back to top
Home Blog Pagina 304

Piridossalfosfato: struttura, reazioni

Il ruolo del Piridossalfosfato nelle reazioni biochimiche

Il Piridossalfosfato (PLP) è un cofattore di enzimi come le transaminasi ed è coinvolto in diverse reazioni biochimiche. La sua struttura molecolare è costituita da un anello piridinico con quattro sostituenti, tra cui un gruppo aldeidico e un gruppo idrossimetilfosfato che funge da appiglio per la proteina. Gli atomi dell’anello sono ibridati sp2 e giacciono sullo stesso piano, contribuendo a formare un sistema risonante su 8 atomi.

Ruolo e reazioni del Piridossalfosfato

Il Piridossalfosfato partecipa a numerose reazioni biochimiche, tra cui la , la racemizzazione, la , la β-eliminazione e le modifiche delle catene laterali degli amminoacidi. Questo composto, la forma attiva della vitamina B6, agisce come coenzima in svariate reazioni. Viene introdotto nell’organismo sotto forma di piridossina (vitamina B6), che successivamente si trasforma in piridossalfosfato attraverso fosforilazione e ossidazione.

Modalità di azione del Piridossalfosfato

Il gruppo fosfato del Piridossalfosfato è attratto dall’apoenzima, coordinando ioni carichi positivamente o amminoacidi carichi positivamente. L’anello è protonato a fisiologico e il gruppo amminico di un amminoacido attacca il gruppo aldeidico per formare un’immina. Inoltre, il gruppo –OH agisce come catalizzatore acido-base per protonare l’immina e forma legami a ponte di idrogeno. L’immina agisce da stabilizzatore di , facilitando la scissione dei legami dell’α-carbonio dell’amminoacido.

Importanza della transaminazione

Una delle reazioni di particolare importanza in cui è coinvolto il Piridossalfosfato è la transaminazione, che rappresenta la prima tappa del catabolismo degli amminoacidi. Questo processo comporta il trasferimento di un gruppo amminico da un α-amminoacido a un α-chetoacido, con la formazione di nuovi composti. La transaminazione è catalizzata dalla transaminasi in presenza del Piridossalfosfato come coenzima trasportatore di gruppi amminici.

In conclusione, il Piridossalfosfato svolge un ruolo cruciale nelle reazioni biochimiche, operando come coenzima e partecipando attivamente a diversi processi nel metabolismo degli amminoacidi.

Polibutadiene: sintesi, applicazioni

Polibutadiene: sintesi e principali applicazioni

Il polibutadiene è un polimero versatile con caratteristiche dinamiche eccellenti, bassa isteresi e resistenza all’abrasione. Esso è ottenuto dalla polimerizzazione del ,3-butadiene, producendo una utilizzata principalmente per la fabbricazione di pneumatici e come additivo per migliorare le proprietà meccaniche di resine quali il e l’ABS. La sua sintesi può avvenire attraverso differenti metodologie che influenzano la configurazione del polimero.

Le reazioni di polimerizzazione del polibutadiene possono generare tre tipi di polimeri: cis, trans e vinilico. Le forme cis e trans derivano dall’unione coda-coda dei monomeri di partenza.

Il polibutadiene può essere prodotto per polimerizzazione in soluzione, utilizzando diverse metodologie che consentono di ottenere polimeri con differenti tenori in cis come massa gommosa.

– Processo con
– Processo con catalizzatori al nichel
– Processo con catalizzatore Ziegler modificato con iodio
– Processo con catalizzatore al litio

Il polibutadiene può formare legami trans durante la polimerizzazione che conferiscono alla catena polimerica una certa cristallinità. Al contrario, la formazione di legami cis rende il polimero amorfo con una conseguente elevata elasticità.

Il polibutadiene può anche essere utilizzato per la produzione di butadiene-stirene e butadiene-acrilonitrile che trovano impiego in diversi settori industriali, quali la produzione di pneumatici, tubi, suole per scarpe, isolamenti elettrici, e altro ancora.

Le proprietà del polibutadiene comprendono eccellente resistenza all’abrasione, bassa perdita di isteresi, elevata elasticità e bassa resistenza al rotolamento. Tuttavia, esso presenta scarse proprietà di trazione sul bagnato e solitamente viene miscelato con altri elastomeri per migliorarne le prestazioni.

