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Oscillatore armonico quantistico

Oscillatore armonico quantistico: teoria e applicazioni

L’oscillatore armonico quantistico gioca un ruolo cruciale in fisica, poiché rappresenta uno dei pochi sistemi per i quali l’ può essere risolta in modo rigoroso. Esso è rappresentato dal moto vincolato di due particelle di massa m1 e m2 legate da una molla. La molla esercita una forza elastica di richiamo proporzionale allo spostamento, governata dalla legge di Hooke F = -w*h, con k costante di forza e w spostamento. Le equazioni che descrivono l’ cinetica T e potenziale U del sistema sono: T = ½ (m1 + m2)²*x² + ½ mr*w² e U = ½ kw², dove mr è la massa ridotta e x è la coordinata interna.

Le equazioni lagrangiane del moto e le soluzioni del sistema permettono di separare due distinti tipi di movimento: il moto traslazionale del baricentro e il moto armonico di vibrazione del sistema, caratterizzato da una frequenza di vibrazione ν = /2π √(k/mr). L’energia totale della vibrazione è rappresentata da H = ½ mrw² + ½ kw², con p = mrw come quantità di moto. L’operatore hamiltoniano assume l’espressione H = -h²/8π²mr (d²/dw²) + kw²/2.

L’equazione di Schrödinger vibrazionale dell’oscillatore armonico quantistico è HΨv = EvΨv, dove Ev è l’energia e Ψv la funzione d’onda, dipendente dal numero quantico vibrazionale ν. Le espressioni per l’energia e le funzioni d’onda vibrazionali sono rappresentate in una tabella, con rappresentazioni grafiche delle prime quattro funzioni d’onda. Si evidenzia come i livelli energetici siano distanziati tra loro di hνc.

La dal spiega la transizione tra stati stazionari, stabilendo che ciò è possibile se l’integrale di Ψv”*MΨv’ in dw è diverso da zero. Questo implica che M debba essere una funzione dispari, confermando la validità della transizione descritta dagli stati vibrazionali.

Simmetria e elementi di simmetria

Simmetria Molecolare: Concetti e Teoria

La simmetria molecolare si quando una molecola può essere portata in una posizione indistinguibile dalla sua posizione originaria attraverso opportuni movimenti rispetto a entità geometriche come assi, piani e punti.

Elementi di Simmetria

Un elemento di simmetria è l’entità geometrica rispetto alla quale è operato il movimento che porta la figura in una posizione identica all’originale. L’operazione di simmetria è il movimento stesso che permette di raggiungere questa posizione. L’esistenza di un elemento di simmetria viene dimostrata eseguendo l’opportuna operazione.

Tipi di

Identità

: Ogni molecola possiede un elemento di simmetria indicato con il simbolo E, fondamentale nella teoria dei gruppi.

Rotazioni Proprie

: Consistono in rotazioni intorno a un asse di un angolo di 2π/n, dove n rappresenta un qualsiasi numero intero e viene chiamato ordine dell’asse. Le rotazioni proprie si simboleggiano con Cₙ. Ad esempio, la di un angolo di 360° corrisponde all’identità, mentre una rotazione di 2π/2 corrisponde a 180° e l’asse di simmetria è denominato C₂.

Riflessioni

: Si realizzano riflettendo tutti i punti attraverso un piano e si simboleggiano con la lettera σ. L’acqua, ad esempio, ha due piani di simmetria: uno corrispondente a quello della molecola stessa e uno perpendicolare ad esso.

Inversioni

: Sono indicate con il simbolo i e consistono nell’inversione degli elementi della molecola rispetto al centro. Una molecola ha un centro di simmetria quando per ogni atomo presente vi è un altro diametralmente opposto al centro a pari distanza.

: Si tratta della combinazione dell’operazione Cₙ con una rispetto al piano normale dell’asse stesso, indicate con Sₙ.

Inoltre, una molecola può avere più di un asse di simmetria, in cui l’asse con il numero n più alto è definito come asse principale.

La comprensione della simmetria molecolare è essenziale in chimica e rappresenta una parte significativa della teoria molecolare moderna.

