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Rotore rigido: classificazione, momento di inerzia

Rotore rigido: classificazione e momento di inerzia

Il concetto di rotore rigido è un utile punto di partenza per costruire un modello di rotazione molecolare, particolarmente applicabile alle molecole biatomiche. Questo modello è essenziale per la spettroscopia rotazionale, che sfrutta la rotazione molecolare per analizzare le interazioni delle molecole con le onde elettromagnetiche. Tale analisi fornisce informazioni sulle energie rotazionali, le quali hanno valori che vanno da 0.03 cm a circa 50-100 cm, corrispondenti a lunghezze d’onda che variano da circa 50 a 100 micrometri fino a circa 30 centimetri, rientrando nella zona delle microonde.

Il momento di inerzia, essenziale per comprendere il comportamento rotazionale delle molecole, può essere calcolato considerando le masse degli atomi e le distanze degli stessi dal centro di massa. Questo parametro è fondamentale in spettroscopia rotazionale, poiché fornisce informazioni dettagliate su angoli e lunghezze di legame.

I rotori rigidi possono essere classificati in quattro tipi diversi: , , e . Ognuno di essi presenta caratteristiche specifiche che influenzano il momento di inerzia e le proprietà rotazionali.

La teoria della meccanica classica fornisce espressioni utili per calcolare l’energia rotazionale di un corpo in termini del momento angolare e della velocità angolare. Queste considerazioni sono fondamentali per comprendere il comportamento dei rotori rigidi e la loro interazione con le onde elettromagnetiche.

L’energia dei rotori rigidi è quantizzata e può essere determinata utilizzando l’equazione di Schröedinger, che fornisce informazioni dettagliate sui livelli energetici e le transizioni tra di essi. La costante rotazionale B è essenziale in questo contesto e fornisce ulteriori dettagli sulle energie rotazionali.

In conclusione, lo studio dei rotori rigidi è di fondamentale importanza in diversi contesti scientifici, in particolare nelle applicazioni di spettroscopia rotazionale. La comprensione approfondita delle caratteristiche rotazionali delle molecole è essenziale per comprendere il loro comportamento e le loro interazioni con l’ambiente circostante.

Effetto Jahn-Teller: stato degenere, complessi ottaedrici

Effetto Jahn-Teller: l’influenza della degli stati elettronici sui

L’effetto Jahn-Teller è un fenomeno che si verifica quando una molecola non lineare in uno stato elettronico degenere subisce una distorsione geometrica che elimina la degenerazione degli stati. Questa distorsione è particolarmente evidente nei complessi ottaedrici dei , in cui i legami assiali possono differire in lunghezza rispetto a quelli equatoriali.

Nel caso di complessi ottaedrici, l’effetto Jahn-Teller è associato alla suddivisione degli atomici d in due : t2g (comprendenti gli orbitali dxz, dyz, dxy) ed eg (comprendenti gli orbitali dz2 e dx2-y2).

Un’importante considerazione riguarda gli stati elettronici degeneri, che rappresentano la possibilità per un elettrone di occupare orbitali degeneri in modo asimmetrico. Ad esempio, la configurazione d1 è elettronicamente degenere poiché gli orbitali t2g sono occupati in modo asimmetrico.

Nel caso di configurazioni come d9, la distribuzione asimmetrica della densità elettronica provoca un’allungamento dei legami lungo un determinato asse, influenzando l’energia complessiva del sistema. L’effetto Jahn-Teller si manifesta in presenza di degenerazione negli orbitali t2g o eg nei complessi ottaedrici dei metalli di transizione.

I complessi ottaedrici possono essere classificati come a basso spin e ad alto spin in base alla disposizione degli elettroni negli orbitali. L’effetto Jahn-Teller è rilevante soprattutto nei complessi a basso spin, in quanto gli orbitali eg sono diretti nella direzione dei leganti, causando un considerevole guadagno energetico.

Possiamo identificare l’effetto Jahn-Teller attraverso tecniche spettroscopiche come la spettroscopia UV-Vis, l’IR e la spettroscopia Raman, in cui la distorsione provoca uno splitting delle bande.

In conclusione, l’effetto Jahn-Teller gioca un ruolo significativo nella geometria elettronica dei complessi ottaedrici, influenzando la loro stabilità e le loro proprietà spettroscopiche.