In conclusione, il polibutadiene è un polimero di grande importanza nelle industrie, grazie alle sue eccellenti caratteristiche e alle sue numerose applicazioni.

Enzimi: pH e temperatura

Ruolo cruciale di e temperatura negli enzimi

Gli enzimi, essenziali catalizzatori proteici nelle reazioni biochimiche, regolano processi vitali come la digestione, la trasformazione dell’ e la sintesi delle . La mancanza di un enzima specifico può causare problemi fisiologici, come nell’incapacità di metabolizzare il lattosio per mancanza dell’enzima lattasi. Anche processi antichi come la fermentazione del vino e la produzione di formaggi e birra sono possibili solo grazie all’intervento di specifici enzimi.

Modalità di azione

Gli enzimi agiscono in modo selettivo, con una specifica forma del loro sito attivo che consente di accogliere solo molecole compatibili. Questo principio è spesso paragonato al modello “chiave-serratura”. Gli enzimi accelerano le reazioni abbassando l’, rendendole fino a milioni di volte più veloci.

Influenza del pH

Le variazioni di pH influenzano l’attività degli enzimi, poiché ogni enzima ha un valore di pH ottimale in cui può operare al meglio. La pepsina, ad esempio, è molto attiva in ambiente acido, mentre la è più efficace in un ambiente leggermente basico. Variazioni significative di pH possono alterare la struttura dell’enzima e del substrato, portando alla perdita dell’attività catalitica.

Impatto della temperatura

La temperatura influisce sulla velocità delle reazioni enzimatiche e, a temperature elevate, può causare la denaturazione degli enzimi. L’intervallo di attività degli enzimi è compreso tra la temperatura di solidificazione e quella di ebollizione dell’acqua. Una temperatura troppo bassa rallenta la reazione, mentre temperature troppo elevate possono inattivare gli enzimi. Quindi, la scelta della temperatura ottimale è fondamentale per massimizzare l’attività degli enzimi.

In conclusione, comprendere come pH e temperatura influenzano l’attività degli enzimi è cruciale per sfruttare al massimo il loro potenziale in diversi processi biologici e industriali.

Eterocicli: funzioni, classificazione

La Classificazione e le Funzioni degli Eterocicli

Gli eterocicli, noti anche come composti eterociclici, si caratterizzano per la presenza di un atomo diverso dal carbonio denominato eteroatomo all’interno di un composto ciclico. Tale eteroatomo può essere ossigeno, azoto o zolfo, sostituendo così un atomo di carbonio all’interno dell’anello. Al fine di far parte del ciclo, gli eteroatomi devono possedere almeno due elettroni di legame, pertanto gli alogeni, che dispongono di un solo elettrone di legame, non possono essere inseriti in una struttura ciclica.

Importanza e Utilizzo degli Eterocicli

Gli eterocicli costituiscono circa la metà dei composti organici e sono ampiamente presenti in farmaci, vitamine, naturali, biomolecole e composti biologicamente attivi. Tra le loro molteplici funzioni, gli eterocicli possono agire come antitumorali, antibiotici, antinfiammatori, antidepressivi, antimalarici, anti HIV, antibatterici, antivirali, antidiabetici e insetticidi.

Eterocicli: Struttura e Classificazione

Gli eterocicli possono essere sia non-aromatici che aromatici, con questi ultimi tenendo conto della regola di Hückel. L’eteroatomo contenuto all’interno del composto ciclico può presentare un doppietto elettronico solitario all’interno dell’anello, il che va considerato ai fini di valutare se il composto dispone di 4n + 2 elettroni π. Un esempio di eterociclo aromatico è il furano, in cui tutti gli atomi di carbonio sono ibridati sp² e il doppietto elettronico solitario dell’ossigeno è delocalizzato all’interno dell’anello.

Classificazione degli Eterocicli

Gli eterocicli possono essere classificati in base al numero di atomi contenuti nell’anello. Quelli costituiti da tre atomi sono i più reattivi a causa della deformazione dell’anello; mentre quelli contenenti un solo eteroatomo sono più stabili. Esempi comuni sono l’aziridina, contenente un gruppo amminico e due gruppi metilenici, e l’, il più semplice degli .

