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NIST: nuova tecnica di elettrodeposizione

Una nuova scoperta scientifica: la tecnica di elettrodeposizione del

Il National Institute of Standard and Technology (NIST) ha recentemente pubblicato dei risultati di ricerca relativi ad una nuova metodologia efficiente per depositare film ultrasottili ed uniformi di platino su una superficie.

Il platino, con numero atomico 78 e configurazione elettronica [Xe] 4f^14 5d^9 6s^, è un metallo raro caratterizzato da un elevato peso specifico di 21.45 g/cm^3 e da un alto punto di fusione di 1773 °C. È comunemente impiegato come catalizzatore, in campo elettrico per termocoppie, negli attrezzi chirurgici, negli utensili da laboratorio, nei punti di contatto elettrico e nella medicina.

In passato, la deposizione di platino su superfici di risultava irregolare e ruvida, a causa del modo in cui il platino si depositava sugli eventuali difetti della lamina d’oro. Tuttavia, la nuova scoperta del NIST ha evidenziato che applicando una elevata differenza di potenziale, il platino presente in soluzione sotto forma di PtCl4 può legarsi in maniera controllata sulla superficie della lamina d’oro. Questo processo conduce alla formazione di un sottile e uniforme film di platino.

I ricercatori del NIST hanno constatato che l’applicazione dell’elevata tensione provoca la dissociazione dell’acqua, il che permette allo ione idrogeno di formare uno strato che ricopre il platino depositato, permettendo così il controllo dello spessore del film di platino.

Il processo di elettrodeposizione avviene in un bagno di placcatura ed è 1000 volte più rapido rispetto ad altre tecniche esistenti. Secondo i ricercatori, questa nuova tecnica è semplice, evita le contaminazioni e potrebbe essere estesa ad altri metalli e leghe metalliche, aprirndo nuove aree di ricerca.

In conclusione, è importante riconoscere l’importanza delle ricerche scientifiche come questa, che possono portare a scoperte preziose e rivoluzionarie per l’umanità. Non possiamo non menzionare il contributo di scienziati di diversi paesi, tra cui l’Italia, che contribuiscono in modo significativo a questo genere di scoperte.

Spettroscopia elettronica di assorbimento

Spettroscopia elettronica di assorbimento

La spettroscopia elettronica di assorbimento comprende lo studio delle regioni dello spettro e ultravioletto. Le radiazioni visibili e ultraviolette assorbite dalle molecole causano una redistribuzione degli elettroni di valenza. La regione del visibile varia tra 750 nm (rosso), limite superiore, e 400 nm (violetto), limite inferiore. L’UV inizia a 400 nm e si estende fino ai raggi X. Non tutte le zone della regione UV sono ugualmente accessibili sperimentalmente a causa delle forti bande di assorbimento dei costituenti dell’aria, in particolare dell’ossigeno.

# Assorbimento di

L’assorbimento di energia negli spettri elettronici avviene per interazione tra la radiazione elettromagnetica e il momento dipolare della molecola. L’eccitazione della molecola dallo stato fondamentale a uno stato eccitato tramite la radiazione è possibile solo se nel passaggio di stato la molecola subisce una variazione del momento dipolare.

# Regole di selezione di spin

Una prima regola di selezione di spin stabilisce che le transizioni elettroniche avvengono solo tra livelli con la stessa molteplicità di spin. Una seconda regola riguarda la simmetria degli stati tra cui avviene la transizione. Infine, una terza regola afferma che sono permesse solo le transizioni in cui si ha l’eccitazione di un solo elettrone, anche se ciò non è un’assoluta limitazione.

In conclusione, la spettroscopia elettronica di assorbimento è un campo ricco di nuance e sottigliezze, che permette di studiare a fondo le interazioni elettroniche nelle molecole attraverso l’assorbimento di radiazione elettromagnetica.

