografo francese René Just Haüy.

Di anatasio esistono due varianti: una è costituita da cristalli a doppia piramide acuta, che possono presentare colorazioni che vanno dal blu indaco al nero, mentre l’altra è formata da cristalli di dimensioni microscopiche con numerose facce piramidali sviluppate e colori che variano dal giallo miele al marrone.

Distribuzione geografica
L’anatasio è un minerale secondario che si rinviene all’interno di rocce sedimentarie come arenarie, argille e ardesie, oltre che in rocce ignee e metamorfiche. È comunemente associato al quarzo, all’adularia e meno frequentemente alla titanite o al rutilo. La sua presenza è diffusa in diverse parti del mondo, tra cui Svizzera, Francia, Norvegia, Russia, Inghilterra, Galles, Brasile, Pakistan e Canada, nonché in alcune località degli Stati Uniti come North Carolina, Virginia, Massachusetts e California.

Caratteristiche fisiche
L’anatasio può contenere impurità di ferro, stagno, vanadio e niobio. La sua colorazione varia da nero a rossastro, marrone, blu scuro fino a incolore o bianco, presentando occasionali sfumature rosse, verdi o grigie con macchie più chiare e più scure. La sua durezza sulla scala di Mohs varia da 5,5 a 6, mentre il peso specifico oscilla tra 3,8 e 4.

Campi di utilizzo
Insieme al rutilo, l’anatasio viene ampiamente impiegato per la produzione di pigmenti bianchi di biossido di titanio utilizzati in diversi settori tra cui vernici, plastica, carta, inchiostri, medicine e dentifrici.

Se desideri approfondire l’argomento, ti consiglio di consultare il sito [Minerali.it](https://www.minerali.it/anatasio/) che fornisce ulteriori informazioni dettagliate sul tema.

Vesuvianite: diffusione, proprietà, usi

La vesuvianite è un minerale che appartiene alla categoria dei sorosilicati e prende il suo nome dal Vesuvio, un vulcano attivo in Europa con un ruolo storico significativo per Napoli.

La sua presenza è diffusa principalmente negli skarn, rocce formate dal contatto tra rocce silicatiche o fusi magmatici e rocce carbonatiche, e anche nelle rodingiti presenti nelle formazioni di tipo serpentinoso. Spesso si trova associata ad altri minerali come grossularia, , , , andradite, zoisite, e . In Italia, cristalli di vesuvianite di grande bellezza si trovano in diverse località tra cui la Val d’Aosta, Lombardia, Piemonte e Campania, ma è diffusa anche in altri paesi come Svizzera, Norvegia, Cina, Pakistan, Messico, Canada e Stati Uniti.

La vesuvianite è un silicato basico di calcio, magnesio e alluminio con una varietà di colori come marrone, verde, giallo, rosa, viola, arancione, rosso e blu. Ha una durezza di 6.5 nella scala di Mohs e un peso specifico tra 3.35 e 3.45. I cristalli sono generalmente traslucidi e fragili, con una frattura concoidale e una lucentezza vitrea sulle superfici di frattura.

Nonostante la vesuvianite non abbia impieghi industriali rilevanti, i campioni di eccezionale bellezza e qualità sono molto ricercati dai collezionisti e possono essere utilizzati per la produzione di gemme o sculture. Per ulteriori informazioni sui minerali, puoi visitare il sito ufficiale del Museo di Mineralogia dell’Università di Napoli Federico II.

Idrossichetoni: struttura, sintesi, reazioni, saggio di Tollens

Sintesi, proprietà e reazioni degli Idrossichetoni

Gli idrossichetoni sono composti organici caratterizzati dalla presenza di un gruppo chetonico e uno alcolico. Questi composti sono importanti in ambito farmaceutico e la loro può variare a seconda della posizione dei gruppi funzionali. Si distinguono quindi in α-idrossichetoni, con i due gruppi su atomi di carbonio adiacenti, e β-idrossichetoni, con i gruppi su atomi non adiacenti intervallati da un carbonio.

Un metodo comune per identificare le è il saggio di Tollens, noto anche come “specchio di argento”. Questo test si basa su una reazione di ossidoriduzione in cui l’argento viene ridotto da + a 0 e il carbonio carbonilico viene ossidato da +1 a +3. La presenza di un’aldeide viene indicata dalla formazione di argento metallico sulle pareti del recipiente. Gli α-idrossichetoni, in particolare quelli con su un carbonio terminale, reagiscono positivamente al saggio di Tollens a causa della con l’aldeide.

La sintesi degli α-idrossichetoni può avvenire attraverso l’ossidazione di alcheni con permanganato di potassio o tramite l’acilazione di un chetone con un composto organo-litico generato in situ. Quest’ultimo procedimento prevede la reazione del composto R(CO)Li con un chetone in presenza di cloruro di ammonio per ottenere l’α-idrossichetone.