Eterocicli: Caratteristiche e Utilizzo

Tra gli eterocicli a quattro atomi si trovano la trimetilen immina e l’,3-epossipropano. Mentre tra quelli costituiti da un anello a cinque e a sei atomi, molti sono aromatici, conferendo loro maggiore stabilità a causa dell’aromaticità. I più importanti a cinque atomi sono il pirrolo, il furano e il tiofene, mentre tra quelli a sei atomi si annoverano la , il pirano e alcuni che presentano due eteroatomi, come la pirimidina, la morfolina e la tiazina.

Infine, gli eterocicli costituiscono un campo di grande interesse nella chimica organica e nello sviluppo di nuovi composti farmacologicamente attivi e biomolecole.

Termochimica: generalità, applicazioni

La termochimica e le sue applicazioni

La termochimica è un ramo della termodinamica che si concentra sul coinvolto in una reazione chimica e viene ampiamente utilizzata dai chimici e dagli ingegneri. Attraverso la termochimica è possibile calcolare le variazioni di in una reazione chimica, come ad esempio l’ e l’entalpia. Queste variazioni possono essere calcolate tramite formule specifiche, come la variazione di energia interna data da ΔU = Uprodotti – Ureagenti e la variazione di entalpia data da ΔH = Hprodotti – Hreagenti. È importante sottolineare che reagenti e prodotti devono trovarsi nelle stesse condizioni di pressione e temperatura.

Reazioni a volume costante e a pressione costante

Nella termochimica si considerano anche le reazioni a volume costante e a pressione costante. Per le reazioni a volume costante, dove dV = 0, si applica l’equazione ΔUV = qV (). Per le reazioni a pressione costante, dove dp = 0, si applica l’equazione ΔHp = qp   (2). In base a queste considerazioni, si identificano le reazioni come esotermiche, se ΔH è minore di zero (con sviluppo di calore), o come endotermiche, se ΔH è maggiore di zero (con assorbimento di calore).

Equazione di ΔH

Dalla definizione di entalpia si ottiene l’equazione ΔH = ΔU + Δ(pV), in cui Δ(pV) rappresenta la differenza tra il volume di gas nei prodotti e nei reagenti. Utilizzando l’approssimazione per i gas ideali, si ottiene l’equazione ΔH = ΔU + RT Δngas   (3), in cui Δngas è la differenza tra il numero di moli dei prodotti gassosi e dei reagenti. Questa equazione permette di calcolare il calore a pressione costante, qp, in relazione al calore a volume costante, qV.

Conclusioni

La termochimica rappresenta un aspetto fondamentale nello studio delle reazioni chimiche e delle variazioni di energia ad esse associate. Attraverso l’ delle reazioni a volume costante e a pressione costante, è possibile determinare con precisione come viene scambiato il calore durante una reazione chimica, offrendo così un contributo significativo alla comprensione dei processi termodinamici in campo chimico e ingegneristico.

Elettrochimica. Esercizi svolti

Esercizi risolti di elettrochimica: e calcoli pratici

L’elettrochimica, un ramo della chimica che si concentra sui processi che coinvolgono lo scambio di elettroni attraverso un circuito esterno, è emersa grazie al lavoro di Alessandro Volta, inventore della pila. Uno degli aspetti principali dell’elettrochimica riguarda i processi di elettrolisi, in cui l’energia elettrica viene convertita in energia chimica attraverso reazioni non spontanee.

Le leggi di Faraday costituiscono uno strumento essenziale per la trattazione quantitativa dell’elettrolisi. Esse stabiliscono due concetti fondamentali: la massa di un elemento depositato agli elettrodi è proporzionale alla quantità di elettricità che passa nella soluzione e le masse di diversi elementi depositati sono proporzionali ai loro equivalenti-grammo. Inoltre, per decomporre un equivalente di sostanza, sono necessari 96500 Coulomb, che costituiscono un Faraday.

In generale, la corrente elettrica, misurata in ampere, rappresenta il passaggio di un coulomb di carica al secondo, e il prodotto della corrente per il tempo fornisce la quantità totale di carica elettrica trasferita.

Esercizi di elettrochimica

) Calcolo del volume di ossigeno formato

Per calcolare il volume di ossigeno formato dopo il passaggio di una corrente di 5.0 A per 25 minuti in una soluzione acida a 25°C e pressione di 1 atm, bisogna considerare le reazioni agli elettrodi e applicare le equazioni di stato dei gas ideali.