Evaporazione: aspetti termodinamici

Aspetti termodinamici dell’evaporazione: una panoramica completa

L’evaporazione rappresenta il processo attraverso il quale l’acqua si trasforma da uno stato liquido a uno stato gassoso o vapore. Il criterio termodinamico di equilibrio in una trasformazione che avviene a temperatura e pressione costanti è espresso dall’uguaglianza: TdS = dH, dove dS è la variazione di , dH è la variazione di in una trasformazione infinitesima del sistema e T è la temperatura. Il criterio di spontaneità, ovvero di una reazione irreversibile, può essere scritto come TdS > dH (o dG = dH – TdS

Precipitazione frazionata. Esercizi svolti

sulla precipitazione frazionata

La precipitazione frazionata si verifica quando più sostanze scarsamente solubili presenti in una soluzione precipitano in tempi successivi. Un esempio di questo fenomeno è la determinazione dei cloruri tramite il metodo di Mohr, in cui si aggiunge nitrato di per precipitare l’alogenuro, utilizzando come indicatore.

Durante questo processo, l’eccesso di ione argentico reagisce con ione cromato presente in soluzione per formare cromato di argento, che è meno solubile del cloruro di argento. Pertanto, la precipitazione del cromato inizia quando la concentrazione dello ione cloruro si è abbassata al punto che [CrO42-] = 7.5∙107  [Cl]2.

Per calcolare la frazione di cloruro residuo in una titolazione di Mohr, si devono considerare le concentrazioni di ioni presenti nella soluzione. Ad esempio, utilizzando AgNO3 0.12 M su una soluzione contenente Cl in concentrazione 0.08 M e CrO42- in concentrazione .5 ∙10-3 M.

Dall’equilibrio delle concentrazioni e dal del cloruro di argento, si ottiene la concentrazione minima di ione argento affinché possa iniziare la precipitazione del cloruro di argento. Allo stesso modo, si può ricavare la concentrazione di ione argento necessario affinché inizi la precipitazione del cromato di argento. La concentrazione di ione argento necessaria per la precipitazione del cloruro è 20000 volte inferiore rispetto a quella necessaria per la precipitazione del cromato, dimostrando che il cloruro precipita per primo.

Questi esercizi sull’esecuzione pratica della precipitazione frazionata con il metodo di Mohr sono utili per comprendere i principi teorici sottostanti e applicare tali concetti nella pratica analitica.

Equivalente chimico: esempi ed esercizi

Equivalente chimico: concetti e applicazioni

L’equivalente chimico è una grandezza legata alla quantità di una sostanza coinvolta in una reazione chimica. Nel bilanciamento delle reazioni, sia in ambito analitico che industriale, risulta utile definire le quantità equivalenti per ciascun reagente e tipo di reazione.

Esempi di calcolo dell’equivalente chimico

Si consideri la reazione tra HCl e NaOH: il rapporto tra i coefficienti stechiometrici indica che mole di HCl è equivalente a 1 mole di NaOH. Allo stesso modo, per la reazione tra H2SO4 e NaOH, 1 mole di H2SO4 è equivalente a 2 moli di NaOH. Seguendo lo stesso ragionamento, nella reazione tra H3PO4 e NaOH, 1 mole di H3PO4 è equivalente a 3 moli di NaOH.

In altri contesti, come in reazioni ossidoriduttive, l’equivalente può essere definito come la frazione di mole dell’ossidante o del riducente che corrisponde allo scambio di 1 mole di elettroni o alla variazione di una unità del numero di ossidazione.

Definizione dell’equivalente chimico per alcune specie

L’equivalente chimico di una specie acida rappresenta la frazione di mole della specie che corrisponde a 1 mole di protoni. Lo stesso vale per le basi: l’equivalente chimico di una base corrisponde alla frazione di mole della specie basica considerata che equivalenti a 1 mole di protoni.

Alcuni reagenti possono essere classificati in diverse categorie a seconda della reazione a cui partecipano. Ad esempio, l’acido nitrico funge sia da acido monoprotico forte che da forte ossidante. Inoltre, i nitrati possono essere ridotti ad ammoniaca per azione dello zinco in ambiente fortemente basico.

