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Miscele gassose. Esercizi svolti e commentati

Miscele gassose: Esercizi e concetti fondamentali

Le miscele gassose sono costituite da miscugli omogenei di gas, come ad esempio l’aria, composta principalmente da azoto, ossigeno, argon, biossido di carbonio e altri gas in minori proporzioni. Questi componenti possono essere separati solo attraverso un cambio di stato.

Quando i gas hanno un comportamento ideale, è possibile applicare equazioni tipiche dei gas ideali alle miscele gassose. È importante notare che i gas nelle miscele non reagiscono tra loro. Consideriamo una miscela di due gas A e B, con A e nB rappresentanti le moli di A e B, rispettivamente, e nTot indicante il numero totale di moli, pari a nA + nB.

in miscele gassose

La pressione parziale pA di un gas A in un contenitore è la pressione che il gas A avrebbe se fosse da solo. Se il gas A ha un comportamento ideale, l’equazione di stato diventa pA = nART/V, dove V è il volume del contenitore e R è una costante con valore R = 0.08206 atm L/mol K. In modo analogo, per il gas B si ha pB = nBRT/V.

Legge di Dalton e altre considerazioni

Poiché entrambi i gas sono ideali, la miscela dei gas segue un comportamento ideale e quindi pTot = nTotRT/V = (nA + nB) RT/V = nART/V + nBRT/V = pA + pB. Questa è la legge di Dalton, che afferma che la somma delle pressioni parziali è uguale alla pressione totale. La frazione molare del gas A è data dal rapporto tra le moli di A e le moli totali, XA = nA / nTot. Alla miscela gassosa può essere assegnato un Wmix, dato dal rapporto tra la massa del gas e il numero di moli totali.

. Considerando una miscela di tre gas con frazione molare di A pari a 0.277, pressione parziale di B a 4.65 atm e numero di moli di C a 7.06, con pressione totale di 14.55 atm, si calcolano la frazione molare di B (a), la frazione molare di C (b), la pressione parziale di A (c), la pressione parziale di C (d), il numero di moli di A (e) e il numero di moli di B (f).

2. Data un recipiente da 13.0 L che contiene ossigeno a 35.0 atm e 25.0 °C e viene aggiunto elio fino a raggiungere una frazione molare di ossigeno di 0.210, si calcolano il numero di moli di ossigeno (a), la pressione totale dopo l’aggiunta di elio (b) e la densità della miscela gassosa (c).

3. In un recipiente da 100.0 L vengono aggiunte 10.0 moli di H2 e 3.0 moli di O2. A 1000 °C avviene la reazione: 2 H2(g) + O2(g) → 2 H2O(g). Viene calcolato il risultato di questa reazione.

In questo modo, è possibile approfondire la comprensione delle miscele gassose e le relative equazioni, in un ambito teorico e pratico attraverso l’applicazione di esercizi risolti.Calcolo delle pressioni parziali e totali dei gas

Nel calcolo delle pressioni parziali e totali dei gas, occorre considerare diversi fattori che influenzano il comportamento di un gas. Possiamo calcolare le moli totali e le pressioni parziali dopo che è avvenuta una reazione, per poi determinare la pressione totale.

Reazione chimica tra O2 e H2
Il rapporto stechiometrico tra O2 e H2 è di 1:2, quindi 3.0 moli di O2 reagiscono con 2 x 3.0 = 6.0 moli di H2. Di conseguenza, le moli di H2 in eccesso risultano essere pari a 10.0 – 6.0 = 4.0.

Calcolo delle moli di H2O formate e delle moli totali
Le moli di H2O formate sono pari a 6.0. Le moli totali presenti sono quindi pari a 6.0 + 4.0 = 10.0.

Determinazione della pressione a diverse temperature
A temperatura ambiente (T = 273 K), la pressione totale è data da p = nRT/V = 10.0 x 0.08206 x 273 / 100.0 = 2.23 atm. Mentre a -40.0 °C (233 K), la pressione è p = nRT/V = 4.0 ∙ 0.08206 ∙ 233 / 100.0 = 0.765 atm.

