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Esercizi sul prodotto di solubilità: ione in comune

Esercizi sul prodotto di solubilità: ione in comune

Nell’ambito della chimica, il prodotto di solubilità è un parametro che fornisce informazioni sulla solubilità di un solido ionico in . Gli elettroliti deboli si dissociano solo parzialmente nei loro ioni producendo un equilibrio eterogeneo, soggetto a una costante di equilibrio denominata prodotto di solubilità.

Il prodotto di solubilità, indicato con Kps, può essere determinato da dati di solubilità e conoscendo il Kps è possibile ottenere le solubilità degli elettroliti. È importante considerare l’ nei calcoli relativi alla solubilità, in particolare quando è presente un catione o un anione comune a quello dell’elettrolita.

Di seguito vengono proposti esercizi di calcolo del Kps e di determinazione della solubilità a partire dal Kps, con particolare attenzione all’effetto dell’ione in comune.

Esercizi sulla determinazione del Kps

1) Calcolo del Kps del
Si consideri il fluoruro di con solubilità molare pari a 2.14 ∙ 10-4 mol/L. L’espressione del Kps per il fluoruro di calcio è così determinata:
Kps = [Ca2+][ F−]2 = 3.92 ∙ 10-11

2) Calcolo del Kps del fosfato di magnesio
Per il fosfato di magnesio con solubilità molare di 3.57 ∙ 10-6 mol/L, l’espressione del Kps risulta essere:
Kps = [Mg2+]3[PO43−]2 = 6.25 ∙ 10-26

Esercizi sulla determinazione della solubilità dal Kps

1) Calcolo della solubilità molare del cloruro di argento
Con un Kps di 1.77 ∙ 10-10, la solubilità molare del cloruro di argento è:
solubilità molare di AgCl = √1.77 ∙ 10-10 = 1.33 ∙ 10-5 M

2) Calcolo della solubilità molare del cromato di argento
Per il cromato di argento con Kps di 1.12 ∙ 10-12, la solubilità molare è determinata come segue:
solubilità molare di Ag2CrO4 = 6.54 ∙ 10-5 M

3) Calcolo della solubilità molare del fosfato di argento
Con un Kps di 8.88 ∙ 10-17, la solubilità molare del fosfato di argento risulta essere:
solubilità molare di Ag3PO4 = 4.26 ∙ 10-5 M

Determinazione della solubilità in presenza di ione in comune

Infine, si analizza il calcolo della solubilità dello di argento in una soluzione di ioduro di sodio. Il Kps è noto (8.52 ∙ 10-17) e la concentrazione dello ione ioduro è di 0.274 M.

È possibile svolgere numerosi esercizi simili che consentono di comprendere le relazioni tra solubilità, costanti di equilibrio e concentrazioni degli ioni in soluzione, fornendo così un valido supporto per lo studio della chimica generale.Calcolo della solubilità dei sali attraverso la costante di prodotto di solubilità

Quando si tratta di calcolare la solubilità di un sale, la costante di prodotto di solubilità (Kps) svolge un ruolo cruciale. Ad esempio, nel caso dell’ AgI, con un Kps di 8.52 ∙ 10-17, la solubilità può essere calcolata come segue:
Kps = [Ag+][I] = (x)(x + 0.274), Kps = 8.52 ∙ 10-17= (x)(0.274). Da cui si ottiene che x = 3.11 ∙ 10-17 M.

Nel caso dell’idrossido di calcio, con un Kps di 4.68 ∙ 10-6 in una soluzione di idrossido di bario 0.0860 M, la solubilità può essere calcolata come segue:
Kps = 4.68  ∙ 10-6 = [Ca2+][ OH]2 = (x)(2x+0.172). Trascurando 2x rispetto a 0.172, si trova che x = 2.72 ∙ 10-5 M.

Per quanto riguarda il cromato di argento, con un Kps di 9.0 ∙ 10-12 in una soluzione 0.010 M di cromato di potassio, la solubilità può essere calcolata come segue:
Kps = 9.0 ∙ 10-12 = (2x)2 ( x + 0.010). Trascurando x rispetto a 0.010, si ottiene x = 1.5 ∙ 10-5 M.