Per ulteriori approfondimenti e dettagli sulla simmetria molecolare e i suoi elementi, ti invitiamo a consultare le risorse specializzate in chimica.

Analisi di miscele nella spettrofotometria

di miscele nella spettrofotometria

L’analisi di miscele attraverso la spettrofotometria è una pratica comune, poiché permette di determinare la concentrazione dei singoli componenti all’interno di una miscela. Questo tipo di analisi può avvenire in due casi distinti.

Quando i componenti di una miscela assorbono la luce in intervalli di frequenze ben separati, è possibile effettuare l’analisi su ogni singolo componente come se gli altri non fossero presenti.

Tuttavia, questa condizione si raramente. Nella maggior parte dei casi, si verifica l’assorbimento di più componenti della miscela a una stessa lunghezza d’onda. In questi casi, utilizzando la per ciascun singolo componente, si dimostra che l’ totale a una determinata lunghezza d’onda è la somma delle assorbanze dei singoli componenti a quella lunghezza d’onda.

Per l’analisi di miscele con più componenti, è possibile effettuare misure a diverse lunghezze d’onda. Consideriamo una miscela di due componenti X e Y con concentrazioni cx e cy. Se le misure sono effettuate in celle identiche e si rispetta la legge di Lambert-Beer, l’assorbanza della miscela sarà la somma delle assorbanze dei singoli componenti.

Inoltre, è possibile determinare con precisione la somma delle concentrazioni delle specie assorbenti nel , in corrispondenza del quale i componenti X e Y hanno lo stesso coefficiente di assorbimento molare. La scelta delle lunghezze d’onda per le misure è di fondamentale importanza, in quanto può influenzare la precisione dei risultati ottenuti.

In conclusione, l’analisi di miscele mediante spettrofotometria può essere complessa, ma seguendo i passaggi corretti e facendo attenta scelta delle lunghezze d’onda, è possibile ottenere risultati accurati e utili per determinare le concentrazioni dei singoli componenti all’interno di una miscela.

Numero di ossidazione e periodicità

Il concetto di numero di ossidazione si basa sulla differenza tra il numero di elettroni di valenza di un atomo e il numero rimanente dopo aver assegnato tutti gli elettroni di legame all’atomo più elettronegativo in una coppia. Le proprietà chimiche degli elementi mostrano una periodicità che costituisce la base fondamentale per l’analisi dettagliata delle proprietà degli elementi individuali.

Gli elementi successivi ai gas nobili tendono a perdere facilmente gli elettroni esterni per formare composti ionici, come nel caso dei metalli alcalini, dei metalli alcalino-terrosi e dei metalli terrosi che tendono a formare ioni positivi. Questa elevata tendenza a formare ioni deriva dalla particolare stabilità della configurazione elettronica s²p⁶ dei gas nobili, che viene raggiunta perdendo uno, due o tre elettroni. Gli elementi del blocco p mostrano un comportamento più complesso con diversi stati di ossidazione e formazione sia di composti ionici che covalenti.

Nei primi gruppi del blocco p, il numero di ossidazione più elevato è quello più stabile nei casi degli elementi più leggeri, mentre gli elementi più pesanti hanno il numero di ossidazione più basso. Nei gruppi più vicini ai gas nobili, gli elementi tendono a formare composti ionici con elementi poco elettronegativi e composti covalenti con elementi più elettronegativi. Gli elementi del blocco d presentano una chimica ancora più complessa, con molti e differenti stati di ossidazione.

Il massimo numero di ossidazione degli elementi della prima transizione che fanno parte del quarto periodo varia a seconda della configurazione elettronica esterna. Ad esempio, il potassio ha un numero di ossidazione + mentre lo scandio ha un numero di ossidazione +3. Questi numeri possono cambiare a seconda degli elementi e delle loro configurazioni elettroniche esterne.Stati di ossidazione degli elementi del blocco d

Gli elementi del blocco d della tavola periodica mostrano una varietà di stati di ossidazione. Ad esempio, il manganese ha gli stati di ossidazione più comuni +7, +6, +5, +4, +3, +2, mentre il ha gli stati più comuni +5, +3, +1 e -1.