Mescolamento di neon e argon
Considerando un recipiente di 6.00 L con neon a 800 torr e un recipiente di 10.0 L con argon a 400 torr, determiniamo:
– La pressione totale dopo il mescolamento in torr
– La frazione molare di entrambi i gas
– Le pressioni parziali di entrambi i gas se vengono compressi in un contenitore di 10.0 L

Calcolo delle grandezze richieste
Dopo il mescolamento, i gas occuperanno un volume totale pari a 10.0 + 6.0 = 16.0 L, e la pressione sarà 0.724 atm (corrispondente a 550 torr). La frazione molare di neon è 0.546 e quella di argon 0.454. Le pressioni parziali di neon e argon nei nuovi 10.0 L di volume sono rispettivamente 0.633 atm (481 torr) e 0.527 atm (400.5 torr).

Con questi calcoli, è possibile determinare con precisione le pressioni parziali e totali dei gas in diverse condizioni, contribuendo così alla comprensione del comportamento dei gas in situazioni diverse.

Saggio di Marsh: analisi dell’arsenico, metodica

Il saggio di Marsh: scoperta e analisi dell’

Il saggio di Marsh rappresenta un metodo estremamente sensibile per la rilevazione dell’arsenico, particolarmente utilizzato nell’ambito della tossicologia forense. L’arsenico, un elemento dall’ampio utilizzo sia in campo medico che come veleno, ha una antica e variegata. Utilizzato in passato per la cura della sifilide e come rimedio per la malaria, l’arsenico è noto per la sua efficacia come veleno, tanto da essere definito il “veleno dei re e re dei veleni”.

La scoperta dell’arsenico da parte dei romani nelle miniere del Monte Amiata nel III secolo a.C. ha portato a un cambiamento radicale nella pratica dell’avvelenamento, dove il veleno poteva essere somministrato in dosi ridotte e costanti per condurre lentamente alla morte. È stato nel Quattrocento che l’arsenico ha iniziato a essere impiegato come principale strumento per omicidi nelle corti europee.

Il chimico inglese James Marsh ha fondamentale perfezionato il test per rilevare piccole quantità di arsenico nelle analisi tossicologiche, ottenendo una maggiore sensibilità e precisione. Uno dei casi più famosi in cui il saggio di Marsh è stato utilizzato è stato nel processo a Marie Lafarge nel 1840, in cui l’imputata era accusata di avvelenamento del marito.

Metodica del saggio di Marsh

Nel saggio di Marsh, un campione sospettato di contenere arsenico viene trattato con e . L’ossido di arsenico (III) è la forma più comune e tossica dell’arsenico, e il processo coinvolge due : ossidazione e riduzione.

In ambiente acido, l’arsenico forma arsina, e successivamente, l’arsina gassosa prodotta viene convogliata in un tubo contenente cloruro di calcio, che funge da essiccante. Riscaldando l’estremità del tubo, si decompongono l’arsina in arsenico metallico, che si deposita nella parte fredda del tubo, lasciando una macchia di colore nero splendente. Il saggio è in grado di rilevare quantità di arsenico minori di 0.1 mg.

Il metodo di analisi del saggio di Marsh è in grado di distinguere la presenza di antimonio, poiché la macchia di arsenico è solubile in ipoclorito di sodio, a differenza di quella dell’antimonio.

In conclusione, il saggio di Marsh rappresenta un’importante metodica per l’analisi dell’arsenico e dei suoi composti, contribuendo in modo significativo all’ambito della tossicologia forense e della scienza chimica.

Titolazione Karl Fischer: applicazioni, reazioni

Titolazione Karl Fischer: applicazioni e reazioni

La titolazione di Karl Fischer è un metodo ampiamente utilizzato per misurare il contenuto di acqua in varie sostanze, come oli, prodotti farmaceutici e alimentari. La presenza di acqua può influenzare significativamente le prestazioni di una sostanza, rendendo essenziale la sua determinazione accurata.

Questa tecnica analitica, introdotta nel 1935, è particolarmente rapida, non provoca reazioni collaterali ed è di semplice implementazione. A differenza di tecniche strumentali come la spettroscopia infrarossa, la e la spettroscopia a microonde, la titolazione di Karl Fischer fornisce risultati affidabili richiedere strumentazioni complesse.

Applicazioni

La titolazione Karl Fischer trova ampio impiego in diverse industrie, inclusa quella alimentare, farmaceutica, cosmetica, chimica e petrolchimica. È utilizzata per determinare il contenuto di acqua in vari prodotti, come miele, zuccheri, oli, farmaci, creme, dentifrici, solventi, vernici, lubrificanti e idrocarburi.

Prima dell’introduzione della titolazione di Karl Fischer, veniva utilizzata un’altra tecnica basata sull’essiccazione del campione in stufa, con alcuni svantaggi legati alla durata del processo e alla possibile perdita di composti volatili. La titolazione di Karl Fischer ha superato efficacemente tali limitazioni, diventando un metodo rapido e selettivo per la determinazione del contenuto di acqua.

