back to top
Home Blog Pagina 286

Clorofilla: struttura, funzioni

La Clorofilla: struttura e funzioni

La clorofilla è un composto chelante che si trova nei grana dei cloroplasti delle cellule vegetali e in tutti gli organismi che compiono la fotosintesi. Venne isolata per la prima volta nel 1817 dai chimici francesi Joseph Bienaimé Caventou e Pierre Joseph Pelletier, nel corso dei loro studi sugli alcaloidi. Si pensava inizialmente che la clorofilla fosse un singolo composto, ma solo nel 1912 il chimico tedesco Richard Martin Willstätter dimostrò che la clorofilla è costituita da una miscela di due composti denominati clorofilla a e clorofilla b.

La clorofilla è composta da una porfirina che presenta quattro atomi di azoto legati a un ione metallico centrale di magnesio. La clorofilla ha un ruolo fondamentale nella fotosintesi, processo attraverso il quale a partire dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera e dall’acqua metabolica si ottengono sostanze organiche come il , fondamentale per la vita delle piante. La reazione di fotosintesi produce anche ossigeno molecolare, essenziale per la respirazione e per il mantenimento della vita sulla Terra.

Durante la fotosintesi, la clorofilla assorbe l’energia dalla luce solare. L’energia chimica immagazzinata dalla fotosintesi in permette lo svolgimento di reazioni biochimiche negli organismi degli esseri viventi. La clorofilla assorbe la radiazione blu e quella rossa, riflettendo le radiazioni che hanno una compresa tra 500 e 600 nm, corrispondenti al colore verde. A causa della sua intensa colorazione verde, la clorofilla è utilizzata come colorante in saponi, oli, cere e nel settore dolciario.

Inoltre, la clorofilla svolge un ruolo cruciale nel trasferimento di elettroni durante la fotosintesi. Quando assorbe l’energia luminosa, un elettrone della clorofilla viene eccitato a un livello energetico superiore. Questo elettrone viene quindi trasferito a un’altra molecola, innescando una catena di trasferimenti di elettroni che culmina con il trasferimento di un elettrone all’anidride carbonica. La clorofilla che ha perso un elettrone può accettarlo da un’altra molecola, completando così il processo.

In conclusione, la clorofilla è un elemento fondamentale per la vita delle piante e per l’ecosistema nel suo complesso, svolgendo un ruolo cruciale nella fotosintesi e nella produzione di ossigeno.

Reazione di Reimer- Tiemann- orto-formilazione del fenolo, meccanismo

Reazione di Reimer-Tiemann: Meccanismo per l’orto-formilazione del

La reazione di Reimer-Tiemann è un processo impiegato per la formilazione orto del fenolo, che porta alla produzione di , conosciuta anche come 2-idrossibenzaldeide. Questa reazione rappresenta un metodo per ottenere idrossialdeidi aromatiche a partire dal fenolo. Essa avviene in presenza di (CHCl3) e NaOH.

Il meccanismo della reazione:

La reazione inizia con la deprotonazione del cloroformio, operata dalla base, con la formazione di un elettrofilo carbocationico:
CHCl3 + OH- → -CCl3 + H2O

Successivamente, il carbanione sviluppa un’eα-eliminazione dando origine al (:CCl2), un elettrofilo molto forte. L’idrossido deprotona anche il fenolo, formando l’anione fenossido:
C6H5OH + OH- → C6H5O- + H2O
L’anione fenossido è stabilizzato per risonanza e la carica negativa compare sull’ossigeno e nella posizione orto e para dell’anello benzenico.

Il diclorocarbene viene attaccato dall’anione fenossido, producendo un fenolo diclorometil sostituito. L’idrolisi basica di questo intermedio porta all’orto-idrossibenzaldeide e, in misura minore, alla para-idrossibenzaldeide.

La reazione avviene in un reattore batch, in modo discontinuo, alla temperatura di 50-60°C. Si ottengono due isomeri, l’orto e il para, in proporzioni variabili in base alla concentrazione dell’idrossido, al tipo di idrossido usato e al solvente. Data la bassa conversione tra reagenti e prodotti, il fenolo non reagito può essere raccolto e riciclato. Il prodotto della reazione viene impiegato nell’industria cosmetica e farmaceutica.