La differenza tra gli elementi del blocco d e quelli del blocco p sta nel fatto che nel blocco d gli stati di ossidazione più elevati sono più stabili nelle serie di transizioni più pesanti, mentre nel blocco p avviene il contrario. Ad esempio, nel caso del manganese, lo stato di ossidazione più comune è +2, mentre per il renio, elemento dello stesso gruppo, sono comuni gli stati +4 e +7.

Gli stati di ossidazione variano di una unità per gli elementi del blocco d, mentre per quelli del blocco p variano di due unità.

Inoltre, come si può osservare dalla tabella, gli elementi del blocco s (potassio e calcio) hanno un solo numero di ossidazione oltre allo zero dell’elemento puro, mentre i (dalla scandio allo ) hanno più numeri di ossidazione, in particolare quelli della prima parte della transizione.

La variazione degli stati di ossidazione è anche influenzata dall’energia relativa degli 3d, 4s e 4p degli elementi del quarto periodo.

In sintesi, gli elementi del blocco d e p mostrano un comportamento complesso ma relativamente uniforme tra gli elementi di transizione dello stesso periodo, in base alle energie orbitali e alle caratteristiche dei metalli di transizione.

Sostituzione elettrofila al carbonio sp3

Sostituzione elettrofila al sp3

La sostituzione elettrofila su un atomo di carbonio ibridato sp3 avviene attraverso tre meccanismi noti come SE1, SE2 e SEi.

Meccanismo SE1
Il meccanismo di sostituzione elettrofila consiste di due stadi:
) R-Z (lento) → R- + Z+ (favorito da basi)
2) R- + E+ (veloce) → R-E
La reazione segue una : d[RZ] / dt = k [RZ]. La stereochimica della SE1 è strettamente legata alla struttura del carbanione intermedio. Nei stabilizzati per , la stereochimica della SE1 può essere influenzata dai solventi.

Meccanismo SE2 e SEi
Il meccanismo di sostituzione elettrofila SE2 è analogo a quello SN2, procedendo in un unico stadio con ritenzione della configurazione. La reazione SEi è molto simile alla SE2, con la differenza che una parte della molecola dell’elettrofilo assiste il gruppo uscente nell’eliminazione, formando un legame contemporaneamente alla formazione del nuovo legame con il substrato. La reazione SE2 avviene in un unico stadio, segue una cinetica del secondo ordine e presenta ritenzione di configurazione.

Fattori che possono influenzare la reattività
Natura del substrato
Nel caso di reazioni con meccanismo SE1, la presenza di gruppi elettrondonatori diminuisce la velocità della reazione, mentre la presenza di gruppi elettronattrattori l’aumenta. Per quanto concerne le reazioni SE2, si hanno dati contrastanti in quanto una minima variazione delle condizioni di reazione determina differenze di comportamento.

Effetto del gruppo uscente
La natura del legame C-Z gruppo uscente indirizza spesso la reazione verso un meccanismo piuttosto che un altro. Parimenti, l’effetto del solvente può indirizzare la reazione verso un meccanismo piuttosto che un altro.

Questi fattori influenzano la reattività della sostituzione elettrofila al carbonio sp3, mostrando come varie condizioni e fattori influenzino l’esito di questa reazione.

Nomenclatura degli alcani. Esercizi svolti

degli : con Soluzioni

La nomenclatura degli alcani costituisce il primo approccio allo studio della chimica organica. Le regole per la nomenclatura degli alcani possono essere riassunte come segue:

) Trovare la più lunga catena continua di atomi di , il composto assume il nome del corrispondente idrocarburo.

2) Identificare i gruppi sostituenti legati alla catena principale.

3) Dare il nome a ciascun gruppo sostituente e mettere questi nomi in ordine alfabetico prima del nome dell’idrocarburo principale.

4) Numerare la catena principale in modo da usare i numeri più piccoli possibili per gli atomi di carbonio ai quali sono attaccati i gruppi sostituenti. Denotare ogni sostituente con un numero che chiarisce la posizione nella catena principale a cui esso è legato.