Reazioni

Questo metodo si basa sulla reazione di Bunsen in cui il è ossidato dall’ secondo la seguente equazione:
I2 + SO2 + 2H2O → 2 HI + H2SO4

La titolazione avviene in un solvente anidro come il metanolo e in presenza di una base, come la piridina o l’imidazolo, per neutralizzare l’ prodotto dalla reazione, formando una soluzione tampone con un pH compreso tra 5 e 7.

Nella titolazione coulometrica, utilizzata nei casi in cui è necessario determinare basse concentrazioni di acqua, l’acqua reagisce con lo iodio e l’anidride solforosa in presenza di una base e un alcol. In questa tecnica, l’iodio è generato elettroliticamente e la quantità di acqua viene determinata misurando il consumo totale di elettricità.

La titolazione di Karl Fischer è diventata un fondamentale strumento analitico per la determinazione precisa del contenuto di acqua in varie sostanze, contribuendo così a garantire la qualità e l’affidabilità dei prodotti in molteplici settori industriali.

Batteria redox a flusso di vanadio: reazioni

Il funzionamento di una batteria redox a flusso di vanadio

Le batterie redox a flusso sono dispositivi elettrochimici in grado di immagazzinare attraverso che coinvolgono due contenenti diverse coppie redox. Questo sistema è composto da due serbatoi contenenti le soluzioni che vengono pompate in un elettrolizzatore costituito da un certo numero di celle, connesse in serie o in parallelo. Queste celle sono composte da membra a scambio ionico, che permettono la diffusione di ioni, evitando il mescolamento diretto delle soluzioni anodiche e catodiche. In particolare, le batterie a flusso di vanadio (VRB) sono una delle più sviluppate, in quanto sfruttano le proprietà del vanadio, che può presentare molteplici stati di ossidazione.

Il vanadio, con configurazione elettronica [Ar] 3d^3 4s^2, può presentare diversi stati di ossidazione, tra cui +5, +4, +3 e +2. Questa caratteristica ha portato all’impiego del vanadio nelle batterie a flusso, in cui si utilizzano ioni di vanadio in diversi stati di ossidazione. Ad esempio, nel caso della batteria redox a flusso di vanadio, i serbatoi contengono le specie attive del vanadio in diversi stati di ossidazione, come ad esempio VO2+ e VO2+ al catodo e V2+/V3+ all’anodo, con concentrazioni dell’ordine di .5-2 M in 2-5 M.

Le reazioni elettrolitiche che avvengono durante il processo di scarica sono fondamentali per il funzionamento della batteria a flusso di vanadio. Ad esempio, nell’elettrodo positivo si verifica la reazione VO2+ + H2O → VO2+ + 2 H+ + 1 e- con un potenziale standard di -0.99 V, mentre nell’elettrodo negativo avviene la reazione V3+ + 1 e- → V2+ con un potenziale standard di -0.26 V. Durante il processo di carica, le reazioni avvengono in senso opposto con un potenziale di 1.25 V.

Le batterie redox a flusso di vanadio presentano elettrodi costituiti da feltri di carbone/grafite ad elevata area superficiale, che possono essere trattati per catalizzare le reazioni elettrochimiche. Questi dispositivi sono noti per la loro alta efficienza energetica, tempi di risposta brevi e lunga durata nel tempo.

In conclusione, le batterie redox a flusso di vanadio rappresentano un sistema promettente per l’accumulo di energia elettrica, con diverse potenziali applicazioni nell’ambito dell’energia sostenibile e delle tecnologie di accumulo energetico.

Titolazioni redox: esercizi svolti e commentati

redox: esercizi e commentate

Le titolazioni redox sono un metodo fondamentale nell’ambito dell’analisi volumetrica quantitativa e richiedono la conoscenza delle reazioni, il bilanciamento delle equazioni e il rapporto stechiometrico tra le specie, solitamente presenti negli esercizi di stechiometria.

Esercizio : Quantità di presente in un campione espressa come % di Fe2O3

Un minerale contenente ferro di massa 0.4891 g è stato disciolto in HCl e il ferro presente è stato ridotto a ferro (II). Per la titolazione del ferro (II) sono stati utilizzati 36,92 mL di una soluzione 0.02153 M di K2Cr2O7. Dobbiamo determinare la quantità di ferro presente nel campione espressa come percentuale di Fe2O3.