(-) catodo: 4 H+ + 4 e→ 2 H2

(+) anodo: 4 OH → 2 H2O + O2 + 4 e

Dopo i calcoli e le conversioni, si trova che il volume di ossigeno formato è di 0.475 L.

2) Calcolo del volume di idrogeno e cloro prodotti

Durante l’elettrolisi di una soluzione di cloruro di sodio con una corrente di 2.0 A per 2.0 minuti, si calcola il volume di idrogeno e cloro prodotti a condizioni standard di pressione e (STP). Applicando le equazioni di conversione mole-colore e la regola dei gas ideali, troviamo che il volume di idrogeno prodotto è di 0.0278 L, e il volume di cloro è lo stesso.

3) Calcolo del tempo necessario per la produzione di cloro

In un altro esercizio, si calcola il tempo necessario per produrre 2.0 dm3 di cloro attraverso una soluzione di NaCl con una corrente di 6.0 A a 25°C e 1 atm. Dopo i calcoli, si trova che il tempo necessario è di 2638 secondi.

4) Elettrolisi di una soluzione diluita di H2SO4

In un ultimo esercizio, vengono trattate la reazione completa e le semireazioni, il calcolo dei coulomb di carica passati nella cella in 100 minuti con una corrente di 10.0 A e il calcolo del prodotto dalla completa dell’idrogeno prodotto. Questo tipo di esercitazione comprende un’analisi dettagliata su diverse fasi della elettrolisi.

In conclusione, la pratica e la comprensione delle leggi e dei principi dell’elettrochimica sono fondamentali per risolvere con successo gli esercizi legati a questo argomento.

Analisi qualitativa degli alcoli: saggio di Ritter, ossidazione di Jones

# qualitativa degli alcoli: saggio di Ritter e

L’analisi qualitativa degli alcoli viene eseguita per determinare la natura primaria, secondaria o terziaria di un alcol. Questo tipo di analisi può essere condotto tramite varie procedure, tra cui il saggio dell’acido cromico, l’ossidazione di Jones, il saggio di Ritter e il .

Gli alcoli sono composti organici che presentano il gruppo funzionale –OH e possono essere classificati in base al legame del gruppo –OH con uno, due o tre gruppi alchilici. Questa classificazione è fondamentale a causa delle diverse reattività dei tre tipi di alcol.

Saggio dell’acido cromico o ossidazione di Jones

Il saggio dell’acido cromico, o ossidazione di Jones, è una delle tecniche più diffuse nell’analisi qualitativa degli alcoli. In questo processo, l’acido cromico ossida un alcol primario prima in aldeide e successivamente in acido carbossilico. L’alcol secondario viene invece ossidato in chetone, mentre l’alcol terziario non reagisce a causa della mancanza di idrogeni legati al carbonio alcolico.

Saggio di Ritter

Analogamente al saggio dell’acido cromico, il saggio di Ritter fornisce informazioni simili. Gli alcoli primari e secondari vengono ossidati dal in e chetoni rispettivamente, mentre gli alcoli terziari non reagiscono. La riduzione del manganese è indicativa della presenza di alcoli primari o secondari.

Saggio di Lucas

Questo saggio permette di determinare se un alcol è primario, secondario o terziario, ed è applicabile solo agli alcoli con un massimo di sei atomi di carbonio. Il reagente di Lucas, composto da cloruro di zinco in acido cloridrico concentrato, sfrutta la velocità di formazione dell’alogenuro alchilico per identificare la natura dell’alcol in esame.

In conclusione, l’analisi qualitativa degli alcoli attraverso le tecniche sopra descritte fornisce preziose informazioni sulla classificazione e reattività degli alcoli, rivestendo un ruolo fondamentale nel campo della chimica organica.

Acidi carbossilici: acidità, risonanza, effetto induttivo

e la loro acidità, ed

Gli acidi carbossilici sono sostanze organiche con il gruppo funzionale – COOH e sono noti per la loro elevata acidità. Secondo la teoria di Brønsted-Lowry degli acidi e delle basi, si dissociano parzialmente in soluzione acquosa per formare l’ione H3O+ e l’anione carbossilato RCOO-. La costante di equilibrio K*a* e il valore di pK*a* determinano l’entità della dissociazione.

La maggior parte degli acidi carbossilici ha valori di K*a* compresi tra 10^-4 e 10^-5 (corrispondenti a valori di pK*a* tra 4 e 5). Un confronto con gli alcoli rivela una differenza significativa, in quanto il pK*a* di un alcol è dell’ordine di 10^-16.

