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Una nuova minaccia per lo strato di ozono: l’emergenza del diclorometano

Una nuova minaccia per lo strato di ozono: l’emergenza del diclorometano

L’ozono svolge un ruolo essenziale nel proteggere la Terra dalle pericolose radiazioni ad alta frequenza provenienti dal Sole, in particolare dai dannosi raggi UV che possono causare danni genetici all’uomo. Tra gli effetti negativi dei raggi UV si annovera la capacità di provocare mutazioni genetiche dannose nelle basi azotate del .

Il , che si verifica negli strati inferiori della stratosfera, è cruciale per mantenere l’equilibrio ambientale. Tuttavia, è un ciclo delicato e suscettibile di essere disturbato da varie sostanze. Nel corso degli anni, la mancanza di attenzione alle politiche ambientali ha causato danni evidenti allo strato di ozono.

Negli anni ’70, si scoprì che l’ampio impiego dei clorofluorocarburi () come per aerosol e agenti refrigeranti sottileggiava lo strato di ozono. Questo significativo ritrovamento portò alla firma del Protocollo di Montreal nel 1987, con l’obiettivo di ridurre la produzione e l’uso delle sostanze nocive per proteggere la vita sul nostro pianeta.

Recenti ricerche condotte nel Regno Unito hanno rilevato la presenza di una nuova minaccia per lo strato di ozono: il diclorometano. Questa molecola, la cui incidenza non era stata considerata in passato, ora desta preoccupazione a causa dell’incremento della sua produzione negli ultimi anni. Il diclorometano trova ampio impiego come solvente, per la rimozione della vernice e lo sgrassaggio, fino all’utilizzo nell’industria alimentare.

Studi recenti hanno evidenziato che il diclorometano, a differenza dei dannosi CFC, ha effetti nocivi sull’ozono. Poiché non è stato incluso nel Protocollo di Montreal per mancanza di conoscenza sui suoi effetti, la comunità scientifica sottolinea l’importanza di considerare queste scoperte per rivedere e migliorare le politiche ambientali, al fine di salvaguardare la salute umana e la biodiversità del nostro pianeta.

Perché le cipolle fanno lacrimare: fattore lacrimatorio sintetasi

Il di formazione delle lacrime durante il taglio delle cipolle

Il fenomeno delle lacrime che scaturiscono durante il taglio delle cipolle è causato da un enzima chiamato fattore lacrimatorio sintetasi. Questo enzima è responsabile della conversione dei composti contenenti zolfo presenti nelle cipolle in una molecola chiamata S-ossido di (Z)-tiopropanale, la quale irrita gli occhi e porta alla produzione di lacrime.

Le potenzialità delle modifiche genetiche per ridurre l’effetto lacrimogeno delle cipolle

Recenti studi hanno dimostrato che inibendo il fattore lacrimatorio sintetasi si potrebbe prevenire la formazione della sostanza irritante, favorendo invece la produzione di composti benefiche come i tiosulfinati. In alcuni paesi come l’Australia e il Giappone, sono stati condotti esperimenti di ingegneria genetica per creare cipolle non lacrime. Questo potrebbe rappresentare una svolta nel settore agricolo, tuttavia solleva questioni etiche riguardanti la commercializzazione di organismi geneticamente modificati.

Prospettive future e dibattiti sull’utilizzo delle cipolle non lacrime

L’introduzione sul mercato di cipolle non lacrime potrebbe rappresentare un importante passo avanti per eliminare il fastidioso effetto delle lacrime durante la preparazione dei piatti in cucina. Tuttavia, questa novità potrebbe comportare la perdita dell’odore caratteristico delle cipolle, sollevando controversie su quanto sia accettabile modificare geneticamente gli alimenti. Resta da vedere come evolverà il dibattito in merito e se le cipolle non lacrime diventeranno parte della nostra quotidianità.

Emiacetali e acetali: reazioni, meccanismo

La formazione degli emiacetali e degli acetali nelle reazioni organiche

In ambito chimico, gli emiacetali e gli acetali sono composti organici che si ottengono dalla reazione tra un alcol e un’aldeide o un chetone. Le aldeidi, rappresentate dalla formula generale RCHO, presentano un gruppo funzionale carbonilico (C=O) con un carbonio ibridato sp^2. Questo legame è polarizzato a causa della differenza di elettronegatività tra carbonio e , generando una parziale carica positiva sul carbonio e una parziale carica negativa sull’ossigeno. Il può comportarsi sia da nucleofilo che da elettrofilo.