Equazioni termochimiche: applicazioni

Equazioni Termochimiche e Loro Applicazioni

Le equazioni termochimiche rappresentano reazioni chimiche bilanciate che presentano una variazione di . La termochimica è una branca della termodinamica specializzata nello studio degli scambi di energia sotto forma di calore associati a una reazione chimica, valutando le variabili ad esse connesse, come l’entalpia di legame e l’entropia standard di formazione.

Per definire le proprietà termochimiche di un processo, è fondamentale formulare l’equazione termochimica che descrive la variazione che avviene in termini di formule delle sostanze coinvolte, considerando i loro stati fisici.

Proprietà delle Equazioni Termochimiche

Un esempio è rappresentato dalla dell’ alla sua temperatura di ebollizione, dove si ha un passaggio di stato dallo stato liquido a quello gassoso. La reazione è rappresentata dall’equazione termochimica:

HO(l. 373 K, atm) → H2O(g, 373 K, 1 atm)  ΔH = 40.7 kJ/mol

In caso di reazioni che avvengono in soluzione, le equazioni termochimiche devono contenere le concentrazioni delle specie presenti.

Le equazioni termochimiche sono influenzate anche dalla presenza delle condizioni standard, dove la variazione di entalpia viene indicata come ΔH°.

Applicazioni

Le equazioni termochimiche trovano applicazioni anche nella determinazione delle grandezze richieste. Ad esempio, in un processo con una variazione di entalpia ΔH, per il processo inverso, la variazione di entalpia è – ΔH.

Moltiplicando un’equazione termochimica per una costante, la quantità termodinamica coinvolta deve essere moltiplicata per la stessa costante, mantenedo intatti i rapporti rispetto a come l’equazione era inizialmente scritta.

Ulteriori dettagli riguardo agli aspetti delle equazioni termochimiche e alle loro applicazioni vengono forniti in dettaglio nel prossimo articolo.

Gruppo puntuale di simmetria: elementi e operazioni di simmetria, diagramma di flusso

Gruppo puntuale di simmetria: Elementi, operazioni di simmetria e

La simmetria molecolare è fondamentale nell’ambito della spettroscopia, della chimica quantistica e della cristallografia. Gli presenti costituiscono un gruppo noto come gruppo puntuale, in cui punti, linee e piani si intersecano in un punto singolo. È essenziale considerare i tipi di simmetria che una molecola può presentare e le operazioni generate dagli elementi di simmetria.

Le operazioni di simmetria si riflettono in movimenti del corpo che mantengono la disposizione originale dei punti. Gli elementi di simmetria, come rette, piani o punti, consentono l’esecuzione di una o più operazioni di simmetria.

I quattro tipi di elementi e le corrispondenti operazioni di simmetria richiesti per specificare la simmetria molecolare sono:

– Piano: riflessione rispetto al piano
– Centro di simmetria o centro di : inversione di tutti gli atomi attraverso il centro
– Asse proprio: una o più rotazioni rispetto all’asse
– Asse improprio: una o più ripetizioni della sequenza: rotazione seguita da riflessione rispetto a un piano perpendicolare rispetto all’asse di rotazione

Un gruppo puntuale è rappresentato da un insieme di operazioni di simmetria, come l’operazione di identità e diverse rotazioni e riflessioni. Una molecola appartiene a un gruppo puntuale di simmetria se rimane invariata in tutte le operazioni di simmetria di questo gruppo.

In base alle operazioni di simmetria, la molecola CHClF appartiene al gruppo C mentre la molecola di , con un asse di rotazione binario e due piani speculari verticali, appartiene al gruppo C2v.

Per comprendere come le operazioni di simmetria influenzino le proprietà molecolari, si ricorre a un diagramma di flusso. Questo diagramma considera la linearità o meno della molecola come punto di partenza.

La rappresentazione irriducibile descrive il comportamento delle proprietà molecolari in relazione alle operazioni di simmetria del gruppo puntuale della molecola. Tutte le rappresentazioni irriducibili del gruppo puntuale di simmetria possono essere trovate nella tavola dei caratteri, che fornisce informazioni sulle variazioni delle proprietà in risposta a specifiche operazioni di simmetria.

In sintesi, la simmetria molecolare determina le proprietà vibrazionali ed elettroniche della molecola, le cui variazioni sono descritte dalle rappresentazioni irriducibili specificate nella tavola dei caratteri.