Molecolarità di una reazione: meccanismo di reazione, esempi

La Molecolarità di una Reazione: Definizione, Meccanismo e Esempi

La molecolarità di una reazione chimica rappresenta il numero di entità molecolari coinvolte in una reazione elementare, o, in altre parole, il numero di entità presenti nel complesso attivato. Durante lo studio cinetico di una reazione chimica, è essenziale determinare l’ordine della reazione, la quale non può essere dedotta dalla stechiometria della reazione stessa ma deve essere determinata sperimentalmente attraverso la variazione della concentrazione dei reagenti nel tempo.

Il meccanismo di una reazione rappresenta la successione dei processi attraverso i quali si articola la reazione stessa, portando alla formazione dei prodotti. Spesso una reazione procede attraverso una serie di stadi, come nel caso dell’alchilazione del benzene, che avviene attraverso una sequenza di stadi. Nonostante i prodotti intermedi non siano direttamente rivelabili, la loro esistenza viene supposta in base alla legge cinetica dedotta sperimentalmente.

La molecolarità di una reazione elementare è definita come il numero minimo di molecole, atomi, ioni o radicali presenti nei reagenti che prendono parte alla stessa. In generale, la molecolarità di una reazione semplice è data dalla somma del numero di molecole reagenti coinvolte nell’equazione bilanciata, mentre nel caso di una reazione a stadi, la molecolarità si riferisce ad ogni singolo stadio.

Alcuni esempi di reazioni illustrano la molecolarità: la del di rappresenta una reazione unimolecolare, l’ossidazione del monossido di azoto ad opera dell’ozono rappresenta una reazione bimolecolare, mentre la formazione di biossido di azoto a partire da azoto e ossigeno rappresenta una reazione trimolecolare. In realtà, anche in caso di reazioni con una molecolarità apparentemente superiore a 3, queste avvengono in più stadi, ognuno con una molecolarità massima di 3.

In conclusione, la molecolarità di una reazione non può mai essere uguale a zero, essere un numero frazionario o pari a infinito, e svolge un ruolo essenziale nello studio e nella comprensione delle reazioni chimiche.

pH di una soluzione di NaHCO3: calcolo della costante di equilibrio, esercizi

Il calcolo del pH di una soluzione di NaHCO3 può essere ottenuto considerando gli e calcolando le relative costanti. Il si dissocia in Na+ e HCO3- e pertanto si devono considerare gli equilibri a cui va incontro lo ione idrogeno carbonato.

Lo ione HCO3- partecipa a due equilibri: Nel primo equilibrio lo ione si comporta da acido: HCO3- + H2O ⇌ CO32- + H3O+ e la costante relativa a tale equilibrio è pari alla Ka2. Mentre nel secondo equilibrio, lo ione si comporta da base: HCO3- + H2O ⇌ H2CO3+ OH-. La costante relativa a questo equilibrio vale K = [H2CO3][ OH-]/[ HCO3-].

Moltiplicando numeratore e denominatore per [H3O+] si ha: K = [H2CO3][ OH-] [H3O+] /[ HCO3-][H3O+]. Essendo [ OH-] [H3O+] = Kw, si ha K = [H2CO3]Kw /[ HCO3-][H3O+].

Ricordando Ka1 relativa alla prima dissociazione dell’: H2CO3 + H2O ⇌ HCO3- + H3O+, è data dall’espressione Ka1 = [HCO3-][ H3O+]/[ H2CO3].

La costante K viene indicata con Kb2, pertanto Kb2 = Kw/Ka1.

Calcolo delle costanti di equilibrio: In definitiva gli equilibri e le relative costanti sono: HCO3- + H2O ⇌ CO32- + H3O+ () e HCO3- + H2O ⇌ H2CO3+ OH- (2).

Per avere un’indicazione se una soluzione di NaHCO3 è acida o basica si valutano numericamente e se, come avviene in questo caso, Kb2 è maggiore di Ka2, la soluzione è basica. È quindi il valore relativo delle due costanti di dissociazione dell’acido debole H2CO3 il fattore che determina il pH della soluzione.