Le reazioni di formazione degli emiacetali e degli acetali

Una delle reazioni più comuni che coinvolge i composti con gruppo carbonilico è quella tra aldeidi e in ambiente acido, con un simile all’addizione di . Poiché gli alcoli sono deboli nucleofili e queste reazioni sono reversibili, è necessario che la formazione di emiacetali e acetali avvenga in ambiente acido e che l’acqua prodotta venga rimossa.

Il meccanismo di formazione degli emiacetali e degli acetali

In ambiente acido, uno dei doppietti elettronici sull’ossigeno del gruppo carbonilico reagisce con lo ione H3O+, generando un legame ossigeno-idrogeno dove l’ossigeno acquista una carica positiva. Successivamente, l’alcol attacca il carbonio carbonilico in un attacco nucleofilo, formando un intermedio che, dopo la deprotonazione, porta alla creazione dell’emiacetale. Il gruppo alcolico viene protonato e, successivamente, l’acqua viene eliminata, formando un doppio legame carbonio-ossigeno. Infine, l’attacco dell’acqua all’idrogeno porta alla formazione dell’acetale.

L’importanza degli acetali nella sintesi organica

Gli acetali rivestono un ruolo fondamentale nelle sintesi organiche grazie alla loro stabilità e alla limitata reattività in ambienti neutri o fortemente basici, fino a quando non vengono trattati con acidi. Gli acetali sono utilizzati come gruppi protettivi per difendere il carbonile durante sintesi multistep, permettendo di lavorare su altri gruppi funzionali. Al termine della reazione, l’idrolisi dell’acetale in ambiente acido consente di rimuovere il gruppo protettivo.

Ortosilicati organici: reazioni, proprietà

Ortosilicati Organici: Caratteristiche e Applicazioni

Gli ortosilicati organici sono composti che presentano il silicio legato a quattro gruppi -OR, con la formula generale Si(OR)4. Questi composti vengono sintetizzati attraverso la reazione degli del silicio con gli , dando luogo a liquidi incolori con un particolare odore. Ad esempio, il reagisce con l’ secondo la seguente equazione: SiCl4 + 4 CH3CH2OH → Si(OCH2CH3)4 + 4 HCl, formando così l’ortosilicato tetraetile.

Proprietà dei Composti

Gli ortosilicati organici sono noti per la loro capacità di idrolizzarsi lentamente in maniera graduale e controllabile. L’ortosilicato tetraetile, ad esempio, può idrolizzarsi interfaccialmente per diversi giorni o mesi in acqua, producendo silice solida o gel con l’aggiunta di un acido forte. Altri siliconici hanno diverse velocità di idrolisi, ma tendono a generare silice in presenza di un catalizzatore.

Applicazioni e Ruolo degli Esteri

Gli esteri siliconici sono fondamentali nella deposizione controllata della silice per la produzione di pellicole dure e resistenti, specialmente nell’ambito delle vernici organiche. Questi composti sono in grado di reagire con vari reagenti, come i reattivi di Grignard. Ad esempio, l’ortosilicato tetraetile viene impiegato come agente reticolante nei polimeri siliconici e come precursore di SiO2 nell’industria dei semiconduttori. D’altra parte, l’ortosilicato tetrametile trova impiego nella sintesi organica per la conversione di chetoni e aldeidi in chetali e acetali corrispondenti.

In conclusione, gli ortosilicati organici sono composti versatili con reazioni controllabili che li rendono essenziali in molteplici settori, dall’industria chimica a quella dei semiconduttori, offrendo un’ampia gamma di applicazioni e possibilità di sviluppo.

Chimica analitica: esercizi svolti e commentati

Esercizi Risolti e Commentati di Chimica Analitica

La chimica analitica propone una vasta gamma di esercizi che permettono di mettere in pratica le conoscenze acquisite, inclusa la risoluzione di miscele, titolazioni e reazioni di riduzione.

Esercizio 1: Reazioni di Riduzione e Titolazione

Inizialmente, si considera la reazione di riduzione della (NHOH) con ione ferro (Fe3+) per produrre Fe2+. Successivamente, il ferro (II) ottenuto viene titolato con per determinare la massa di idrossilammina presente nella soluzione iniziale.