I sostituenti sono costituiti da gruppi alchilici, che corrispondono a ciò che rimane di un alcano dopo aver sottratto un atomo di idrogeno a un atomo di carbonio. Essi hanno lo stesso nome dell’alcano avente lo stesso numero di atomi di carbonio e vengono denominati come gli alcani corrispondenti cambiando la desinenza –ano in –ile.

I più importanti gruppi alchilici sono: metile, etile, n-propile, isopropile, n-butile, isobutile e terz-butile.

Di seguito, alcuni esercizi di nomenclatura degli alcani con le relative soluzioni:

1. Es.1: 3-etil, 4,5-bi n-propilottano
2. Es.2: 4-etil, 4-metil, 5-n-propilottano
3. Es.3: 3-etil, 4,5 bi n-propilottano
4. Es.4: 4-etil, 4-metil, 5-n-propilottano
5. Es.5: 4,5-dietil, 3,4-dimetil, 5-n-propilottano
6. Es.6: 3,5-dietil, 4,4- di n-propileptano

Questi esercizi aiutano ad applicare le regole della nomenclatura degli alcani e a familiarizzare con la denominazione dei composti organici.

Avere familiarità con la nomenclatura degli alcani è fondamentale per lo studio della chimica organica, poiché fornisce le basi per comprendere e nominare i composti organici in modo preciso e standardizzato.

Legge delle proporzioni multiple. Esercizi svolti

La Legge delle Proporzioni Multiple e Alcuni Pratici

La legge delle proporzioni multiple afferma che se due elementi si combinano tra loro per formare più di un composto, le quantità in peso di uno, che si combinano con una quantità fissa dell’altro, stanno tra loro in rapporti esprimibili mediante numeri interi, generalmente piccoli.

John Dalton, nel XIX secolo, elaborò la teoria atomica prendendo in considerazione le leggi fondamentali della chimica già formulate da Lavoisier e Proust. Secondo la teoria di Dalton, la materia è composta da atomi, indivisibili e indistruttibili, che possono unirsi o separarsi per formare trasformazioni chimiche.

Esercizi svolti

) Proporzioni tra ossigeno e


In due diversi composti le masse dell’ossigeno e del carbonio sono rispettivamente 57.1 g e 42.9 g nel primo composto e 72.7 g e 27.3 g nel secondo. Secondo la legge delle proporzioni multiple, dimostriamo che tali dati sono in accordo con la legge. Il rapporto tra le masse di ossigeno e carbonio nei due composti conferma tale principio e indica che le masse di ossigeno che si combinano con la stessa massa di carbonio sono in rapporto di 2:1.

2) Proporzioni tra ossigeno e idrogeno


In due diversi composti le masse dell’ossigeno e dell’idrogeno sono rispettivamente 16 g e 2 g nel primo composto e 32 g e 2 g nel secondo. Anche in questo caso, i risultati confermano la legge delle proporzioni multiple.

3) Proporzioni tra azoto e ossigeno


L’azoto si lega all’ossigeno in quattro composti con diverse proporzioni. I risultati ottenuti nei calcoli dimostrano, anche in questo caso, la validità della legge delle proporzioni multiple.

In conclusione, gli esercizi svolti dimostrano come i dati sperimentali supportino la legge delle proporzioni multiple, confermando la validità della teoria di John Dalton e la sua importanza nello studio delle relazioni tra gli elementi chimici.

Costante di formazione di un complesso

La costante di formazione dei complessi in soluzione: come influisce sulla stabilità del complesso e sugli equilibri di formazione

La costante di formazione di un complesso, espressa come βn, fornisce importanti informazioni sulla tendenza alla formazione di un complesso in soluzione. Maggiore è il valore di βn, maggiore sarà la stabilità del complesso.

Solitamente, le reazioni di formazione di complessi avvengono in soluzione, coinvolgendo reagenti come ioni metallici Mm+ e ligandi Ll-, che sono in equilibrio con il prodotto MLn(m-nl)+. Questo equilibrio è regolato dalla costante βn, conosciuta come la “costante di formazione globale del complesso” e rappresentata da βn = [MLn(m-nl)+] / [Mm+] [Ll-]n.

Gli ioni metallici in soluzione interagiscono con molecole di solvente, noti come acquoioni, che agiscono da . La reazione di formazione di un complesso in soluzione comporta la sostituzione delle molecole di acqua coordinate allo ione metallico con le molecole del legante.