[Inserire l’immagine del diagramma di flusso relativa al testo]

Numero di ossidazione dei metalli di transizione: reattività

Ossidazione dei metalli di transizione: influenze sulla reattività chimica

Il concetto di numero di ossidazione negli elementi è strettamente legato al trasferimento di elettroni durante la formazione di un composto chimico. Tale numero determina anche la capacità di un atomo di ossidare o ridurre altre specie chimiche.

La presenza di più di un numero di ossidazione nei metalli di transizione è dovuta all’occupazione di elettroni negli orbitali d. Aumentando il numero atomico, anche il numero di elettroni negli orbitali d aumenta, portando ad un aumento del numero di ossidazione, causato principalmente dall’aumento degli elettroni spaiati.

Ad esempio, se un atomo possiede 5 elettroni nell’orbitale d, avrà 5 elettroni spaiati, corrispondenti al massimo numero di elettroni spaiati possibili nell’orbitale d. Allo stesso modo, l’orbitale s può interagire con l’orbitale d, permettendo la promozione di elettroni da un orbitale all’altro.

Un approccio rapido per determinare il massimo numero di ossidazione di un metallo di transizione, escludendo rame e , consiste nel sommare il numero di elettroni spaiati negli orbitali d ai due elettroni dell’orbitale s.

I metalli di transizione, tranne lo scandio e lo zinco secondo la IUPAC, possono presentare vari numeri di ossidazione. Gli elementi evidenziano un incremento dei numeri di ossidazione dallo scandio al , seguito da una diminuzione dal manganese allo zinco, correlato alla riduzione del numero di elettroni spaiati all’aumentare del riempimento dell’orbitale d.

Gli elementi con più numeri di ossidazione mostrano in genere una maggiore stabilità in alcuni di essi. Il titanio, ad esempio, presenta come numero di ossidazione più stabile il +4, mentre il manganese presenta tre numeri di ossidazione particolarmente stabili: +7, +4 e +.

L’ossidazione più elevata e stabile di un elemento lo rende un eccellente agente ossidante, capace di trasformarsi in uno stato di ossidazione inferiore. Inoltre, un elemento con più di due stati di ossidazione può dare reazioni di disproporzione quando si trova in uno stato di ossidazione intermedio.

La reattività dei metalli di transizione è strettamente legata alla loro variazione di stato di ossidazione, e la stabilità relativa di questi numeri di ossidazione è di grande importanza nella chimica di questi elementi. Per fare riferimento a valori di (E°), è utile utilizzare l’equazione di Gibbs per calcolare l’ standard associata alla reazione di ossidazione.

Si noti che tali grandezze termodinamiche non forniscono indicazioni sulla cinetica delle reazioni.

Primo principio della termodinamica: esercizi svolti

Primo principio della termodinamica: esercizi svolti

Il primo principio della termodinamica afferma che l’energia di un sistema termodinamico non può essere creata é distrutta, ma soltanto trasformata da una forma all’altra, includendo la funzione di stato insieme al lavoro e al calore.

In una trasformazione adiabatica senza scambio di calore, la variazione dell’energia interna è uguale al lavoro compiuto.

Esercizi

1) Calcolo di q, w e ΔU per il processo di compressione di un gas ideale

In un processo isotermo relativo a un gas ideale, la variazione dell’energia interna è nulla. Il lavoro compiuto a costante è calcolato tramite la differenza di volumi iniziale e finale. Quindi, il calore q è pari al lavoro w, e ΔU = 0.

) Calcolo di ΔU per un gas in espansione

Considerando il calore assorbito e il lavoro compiuto da un gas in espansione, possiamo calcolare la variazione dell’energia interna ΔU.

3) Calcolo del calore specifico molare a volume costante

Utilizzando il calore specifico a pressione costante di un gas ideale, possiamo calcolare il calore specifico molare a volume costante.

4) Calcolo del calore specifico molare di F2 e confronto con il risultato precedente

Applicando la formula appropriata, possiamo calcolare il calore specifico molare di una molecola e confrontare il risultato con un valore precedentemente ottenuto.

5) Calcolo di ΔU e ΔH per un gas raffreddato

Calcolando i calori specifici a volume e a pressione costante, possiamo determinare la variazione dell’energia interna e dell’ per un gas raffreddato a temperatura costante.

In generale, il primo principio della termodinamica fornisce importanti strumenti matematici e teorici per comprendere il comportamento dei sistemi termodinamici e svolgere calcoli relativi ad essi.