Calcolo dell’equivalente in moli e in grammi

Per calcolare l’equivalente in moli e in grammi di una sostanza, è possibile seguire una procedura specifica. Ad esempio, nel caso del nitrato di potassio, si calcola il peso equivalente e si determina la quantità necessaria di un altro reagente (come lo zinco) per ridurre 1 equivalente di nitrato.

In conclusione, l’equivalente chimico è un concetto fondamentale in chimica che consente di comprendere e quantificare le reazioni chimiche in modo preciso, e riveste un ruolo cruciale in numerosi contesti applicativi e analitici.

Conduttività nelle soluzioni elettrolitiche

La conduttività delle soluzioni elettrolitiche: una panoramica completa

La conduttività delle soluzioni dipende dalla concentrazione molare e dal numero di ioni presenti. Le sostanze ioniche solubili in acqua e alcuni acidi inorganici formano soluzioni acquose in grado di condurre la corrente grazie alla presenza di ioni come mostrato nelle reazioni chimiche.

Misurare la

La conduttività molare è determinata dal rapporto tra la conduttività κ di una soluzione e la sua concentrazione molare. Tuttavia, dipende anche dalla carica degli ioni, portando all’introduzione del concetto di , definita come il rapporto tra la conduttività molare e il prodotto delle cariche degli anioni e cationi presenti in soluzione.

e

Le sostanze ioniche solide e alcuni acidi inorganici forti rientrano nella categoria degli forti. Al contrario, la conduttività equivalente degli elettroliti deboli aumenta in maniera più accentuata con la diluizione rispetto agli elettroliti forti. Inoltre, ad eccezione dello ione idronio e ossonio, la conduttività equivalente di altri ioni non presenta significative differenze tra loro.

Comportamento dei ioni in soluzione

Il comportamento dei ioni in soluzione dipende dalle loro dimensioni e cariche, influenzando la conduttività equivalente. Ad esempio, l’ione Li+, il più piccolo tra gli ioni alcalini, presenta una maggiore coordinazione con le molecole di acqua, determinando una minore mobilità. Inoltre, il passaggio degli ioni H3O+ da una molecola di acqua all’altra spiega la loro elevata conduttività.

Variazione della conduttività con la temperatura

La conduttività di una soluzione aumenta con la temperatura, poiché la diminuzione della viscosità del solvente favorisce la migrazione degli ioni.

In conclusione, la conoscenza della conduttività delle soluzioni elettrolitiche riveste un ruolo fondamentale nel campo della chimica e della scienza dei materiali, fornendo importanti informazioni sul comportamento elettrico delle sostanze in soluzione.

Addizione radicalica di HBr ad un alchene

Addizione radicalica di HBr agli alcheni: meccanismo e orientamento anti-Markovnikov

L’addizione radicalica di HBr ad un alchene avviene con orientazione anti-Markovnikov. Ad esempio, nel caso del propene si ottiene l’-bromo,2-metilpropano. Le reazioni di addizione agli alcheni possono essere catalizzate da piccole quantità di perossidi o di azocomposti termolabili o per irradiazione con luce ultravioletta. Queste reazioni sono, quasi senza eccezioni, reazioni a catena di radicali liberi.

# Meccanismo della reazione a catena

Inizialmente, avviene la fase di iniziazione, seguita dalla e . Durante la propagazione, si forma il prodotto dell’addizione radicalica.

La reazione porta ad un , permettendo di ottenere dagli alcheni alogenuri alchilici con l’alogeno sull’atomo di carbonio che ha più idrogeni. Tale metodo costituisce una via per la preparazione di bromuri primari, benché di regola venga preferita l’idroborazione. Il meccanismo di addizione radicalica è altresì mostrato in figura.

Orientamento e stabilità relativa dei radicali

L’addizione radicalica di Br· al 2-metil-1-propene avviene sul primo carbonio in quanto si forma il radicale più stabile. Si ricordi che la stabilità relativa dei radicali segue l’ordine: terziario > secondario > primario.