La formazione di un complesso in soluzione avviene gradualmente, con le molecole di acqua presenti nell’acquoione che vengono sostituite una alla volta dalle molecole del legante, rappresentando regolate da una costante k. La somma di queste reazioni graduali di formazione del complesso fornisce la reazione globale, e la costante di formazione βn è data da βn = k · k2 · … kn.

Nel complesso processo di formazione, la stabilità del complesso diminuisce mano a mano che avviene la sostituzione delle molecole d’acqua con le molecole del legante. Inoltre, la stabilità di un complesso varia anche in base alle caratteristiche del solvente.

In conclusione, la costante di formazione di un complesso fornisce preziose informazioni sulla stabilità del complesso in soluzione e sulle equilibri di formazione, evidenziando l’importanza dei leganti e delle interazioni con il solvente nella formazione e stabilità dei complessi.

Molecole con legami delocalizzati

Molecole con legami delocalizzati: caratteristiche e esempi

Le molecole con legami delocalizzati possono essere suddivise in tre gruppi distinti. Si tratta di:

1) Quelle caratterizzate da coniugazione del tipo π-π
2) Quelle con coniugazione del tipo π-p
3) Quelle che presentano coniugazione π-σ

Coniugazione π-π

Un esempio di molecola con legami delocalizzati è il 1,3-butadiene. In questo tipo di composti a catena lineare, la risonanza gioca un ruolo di rilievo nel determinare la struttura elettronica dei vari sistemi allo stato fondamentale. Nonostante ciò, il legame C2-C3 nell’1-3 butadiene è essenzialmente un legame singolo derivato dalla sovrapposizione di due atomici sp3, a causa del maggior carattere s degli orbitali impegnati. Nell’1-3 butadiene, la delocalizzazione degli elettroni ritorna ad essere importante negli intermedi di reazione, come nell’ di uno ione H+ al doppio legame. Il carbocatione risultante viene notevolmente stabilizzato da una coniugazione π-p.

Benzene

Il benzene rappresenta un esempio classico di composto interessato a una coniugazione π-π. La molecola, con sei atomi di carbonio ibridati sp2 uniti tra loro da legami σ, può essere rappresentata da due strutture limite in risonanza tra loro. La molecola reale non è rappresentata né dall’una né dall’altra, ma dalle due strutture insieme ed ha un contenuto energetico inferiore a entrambe le strutture prese singolarmente.

Coniugazione π-p

La coniugazione π-p può interessare anche un sistema costituito solo da atomi di carbonio, come nel caso di particelle estremamente reattive come sp2 , , o , che da questo tipo di delocalizzazione risultano essere notevolmente stabilizzate.

Coniugazione  π-σ

Questo tipo di coniugazione, detto iperconiugazione, coinvolge la sovrapposizione degli elettroni π con gli elettroni σ di un atomo adiacente. Un esempio di iperconiugazione può essere dato dal toluene. La posizione media dei nuclei non cambia, il protone non si stacca dal carbonio come avviene, per esempio, nelle reazioni di eliminazione.

In conclusione, le molecole con legami delocalizzati presentano un’interessante varietà di strutture e comportamenti che le rendono fondamentali in diversi contesti chimici.

Energia di legame e calore di reazione . Esercizi svolti

L’energia di legame e il calore di reazione: risolti

L’energia di legame rappresenta la quantità di energia necessaria per rompere un legame chimico in una mole di una sostanza.

L. Pauling ha costruito una tabella di energie di legame sulla base di dati termochimici e spettroscopici, comprendente valori empirici dell’energia di legame in kcal/mol. Ad esempio, il legame H-H ha un’energia di 104.2 kcal/mol, mentre il legame C-C ha un’energia di 83.1 kcal/mol.

Il calcolo dell’energia di legame si basa sull’ipotesi che in molecole del tipo ABn, l’energia relativa a uno di questi legami può essere considerata come 1/n dell’energia totale richiesta per separare la molecola negli atomi che la compongono.