Sommiamo l’equilibrio (1) e l’equilibrio (2): 2 HCO3- ⇌ CO32- + H2CO3. La costante relativa a questo equilibrio è data da: K = [CO32-][ H2CO3] /[ HCO3-]2. Moltiplichiamo numeratore e denominatore per [H3O+] e raggruppando abbiamo: K = {[CO32-][H3O+] /[ HCO3-] } { [ H2CO3][H3O+] / [HCO3-]} = Ka2/Ka1 = 5.61 ∙ 10-11/4.30 ∙ 10-7 = 1.30 ∙ 10-4.

Calcolare il pH di una soluzione di NaHCO3 avendo concentrazione 0.100 M è possibile tramite l’uso della e l’espressione della costante K. Con i calcoli si otterrà un pH di 8.31.

In conclusione, calcolare il pH di una soluzione di NaHCO3 richiede la valutazione degli equilibri e il calcolo delle costanti, il cui rapporto determina se la soluzione è acida o basica. Mediante calcoli e l’impiego delle costanti, è possibile trovare il pH di una specifica soluzione di NaHCO3.

Non metalli: capacità ossidanti, reazioni

I non metalli e le loro capacità e reattività

I non metalli si comportano da ossidanti poiché hanno la tendenza ad acquistare elettroni, e il loro potere ossidante aumenta all’aumentare dell’.

Il fluoro è l’elemento più forte ossidante tra gli , mentre il cloro e il bromo si comportano da ossidanti. Gli alogenuri possono essere ossidati da ossidanti come KMnO4 e K2Cr2O7. Inoltre, i non metalli esibiscono il loro numero di ossidazione più basso nella forma protonata.

I non metalli possono essere suddivisi in due categorie: quelli con un’elettronegatività maggiore di 2.8 e quelli con un’elettronegatività compresa tra .9 e 2.8. Mentre i primi sono ottimi agenti ossidanti, i secondi vengono raramente usati come ossidanti.

Partecipano a reazioni di sintesi: reagiscono con i metalli per formare composti ionici e possono reagire anche con non metalli più reattivi formando composti covalenti.

Alcuni ossidi di non metalli possono decomporsi per riscaldamento in una reazione di ossidoriduzione. Queste proprietà rendono i non metalli fondamentali in diversi processi chimici.

Regole di selezione: molecole simmetriche, molecole lineari

Regole di selezione per lo spettroscopia molecolare: molecole simmetriche e molecole lineari

Le regole di selezione per la spettroscopia molecolare sono condizioni che devono essere soddisfatte dagli stati iniziale e finale di un sistema affinché si possa verificare una transizione energetica. Queste regole forniscono istruzioni sulle transizioni consentite e sulle linee che possono essere osservate in uno spettro.

Secondo la meccanica classica, una molecola deve avere un dipolo oscillante a una certa frequenza per interagire con il campo elettromagnetico e assorbire o emettere un fotone di quella frequenza. Pertanto, una regola di selezione fornisce indicazioni sulle caratteristiche che una molecola deve avere per produrre uno spettro.

Ad esempio, la regola di selezione per la rotazione richiede che la molecola abbia un momento di dipolo elettrico permanente, quindi solo le possono produrre uno spettro rotazionale.

Molecole simmetriche

Anche le molecole simmetriche come il e l’, e tutte le molecole biatomiche con legami omopolari, non presentano uno spettro rotazionale. Ciò è giustificato dalla meccanica classica, in cui una molecola con un dipolo elettrico permanente sembra avere un dipolo fluttuante, inducendo oscillazioni nel campo elettromagnetico circostante.

Molecole lineari

Le regole di selezione possono essere ricavate dalla quantomeccanica, in particolare per le molecole lineari in cui ΔJ = ∓. I fotoni, non avendo massa, possiedono un .

Momento angolare

Le transizioni spettroscopiche si basano sulla conservazione del momento angolare. Dopo l’assorbimento o l’emissione del fotone, il momento angolare totale deve essere conservato. La variazione consentita del numero quantico J, dovuta al momento angolare intrinseco del fotone, è ristretta a ∓ 1 unità per la conservazione del momento angolare. Questo implica che la transizione è possibile solo tra livelli adiacenti e che il fotone deve entrare o uscire dalla molecola in una direzione specifica.