Reazione di ordine zero: legge integrata, grafico, tempo di dimezzamento

Reazione di ordine zero: tutto ciò che devi sapere

Le rappresentano un caso particolare in cui la velocità della reazione è indipendente dalla concentrazione dei reagenti, e quindi la concentrazione cambia linearmente con il . Al fine di comprendere tali reazioni, è necessario considerare non solo le proprietà chimiche dei reagenti, ma anche le condizioni in cui avviene la reazione, il relativo e la velocità con cui si svolge.

Una caratteristica fondamentale delle reazioni di ordine zero è che la loro velocità è uguale alla costante di velocità k della reazione. In realtà, la velocità è solo apparentemente indipendente dalla concentrazione dei reagenti, quindi queste reazioni sono spesso definite anche di “pseudo-ordine zero”.

Condizioni generatrici di velocità di ordine zero

Le velocità di ordine zero si verificano in due casi principali. In primo luogo, quando solo una piccola frazione delle molecole reagenti è in grado di reagire e tale frazione è costantemente rifornita dall’ambiente circostante. In secondo luogo, si verificano quando sono coinvolti due o più reagenti e le concentrazioni di alcuni sono molto superiori a quelle degli altri, come avviene nella catalisi eterogenea o in quella enzimatica.

Esempi concreti

Un esempio concreto di reazione di ordine zero è rappresentato dalla del protossido di azoto in presenza di platino, mentre un altro esempio si ritrova nelle reazioni enzimatiche in cui il substrato è in eccesso rispetto alle molecole di enzima.

Grafico e legge integrata

La velocità delle reazioni di ordine zero è rappresentata da un grafico di tipo lineare, dove la costante di velocità k è il coefficiente angolare. La legge integrata di tali reazioni consente di ottenere la quantità di reagente presente dopo un certo tempo t dall’inizio della reazione. Inoltre, nel valutare la velocità di una reazione di ordine zero, è importante considerare il t1/2, che dipende solo dalla concentrazione iniziale del reagente e dalla costante k.

In conclusione, le reazioni di ordine zero rappresentano un importante caso di studio in ambito chimico e la comprensione dei loro meccanismi è fondamentale per la corretta valutazione dei processi reattivi.

Elettroliti: forti, deboli, non-elettroliti

: definizione e tipologie

Gli elettroliti sono sostanze come acidi, basi o sali che, in soluzione o allo stato fuso, si dissociano in ioni. Una soluzione è un sistema omogeneo contenente soluto e solvente, che nel caso delle soluzioni acquose è costituito da . Il soluto è una sostanza o un composto solubile nel solvente ed è presente in minor quantità, le cui particelle si muovono in modo casuale nel solvente. L’acqua pura non contiene particelle disciolte e gli unici ioni presenti sono H3O+ e OH-, che derivano dall’autoionizzazione dell’acqua, ma la loro concentrazione a 25°C è così bassa (10-7 M) da non provocare conduzione elettrica.

Tipologie di elettroliti

Gli elettroliti si distinguono in elettroliti forti, completamente dissociati, e , con dissociazione parziale, mentre i non-elettroliti non producono ioni e di conseguenza non conducono elettricità. A parità di concentrazione, le soluzioni contenenti elettroliti forti tendono a condurre elettricità più degli elettroliti deboli. In generale, i composti ionici solubili sono elettroliti forti, mentre i composti molecolari, gli acidi, le e i sali poco solubili sono non-elettroliti o elettroliti deboli.

Esempi di elettroliti e non-elettroliti

Ad esempio, il cloruro di magnesio (MgCl2) si dissocia completamente in acqua per dare ioni magnesio e ioni cloruro, pertanto è un elettrolita forte. Al contrario, l’acido acetico (CH3COOH) si dissocia parzialmente in acqua ed è quindi un elettrolita debole.