Particella in una scatola monodimensionale: soluzioni, probabilità, grafici

Particella in una scatola monodimensionale: e probabilità

Il modello della particella in una scatola monodimensionale è una tecnica utilizzata per trovare soluzioni approssimative per sistemi fisici più complessi. L’equazione che regola il comportamento di una particella in una scatola monodimensionale è la seguente:

d^2φ / dx^2 = – 2m/ħ^2 [E – U(x)] φ(x)

dove φ(x) è la funzione d’onda, m è la massa della particella, ħ è la costante di Planck ridotta ( = h/2π), E è l’energia totale della particella e U(x) è l’energia potenziale della particella.

Soluzioni

Per trovare le soluzioni di questa equazione, è necessario impostare alcune condizioni. Le condizioni principali da considerare sono:

) φ(x) → 0 quando x → ± ∞
2) φ(x) → se x è in un posto fisicamente incompatibile
3) φ(x) è una funzione continua
4) φ(x) è una funzione normalizzata

Considerando una particella in una scatola rigida di lunghezza L con pareti impenetrabili, notiamo che l’energia potenziale può assumere due valori:
U(x) = 0 se 0 ≤ x ≤ L
U(x) = ∞ se x L

Essendo la particella confinata all’interno della scatola, l’equazione d’onda della particella diventa:

d^2φ / dx^2 = – 2m/ħ^2 E φ(x)

Ponendo B^2 = 2mE/ħ^2, l’equazione diventa:
d^2φ / dx^2 = B^2 φ(x)

Un’ipotesi per trovare le soluzioni all’equazione d’onda è che φ(x) = sin(Bx). Dalla prima condizione, otteniamo BL = π, il che implica che B = nπ/L, dove n = 1,2,3…

Quindi, l’equazione d’onda per lo stato quantico n-simo vale:
φ_n(x) = √2/L sin(nπx/L) per 0 ≤ x ≤ L
mentre φ_n(x) = 0 per x L

Probabilità

La probabilità P_n di trovare la particella in una qualsiasi posizione sull’asse x è data dal quadrato di φ_n(x):
P_n(x) = ∣ φ_n(x)∣^2 = 2/L sen^2(nπx/L)

Questa equazione ci permette di individuare le regioni, dette nodi, in cui la probabilità di trovare la particella è pari a zero. Ad esempio, per trovare la probabilità di trovare la particella nello stato quantico 2 tra x = L/4 e x = 3L/4, possiamo utilizzare l’integrazione o risolvere il problema graficamente. La risoluzione grafica è particolarmente utile per funzioni la cui distribuzione è simmetrica.

Semplificando e comprendendo il modello della particella in una scatola monodimensionale, possiamo ottenere informazioni cruciali sul comportamento delle particelle all’interno di questo scenario.

Equazione di Handerson-Hasselbalch: applicazioni, esercizi svolti

Equazione di Handerson-Hasselbalch: applicazioni e risolti

L’equazione di Handerson-Hasselbalch è un importante strumento per calcolare il , la concentrazione di un acido o della sua base coniugata, nonché il rapporto tra le concentrazioni delle due specie in una soluzione tampone.

Applicazioni dell’equazione di Handerson-Hasselbalch

Le applicazioni dell’equazione di Handerson-Hasselbalch derivano dalla necessità di calcolare il pH di una soluzione tampone costituita da un acido e dalla sua base coniugata, nonché da una base e dal suo acido coniugato. L’equazione principale è la seguente:

pH = pKa + log [base coniugata] / [acido]

*(per una soluzione tampone costituita da un acido e dalla sua base coniugata)*

pOH = pKb + log [acido coniugato] / [base]

*(per una soluzione tampone costituita da una base e dal suo acido coniugato)*

Calcolo del pH di una soluzione tampone

Per calcolare il pH di una soluzione tampone, è necessario avere la costante acida e le concentrazioni delle specie presenti. Ad esempio, calcoliamo il pH di una soluzione tampone costituita da 0.10 M e acetato di sodio 0.60 M sapendo che pKa dell’acido acetico è .8 ∙ 10^-5.