Per i rotori sferici, si ha ΔK = 0, indicando che la variazione della componente del momento angolare rispetto all’asse è nulla.

In conclusione, le regole di selezione per la spettroscopia molecolare sono fondamentali per comprendere le transizioni energetiche e le linee spettrali osservabili, e si basano su concetti della meccanica classica e quantomeccanica.

Reagenti di Gilman: sintesi, reazioni

Sintesi e reazioni dei reagenti di Gilman

I reagenti di Gilman, composti organo-rame con formula R2CuLi, in cui R rappresenta un gruppo alchilico o arilico, possono essere sintetizzati tramite la reazione di un composto alchillitio con di rame (I) in dietiletere o tetraidrofurano.

Ad esempio, la reazione tra il litio dimetilrame e l’-iododecano condotta a 0°C in dietiletere dà con una resa del 90% il n-undecano.

I reagenti di Gilman reagiscono con gli alogenuri alchilici (cloruri, bromuri e ioduri) per dare composti in cui l’ è sostituito dal gruppo R, consentendo così la formazione di nuovi legami C-C con un maggior numero di atomi di carbonio rispetto all’alogenuro alchilico di partenza.

La reazione tra un reattivo di Gilman e un alogenuro alchilico primario dà luogo a reazioni competitive con formazione di altri prodotti di reazione indesiderati, in cui la reattività dell’alogenuro alchilico segue l’ordine I > Br > Cl.

Inoltre, i reagenti di Gilman reagiscono con composti carbonilici α,β insaturi per dare un composto con un gruppo alchilico in posizione β, con per formare e con gli α-alochetoni per ottenere chetoni alchilati.

Acido citrico: proprietà, sintesi, usi

Acido citrico: caratteristiche, produzione e impieghi

L’acido citrico rappresenta un acido tricarbossilico organico presente in molte piante e tessuti animali. Nel campo della chimica biologica, il suo prodotto coniugato, il citrato, svolge un ruolo chiave nel ciclo dell’acido citrico, coinvolto nel metabolismo degli organismi aerobici.

Proprietà dell’acido citrico

Con la formula C6H8O7, l’acido citrico è conosciuto anche come acido 3-carbossi-3-idrossi-,5-pentandioico secondo la nomenclatura IUPAC. Si tratta di un acido debole caratterizzato da costanti di equilibrio Ka1 = 7.1 ∙ 10-4, Ka2 = 1.7 ∙ 10-5 e Ka3 = 6.4 ∙ 10-6. È presente in agrumi come limoni, arance, ribes nero, nonché in varie frutta e verdura.

Sintesi dell’acido citrico

La produzione di acido citrico avviene tramite il trattamento del succo di limone con l’idrossido di , ottenendo così il citrato di calcio. Tale composto viene isolato e successivamente trattato con acido solforico diluito per ottenere nuovamente l’acido citrico. Un metodo alternativo di produzione impiega la fermentazione della canna da zucchero in presenza di Aspergillus niger.

Usi dell’acido citrico

L’acido citrico ha molteplici utilizzi. Viene impiegato come acidificante, aromatizzante, agente chelante e conservante in alimenti e bevande. Le sue proprietà antiossidanti lo rendono utile nell’industria cosmetica, per contrastare i radicali liberi e minimizzare le macchie scure sulla pelle. Inoltre, l’acido citrico viene utilizzato per la degli zuccheri nei gelati e nelle caramelle, nonché nella produzione di disinfettanti, fertilizzanti e medicinali, spesso combinato con .

In conclusione, pur offrendo svariati benefici, è importante ricordare che l’assunzione incontrollata o eccessiva di acido citrico può provocare effetti collaterali indesiderati.

Spintronica: dispositivi, vantaggi

La Spintronica e i Suoi Dispositivi Innovativi

La spintronica è un campo emergente nell’ambito dei dispositivi nanoelettronici. Questa nuova tecnologia sfrutta lo spin intrinseco degli elettroni per creare dispositivi con nuove funzionalità e prestazioni superiori. Lo spin, che è una forma intrinseca del trasportato dalle particelle elementari, è uno degli elementi chiave della spintronica.