Caratteristiche degli elettroliti

Nella tabella sottostante sono riassunte le caratteristiche degli elettroliti forti, deboli e dei non-elettroliti con alcuni esempi.

| Forti | Deboli | Non-elettroliti |
|—————————————-|————————————————-|———————————————–|
| Si dissociano completamente. Le loro soluzioni sono buone conduttrici di elettricità | Si dissociano parzialmente. Le loro soluzioni sono deboli conduttrici di elettricità | Non si ionizzano. Le loro soluzioni non conducono elettricità |
| Acidi: HCl, HNO3, HClO4 | HF, HCOOH, HNO2 | Saccarosio, glucosio, etere dimetilico, urea, benzene, cloroformio |
| Basi: NaOH, LiOH, KOH | NH3, CH3NH2, C6H5NH2 | |
| Sali: NaCl, BaCl2, KNO3 | TlCl, Ni(IO3), LiF | |

In breve, gli elettroliti forti si dissociano completamente in soluzione, mentre gli elettroliti deboli si dissociano solo parzialmente, e i non-elettroliti non si ionizzano affatto. Questa distinzione è fondamentale per capire le proprietà delle soluzioni e la loro capacità di condurre elettricità.

Ossidazioni biologiche: ossidoreduttasi, energia

Ossidazioni biologiche: importanza delle e produzione di

Le ossidazioni biologiche, fondamentali nei processi vitali degli organismi viventi, coinvolgono reazioni complesse che producono energia. Tali reazioni avvengono principalmente attraverso l’addizione o la rimozione di o idrogeno, nonché la perdita di elettroni, fenomeno assai comune.

Le di ossidazione coinvolte richiedono la presenza di particolari enzimi noti come ossidoreduttasi. Questi enzimi catalizzano il trasferimento di elettroni tra molecole riducenti e ossidanti. Tale processo è cruciale per il funzionamento cellulare e la produzione di energia.

Ruolo e classificazione delle ossidoreduttasi

Le ossidoreduttasi si suddividono in vari tipi, tra cui le ossidasi che trasferiscono elettroni direttamente all’ossigeno, le ossigenasi che incorporano ossigeno in molecole accettrici e le perossidasi che utilizzano acqua ossigenata come agente ossidante.

Importanza nell’ambito delle ricerche

Le ricerche nel XVIII secolo, compiute ad esempio da Lavoisier, hanno permesso di comprendere meglio il processo di ossidazione negli organismi viventi. Ciò ha portato alla localizzazione delle ossidazioni biologiche all’interno delle cellule, alla determinazione del loro rapporto con altri processi metabolici e alla spiegazione dei meccanismi di reazione enzimatica e del processo di produzione di energia.

Relazione tra ossidazioni biologiche ed energia cellulare

La maggior parte dell’energia prodotta tramite le ossidazioni biologiche è immagazzinata in composti ad alta energia come l’ATP. Attraverso processi complessi come la glicolisi e il , le biomolecole come carboidrati, lipidi e proteine vengono ossidate per produrre energia utilizzabile dalla cellula.

Inoltre, durante le reazioni di ossidazione biologica avviene un trasferimento simultaneo di ioni idrogeno ed elettroni, mentre in altri casi gli ioni idrogeno possono essere persi durante il trasferimento degli elettroni. Tali trasferimenti avvengono attraverso le molecole trasportatrici di elettroni denominate citocromi che permettono l’utilizzo dell’ossigeno a livello cellulare.

Comprendere il flusso di elettroni tra le molecole in queste reazioni permette di tracciare il trasporto di energia nelle cellule, il che è fondamentale sia per la ricerca scientifica che per l’applicazione pratica nel campo della biologia e della medicina.

Farmacocinetica e tempo di dimezzamento

“Farmacocinetica: tutto quello che c’è da sapere sul

La farmacocinetica è una branca della farmacologia che si occupa dello studio dell’assorbimento, della distribuzione, delle trasformazioni biologiche e dell’eliminazione dei farmaci nell’organismo. È di fondamentale importanza nella somministrazione di farmaci prevederne la concentrazione dopo un certo dall’assunzione.

Un parametro cruciale studiato dalla farmacocinetica è il tempo di dimezzamento, che rappresenta il tempo necessario affinché la concentrazione di un farmaco si riduca della metà rispetto a quella iniziale. Questo parametro cambia a seconda del tipo di reazione del farmaco.

Nelle , la velocità della reazione non è influenzata dalla concentrazione del substrato, mentre nelle e del secondo ordine dipende sia dalla costante di velocità che dalla concentrazione iniziale dei reagenti. La comprensione di questi concetti è cruciale per determinare l’intervallo più opportuno di somministrazione di un farmaco, evitando così un accumulo eccessivo nel corpo. Identificare il tempo di dimezzamento del farmaco è fondamentale per evitare sovradosaggi e per assicurare un’assunzione appropriata e efficace.