Calcoliamo il pKa:
pKa = – log Ka = – log (1.8 ∙ 10^-5) = 4.7
Sostituendo i dati nell’equazione di Handerson-Hasselbalch:
pH = 4.7 + log (0.60 / 0.10) = 5.5

Calcolo del rapporto tra le concentrazioni delle specie e delle singole specie

Per calcolare il rapporto delle concentrazioni delle specie, è necessario conoscere il pH (o pOH) e il pKa (o pKb). Ad esempio, calcoliamo il rapporto tra le concentrazioni dell’acetilsalicilato e dell’acido acetilsalicilico a pH = 1.0 e a pH = 6.0.

Applicando l’equazione di Handerson-Hasselbalch si ottiene – 2.5 = log [acetilsalicilato] / [acido acetilsalicilico] a pH = 1.0 e 2.5 = log [acetilsalicilato] / [acido acetilsalicilico] a pH = 6.0

Calcolo della Ka noti il pH e le concentrazioni delle specie

Infine, per calcolare la Ka, è necessario conoscere il pH e le concentrazioni delle specie. Ad esempio, calcoliamo la Ka dell’acido formico sapendo che una soluzione tampone avente concentrazione di acido formico 0.30 M e concentrazione di formiato 0.20 M ha un valore di pH di 3.5.

Applicando l’equazione di Handerson-Hasselbalch:
3.5 = pKa + log (0.20 / 0.30), da cui pKa = 3.7 e Ka = 2.0 ∙ 10^-4.

In conclusione, l’equazione di Handerson-Hasselbalch rappresenta uno strumento fondamentale per comprendere e calcolare il comportamento delle tampone in diverse condizioni.

Acidi organici: : proprietà, esempi, usi negli alimenti e nei farmaci

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Acidi organici: proprietà, utilizzi e esempi

Gli acidi organici sono composti con che hanno un valore di inferiore a 7 e contengono il gruppo carbossilico -COOH. Vi sono altri composti organici che hanno un’azione acida come gli acidi solfonici con formula generale R-S(=O)2-OH, dove R è un gruppo alchilico o arilico. Altri composti meno acidi sono gli alcoli, contenenti il gruppo -OH, e i con il gruppo -SH.

Proprietà degli acidi organici

Per valutare l’acidità dei composti organici si utilizza la costante di equilibrio o pKa. Maggiore è il valore di pKa di un acido, maggiore sarà la forza della sua base coniugata. I fattori strutturali che possono influenzare la forza dell’acido sono l’effetto di risonanza, gli effetti induttivi ed elettrostatici, l’ibridazione, la possibilità di formare legami a idrogeno e gli effetti sterici.

Esempi di acidi organici

Tra gli acidi organici più noti vi sono l’acido formico, acetico, lattico, butirrico, citrico e tartarico. Alcuni di essi, come l’acido lattico e citrico, sono usati come conservanti nell’industria alimentare.

Utilizzi negli alimenti

Gli acidi organici vengono utilizzati come conservanti nell’industria alimentare. Alcuni di essi, come l’acido lattico, acetico, propionico, citrico, malico, ascorbico e benzoico, hanno proprietà antimicrobiche e vengono aggiunti agli alimenti come acidificanti, aromatizzanti o conservanti.

Utilizzi nei farmaci

L’acido acetilsalicilico, noto come aspirina, è uno degli acidi organici più utilizzati in campo medico, con azione analgesica, antinfiammatoria e antipiretica. L’ è utilizzato nelle formulazioni orali di proteine inibendo la proteolisi. L’, noto come vitamina C, ha poteri antiossidanti e contribuisce alla neutralizzazione dei radicali liberi.

In generale, gli acidi organici hanno un’ampia gamma di utilizzi in diversi settori, rendendoli composti chimici estremamente versatili.

Acidi grassi essenziali: funzioni, omega-3, omega-6

Acidi grassi essenziali: e nella dieta

Gli acidi grassi sono composti organici costituiti da un acido carbossilico alifatico e un gruppo R- a lunga catena. Possono essere saturi, con soli legami singoli, o insaturi, con doppi legami. In natura si trovano principalmente sotto forma di trigliceridi.

Funzioni degli acidi grassi essenziali

La carenza di acidi grassi essenziali può provocare disturbi al fegato, ai reni, rallentamento della crescita, riduzione della funzione immunitaria, depressione e secchezza della pelle.