Nella meccanica quantistica, lo spin è uno dei due tipi di momento angolare, essendo l’altro il momento angolare orbitale. Quest’ultimo si verifica quando una particella esegue una traiettoria di rotazione o torsione, come nel caso di un elettrone che orbita attorno a un nucleo. Allo stesso modo in cui i pianeti possono ruotare in senso orario o antiorario, lo spin dell’elettrone può essere considerato in senso orario o antiorario.

I vantaggi dei dispositivi spintronici includono una maggiore velocità nell’elaborazione dei dati e una maggiore densità di transistor rispetto ai dispositivi convenzionali. Questi dispositivi si basano controllo della carica elettrica e consentono la generazione, la manipolazione e il rilevamento di correnti elettriche spin-polarizzate, rendendo possibili nuove classi di sensori e dispositivi logici.

Nella spintronica, le eterostrutture magnetiche o multistrato sono particolarmente importanti. Questi strati sottili separati da un conduttore non magnetico o da strati isolanti presentano variazioni enormi della conduttanza quando è modificato l’orientamento magnetico.

I dispositivi spintropici seguono un preciso schema: le informazioni sono memorizzate in spin come un orientamento particolare di spin (su o giù), gli spin essendo uniti a elettroni mobili portano l’informazione e infine l’informazione è letta. Grazie alla capacità di conservare l’orientamento dello spin degli elettroni di conduzione per un tempo relativamente lungo, i dispositivi spintronici sono particolarmente adatti per le applicazioni di memorizzazione della memoria e per sensori magnetici.

Dialogenuri alchilici: reazioni

Dialogenuri alchilici e le loro reazioni

I dialogenuri alchilici sono dei composti organici in cui sono presenti due atomi di in sostituzione di due atomi di idrogeno. La loro formula generale è CnH2nX2. A seconda della disposizione degli atomi di alogeno nella molecola si distinguono in dialogenuri geminali, vicinali e separati da almeno 4 atomi di carbonio.

Reazioni dei dialogenuri alchilici

Le reazioni che coinvolgono i dialogenuri alchilici variano a seconda della disposizione degli alogeni nella molecola e della presenza di metalli riducenti.

Nel caso dei dialogenuri geminali, come ad esempio l’,1-diiodiometano, si ottiene un carbenoide noto come reagente di Simmons-Smith tramite la seguente reazione: CH2I2 + Zn → IZnCH2I.

Nei dialogenuri vicinali avviene una reazione di eliminazione con formazione di un doppio legame: CH3CH2CHBrCH2Br + Zn → CH3CH2CH=CH2 + ZnBr2.

Se i due atomi di alogeno sono separati da almeno 4 atomi di carbonio si forma un composto organometallico: BrCH2CH2CH2CH2CH2Br + 2 Mg → BrMgCH2CH2CH2CH2CH2MgBr.

Trattamento con forti

Il trattamento dei dialogenuri vicinali o geminali con basi forti provoca eliminazione con conseguente formazione di acetileni. Gli acetileni non terminali isomerizzano ad acetileni terminali per azione delle basi forti. Pertanto, la sintesi diretta per eliminazione è generalmente ristretta ai tipi di molecole che hanno il triplo legame terminale ovvero a quelle strutture in cui un nuovo riordinamento molecolare è bloccato da un gruppo fenilico o vinilico.

Esempi di reazioni

1) Da alogenuro geminale: CH3CH2CH2CCl2CH3 + 3 NaNH2 → CH3CH2CH2C≡ C^-Na^+ + 2 NaCl + 2 NH3.
2) Da alogenuro vicinale: C6H5CHBrCH2Br + NaNH2 + H3O+ → C6H5C≡ CH, CH3CH2CH2C≡ C^-Na^+ + H3O+ → CH3CH2CH2C≡ CH.

Nel corso della formazione di un alchino si verificano due consecutive che portano alla formazione di due legami π; sia i dialogenuri geminali che vicinali danno lo stesso prodotto di reazione. Durante la prima eliminazione si forma un alogenuro vinilico: BrCH2CH2Br + NaNH2 → BrCH=CH2. Mentre durante la seconda reazione di eliminazione, l’ alogenuro vinilico reagisce con sodioammide per dare l’alchino: BrCH=CH2 + NaNH2 → CH≡CH.