Metodi gravimetrici: condizioni, pH

Metodi gravimetrici per la determinazione quantitativa di sostanze

I metodi gravimetrici rappresentano un’importante tecnica analitica utilizzata per determinare la percentuale in peso di un determinato elemento all’interno di una sostanza. Questi metodi si basano sulla formazione di un composto insolubile attraverso l’aggiunta di un precipitante a una soluzione contenente l’analita. In generale, le reazioni che portano alla formazione di un precipitato possono essere impiegate per la determinazione quantitativa dell’analita in soluzione.

Per condurre una precipitazione gravimetrica efficace, è fondamentale che il precipitato sia poco solubile, di elevata purezza e di composizione nota, garantendo la sua facile separazione dalla miscela di reazione. Per minimizzare la del precipitato, è essenziale controllare le condizioni di precipitazione e considerare tutti gli eventuali equilibri che possono influenzare la solubilità del composto.

La solubilità dei precipitati può essere influenzata dal della soluzione. Ad esempio, nel caso della precipitazione del (II) come idrossido di ferro (II), si osserva che al diminuire del pH la solubilità dell’ossidrossido diminuisce, poiché la concentrazione di ioni idrogeno aumenta, riducendo la presenza di ioni idrossido. Pertanto, è necessario regolare il pH per ridurre la solubilità dell’ossidrossido.

Un altro aspetto da considerare è la scelta del solvente, in quanto la solubilità di un precipitato può variare in base al tipo di solvente utilizzato. Ad esempio, il prodotto di solubilità del PbSO4 in una miscela 50:50 di ed etanolo risulta notevolmente inferiore rispetto a quello in acqua pura.

In definitiva, l’ottimizzazione delle condizioni, compreso il controllo del pH e la scelta del solvente appropriato, è cruciale per condurre con successo analisi gravimetriche per la determinazione quantitativa di sostanze. Utilizzando queste tecniche, è possibile ottenere risultati accurati e affidabili nella determinazione della composizione di un campione.

Determinazione dei cianuri: procedimento, calcoli

Determinazione dei cianuri mediante titolazione con

La determinazione dei cianuri può essere effettuata tramite titolazione con una soluzione di nitrato di argento. Quando una soluzione di nitrato di argento è aggiunta a una soluzione contenente ioni cianuro si forma un precipitato bianco non appena le due soluzioni entrano in contatto.

Successivamente, dopo agitazione, il precipitato si solubilizza a causa della formazione del complesso solubile dicianoargentato [Ag(CN)2]. Quando l’argento ha reagito con tutto lo ione cianuro presente in soluzione, un’ulteriore aggiunta di nitrato di argento porta alla formazione del dicianoargentato di argento, che è un sale poco solubile secondo la reazione: Ag+ + [Ag(CN)2] → Ag[Ag(CN)2].

Il punto finale della titolazione viene quindi indicato da un intorbidimento della soluzione. La difficoltà nel determinare il punto finale sta nel fatto che il dicianoargentato di argento precipita se si crea un gradiente di concentrazione di ione Ag+ in una parte della soluzione prima del punto di equivalenza e, nonostante l’agitazione, è molto lento a ridissolversi.

Un metodo alternativo, noto come metodo Dénigés, prevede l’utilizzo di ioduro di potassio e una soluzione di aggiunti prima dell’inizio della titolazione. Le reazioni coinvolte sono: Ag[Ag(CN)2] + 2 NH3 → [Ag(NH3)2+ ] + [Ag(CN)2], [Ag(NH3)2+ ] + I → AgI + 2 NH3.

Secondo il metodo Dénigés, il punto finale è determinato dall’intorbidimento della soluzione dovuto alla formazione di AgI di colore giallo.

Per la determinazione dei cianuri, alla soluzione contenente lo ione cianuro sono aggiunti 15-20 mL di NH3 2 M, e si diluisce fino a 100 mL. Si aggiungono 2.0 g di KI e, dopo aver agitato, si titola con una soluzione standardizzata di AgNO3 0. M fino a intorbidimento della soluzione.

Calcoli

Per la determinazione dei cianuri si calcolano le moli di nitrato di argento: moli di AgNO3 = volume della soluzione necessario per la titolazione (in Litri) ∙ 0.1 mol/L.