Esempio di calcolo: il calore di formazione dell’n-butano, ottenuto combinando calcoli per la formazione di 4 atomi di carbonio gassosi, 5 molecole di idrogeno gassoso e la formazione del butano stesso, è di -29.5 kcal.

L’energia di è considerata negli esempi di molecole come il benzene, la naftalene, l’, il fenantrene, il difenile, lo stirene, la piridina, il pirrolo, il furano, il . Queste energie di risonanza sono determinate sperimentalmente e influenzano il calore di formazione di queste molecole.

Nel caso del benzene, ad esempio, si una differenza di 37 kcal tra il calore di formazione calcolato e quello sperimentale a causa delle strutture di risonanza possibili.

Inoltre, L. Pauling ha costruito una tabella di energie di risonanza secondo i dati tabulati, che includono valori empirici delle energie di risonanza in kcal/mol per diverse molecole.

Il calcolo dell’energia di legame e il riconoscimento delle energie di risonanza sono importanti nel determinare i calori di formazione e comprendere le proprietà delle molecole e dei legami chimici.

Calcolo dell’entalpia di combustione della benzaldeide e confronto con i dati sperimentali

Per calcolare la variazione di entalpia associata alla combustione di una mole di benzaldeide, andiamo a valutare la reazione di combustione:

C6H5-CHO (g) + 8 O2(g) → 7 CO2(g) + 3 H2O(g)

La determinazione dell’entalpia di combustione è una procedura importante in chimica per valutare la quantità di calore scambiata durante la reazione di combustione.

Per valutare questa variazione di entalpia, è necessario considerare le energie di legame relative ai reagenti e ai prodotti.

Energia di legame dei reagenti:

– 6 legami C-H: 6 * 98.8 = 592.8
– 4 legami C-C: 4 * 83.1 = 332.4
– 3 legami C=C: 3 * 147 = 441
– 1 legame C=O: 171
– 8 legami O=O: 3 * 118.3 = 946.4
– Risonanza dell’anello benzenico: 37
– Risonanza del gruppo aldeidico: 4
– Totale: 2524.6

Energia di legame dei prodotti:

– 14 legami C=O: 14 * 174 = 2436
– 6 legami O-H: 6 * 110.6 = 663.6
– Risonanza CO2: 7 * 36 = 252
– Totale: 3351.6

La variazione di entalpia (ΔH) è data dalla differenza tra la somma delle energie di legame dei prodotti e dei reagenti, con un cambio di segno:

ΔH = – (3351.6 – 2524.6) = -827.0

Il calore di combustione sperimentale della benzaldeide a 20°C e pressione atmosferica standard è ΔH = -841.3, il che concorda ragionevolmente con il calore di combustione calcolato.

È importante sottolineare che il dato sperimentale si riferisce alla reazione:

C6H5-CHO(l) + 8 O2(g) → 7 CO2(g) + 3 H2O(l)

In questa reazione, sia C6H5-CHO che H2O sono presenti sotto forma liquida, a differenza della reazione precedente in cui erano presenti sotto forma gassosa.

Il calcolo dell’entalpia fornisce informazioni importanti sulle reazioni chimiche e sulle quantità di calore coinvolte, permettendo di confrontare i dati teorici con quelli sperimentali.

Analisi quantitativa dei cationi

Analisi quantitativa dei cationi

L’analisi quantitativa è un metodo utilizzato per determinare la presenza e la quantità di uno o più componenti in una miscela o per valutare il grado di purezza di un composto noto. Per eseguire un’analisi quantitativa esistono diversi approcci: analisi gravimetrica, in cui si determina la quantità di un componente contenuto in una sostanza isolandolo e pesandolo dopo averlo fatto precipitare sotto forma di un sale poco solubile, e analisi volumetrica, in cui si effettua una reazione tra il componente in esame e una soluzione con titolo noto di un opportuno reattivo per risalire alla sua quantità attraverso il volume della soluzione.

Metodi per l’analisi quantitativa dei cationi

Sono elencati i metodi usuali per l’analisi quantitativa gravimetrica (g) e volumetrica (v) di alcuni cationi.