Per risolvere l’esercizio, si bilanciano le reazioni di riduzione e titolazione, utilizzando il metodo delle semireazioni. Attraverso la titolazione con il di potassio, è possibile calcolare la quantità di idrossilammina presente nella soluzione.

Esercizio 2: Identificazione del Metallo in una Miscela

Nel caso di una miscela contenente BaO e un carbonato (MeCO3), dopo una serie di reazioni e titolazioni si identifica il metallo M presente nel carbonato, che viene riconosciuto come calcio.

Esercizio 3: Preparazione e Titolazione di una Soluzione

Si prepara una soluzione combinando HNO3, HCl e H2SO4, che viene poi diluita fino a un volume di 2 litri. Successivamente, una parte della soluzione è titolata con una soluzione di Na2CO3>·10H2O per calcolare il volume di H2SO4 presente.

Esercizio 4: Titolazione di Idrazina

In questo esercizio, un campione di solfato di idrazina (2H6SO4) subisce un trattamento con ferro (III) e viene successivamente titolato con permanganato di potassio per determinare la quantità di idrazina presente nella soluzione iniziale.

Gli esercizi sopra riportati rappresentano un’applicazione pratica dei concetti di chimica analitica nella risoluzione di problemi e nella determinazione delle sostanze in soluzione.

Per maggiori informazioni sulle soluzioni a questi esercizi, ti invitiamo a visitare il sito di [chimica.today](https://www.chimica.today).

Saggi specifici nell’analisi qualitativa: saggi diretti, determinazione degli anioni per via secca

Metodi di Determinazione degli Anioni per Via Secca

Nell’analisi qualitativa, i saggi specifici sono fondamentali per identificare rapidamente specifiche specie chimiche. Questi metodi sono consigliati quando si sospetta la presenza di una determinata sostanza. A differenza dell’analisi sistematica dei cationi e anioni, che richiede e l’uso di molti reagenti, i saggi specifici offrono un’alternativa più veloce per individuare composti chimici specifici.

Saggi Diretti per la Determinazione degli Anioni

Per la determinazione degli anioni, l’analisi sistematica viene solitamente eseguita per via umida, ma è possibile utilizzare anche i saggi specifici per la determinazione degli anioni per via secca. Questi metodi consentono di identificare rapidamente la presenza di anioni specifici attraverso reazioni caratteristiche che si verificano durante il riscaldamento.

Esempi di Determinazione degli Anioni per Via Secca

: La reazione con acido cloridrico (HCl) produce anidride carbonica (CO2) e un precipitato bianco di carbonato di bario (BaCO3), confermando la presenza di carbonati.

Solfiti

: In presenza di acido cloridrico si sviluppa anidride solforosa (SO2), mentre per i si forma H2S, evidenziato da un cambiamento di colore in una carta filtrante imbevuta di acetato di piombo.

Borati

: La presenza di boro nei borati provoca la formazione di fiamme verdi dopo l’aggiunta di e acido solforico.

: L’aggiunta di acido nitrico concentrato e molibdato di ammonio conferma la presenza di fosfati tramite un precipitato giallo di fosfomolibdato di ammonio.

Nitriti

: L’aggiunta di acido solforico diluito provoca la formazione di vapori rossi scuri di NO2 per la rivelazione dei nitriti.

Questi saggi specifici offrono un metodo rapido e efficace per identificare la presenza di anioni specifici, costituendo un’opzione pratica ed efficiente rispetto all’analisi sistematica tradizionale.

Potenziale di riduzione in condizioni non standard. Esercizi, equazione di Nernst

Calcolo del Potenziale di Riduzione in Condizioni Non Standard Utilizzando l’

L’equazione di Nernst è uno strumento fondamentale in elettrochimica per calcolare il potenziale di riduzione in condizioni non standard, tenendo conto delle variazioni nella concentrazione dei reagenti e dei prodotti. Mentre il potenziale normale di riduzione si riferisce a condizioni standard, l’equazione di Nernst ci permette di calcolare il potenziale in condizioni diverse. L’equazione è definita come:

E = E° + 0.05916/ log [stato ossidato] / [stato ridotto],

dove E° rappresenta il potenziale normale di riduzione, n è il numero di elettroni scambiati nella semireazione di riduzione e [stato ossidato] e [stato ridotto] sono le concentrazioni dei reagenti e dei prodotti.

Calcoli del Potenziale di Riduzione in Condizioni Non Standard

Di seguito sono presentati alcuni esercizi che illustrano come calcolare il potenziale di una semicella in condizioni non standard utilizzando l’equazione di Nernst:

.