Omega-3: benefici e fonti alimentari

L’omega-3, o acido α-linoleico, è noto per proteggere il cuore, riducendo il rischio di aritmie, coaguli, alti livelli di trigliceridi e malattie cardiache. È presente nel pesce, in particolare sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno, trota, sardine e salmone, oltre che in cereali, noci, olio di lino e legumi.

Il fabbisogno giornaliero di omega-3 consigliato dalla FAO è l’,5% del fabbisogno calorico giornaliero. È possibile trovarlo in capsule di olio di pesce, ma è consigliabile consultare un medico prima di assumerle, specialmente se si soffre di patologie specifiche.

Omega-6: benefici e fonti alimentari

L’omega-6 è meno conosciuto dell’omega-3, ma è utile per favorire il miglioramento generale dello stato di salute. È contenuto in olio di palma, di soia, di colza, di girasole, nel pollame, nelle noccioline, nei cereali e in altri alimenti.

Entrambi gli acidi grassi sono polinsaturi e competono nello stesso enzima per il metabolismo. L’eccessivo consumo di omega-6 può ridurre l’enzima disponibile per il metabolismo dell’omega-3, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari. Gli raccomandano un rapporto corretto tra omega-3 e omega-6 nella dieta, solitamente di 1:4, ma nell’alimentazione comune è di solito 1:1. Pertanto, è importante incentivare il consumo di cibi contenenti omega-3.

Eteropoliacidi: struttura, usi

Eteropoliacidi: Struttura, Applicazioni e Usi nella Catalisi

Gli eteropoliacidi, conosciuti anche come HPAs, sono acidi inorganici noti per le loro ben definite strutture molecolari.

Si tratta di prodotti condensati formati da ossiacidi inorganici di elementi come , , , molibdeno e vanadio. Questi acidi si formano da metalli anfoteri dei gruppi V e VI, che creano acidi deboli capaci di condensare con altre molecole per formare gli eteropoliacidi.

Le reazioni di condensazione, che avvengono in una soluzione acquosa diluita, portano alla formazione di ponti di ossigeno, causando l’eliminazione dell’acqua da due molecole dell’acido debole.

Alcuni esempi di eteropoliacidi includono l’acido fosfotungstico H3PW12O40, l’acido tungstosilicico H4W12SiO40 e l’acido fosfomolibdico H3PMo12O40. Si distinguono inoltre in base alla loro geometria come Keggin e Wells-Dawson.

La struttura primaria degli eteropoliacidi è rappresentata dall’unità di Keggin, che contiene 12 atomi di , un atomo centrale (generalmente fosforo o silicio) e quattro tipi di atomi di ossigeno. Un altro esempio è l’unità di Wells-Dawson, più complessa e con struttura [X2M18O62]6-.

Gli eteropoliacidi trovano applicazione nella ed eterogenea, nonché come fotocatalizzatori in sistemi omogenei. La loro forte acidità li rende adatti come catalizzatori per molte reazioni catalizzate da acidi. Essi producono una quantità inferiore di sottoprodotti rispetto ai catalizzatori acidi convenzionali, come l’acido solforico, e possono essere utilizzati come sostituti in processi eco-friendly.

Inoltre, vengono impiegati come catalizzatori nelle reazioni organiche, tra cui quelle di ossidazione, riduzione, elettrochimiche, multicomponente e fotochimiche. La loro versatilità e minore corrosività li rendono essenziali in molteplici processi industriali e ambientali.

Polimerizzazione con perossidi organici

Polimerizzazione con perossidi organici

La polimerizzazione con perossidi organici è un campo di grande importanza per l’utilizzo di tali composti. I perossidi organici vengono impiegati come iniziatori per la , grazie alla loro capacità di generare radicali attraverso riscaldamento o esposizione a raggi UV, dovuta all’instabilità del .

I diversi comportamenti termici dei vari tipi di perossidi li rendono adatti per l’utilizzo a differenti temperature durante il processo di polimerizzazione. I monomeri di partenza sono solitamente composti insaturi, come e dieni.

Classificazione

I perossidi organici si suddividono in diverse categorie, tra cui , dialchilperossidi, perossiesteri, , diacilperossidi, perossichetali e perossidicarbonati.

Dai perossidi organici che fungono da iniziatori si ottengono diversi tipi di polimeri, tra cui polietilene a bassa densità (LDPE), polivinilcloruro (PVC), polistirene (PS), polimetilmetacrilato (PMMA) e politetrafluoroetilene (PTFE).