Le reazioni degli idrossichetoni includono lo shift 1,2 di sostituenti alchilici o arilici in presenza di base, acido di Brønsted e Lowry, o acido di Lewis, che porta alla formazione di isomeri. Gli α-idrossichetoni secondari, riscaldati con anidride fosforica, reagiscono con ammine primarie secondo la reazione di Voight, producendo α-amminochetoni corrispondenti.

Alcol deidrogenasi: enzimi, struttura, dipendenza dall’alcol

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Ruolo e Funzioni dell’Alcol Deidrogenasi

Le alcol deidrogenasi (ADH) sono enzimi appartenenti alla classe delle che svolgono un ruolo cruciale nel metabolismo degli alcoli. Questi enzimi catalizzano l’ossidazione degli alcoli primari e secondari in aldeidi e chetoni, con l’NAD+ o NADP+ come coenzima accettore di elettroni. In particolare, nell’organismo umano, l’ADH è coinvolta nella trasformazione dell’ in acetaldeide nel fegato, prima che questa venga ulteriormente ossidata ad acetato dagli enzimi dell’aldeide deidrogenasi (ALDH).

dell’Alcol Deidrogenasi e Dipendenza dall’Alcol

Le ADH sono spesso presenti come dimeriche con due ioni di Zn^2+ legati, di cui solo uno è attivo cataliticamente. Esistono diversi enzimi ADH e ALDH codificati da geni diversi, e variazioni genetiche in questi geni possono influenzare la velocità con cui l’etanolo e l’acetaldeide vengono metabolizzati, incidendo sui livelli di alcolismo e sul rischio di dipendenza da alcol.

Applicazioni delle Alcol Deidrogenasi

Le proprietà catalitiche dell’ADH le rendono utili come biocatalizzatori per la sintesi di composti chirali come α-idrossichetoni e dioli, importanti per la produzione di vari farmaci. Questi composti chirali sono impiegati come intermedi nella sintesi di farmaci come antipertensivi, bloccanti dei canali del calcio e del potassio, antiaritmici, β3-agonisti, farmaci anti-colesterolo e antivirali utilizzati nell’industria farmaceutica e chimica.

Rischio di Intossicazione da Metanolo

Sebbene l’ADH sia essenziale per il metabolismo sicuro dell’etanolo, può anche convertire altre sostanze come il metanolo in prodotti pericolosi. La conversione del metanolo in e successivamente in acido formico dall’ALDH può portare a gravi conseguenze come acidosi metabolica, problemi visivi, inclusa la cecità, e in casi estremi, alla morte. Pertanto, è importante prestare attenzione all’esposizione al metanolo e ad altre sostanze tossiche che possono essere metabolizzate dall’ADH.

Idrossido di ferro (III): solubilità, sintesi, reazioni, usi

Proprietà e Applicazioni dell’Idrossido di Ferro (III)

L’idrossido di ferro (III), chiamato anche “idrossido ferrico”, è un composto inorganico con un numero di ossidazione del ferro di +3 e la formula Fe(OH)3.

Solubilità


Questo composto ha una bassa solubilità in acqua, con un prodotto di solubilità di 1.6 · 10^-39. La sua dissociazione avviene attraverso l’equilibrio eterogeneo: Fe(OH)3(s) ⇄ Fe^3+(aq) + 3 OH^-(aq). La solubilità dell’idrossido di ferro (III) è influenzata dal pH e può essere calcolata come 8.8 ·10^-11 mol/L o 9.4 ·10^-9 g/L.

Proprietà


L’idrossido di ferro (III) si presenta come una polvere amorfa rosso-marrone ed è poco solubile negli alcoli e negli eteri, ma si scioglie negli acidi.

Sintesi


Può essere sintetizzato dalla reazione tra cloruro di ferro (III) e idrossido di sodio o idrossido di ammonio, con cloruro di sodio o cloruro di ammonio come sottoprodotto.

Reazioni


L’idrossido di ferro (III) reagisce con acido solforico, acido nitrico e acido cloridrico producendo rispettivamente solfato di ferro (III), nitrato di ferro (III) e cloruro di ferro (III). Inoltre, subisce una decomposizione termica con formazione di ossido di ferro (III).

Utilizzi


Questo composto è impiegato come pigmento, catalizzatore e riempitivo nella lavorazione della gomma. Trova impiego anche negli integratori per trattare e prevenire l’anemia da carenza di ferro.

Per ulteriori informazioni sull’idrossido di ferro (III) e le sue applicazioni, ti consiglio di consultare fonti specializzate come [pubchem.ncbi.nlm.nih.gov](https://pubchem.ncbi.nlm.nih.gov/compound/Iron-oxid-hydrate) e [chemicalbook.com](https://www.chemicalbook.com/ChemicalProductProperty_IT_CB5913620.htm).

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