Zn^+ a Concentrazione 0.10 M

: Se il potenziale normale di riduzione relativo a Zn^2+ è E° = -0.763 V, il potenziale calcolato utilizzando l’equazione di Nernst è E = -0.793 V.

2.

Al^3+ a Concentrazione 0.0010 M

: Con un potenziale normale di riduzione relativo a Al^3+ di E° = -1.66 V, il calcolo del potenziale con l’equazione di Nernst dà E = -1.72 V.

3.

Elettrodo di a Contatto con Idrogeno Gassoso e Ioni H^+ a Concentrazione 0.10 M

: Se il potenziale normale di riduzione relativo a questa semireazione è E° = 0.00 V, il potenziale calcolato con l’equazione di Nernst risulta E = -0.05961 V.

4.

Fe^2+ a Concentrazione 0.20 M e Fe^3+ a Concentrazione 0.10 M

: Con un potenziale normale di riduzione relativo a questa semireazione di E° = +0.771 V, il calcolo del potenziale mediante l’equazione di Nernst dà E = +0.753 V.

5.

Mn^2+ a Concentrazione 0.10 M e MnO_4^- a Concentrazione 0.15 M

: Con un potenziale normale di riduzione relativo a questa semireazione di E° = +1.51 V, il calcolo del potenziale utilizzando l’equazione di Nernst dà E = +1.42 V.

Conclusioni

Questi esercizi dimostrano l’utilità dell’equazione di Nernst nel calcolare il potenziale di riduzione in condizioni non standard, considerando le variazioni nella concentrazione dei reagenti e dei prodotti. Questo strumento è essenziale in ambito elettrochimico per comprendere e prevedere il comportamento dei sistemi in condizioni diverse da quelle standard.

Gas reali: isoterme, diagramma p-V

Proprietà dei e Diagramma p-V

I gas reali si distinguono dai gas ideali per la loro capacità di essere liquefatti solo agendo alla temperatura critica o al di sotto di essa. Ad esempio, gas come elio, idrogeno, azoto, , argon e neon, noti come gas permanenti, possono essere trasformati in liquido solo se la temperatura viene ridotta al di sotto della temperatura critica, che solitamente è inferiore alla temperatura ambiente. Al contrario, sostanze come l’ presentano una temperatura critica al di sopra della temperatura ambiente, apparendo quindi come liquidi o solidi alla temperatura standard.

Il Diagramma p-V e le Isoterme

Il diagramma p-V illustra le relazioni tra pressione e volume di una sostanza a temperature costanti differenti. Le isoterme presenti nel diagramma p-V mostrano le variazioni di pressione di una sostanza al variare del volume a temperatura costante. Tra le molteplici isoterme presenti, esiste la cosiddetta che si caratterizza per un punto singolare noto come punto critico, in accordo con l’ per i gas reali.

Il Punto Critico e i Gas Ideali

Il punto critico è la condizione in cui due equazioni con due incognite relative a pressione e volume si incontrano. A titolo di esempio, considerando i gas ideali, si evince che essi non presentano un punto critico, poiché le soluzioni fisicamente possibili non soddisfano le equazioni del punto critico.

Costanti Critiche e l’Equazione di van der Waals

Le costanti critiche dei gas reali divenono parametri fisici distintivi per ciascun gas. La conoscenza dei valori sperimentali delle costanti critiche consente di calcolare i valori di a e b nell’equazione di van der Waals, e di confrontarli con i dati sulla compressibilità per valutare la loro applicabilità a un dato gas.

In conclusione, l’analisi delle proprietà dei gas reali, in particolare attraverso il diagramma p-V e l’esame delle costanti critiche, riveste un’importanza considerevole sia dal punto di vista teorico che pratico nell’ambito della chimica e della fisica dei gas.

Reazione di Buchwald-Hartwig: meccanismo, accoppiamento ossidativo

Reazione di Buchwald-Hartwig: , accoppiamento ossidativo

La reazione di Buchwald-Hartwig, nota anche come amminazione di Buchwald-Hartwig, è un processo di accoppiamento ossidativo che porta alla formazione di un legame carbonio-azoto.