Le coinvolte sono:
Fe^2+ -> Fe^3+ + 1 e^-
Cr2O7^2- + 14 H^+ + 6 e^- -> 2 Cr^3+ + 7 H2O

Per bilanciare la reazione, moltiplichiamo la prima semireazione per 5 e la sommiamo alla seconda. Otteniamo:
6 Fe^2+ + Cr2O7^2- + 14 H^+ -> 6 Fe^3+ + 2 Cr^3+ + 7 H2O

Il rapporto stechiometrico indica che 6 moli di Fe^2+ reagiscono con 1 mole di Cr2O7^2-. Calcolando le moli di Cr2O7^2-, otteniamo 0,0007949.

Dal rapporto stechiometrico, otteniamo che le moli di Fe2O3 sono pari a 0,002384. Quindi la percentuale di Fe2O3 nel campione è 77,86%.

Esercizio 2: Percentuale di ossalato di sodio contenuta in un campione

Per titolare un campione di ossalato di sodio Na2C2O4 impuro di massa 0,5116 g, sono stati utilizzati 35,62 mL di MnO4^- 0,04000 M. Dobbiamo calcolare la percentuale di ossalato di sodio contenuta nel campione.

Le semireazioni coinvolte sono:
C2O4^2- -> 2 CO2 + 2 e^-
MnO4^- + 8 H^+ + 5 e^- -> Mn^2+ + 4 H2O

Dopo il bilanciamento, otteniamo:
5 C2O4^2- + 2 MnO4^- + 16 H^+ -> 10 CO2 + 2 Mn^2+ + 8 H2O

Dal rapporto stechiometrico, calcoliamo le moli di C2O4^2-, risultando in 0,003562. Di conseguenza, la percentuale di Na2C2O4 contenuta nel campione è 93,30%.

Esercizio 3: Calcolo della percentuale m/V di NaClO

Un volume di 25 mL di soluzione contenente ClO^- viene diluito a 1000 mL; 25 mL della soluzione diluita sono trattati con un eccesso di KI che riduce ClO^- a Cl^- e liberando I3^-. Quest’ultimo viene titolato con 8,96 mL di Na2S2O3 0,09892 M. Dobbiamo calcolare la percentuale m/V di NaClO contenuta nella soluzione.

Dalle reazioni coinvolte, calcoliamo le moli di Na2S2O3. Dal rapporto stechiometrico, otteniamo le moli di ClO^-. La massa di NaClO in 25 mL è 0,0330 g. Quindi nella soluzione iniziale avente volume di 25,0 mL sono contenuti 1,32 g di NaClO. Quindi la percentuale m/V è 5,28%.

Esercizio 4: Determinazione della percentuale di etanolo in un liquore

Per determinare la percentuale di etanolo in un liquore, eseguiamo un’ossidazione dell’etanolo a acido etanoico con un eccesso di bicromato di potassio K2Cr2O7. L’etanolo viene ossidato ad acido etanoico CH3COOH con un’eccesso di bicromato di potassio K2Cr2O7 che viene ridotto a Cr3+.

Cercando di bilanciare le espressioni precedenti, determiniamo la percentuale di etanolo nell’esercizio.

Questi esercizi illustrano l’importanza delle titolazioni redox nell’analisi quantitativa. Sono un valido esempio per comprendere come applicare i concetti teorici alla risoluzione pratica di problemi di laboratorio.Calcolo della percentuale di etanolo in una soluzione

La reazione tra Fe^2+ e Cr_2O_7^2- è definita dalla seguente equazione:
6 Fe^2+ + Cr_2O_7^2- + 14 H+ → 6 Fe^3+ + 2 Cr^3+ + 7 H2O.

Inizialmente, 5.00 mL di una soluzione vengono diluiti fino a raggiungere un volume di 500.0 mL. Successivamente, 10.00 mL di questa soluzione diluita vengono distillati per ottenere l’etanolo, che viene raccolto in 50.00 mL di una soluzione acidificata di K_2Cr_2O_7 0.0200 M. L’eccesso di bicromato viene quindi titolato utilizzando 21.48 mL di una soluzione 0.1014 M di Fe^2+. È richiesto di calcolare la percentuale di etanolo contenuta nel liquore, espressa come % m/V.

Il numero di moli di Fe^2+ utilizzate è calcolato come segue:
moli di Fe^2+ = 0.02148 L * 0.1014 mol/L = 0.002178.