L’orientazione nella addizione radicalica ad un doppio legame è la stessa che nell’addizione di un protone; tuttavia, i prodotti finali sono diversi. Questo perché in un caso l’idrogeno entra per primo, dando luogo alla formazione del carbocatione più stabile, mentre nell’altro caso è il bromo ad entrare per primo, generando il radicale più stabile.

Termine della reazione e limitazioni

Poiché le reazioni di propagazione della catena si ripetono continuamente, la decomposizione di una singola molecola di iniziatore può produrre un gran numero di molecole del prodotto. La reazione ha termine quando due trasportatori della catena (due radicali liberi) si incontrano. Va notato che la reazione di addizione radicalica di HCl e HI non avviene a causa della forza del legame H-Cl e della lenta addizione del radicale I al doppio legame.

In conclusione, l’addizione radicalica di HBr agli alcheni segue un meccanismo di reazione a catena che porta alla formazione del prodotto anti-Markovnikov, offrendo una via per la di alogenuri alchilici primari. La stabilità relativa dei radicali e le condizioni di reazione giocano un ruolo fondamentale nel determinare l’orientamento e la riuscita della reazione.

Reazioni radicaliche al carbonio saturo

Reazioni radicaliche al carbonio saturo

Le reazioni radicaliche al carbonio saturo seguono tipicamente un processo a catena che comprende tre fasi: , e . Un esempio significativo di questa reazione è l’alogenazione.

Durante la fotoclorigenazione, le molecole degli alogeni vengono dissociate in atomi sotto l’effetto della luce. Questi atomi reagiscono con idrocarburi, avviando una catena reattiva che porta alla clorurazione degli idrocarburi.

Dinamica dei processi

Ad esempio, il metano attraversa i seguenti stadi di reazione:
– Iniziazione: Cl₂ → 2 Cl· (incidenza della luce solare)
– Propagazione:
) Cl· + CH₄ → HCl + CH₃·
2) CH₃· + Cl₂ → CH₃Cl + Cl·
– Terminazione:
1) 2 Cl· → Cl₂
2) 2 CH₃· → C₂H₆
3) Cl· + CH₃· → CH₃Cl

La fotoclorurazione viene impiegata industrialmente per la produzione di miscele di alogenuri alchilici da idrocarburi del petrolio e per la clorurazione di catene laterali di idrocarburi aromatici. L’attacco degli atomi di cloro su un alcano avviene con scarsa selettività, tuttavia i legami C-H terziari sono leggermente più suscettibili ad essere attaccati rispetto alle posizioni secondarie e primarie. Le catene laterali aromatiche sono invece attivate in modo specifico nelle posizioni adiacenti all’anello.

Esempi di reazioni radicaliche

La monoclorurazione di un alcano, scarsamente selettiva, produce prodotti di reazione in cui l’alogeno può trovarsi in varie posizioni. Ad esempio, nel caso del propano, si possono ottenere come prodotti di reazione i due isomeri 1-cloropropoano e 2-cloropropano.

La clorurazione di composti aromatici, come il toluene, dà luogo alla formazione di benzotricloruro. Allo stesso modo, il cloruro di benzile reagisce con il cloro per dare il diclorotoluene, il quale, a sua volta, reagisce con il cloro per dare il triclorotoluene.

Questi esempi dimostrano come le reazioni radicaliche al carbonio saturo siano di fondamentale importanza sia in ambito industriale che in ambito chimico organico. L’approfondimento di tali processi è cruciale per comprendere le dinamiche delle reazioni e la loro applicazione in vari contesti.

Addizione ed eliminazione nelle reazioni di sintesi

Reazioni di addizione ed eliminazione nelle organiche

Le reazioni di addizione ed eliminazione svolgono un ruolo fondamentale nella pratica sintetica. Le addizioni trasformano gli alcheni in un’altra funzione, mentre le eliminazioni operano come il processo inverso, formando gli alcheni. Queste due reazioni, nonostante le loro somiglianze, richiedono un’attenzione specifica per la loro pratica in sintesi.