Risonanza

La maggiore acidità degli acidi carbossilici rispetto agli alcoli è attribuibile alla stabilizzazione per risonanza dell’ione carbossilato. Tale stabilizzazione non è presente nello ione alcossido derivante dalla dissociazione di un alcol. Ad esempio, confrontando l’acidità dell’acido etanoico con quella dei suoi derivati clorurati, si nota che l’acidità aumenta all’aumentare nel numero di atomi di cloro presenti sul carbonio in α.

Effetto induttivo

L’effetto induttivo, rispetto alla risonanza, è spiegato dall’elettronegatività degli atomi e dalla capacità di attrarre densità di carica negativa. La presenza di gruppi aumenta la stabilità della base coniugata, contribuendo così all’aumento dell’acidità. L’effetto induttivo diminuisce quando i gruppi elettronattrattori si trovano a distanze maggiori, ad esempio sul carbonio in β, γ, ecc. Anche negli acidi benzoici sostituiti si osserva un fenomeno analogo.

La stabilizzazione per risonanza e l’effetto induttivo svolgono un ruolo fondamentale nella determinazione della forza di un acido. Ad esempio, il fenolo, un alcol aromatico, ha un valore di pK*a* di 10^-10 a causa della stabilizzazione per risonanza dell’anione fenato.

In conclusione, la conoscenza degli acidi carbossilici, della loro acidità, risonanza ed effetto induttivo è di fondamentale importanza nel campo della chimica organica.

Cere: struttura, classificazione

Cere: Struttura e Classificazione

Le cere sono composti con caratteristiche fisiche e chimiche simili a quelle della cera d’api, appartenenti alla classe dei composti lipidici. Questi composti sono malleabili a ambiente e fondono a circa 45°C, formando un liquido a bassa viscosità. La loro struttura chimica li rende insolubili in acqua ma solubili in solventi apolari. Le cere costituiscono il sottile strato che ricopre le foglie delle piante, forniscono una copertura superficiale per insetti o costituiscono la pelle degli animali.

Struttura delle Cere

Le cere contengono un risultante dall’unione di a lunga catena e alcoli a lunga catena. La lunghezza della catena, il grado di insaturazione, e la presenza di ramificazioni caratterizzano la struttura delle cere.

Cere di Origine Vegetale

Le superfici delle foglie e dei frutti sono spesso ricoperte di cere che forniscono protezione dalle malattie, dagli attacchi dei parassiti e limitano la diffusione di acqua e soluti. Queste cere, presenti anche su foglie e piante, variano per composizione chimica e vi sono diversi componenti principali.

Tabella: Composizione delle Cere Vegetali

Le cere vegetali contengono diversi componenti principali come n-alcani, , acidi grassi, alcoli primari e secondari, aldeidi, chetoni, β-dichetoni, oltre ad altri composti come acido ursolico, alcheni, alcani ramificati, esteri, acetati e benzoati di alcol alifatici.

Cere di Origine Animale

Negli animali, durante il processo di sebogenesi, si formano grassi di superficie come squalene, cere, acidi grassi liberi ed esterificati che costituiscono una barriera contro la penetrazione dell’acqua e dei soluti. La composizione di tali composti varia notevolmente a seconda della specie animale.

Cere Sintetiche

Sono state prodotte cere sintetiche con lo scopo di imitare le proprietà fisiche e chimico-fisiche delle cere di origine naturale. Queste cere sono costituite da chetoni di consistenza cerosa, esteri di glicoli e acidi alifatici superiori, ammidi e immidi di acidi grassi, idrocarburi alifatici o aromatici e derivati idrogenati di oli minerali e vegetali.

Esame cinetico di una reazione industriale: applicazioni

Esame cinetico di una reazione industriale e le sue applicazioni

Dopo aver esaminato l’aspetto termodinamico della reazione al fine di determinare se la reazione avviene spontaneamente tramite la variazione dell’ libera di Gibbs e aver studiato le probabilità di successo a causa delle condizioni di equilibrio favorevoli, bisogna passare all’esame cinetico.

Anche nel caso in cui l’equilibrio sia favorevole, la termodinamica non fornisce gli elementi per stabilire se la velocità con cui si raggiungono le condizioni di equilibrio è sufficientemente elevata da permetterne l’applicazione industriale.