Di conseguenza, le moli di Cr_2O_7^2- in eccesso sono pari a:
moli di Cr_2O_7^2- in eccesso = 0.002178/6 = 0.0003630.

Le moli di bicromato utilizzate sono determinate mediante il calcolo seguente: 0.0200 mol/L * 0.05000 L = 0.001000. Quindi le moli di bicromato che hanno reagito con l’etanolo sono pari a 0.001000 – 0.0003630 = 0.0006370.

La reazione tra etanolo e bicromato è definita dall’equazione:
3 CH_3CH_2OH + 2 Cr_2O_7^2- + 16 H+ → 3 CH_3COOH + 4 Cr^3+ + 11 H2O.

Il rapporto stechiometrico tra etanolo e bicromato è di 3:2. Quindi il numero di moli di etanolo è determinato come segue:
Moli di etanolo = 0.0006370 * 3/2 = 0.0009555.

La massa di etanolo è quindi calcolata come:
massa di etanolo = 0.0009555 mol * 46.50 g/mol = 0.04443 g.

La massa di 0.04443 g di etanolo è presente in 10.00 mL della soluzione diluita. Pertanto, in 500.0 mL sono contenuti 0.04443 * 500.0 / 10.00 = 2.222 g di etanolo.

Poiché la massa di 2.222 g è pari a quella contenuta in 5.00 mL di soluzione iniziale, la percentuale di etanolo % m/V è calcolata come segue:
% m/V = 2.222 * 100 / 5.00 = 44.4 %.

Punto equivalente: calcolo del potenziale, grafici, esempi

Calcolo del Punto Equivalente: Potenziale e Grafici

Il punto equivalente in una titolazione acido-base o complessometrica corrisponde al punto di massima pendenza della curva di titolazione, matematicamente è un punto di flesso, dove la derivata prima presenta un massimo e la seconda si annulla.

Nel caso di una titolazione redox, se la reazione ha una stechiometria :1, la curva sarà simmetrica. In caso contrario, il punto equivalente può trovarsi più in alto o basso rispetto al punto di flesso, configurando un punto equivalente asimmetrico.

Equazione per il Potenziale al Punto Equivalente

Un esempio pratico è la titolazione dello ione (II) con permanganato, rappresentata dalla reazione:
5 Fe2+(aq) + MnO4(aq) + 8 H+(aq) → 5 Fe3+(aq) + Mn2+(aq) + 4 H2O(l)

L’ per l’ossidazione del ferro (II) e la riduzione del permanganato sono dati da:
E = E°Fe3+/Fe2+ – 0.05916 log [Fe2+]/[ Fe3+
E = E°MnO4-/Mn2+ – 0.05916 / 5 log [Mn2+]/[ MnO4][H+]8

Dalla combinazione delle due equazioni e la sostituzione delle concentrazioni al punto equivalente si ottiene:
E = E°Fe3+/Fe2++  5 E° MnO4-/Mn2+/6  – 0.07888 pH

L’equazione mostra una media pesata dei potenziali standard e la dipendenza del potenziale dal pH al punto equivalente. Ad esempio, a pH = 1, si avrà un potenziale di +1.31V.

Esercizi sui gas nelle reazioni

Leggi e concetti fondamentali sui gas nelle reazioni chimiche

Nella risoluzione degli esercizi relativi ai gas nelle reazioni chimiche, è fondamentale avere padronanza delle leggi che regolano il comportamento dei gas e dei coinvolti nelle reazioni. Durante la risoluzione di questi tipi di esercizi, può anche verificarsi la presenza di un reagente limitante, il che richiederà ulteriori calcoli per determinare i prodotti coinvolti.

# Principali leggi sui gas

Legge di Boyle

: Questa legge riguarda il comportamento dei gas a temperatura costante. Esprime la relazione inversa tra pressione e volume, ovvero pV1 = p2V2.

Prima legge di Gay-Lussac

: Valida a pressione costante, questa legge stabilisce una relazione diretta tra volume e temperatura, V1/T1 = V2/T2.

Seconda legge di Gay-Lussac

: Questa legge è valida a volume costante e stabilisce una relazione tra pressione e temperatura, p1/T1 = p2/T2.

dei gas

: Questa equazione mette in relazione pressione, volume, temperatura e numero di moli ed è espressa da pV = nRT, dove R rappresenta la costante dei gas.

Equazione combinata dei gas

: Questa equazione applica le leggi dei gas quando un gas passa da una certa pressione, volume e temperatura a un’altra pressione, volume e temperatura.