Esercizi sugli acidi e le basi.

Esercizi su acidi e : principi e applicazioni

Esistono diversi tipi di esercizi riguardanti gli acidi e le basi, ognuno dei quali richiede approcci specifici per la risoluzione. Il calcolo del , ad esempio, rappresenta uno degli aspetti fondamentali in questo contesto, ma affrontare tali esercizi può incontrare difficoltà dovute all’identificazione del problema, all’ dei dati e all’utilizzo delle giuste equazioni.

Acidi e basi: esercizio pratico

Un esempio di esercizio riguarda un acido debole monoprotico con una massa di 0.682 g, solubilizzato in 50.0 mL di soluzione e titolato con NaOH 0.135 M. Dopo l’aggiunta di 10.6 mL di base, il pH della soluzione è pari a 5.65, mentre il punto equivalente viene raggiunto con l’aggiunta di 27.4 mL di base. Sono richiesti calcoli relativi al numero di moli di acido presenti, al peso molecolare dell’acido, alle moli di acido in eccesso a pH 5.65, alla concentrazione di H+ a pH 5.65 e al valore di Ka.

Calcolo della composizione percentuale

Un secondo esercizio coinvolge un campione contenente idrossido di potassio, carbonato di potassio e di potassio, reagiti con acido cloridrico al fine di calcolarne le percentuali attraverso le moli di CO2 ottenute e l’analisi delle reazioni.

Calcolo del pH

Infine, un altro esercizio riguarda il calcolo del pH di una soluzione di HClO 0.0500 M, noto il valore di Ka, nonché il pH di una soluzione ottenuta mescolando volumi uguali di HClO 0.050 M e NaClO 0.020 M, analizzando inoltre la formazione di una soluzione tampone.

In questi esempi pratici, l’applicazione dei principi di acidi e basi permette di affrontare in maniera concreta le varie tematiche legate a questo argomento.

Titolazione iodometrica del rame: metodica, indicatore

Titolazione iodometrica del rame: procedura e indicatore

La titolazione iodometrica del rame si basa sull’ossidazione dello ioduro a iodio da parte degli ioni Cu2+ che sono ridotti a Cu+. Questo metodo rientra nella categoria della iodometria, una tecnica analitica quantitativa che sfrutta l’ossidazione dello ioduro a iodio per la determinazione di . La determinazione quantitativa dell’ossidante viene ottenuta tramite titolazione dello iodio con tiosolfato, impiegando la salda d’amido come indicatore.

Fasi della titolazione iodometrica

Le titolazioni iodometriche avvengono in due fasi: la prima fase consiste nella reazione dello ioduro in ambiente neutro o debolmente acido con un agente ossidante, producendo iodio. La seconda fase prevede la titolazione dello iodio liberato con una soluzione standardizzata di tiosolfato di sodio.

Specifica titolazione del rame

Nel caso specifico della titolazione del rame, si ha un’ossidazione dello ioduro a iodio da parte degli ioni Cu2+, che vengono ridotti a Cu+. La titolazione del rame avviene a un valore di intorno a 4-5 e richiede l’uso di un tampone ammoniaca/ o acido acetico/acetato.

Indicatore

L’indicatore utilizzato è la salda d’amido, che a contatto con I2 dà una colorazione blu. L’aggiunta dell’indicatore deve avvenire in prossimità del punto finale, quando la colorazione giallo-marrone dello iodio diventa appena visibile.

Trasformazione del rame in soluzione

Per analizzare il contenuto di rame presente in una lega, è necessario portarlo in soluzione. Il rame non si ossida in presenza di acidi forti come l’acido cloridrico, ma è possibile portarlo in soluzione utilizzando concentrato, che unisce l’azione acida all’azione ossidante.

La titolazione iodometrica del rame è un processo dettagliato e accurato che consente di determinare con precisione la presenza di rame in una soluzione. Utilizzando i giusti reattivi e seguendo attentamente la procedura, è possibile ottenere risultati affidabili e utili per varie applicazioni analitiche.

è in caricamento