Nella chimica del processo, in cui il successo tecnico ed economico costituiscono l’obiettivo principale, è essenziale che la reazione abbia luogo con velocità sufficientemente elevata e tale da non richiedere apparecchi di reazione particolarmente grandi e costosi. Inoltre, la velocità della reazione principale deve essere di gran lunga superiore a quella delle reazioni concorrenti e consecutive. In questo modo la selettività nel prodotto desiderato deve essere elevata e la separazione dalla miscela di reazione non particolarmente complessa.

Il limite dei vantaggi ottenibili mediante il miglioramento della velocità di reazione è posto dal raggiungimento delle condizioni di equilibrio. Quindi è essenziale conoscere, in ogni particolare condizione, quando la reazione è controllata dalla cinetica o dalla termodinamica. Come tipici esempi si possono citare la e la in cui l’aumento della temperatura favorisce la cinetica di reazione ma sfavorisce l’equilibrio per la formazione dei prodotti e viceversa.

Studio del meccanismo

Quando si studia una nuova sintesi di un prodotto, l’esame cinetico della reazione porta a intraprendere un’ dettagliata per l’identificazione del meccanismo non solo della principale, ma anche delle reazioni parallele e successive. Questo studio si rende necessario al fine di identificare quali siano i processi elementari che controllano le velocità delle varie reazioni. La loro conoscenza può permettere di apportare opportune modifiche al sistema di reazione, per influire sulle velocità relative. Lo scopo è favorire la formazione del prodotto desiderato a scapito dei sottoprodotti.

Una indagine dettagliata, di per sé molto complessa, è resa talvolta più difficile dalla presenza di catalizzatori e di solventi. Richiede l’ausilio delle tecniche più aggiornate, unita a una valutazione critica dei dati fondata sulle più moderne conoscenze della chimica teorica. Ovviamente è necessario servirsi dei metodi analitici più idonei per le determinazioni quantitative del prodotto principale. Spesso un notevole avanzamento nelle conoscenze è raggiunto solo con l’identificazione dei sottoprodotti. Ed è in quella sede che le tecniche analitiche più avanzate risultano essere particolarmente utili.

Dopo la separazione è determinata la struttura molecolare dei sottoprodotti con l’uso combinato di tecniche analitiche strumentali. Sotto altri aspetti lo studio di meccanismo può comportare l’uso di tecniche isotopiche e, nelle reazioni che avvengono con meccanismo radicalico si è dimostrata particolarmente utile la spettroscopia di risonanza di spin elettronico. Una caratteristica fondamentale di queste tecniche è la rapidità con cui si possono ottenere le informazioni desiderate rispetto ai metodi analitici classici.

Reattori

Dove la cinetica trova la più importante applicazione è nella progettazione dei reattori, a tal fine è necessario disporre di un notevole numero di dati comprendenti, oltre alla velocità di reazione, la sua dipendenza dalla concentrazione o dalla totale o parziale dei componenti, dalla temperatura e dal grado di conversione, nonché le varie condizioni limitanti, come l’instabilità termica dei reagenti o dei prodotti, l’effetto delle reazioni secondarie e i limiti imposti dall’equilibrio termodinamico. In un reattore industriale la reazione deve procedere con una velocità controllata, fino a una certa conversione, che può essere necessario variare entro determinati limiti. Deve essere inoltre possibile variare le condizioni di alimentazione dei reagenti senza variare la composizione dell’effluente.

Applicazione industriale

I problemi che sorgono nell’applicazione industriale sono di natura diversa. Essi sono:
1) le nozioni di cui è necessario poter disporre debbono essere più precise e dettagliate per garantire una costanza notevole di funzionamento. In laboratorio può non fare molta differenza se il tempo di una reazione è di 30 o 35 minuti, ma a livello industriale una perdita del 15% è disastrosa. Una volta che il prodotto industriale sia stato separato dai sottoprodotti, questi ultimi non possono essere gettati; pertanto non è sufficiente sapere che il prodotto principale si ottiene, ad esempio, con una selettività del 60%. Infatti è necessario conoscere anche che cosa fare del restante 40%
2) le reazione deve essere effettuata secondo un criterio di economicità: ciò significa che la velocità di reazione deve essere elevata. Oltre alle difficoltà insite nel controllo delle condizioni caratteristiche di situazioni con alta velocità di reazione in impianti su larga scala, ulteriori notevoli problemi si hanno quando debbano essere usati dei catalizzatori e sia necessario operare a pressioni e temperature elevate
3) l’aumento delle dimensioni del sistema di reazione ne rende più difficile il controllo; in generale il passaggio di scala costituisce uno dei più grossi problemi da affrontare nella realizzazione di un processo industriale. Agli ingegneri chimici la scelta e il disegno del reattore.