Nel 1994, è stato pubblicato un metodo eccellente per ottenere ammine aromatiche che ha dimostrato la sua grande utilità sintetica a causa della mancanza di alternative per la sintesi di composti aromatici contenenti il legame C-. Altri metodi come la , l’amminazione riduttiva o la reazione di Goldberg richiedono condizioni proibitive e restituiscono rese scarse.

Questa reazione avviene tra un alogenuro arilico e un’ammima primaria o secondaria in presenza di base forte e come catalizzatore. La reazione comporta la formazione di un legame tra un atomo di carbonio ibridato sp2 e l’azoto mediato da un complesso di palladio.

L’amminazione di Buchwald-Hartwig rappresenta un’importante alternativa alle sostituzioni aromatiche nucleofile che forniscono aniline e che generalmente richiedono condizioni meno favorevoli.

Meccanismo

Il ciclo catalitico inizia con l’addizione ossidativa di un alogenuro arilico al palladio (0) a una velocità che è generalmente indipendente dalla struttura dell’ammima. Il complesso arilpalladio (II) risultante reagisce con l’ammima e la base, determinando la formazione di un legame metallo-azoto. Se è usata una base molto forte si ha la deprotonazione dell’ammima con formazione di un’ammide che a sua volta attacca il palladio con fuoriuscita dell’alogenuro. L’eliminazione riduttiva dà luogo alla formazione del prodotto di reazione e rigenera il catalizzatore. Questo stadio influenza fortemente la velocità della reazione, in generale, maggiore è la densità elettronica all’azoto, maggiore è la velocità dell’eliminazione riduttiva. Il meccanismo della reazione è rappresentato in figura.

Intensità delle linee spettrali: assorbimento stimolato, emissione spontanea e stimolata

Processi di Intensità delle Linee Spettrali: Analisi di Assorbimento Stimolato, Emissione Stimolata e Emissione Spontanea

Le linee spettrali che appaiono chiare o scure in uno spettro uniforme, come osservate tramite un prisma di dispersione o un reticolo di diffrazione, sono il risultato dell’assorbimento o dell’emissione di fotoni in una gamma specifica di frequenze. Questo fenomeno, governato dai contributi di Einstein, coinvolge tre processi fondamentali: l’assorbimento stimolato, l’emissione stimolata e l’emissione spontanea.

Assorbimento Stimolato

Nel processo di assorbimento stimolato, un atomo viene colpito da un fotone e transita dallo stato fondamentale a uno stato eccitato. La quantità di assorbimento dipende dall’intensità della radiazione incidente e dalla velocità delle transizioni atomistiche. La velocità di transizione è regolata dal coefficiente di assorbimento stimolato di Einstein, rappresentato dall’equazione w = B ρ, dove B è il coefficiente e ρ è la densità energetica della radiazione nella gamma di frequenze specifica.

Emissione Stimolata

Parallelamente all’assorbimento stimolato si verifica l’emissione stimolata, in cui un elettrone, indotto dalla radiazione, ritorna da uno stato ad energia elevata a uno ad energia inferiore, emettendo un fotone. La velocità di emissione stimolata è governata da w’ = B’ρ, con B’ che rappresenta il coefficiente di emissione stimolata di Einstein.

Emissione Spontanea

Il terzo processo, l’emissione spontanea, avviene indipendentemente dall’intensità o dalla frequenza della radiazione. In questo caso, un elettrone passa da uno stato energetico superiore a uno inferiore, emettendo un fotone. La velocità di emissione spontanea è costante e può essere espressa come w’ = A + B’ρ, con A che rappresenta il coefficiente di emissione spontanea di Einstein.

I coefficienti B e B’ sono equivalenti, e l’assenza di assorbimento o emissione si verifica quando la popolazione degli stati fondamentali ed eccitati è la stessa. Il coefficiente A è correlato a B dall’equazione A = (8πhν^3/ c^3) B, sottolineando l’importanza dell’emissione spontanea con frequenze di transizione elevate, che evidenzia notevoli differenze nei livelli energetici.

Per le transizioni rotazionali e vibrazionali, le frequenze di transizione tendono ad essere basse, consentendo di trascurare l’emissione spontanea in confronto agli altri processi.

Questo approfondimento sui processi di assorbimento stimolato, emissione stimolata e emissione spontanea fornisce una panoramica dettagliata sui fattori che influenzano l’intensità delle linee spettrali. Inoltre, evidenzia il ruolo cruciale dei contributi di Einstein nel comprendere tali meccanismi.