Oltre agli esercizi convenzionali sui gas, spesso vengono proposti problemi legati alle reazioni che coinvolgono la produzione di gas, richiedendo un maggiore livello di comprensione da parte dello studente.

# Esempi di esercizi su gas nelle reazioni

1) Calcolo dei grammi di clorato di potassio che si decompongono secondo la reazione bilanciata: KClO3(s) → KCl(s) + O2(g), al fine di ottenere 638 mL di O2 alla temperatura di 128 °C e alla pressione di 752 torr.

2) Calcolo della massa di che si forma nella reazione bilanciata: P4(s) + 6 H2(g) → 4 PH3(g), considerando 37.5 g di fosforo reagiscono con 83.0 L di H2 a STP.

3) Calcolo del volume di gassoso raccolto sull’acqua a 18 °C e alla pressione di 725 mm Hg, ottenuto da 0.840 g di litio nella reazione bilanciata: Li(s) + H2O(l) → LiOH(aq) + H2(g), tenendo conto che a 18 °C la pressione dell’acqua è di 15.48 mm Hg.

4) Determinare la massa di solfato di ammonio che deve reagire con un eccesso di idrossido di sodio, secondo la reazione bilanciata: (NH4)2SO4 + 2 NaOH → 2 NH3(g) + Na2SO4 + 2 H2O, al fine di ottenere 2.00 L di NH3 a STP.

Questi esercizi richiedono l’applicazione delle leggi e dei concetti sui gas, nonché la comprensione dei calcoli stechiometrici per risolverli con successo.

Reagenti ausiliari nelle titolazioni redox: classificazione, proprietà, riduttore di Jones

Reagenti ausiliari nelle redox: classificazione e proprietà

I reagenti ausiliari nelle titolazioni redox sono utilizzati per ottenere l’analita con lo stesso numero di ossidazione. Le titolazioni ossidimetriche sono un tipo di analisi volumetrica che si basa su reazioni di ossidoriduzione, in cui avviene un trasferimento di elettroni tra una specie a concentrazione nota (agente titolante) e la specie da titolare (analita).

Nelle titolazioni redox, l’analita deve essere presente in un singolo stato di ossidazione. Ad esempio, il può essere determinato con una titolazione redox che sfrutta la reazione: Ce4+ + Fe2+ → Ce3+ + Fe3+. Tuttavia, poiché il ferro presenta due stati di ossidazione (+2 e +3), è necessario ridurre tutto il ferro (III) eventualmente presente a ferro (II) prima della titolazione.

Classificazione dei reagenti ausiliari

I reagenti ausiliari si suddividono in riducenti, come zinco, alluminio, , nichel, rame, cadmio, argento, e , come sodio bismutato (NaBiO3), perossidisolfato di ammonio ((NH4)2S2O8), perossido di .

Proprietà dei reagenti ausiliari

I reagenti ausiliari devono reagire quantitativamente con l’analita, non alterare il numero di ossidazione di altre specie presenti e il loro eccesso deve essere facilmente allontanabile. Nel caso di reagenti ausiliari riducenti, il metallo è aggiunto al campione in cui si riducono gli ioni presenti che hanno uno stato di ossidazione più alto. L’eccesso di reagente ausiliario deve essere rimosso prima della titolazione.

Riduttore di Jones

Un metodo alternativo per l’utilizzo di un agente riducente ausiliario è quello di metterlo in una colonna. La colonna riduzione è costituita da un tubo chiuso ad un’estremità da un setto poroso munito di rubinetto. Un esempio di colonna di riduzione è il riduttore di Jones, che è riempita con un amalgama zinco-mercurio preparata unendo zinco granulare ad una soluzione di HgCl2.

Riduttore di Walden

Un’altra colonna di riduzione è il riduttore di Walden, che è riempita di argento in granuli; la soluzione contenente l’analita, acidificata con HCl, viene fatta passare attraverso la colonna in cui l’ossidazione dell’argento fornisce gli elettroni necessari per la riduzione degli ioni contenuti nell’analita.

Conclusioni

I reagenti ausiliari riducenti e ossidanti sono fondamentali nelle titolazioni redox, in particolare per assicurare una reazione quantitativa e l’identificazione accurata dell’analita. La corretta preparazione e manipolazione di tali reagenti sono cruciali per ottenere risultati affidabili nelle analisi chimiche.