Il del nitrato di argento deve avvicinarsi a 0.1 M, poiché si è preventivamente proceduto alla standardizzazione di AgNO3, quest’ultimo ha una concentrazione nota e con un maggior numero di cifre significative. Se sono stati necessari 18.7 mL di AgNO3 0.1010 M, le moli di nitrato di argento sono 0.0187 L ∙ 0.1010 = 0.00189.

Poiché il rapporto stechiometrico tra Ag+ e CN è di 1:2, si ha che le moli di ione cianuro presenti nella soluzione sono 0.00189 ∙ 2 = 0.00378.

Proprietà colligative: esercizi svolti e commentati

Proprietà colligative delle soluzioni: esercizi svolti e commentati

Le proprietà colligative delle soluzioni sono fenomeni che dipendono esclusivamente dal numero di particelle presenti in una soluzione, indipendentemente dalla loro natura chimica. Le quattro principali proprietà colligative sono l’innalzamento ebullioscopico, l’, la osmotica e l’.

Esercizi

1) Calcolo del peso molecolare di una proteina

Una soluzione acquosa di volume 10.0 mL contiene 0.0250 g di una proteina di peso molecolare incognito. Sapendo che la pressione osmotica della soluzione alla temperatura di 25.0 °C è di 0.00360 atm, il calcolo del peso molecolare della proteina può essere effettuato secondo l’espressione π = CRT, dove C è la concentrazione molare della soluzione, R è la costante universale dei gas e T è la temperatura in gradi Kelvin. Dopo i calcoli, si ottiene un peso molecolare di 1.67 ∙ 10^4 g/mol.

) Determinazione del peso molecolare di un composto non volatile

A temperatura ambiente, una massa di 18.26 g di un composto non volatile viene sciolta in 33.25 g di bromoetano CH3CH2Br. La tensione di vapore della soluzione è di 4.42 ∙ 10^4 Pa. Utilizzando la legge di Raoult e altri calcoli, si ottiene un peso molecolare del composto non volatile di 314.8 g/mol.

3) Calcolo della massa di cloruro di magnesio esaidrato

Per ottenere 1.00 L di una soluzione di cloruro di magnesio esaidrato che esercita una pressione osmotica di 6.00 atm a 37.0 °C, è necessario calcolare la massa di cloruro di magnesio. Considerando la concentrazione totale dei ioni e altri parametri, si stabilisce la massa necessaria di cloruro di magnesio esaidrato come pari a 16.0 g.

4) Determinazione della concentrazione molare di NaCl in una soluzione

Assumendo che la concentrazione di tutti gli altri sali sia trascurabile, la concentrazione molare di NaCl presente in un campione di di mare con una temperatura di congelamento di -2.15 °C alla pressione di 1 atm e una densità di soluzione di 1.00 g/mL viene calcolata. Si ottiene una concentrazione molare di 0.559.

5) Calcolo della tensione di vapore di una soluzione

La tensione di vapore a 25°C di una soluzione al 20.0% m/m di un non elettrolita con peso molecolare di 121.3 g/mol viene calcolata. Utilizzando la legge di Raoult, si ottiene una tensione di vapore della soluzione di 22.9 torr.

6) Determinazione della frazione molare del benzene in una soluzione

Sapendo che la tensione di vapore di una soluzione è di 500 torr e che le tensioni di vapore del benzene e del toluene sono rispettivamente di 745 torr e 290 torr, viene calcolata la frazione molare del benzene nella soluzione, risultando essere 0.462.

7) Calcolo della temperatura di congelamento e di ebollizione di una soluzione

Dopo aver sciolto 257.0 g di naftalene in 500.0 g di cloroformio, la temperatura di congelamento e di ebollizione della soluzione viene calcolata. Si ottengono rispettivamente -82.4 °C e 76.3 °C.

8) Calcolo della tensione di vapore di una soluzione e delle frazioni molari

Nel caso di una soluzione contenente acetone e cloroformio in quantità equimolari, viene calcolata la tensione di vapore della soluzione e la frazione molare di ciascun componente nella fase gassosa. Si ottiene una tensione di vapore della soluzione di 319 torr, con una frazione molare dell’acetone pari a 0.541 e una frazione molare del cloroformio pari a 0.459.

In conclusione, le proprietà colligative delle soluzioni trovano molteplici applicazioni pratiche e la loro comprensione è fondamentale in diversi campi scientifici e tecnologici.

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