Applicazione del Principio di Le Chatelier: esempi

Applicazioni e Esempi del Principio di Le Chatelier

Il Principio di Le Chatelier è un concetto fondamentale che spiega come un sistema in equilibrio reagisce a variazioni esterne cercando di opporsi a tali cambiamenti. Questo principio è ampiamente utilizzato per comprendere come le reazioni chimiche si adattano a diversi stimoli come variazioni di , temperatura, volume, aggiunta di reagenti o rimozione di prodotti.

Esempio di Applicazione del Principio di Le Chatelier

Consideriamo l’equilibrio N2O4(g) ⇌ 2NO2(g) con ΔH = 58.0 kJ e vediamo come risponde a varie situazioni:

# Aggiunta di N2O4

L’aggiunta di N2O4 porta l’equilibrio verso destra, favorendo la produzione di NO2.

# Rimozione di NO2

La rimozione di NO2 sposta l’equilibrio verso destra, favorendo la formazione di NO2.

# Aggiunta di N2

L’aggiunta di N2, un gas inerte, non modifica la posizione dell’equilibrio.

# Aumento del Volume

Un aumento del volume sposta l’equilibrio verso la direzione con più molecole, quindi verso destra.

# Diminuzione della Temperatura

Essendo ΔH positivo, una diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio verso sinistra, promuovendo la formazione di N2O4.

# Aggiunta di N2 mantendendo costante la pressione totale

L’aggiunta di N2 riduce le pressioni parziali, spostando l’equilibrio verso destra.

# Aggiunta di un Catalizzatore

Mentre un catalizzatore accelera la reazione, non influisce sulla posizione dell’equilibrio.

In sintesi, il Principio di Le Chatelier è strumento fondamentale per predire come una reazione chimica si adatterà a variazioni esterne, fornendo preziose informazioni sul comportamento del sistema in equilibrio.

Potenziometria diretta e indiretta, potenziometro

Cos’è la Potenziometria e Come Funziona

La potenziometria rappresenta una tecnica di analisi elettrochimica che si basa sulla misurazione della differenza di potenziale all’interno di una cella galvanica, in assenza quasi totale di corrente. Questa tecnica è ampiamente impiegata per determinare le concentrazioni delle specie coinvolte nelle reazioni elettrochimiche agli . Essa può essere impiegata nella forma diretta, per calcolare la concentrazione di una specie, oppure nella forma indiretta, durante le per individuare il punto finale di una reazione. Lo strumento principale utilizzato per effettuare tali misure è il potenziometro, un dispositivo capace di rilevare la differenza di potenziale tra due elettrodi.

Il Funzionamento del Potenziometro

Il funzionamento del potenziometro consiste nel valutare la forza elettromotrice di una pila, misurando la differenza di potenziale ai suoi capi, in condizioni in cui tale forza elettromotrice coincide con la differenza di potenziale ai morsetti, che si verifichi un assorbimento di corrente. È fondamentale operare in condizioni di reversibilità termodinamica per evitare variazioni nelle concentrazioni delle specie coinvolte e, di conseguenza, nel potenziale E, a causa del passaggio di corrente.

Schema e Funzionamento del Potenziometro

Il potenziometro è costituito da vari elementi, tra cui un alimentatore, una resistenza variabile SW, un elettrodo di W, un controelettrodo C, un interruttore T e un amperometro i che misura la corrente che passa attraverso la .

Secondo la legge di Ohm, la corrente attraverso la parte alta del circuito è determinata da iup = EPS/Rab, mentre la corrente attraverso la parte bassa del circuito è data da ilow = Ecell/Rcb. Quando entrambe le correnti sono pari a zero, il potenziale della cella elettrochimica può essere calcolato tramite l’equazione Ecell = EPS Rcb / Rab.

Per determinare il potenziale della cella, si chiude il circuito con l’interruttore e si modifica la resistenza variabile finché la corrente attraverso l’amperometro è pari a zero. Quando ciò accade, si utilizza l’equazione sopra citata per calcolare il potenziale della cella.

Conclusioni

La potenziometria, sia diretta che indiretta, è una tecnica di analisi elettrochimica fondamentale per determinare le concentrazioni delle specie coinvolte in reazioni elettrochimiche agli elettrodi. Il funzionamento di questa tecnica si basa sulla misurazione della differenza di potenziale all’interno di una cella galvanica, in assenza quasi totale di corrente, con l’ausilio di un potenziometro progettato per tale scopo.

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