Alogenuri alchilici: proprietà, temperature di ebollizione, solubilità, densità

Alogenuri alchilici: caratteristiche e proprietà fisiche

Gli alogenuri alchilici, noti anche come alogenoalcani, rappresentano una categoria di composti che comprendono un atomo di alogeno legato a un gruppo alchilico. La loro formula generale è R-X, con R che denota un gruppo alchilico e X che rappresenta un alogeno. A temperatura ambiente, sono incolore, sebbene i bromoalcani e gli iodioalcani possano cambiare colore quando esposti alla luce.

Poiché gli hanno un’elettronegatività maggiore rispetto al carbonio, il legame carbonio-alogeno è polarizzato, con il carbonio che porta una parziale carica positiva δ+ e l’alogeno una parziale carica negativa δ-. Questo determina la presenza di un momento dipolare μ.

La lunghezza del legame carbonio-alogeno aumenta nell’ordine C-F

Esercizi di termodinamica svolti e commentati

Esercizi di termodinamica svolti e commentati

Gli esercizi di termodinamica sono una pratica chiave per comprendere i principi fondamentali di questa branca della scienza. Essi si basano su concetti come le e le grandezze coinvolte. Il primo principio della termodinamica, che descrive una generica trasformazione effettuata da un sistema, può essere espresso come dU = dQ – dW. Quando il lavoro è di tipo meccanico, l’equazione diventa dU = dQ – pdV, ed è spesso utilizzata per trattare le trasformazioni dei gas perfetti.

Un recipiente rigido e il calore fornito

Immaginiamo di avere un recipiente rigido, con un volume di 28 L, contenente aria a una pressione di 140 kPa e una temperatura di 20°C. Dopo essere stato riscaldato, la pressione raggiunge i 345 kPa. Calcolando il calore fornito in questa situazione, considerando il peso molecolare dell’aria di 29 u e Cv di 0.718 kJ/kg K.

Applicando il primo principio della termodinamica, si otterrà il calore fornito durante il processo di riscaldamento. In prima battuta, sarà necessario calcolare la massa d’aria contenuta nel recipiente, facendo uso dell’ dei gas ideali e legge di Gay-Lussac.

Cilindro munito di pistone libero di muoversi

Ecco un altro esercizio: immaginiamo un cilindro munito di un pistone libero di muoversi, contenente 0.10 Kg di aria alla pressione di 120 kPa. Quando una corrente di .5 A viene fatta passare attraverso una resistenza per 90 secondi, il pistone sale spazzando un volume di 0.010 m3. Calcoliamo l’aumento di temperatura sapendo che Cv è pari a 700 J/kg K.

In questo caso, l’obiettivo è calcolare l’aumento di temperatura dell’aria all’interno del cilindro a seguito dell’ erogata dalla batteria e del lavoro compiuto dal sistema.

Espansione di aria e la pressione finale

Il terzo esercizio riguarda un recipiente che contiene aria a 14 MPa e 50°C, collegato tramite una valvola a un recipiente in cui è stato fatto il vuoto di volume 15 m3. L’obiettivo è calcolare la pressione finale dopo che la valvola è stata aperta e il gas si è espanso, considerando il sistema come isolato.

In questo esercizio, è importante considerare che il sistema è isolato e quindi la variazione di (ΔU) sarà pari a zero.

Compressione adiabatica di CO2

Infine, consideriamo una compressione adiabatica di 220 kg di CO2 a 27°C e 1 atm, portata a 1/5 del volume iniziale, seguita da un raffreddamento a volume costante e portata alla sua temperatura iniziale. L’obiettivo è calcolare il calore scambiato, la variazione di energia interna e il lavoro per ogni fase e per l’intero processo, considerando che γ è pari a 1.3.

Questo esercizio richiede di calcolare le varie grandezze termodinamiche per fasi diverse del processo, tenendo conto delle specifiche condizioni e delle proprietà del gas CO2.

In conclusione, questi esercizi offrono un’opportunità eccellente per applicare i principi teorici della termodinamica a situazioni pratiche, contribuendo a rafforzare la comprensione di concetti chiave in questo campo scientifico.

Onda elettromagnetica. Esercizi, frequenza, numero d’onda, energia e momento del fotone

Fondamenti sull’onda elettromagnetica: Esercizi su , , e momento del fotone

L’onda elettromagnetica è una perturbazione che si propaga nello spazio, trasportando energia da un punto all’altro. La lunghezza d’onda di un’onda elettromagnetica è inversamente proporzionale alla sua frequenza, dove la velocità nel vuoto è costante a 299 792 458 m/s e la relazione è data da ν = c/λ.