– Alluminio: precipitazione come Al(OH)3 seguita da calcinazione e pesata di Al2O3; precipitazione con 8-idrossichinolina seguita da essiccazione a 110°C e pesata come 8-idrossichinolato; precipitazione con 8-idrossichinolina seguita da bromatometria; con EDTA il cui eccesso si titola con Zinco (II); indicatore ditizione.
– Antimonio: precipitazione con H2Se pesata come Sb2S3; iodometria: ossidazione di Sb^III a Sb^V; permanganometria: Sb^III → Sb^V.
– Argento: precipitazione con HCl diluito: si pesa come AgCl; titolazione con NH4CSN: indicatore allume ferrico.
– Arsenico: precipitazione con H2S; si pesa come As2S3; ossidazione di As^III a As^V.
– Bario: precipitazione con H2SO4; si pesa come BaSO4; complessometria con EDTA: indicatore Nerio Eriocromo T.
– Bismuto: precipitazione con nitrosofenilidrossilammina; si pesa come Bi2O3; complessometria con EDTA: si usa ioduro come indicatore.
– Cadmio: precipitazione come CdS, si tratta con H2SO4, si essicca a 350°C e si pesa come CdSO4; complessometria con EDTA: indicatore Nerio Eriocromo T.
– Calcio: precipitazione come ossalato, si calcina e si pesa come CaCO3; titolazione con permanganato: precipitazione come ossalato e titolazione dell’ossalato con permanganato; complessometria con EDTA: indicatore Muresside.
– Cerio: si precipita come ossalato, si calcina e si pesa come CeO2; titolazione del cerio (IV) con ferro (II).
– Cobalto: precipitazione con 1-nitroso-2-naftolo; si trasforma il precipitato in solfato e si pesa come CoSO4; complessometria con EDTA il cui eccesso si titola con Zinco (II); indicatore Nero Eriocromo T.
– Cromo: precipitazione del cromo (IV) come BaCrO4; titolazione del cromo (VI) con ferro (II).
– Ferro: precipitazione con nitrosofenilidrossilammina; si pesa come Fe2O3; titolazione ossidimetrica per via permanganometrica; titolazione cerimetrica del ferro (II) con cerio (IV); iodometria: si tratta il ferro (III) con eccesso di KI e si titola lo iodio liberatosi con .
– Indio: complessometria con EDTA: indicatore Nero Eriocromo T.
– Magnesio: precipitazione come MgNH4PO4: si calcina e si pesa come Mg2P2O7; complessometria con EDTA: indicatore Nero Eriocromo T; iodometria: si precipita con 8-idrossichinolina, si ossida il precipitato con un eccesso di bromo, si aggiunge KI e si determina lo iodio liberatosi con un eccesso di tiosolfato.
: precipitazione come MnNH4PO4: si calcina e si pesa come Mn2P2O7; si ossida Mn^II a MnO2 con bromato, si aggiunge una quantità nota di FeSO4 il cui eccesso viene titolato con permanganato.
– Mercurio: precipitazione con H2S; si secca e si pesa.

Questi metodi rappresentano un’importante risorsa per l’analisi quantitativa dei cationi, consentendo di valutare con precisione la presenza e la quantità di cationi in una varietà di campioni.Metodi per la determinazione dei metalli inorganici

Nel campo dell’analisi chimica, esistono diversi metodi per la determinazione accurata della presenza e della quantità di metalli inorganici. Questi metodi comprendono la titolazione, la precipitazione e varie forme di ossidazione e riduzione, ognuna delle quali è specificamente adatta per determinate situazioni. Di seguito, analizzeremo alcuni metodi comunemente utilizzati per la determinazione dei metalli inorganici.

Nichel – La determinazione del nichel può essere effettuata precipitando il metallo con dimetilgliossima, essiccandolo e pesandolo come dimetilgliossimato di nichel (II). In alternativa, si può utilizzare il metodo della titolazione con NH4CNS utilizzando l’allume ferrico come indicatore.

Oro – Il metodo per la determinazione dell’oro coinvolge la precipitazione con biossido di zolfo, seguita dall’essiccazione e dal peso del metallo come Au. Inoltre, è possibile utilizzare la tecnica di iodometria per ridurre Au(III) a Au(I) con ioduro, e successivamente titolare lo iodio liberato con tiosolfato.