Cloruro di tionile: sintesi, reazioni

Cloruro di tionile: Caratteristiche, Sintesi e Utilizzi

Il cloruro di tionile, avente la formula chimica SOCl2, è un composto inorganico ampiamente utilizzato nelle reazioni di sintesi organica grazie alla polarità del legame zolfo-ossigeno, che lo rende un elettrofilo. La del cloruro di tionile è piramidale a causa del doppietto elettronico solitario presente sullo zolfo.

Sintesi del Cloruro di Tionile

La sintesi del cloruro di tionile avviene tramite la reazione tra il triossido di zolfo e il dicloruro di zolfo secondo la seguente equazione:

SO3 + SCl2 → SOCl2 + SO2

Reazioni del Cloruro di Tionile

Il cloruro di tionile reagisce con l’acqua producendo acido cloridrico e biossido di zolfo secondo l’equazione:

SOCl2 + H2O → 2 HCl + SO2

Il composto trova largo impiego in numerose sintesi organiche, tra cui la conversione di alcoli in e di acidi carbossilici in . Durante la conversione di alcoli in alogenuri acilici, il biossido di zolfo insieme al cloruro di idrogeno, della reazione, possono essere facilmente rimossi in quanto sono gassosi, favorendo lo spostamento dell’equilibrio verso la formazione del prodotto desiderato.

Il cloruro di tionile provoca anche un’inversione di configurazione nell’alogenuro alchilico prodotto se l’alcol di partenza è otticamente attivo, presentando il gruppo alcolico legato a un carbonio chirale.

Durante la conversione degli acidi carbossilici in alogenuri acilici, il cloruro di tionile reagisce con l’atomo di ossigeno secondo uno specifico meccanismo, producendo acido cloridrico e biossido di zolfo come sottoprodotti. L’eventuale eccesso di cloruro di tionile può essere facilmente eliminato per evaporazione in quanto ha una di ebollizione di circa 74.6°C.

In conclusione, il cloruro di tionile è un reagente versatile ampiamente utilizzato nella sintesi di composti organici grazie alle sue reazioni specifiche e alla facilità di separazione dei sottoprodotti gassosi.

Determinazione dell’ossalato. Calcoli

Come determinare l’ossalato: Calcoli e Procedura

La determinazione dell’ossalato può essere effettuata utilizzando una soluzione standardizzata di , un agente ossidante comunemente impiegato nella . La sua reazione di riduzione in soluzione acida con lo ione ossalato forma la base per questa determinazione. La preparazione della soluzione di permanganato di potassio richiede precisione, così come la successiva della soluzione.

Preparazione di una soluzione di permanganato di potassio 0.02 M

Per preparare una soluzione di permanganato di potassio 0.02 M, si pesano circa 3.15 g di permanganato e si aggiungono a un becker di volume pari a 1000 mL. Dopo aver aggiunto 1000 mL di acqua distillata, si agita il tutto con un agitatore magnetico.

Standardizzazione della soluzione di permanganato

Per standardizzare la soluzione di permanganato, vengono pesati con massima precisione tre campioni di ossalato di anidro e sciolti in acqua distillata. Successivamente, si aggiunge acido solforico e permanganato per giungere in prossimità del punto equivalente. Il punto finale della titolazione deve essere determinato con precisione per ottenere dati accurati.

Determinazione dell’ossalato

Per determinare l’ossalato, si procede con una serie di operazioni simili a quelle effettuate durante la standardizzazione del permanganato. Una volta determinato il volume di permanganato utilizzato, si calcolano le moli di ossalato mediante un’apposita formula.

La determinazione dell’ossalato può essere fatta anche per via spettrofotometrica e riveste particolare importanza nella determinazione dell’ossalato di calcio nelle urine, considerato uno dei responsabili delle coliche renali.

Questo metodo di richiede attenzione ai dettagli e una precisione scrupolosa per ottenere risultati accurati e affidabili.

è in caricamento