Un’onda elettromagnetica di frequenza ν è costituita da particelle, chiamate fotoni, che si muovono alla velocità dell’onda ciascuna delle quali ha energia E = hν, dove h è la costante di Planck. Queste particelle trasportano un momento dato da p = h/λ = E/c.

Esercizi

) Calcolo di frequenza, numero d’onda, energia e momento del fotone per una radiazione con lunghezza d’onda di 325 nm:

a) La frequenza è 9.22 ∙ 10^14 s^-1.
b) Il numero d’onda è 3.08 ∙ 10^4 cm^-1.
c) L’energia del fotone è 6.11 ∙10^-19 J.
d) Il momento del fotone è 2.04 ∙10^-27 kg m s^-1.

2) Calcolo di lunghezza d’onda, energia e momento del fotone per una radiazione con frequenza di 196.5 mHz:

a) La lunghezza d’onda è 1.526 m.
b) L’energia del fotone è 1.302 ∙10^-25 J.
c) Il momento del fotone è 4.342 ∙ 10^-34 kg m s^-1.

3) Calcolo della differenza tra le frequenze di due linee spettrali del potassio a 766.494 nm e 769.901 nm:

La differenza tra le frequenze è 1.700 ∙ 10^12 s^-1.

4) Calcolo del numero di fotoni emessi in un secondo e del momento di un fotone per una lampada al sodio che emette luce gialla a 550 nm con potenza di 50 W:

a) Il numero di fotoni emessi in un secondo è 1.4 ∙ 10^20 s^-1.
b) Il momento di un fotone è 1.20 ∙ 10^-27 kg m s^-1.

Questi esercizi sono utili per comprendere e applicare i concetti relativi all’onda elettromagnetica, frequenza, lunghezza d’onda, energia e momento del fotone, con l’obiettivo di approfondire la conoscenza sulle proprietà fondamentali di questi fenomeni fisici.

Acidi carbossilici in natura: fermentazione acetica

Ruolo degli acidi carbossilici nella natura: la fermentazione acetica

Gli acidi carbossilici rappresentano una delle classi di composti più rilevanti per la chimica organica e biologica, giocando un ruolo cruciale nei sistemi biologici.

Questi composti sono contraddistinti dalla presenza del gruppo carbossilico –COOH, in cui il carbonio è ibridato sp^2. In natura, si trovano in varie forme, spesso combinati con altri funzionali, e sono noti principalmente con nomi comuni, piuttosto che con quelli previsti dalla IUPAC.

Gli acidi carbossilici possono essere rinvenuti come sostanze purificate, come l’acido citrico, l’acido tannico o l’acido malico, oppure combinati, come i trigliceridi derivati dalla combinazione di glicerolo e acidi grassi a media o lunga catena.

Alcuni batteri sono in grado di produrre acidi carbossilici come l’, l’acido lattico e l’acido butirrico. Ad esempio, l’acido acetico è presente nell’aceto e viene prodotto attraverso la fermentazione acetica grazie ai microrganismi del genere Micoderma Vini.

L’acido formico è l’acido carbossilico più semplice presente in natura e viene sintetizzato dalle formiche, utilizzandolo come veleno urticante. Inoltre, l’acido formico può essere trovato in altri ambienti naturali.

La fermentazione acetica è il risultato dell’ossidazione biologica dell’alcol etilico in acido acetico, un processo catalizzato da batteri aerobi noti come acetobatteri. Questo processo chimico è rappresentato dall’equilibrio: CH_3CH_2OH + O_2 ⇄ CH_3COOH + H_2O.

Altri acidi carbossilici di origine naturale includono l’acido propionico e l’acido butirrico, presenti in vari alimenti come formaggi e burro, e vengono prodotti durante la fermentazione butirrica di amidi e zuccheri.

Tra gli acidi carbossilici presenti in natura, figurano l’, l’acido miristico, l’, l’acido stearico e l’acido arachidico. Questi acidi si trovano in diversi alimenti e hanno varie proprietà benefiche.

Infine, non possiamo dimenticare l’, che costituisce la maggior parte degli acidi grassi presenti nell’olio di oliva, e l’acido linoleico, essenziale per diverse funzioni corporee e presente in vari oli naturali.

In sintesi, gli acidi carbossilici sono composti di grande importanza per la chimica organica e biologica e svolgono diversi ruoli fondamentali all’interno dei sistemi biologici.

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