Polimerizzazione

La polimerizzazione radicalica inizia con la scissione omolitica del legame perossidico, formando due radicali. Questa reazione a catena, conosciuta come FRP (Free-radical polymerization), porta all’addizione di radicali alla prima unità monomerica dell’iniziatore, seguita dalla fase di propagazione che comporta la crescita delle catene polimeriche.

La fase finale è la terminazione, che può avvenire tramite diverse modalità come la reazione tra due radicali, tra due centri attivi o tra un radicale e un centro attivo. La polimerizzazione radicalica offre vantaggi rispetto a quella cationica e anionica, poiché può essere condotta in solventi polari protici come alcoli e acqua.

Perossidi organici: ossigeno attivo, sintesi, reazioni, usi

I perossidi organici: caratteristiche, sintesi, applicazioni

I perossidi organici sono composti che presentano il caratteristico -O-O-. La loro formula generale è R-O-O-R’ dove R e R’ sono alchilici o arilici. Nel caso in cui R’ sia un atomo di idrogeno, essi vengono definiti .

A causa della bassa energia di dissociazione del legame ossigeno-ossigeno, i perossidi organici sono suscettibili a reazioni di decomposizione. Queste reazioni possono verificarsi a temperatura ambiente in presenza di calore, sfregamento, urti o contatto con impurità come acidi, metalli pesanti e ammine, e possono generare vapori o gas infiammabili o nocivi.

Ossigeno attivo

I perossidi organici presentano differenti strutture e si decompongono a diverse temperature, generando radicali liberi. Pertanto, la scelta del perossido organico più idoneo dipende dalle sue proprietà, come il contenuto di ossigeno attivo e il tempo di dimezzamento. Questi valori forniscono informazioni sulla velocità di decomposizione e la stabilità del perossido.

Sintesi

I perossidi organici possono essere ottenuti per reazione di un alcol con perossido di idrogeno in ambiente acido o per reazione di un dialchilsolfato con perossido di idrogeno in ambiente basico.

Reazioni

I perossidi organici svolgono un ruolo significativo in diversi processi biologici, come l’irrancidimento dei grassi, la perdita di attività delle vitamine e la delle lucciole. Inoltre, essi sono utilizzati come iniziatori di polimerizzazioni radicaliche e possono essere ridotti ad alcoli o convertiti in chetoni e alcoli attraverso specifiche reazioni.

Usi

I perossidi organici vengono impiegati nella produzione di polimeri come poliesteri, siliconi, gomma e materiali da costruzione. Trovano inoltre utilizzo in prodotti per il trattamento della pelle e in ambito farmaceutico, dove agiscono come acceleratori, catalizzatori, reticolanti, iniziatori e promotori.

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Composti organici: classificazione, gruppi funzionali

Classificazione dei Composti Organici e Funzionali

I composti organici sono sostanze che contengono carbonio legato a idrogeno, ossigeno, azoto o altri eteroatomi. I legami covalenti semplici, doppi o tripli sono presenti in questi composti organici, con il carbonio che può avere numeri di ossidazione che variano da -4 a +4.

Non tutti i composti contenenti carbonio sono organici, infatti esistono numerosi composti inorganici del carbonio. In passato, si era soliti distinguere i composti organici da quelli inorganici secondo la loro origine minerale o da organismi viventi. Tuttavia, la scoperta da parte del chimico tedesco Friedrich Wohler nel 1828, della sintesi dell’urea a partire dal cianato di ammonio dimostrò che le sostanze organiche possono essere ottenute in laboratorio, abolendo di fatto questa distinzione.

I composti organici possono essere a catena chiusa o aperta e il carbonio può presentare ibridazione sp3, sp2 o sp. Le catene possono essere costituite da uno a numerosi atomi di carbonio e possono essere lineari o ramificate, generando diversi isomeri. La presenza di eteroatomi aumenta notevolmente il numero di possibili molecole organiche, rendendo difficile la classificazione.

Classificazione

I composti organici possono essere classificati in alifatici, composti aromatici e eterociclici. Gli alifatici sono costituiti da catene lineari o ramificate o da composti ciclici come , alcheni, alchini e cicloalcani. Gli aromatici rispettano la regola di Hückel e presentano strutture di tipo benzenico. Gli eterociclici possono essere alifatici o aromatici e contengono un anello formato da carbonio e uno o più eteroatomi.