Palladio – La determinazione del palladio coinvolge la precipitazione con dimetilgliossima, l’essiccamento e il peso del metallo come dimetilgliossimato (II) PdC8H14N4O4.

Piombo – Per determinare il piombo, si può effettuare la precipitazione come PbSO4 o PbCrO4. Inoltre, la tecnica di iodometria può essere utilizzata per precipitare il piombo come PbCrO4, trattarlo con KI e titolare lo iodio liberato con tiosolfato.

Platino – La complessometria con EDTA seguita da una titolazione con zinco (II), utilizzando l’arancio di xilenolo come indicatore, è comunemente impiegata per determinare il platino.

Rame – Per la determinazione del rame, si può utilizzare la precipitazione come Cu2(CNS)2, la tecnica di iodometria o la complessometria con EDTA, utilizzando il muresside come indicatore.

Rutenio, , Stagno, Stronzio, , Tantalio, Tellurio, Titanio, Torio, Tungsteno, Uranio, Vanadio, Zinco – Seguono vari metodi di determinazione dei suddetti metalli.

In ultima analisi, la scelta del metodo dipende dalle caratteristiche specifiche del metallo in questione e dalle condizioni dell’analisi. La combinazione di diversi metodi può essere necessaria per ottenere risultati precisi e affidabili.

Peso molecolare: determinazione

Determinazione del peso molecolare: importanza e metodi di calcolo

La determinazione del peso molecolare di una sostanza è fondamentale per conoscere il numero effettivo di atomi presenti nella sua formula molecolare. Questo valore è spesso utilizzato in laboratorio per verificare la correttezza delle formule chimiche e per stabilire le proprietà fisiche di una sostanza.

Metodo di Dumas

Per i composti allo stato gassoso o di liquidi volatili, la determinazione del peso molecolare può essere effettuata mediante la misura della densità del vapore (metodo di Dumas). Questo metodo sfrutta l’equazione di stato dei gas per calcolare il peso molecolare del composto.

Un esempio pratico: se la densità del vapore di un composto è pari a 3.33 g/L a una temperatura di 293 K e a una pressione di 5.00 atm, il peso molecolare del composto sarà 16.0 g/mol.

Un altro metodo per determinare il peso molecolare di una sostanza disciolta in una soluzione sfrutta la legge di Raoult.

Esempio pratico

Supponiamo di sciogliere 8.05 g di un composto incognito X in 100 g di benzene a 26 °C, e la tensione di vapore del solvente si è abbassata da 100.0 a 94.8 torr. Calcolando le moli del benzene e applicando la legge di Raoult, otterremo il peso molecolare di X, che risulterà 114.6 g/mol.

Proprietà colligative

Un ulteriore metodo per la determinazione del peso molecolare sfrutta la e l’, cioè l’abbassamento del punto di congelamento di una soluzione e l’innalzamento della temperatura di ebollizione. Questi metodi si basano sul fatto che tali variazioni sono proporzionali al numero di particelle disciolte.

Esempi

Calcolare il peso molecolare di un soluto non volatile essendo noto che sciogliendo 1.00 g di questa sostanza in 100 g di acqua si ottiene un di 0.30 °C.

Un altro esempio riguarda l’aggiunta di 2.0 g di a 90 g di CS2, che provoca l’innalzamento del punto di ebollizione del CS2 di 0.3 °C. In questo caso, il peso molecolare dell’antracene risulterà essere 175.6 g/mol.

Infine, la determinazione del peso molecolare di una sostanza può essere effettuata tramite la pressione osmotica. Questo metodo applica l’equazione π = CRT, dove C è la concentrazione molare della soluzione.

Un esempio pratico è dato da una soluzione acquosa contenente 500 mg di una proteina per litro d’acqua che ha la pressione osmotica pari a 0.75 mm Hg a 25°C, da cui calcolare il peso molecolare della proteina, che risulterà essere 1.2 ∙ 10^4 g/mol.

In conclusione, esistono diversi metodi per determinare il peso molecolare di una sostanza, e la scelta dipende spesso dalle proprietà chimiche e fisiche della sostanza stessa.

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