Gruppi Funzionali

I composti organici possono essere suddivisi secondo il gruppo funzionale in essi presente. I principali gruppi funzionali includono , anidridi, esteri, aldeidi, chetoni, alcoli, alogenuri alchilici, alogenuri acilici, , ammine, nitrili, , tioli, tiofenoli, idroperossidi, idrossilammine, fosfine, arsine, composti organometallici, eteri e perossidi.

Questi gruppi funzionali conferiscono al composto una reattività chimica tipica e simile a quella di altri composti contenenti lo stesso gruppo, rappresentando il centro della reattività chimica della molecola.

Acidi diprotici: esempi, equilibrio di dissociazione

Acidi diprotici: caratteristiche e reazioni

Gli acidi diprotici sono quegli acidi in grado di rilasciare due ioni H3O+ in soluzione acquosa. Secondo la teoria di Arrhenius, un acido è definito come una sostanza capace di generare ioni H3O+ in soluzione. A temperatura e pressione standard, l’acido cloridrico (HCl), noto anche come cloruro di idrogeno, esiste allo stato gassoso, ma in soluzione acquosa agisce come acido, reagendo con l’acqua secondo la seguente equazione:

HCl + H2O → H3O+ + Cl

L’acido cloridrico è un esempio di acido diprotico.


Un acido diprotico può essere rappresentato con la formula H2A ed è soggetto a due equilibri di dissociazione:

H2A + H2O ⇄  H3O+ + HA (regolato dalla costante di equilibrio Ka1)
HA + H2O ⇄  H3O+ + A2- (regolato dalla costante di equilibrio Ka2)

Il valore della prima costante di dissociazione è maggiore rispetto a quello della seconda, poiché il primo protone che viene liberato è più acido rispetto al secondo. In soluzione, sia HA che A2- sono sempre presenti in diverse quantità.

Esempi
Tra gli esempi di acidi diprotici più comuni troviamo l’ (H2SO3), l’acido carbonico (H2CO3), l’ (H2S), l’acido cromico (H2CrO4), e l’acido selenico (H2SeO4). Inoltre, esistono acidi diprotici anche all’interno dei composti organici, come l’acido ascorbico, l’acido tartarico, l’acido ossalico, l’, l’acido succinico e tutti gli . L’acido solforico, in particolare, è considerato completamente dissociato nella prima dissociazione, poiché presenta un elevato valore di Ka1, mentre il valore di Ka2 è relativamente alto. Questi acidi dimostrano una grande varietà di reazioni e sono ampiamente presenti in diversi ambiti della chimica.

Ora che hai una migliore comprensione degli acidi diprotici e del loro equilibrio di dissociazione, puoi approfondire ulteriormente la loro importanza e il loro ruolo nella chimica.

Acidità degli alcoli e dei tioli: equilibri di dissociazione

Acidità degli alcoli e dei

Gli alcoli sono composti organici che presentano il gruppo funzionale –OH, mentre i tioli, noti anche come mercaptani, sono simili agli alcoli ma presentano il gruppo funzionale –SH.

Entrambi gli alcoli e i tioli sono considerati acidi deboli. Nonostante lo zolfo sia meno elettronegativo dell’ossigeno e il legame S-H sia meno polare del legame O-H a causa delle maggiori dimensioni dello zolfo, i tioli sono generalmente più acidi degli alcoli. La loro acidità è paragonabile a quella dei , in cui l’anione fenossido è stabilizzato per .

L’ dei tioli è più spostato a destra rispetto a quello degli alcoli. Questo perché nell’anione RS, la carica negativa viene portata da un atomo di dimensioni maggiori, dispersa su un volume maggiore.

La preparazione degli alcossidi avviene partendo dagli alcoli per reazione con un idruro, in modo quantitativo e irreversibile, in quanto l’idrogeno gassoso si allontana dalla soluzione. Diversamente, i tioli, essendo più acidi, possono essere convertiti nelle loro basi coniugate per reazione con una base o un alcossido. Uno dei metodi per ottenere i consiste nel far reagire un tiolo con un alcossido, reazione che giunge a completezza grazie alla sua costante dell’ordine di 105.

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