Formazione dei doppi legami

Per produrre un doppio legame carbonio-carbonio, vengono impiegati principalmente i seguenti metodi:
– Condizioni fortemente basiche (eliminazioni E2): comportano la perdita di HX o –HOH dagli alogenuri e dagli alcoli, nonché di NR3 dalle ammine via sale quaternario (eliminazione di Hoffmann).
– Condizioni fortemente acide (eliminazioni E1): comportano la perdita di H2O da alcoli in presenza di stabili, COS, -CH3SH da alcoli via xantati, e R2NOH da ammine via ossidi di ammine terziarie.

Condizioni e selettività

Mentre le reazioni della prima categoria causano eliminazioni di tipo trans e la terza, di tipo cis, nessuno dei metodi, tranne l’eliminazione di Hoffmann, offre una selettività marcata alla direzione dell’eliminazione. Per esempio, le reazioni catalizzate da acidi richiedono un acido la cui base coniugata sia un nucleofilo debole.

Reazioni di doppi legami

I reagenti più comunemente usati per l’addizione ai doppi legami includono HX (monoalogenuri trans), H2O/H+ (monoalcoli), BH3 (monoalcoli, alogenuri ed ammine), X2 (dialogenuri trans), N-bromosuccinimmide ( e loro esteri o eteri trans), OsO4 (dioli cis), e (ciclopropani cis). Le reazioni elettrofile e regioselettive sono fondamentali nel determinare il tipo di addizione.

Conclusioni

In conclusione, le reazioni di addizione ed eliminazione giocano un ruolo cruciale nelle sintesi organiche, e comprendere le condizioni e i reagenti specifici può portare a una buona selettività e resa nella formazione dei doppi legami in modo efficace.

Reazione di sostituzione: meccanismo

La reazione di sostituzione: meccanismo elettrofilo

Durante una reazione di sostituzione nucleofila, avvengono due processi fondamentali: la rottura del legame preesistente e la formazione di un nuovo legame. Questo tipo di reazione può avvenire a due stadi o a uno stadio.

Reazione a due stadi:

La reazione a due stadi comporta la rottura del legame preesistente come primo passo seguito dalla formazione di un nuovo legame.

Reazione a uno stadio:

Nella reazione a uno stadio, la formazione e la rottura dei legami avvengono simultaneamente, ovvero in modo concertato.

Meccanismo a due stadi

Nel meccanismo a due stadi, il primo stadio, che determina la velocità, è la rottura del legame con il gruppo uscente, lasciando il carbonio come carbocatione. Questa è una reazione di ionizzazione, spesso effettuata riscaldando il composto in un solvente adatto. In un secondo stadio, il carbocatione, ad alta , è attaccato da un nucleofilo per formare un nuovo legame.

La velocità di queste reazioni di ionizzazione dipende dalla stabilità degli ioni che si formano (carbocatione e gruppo uscente) e dal potere ionizzante del solvente che deve stabilizzare per solvatazione i frammenti ionici formati.

Una conseguenza della ionizzazione preliminare è che solo la concentrazione del substrato che ionizza influenza la velocità della reazione, rendendo la velocità indipendente dalla concentrazione del nucleofilo. Queste reazioni avvengono tramite meccanismo SN1, sostituzione nucleofilica monomolecolare.

Meccanismo a uno stadio

Nel meccanismo a uno stadio, il nucleofilo si fa strada verso il carbonio che costituisce il centro di reazione, spingendo fuori il gruppo uscente simultaneamente. Questo tipo di reazione è detta SN2, sostituzione nucleofilica bimolecolare, ed è un meccanismo concertato in cui il nucleofilo esercita la sua attività spostando il gruppo uscente.

Il meccanismo di sostituzione nucleofila comporta processi complessi che si influenzano reciprocamente e che determinano la velocità e la cinetica della reazione.

Proprietà acide e basiche dei solventi

Le caratteristiche acido-base dei solventi

La comprensione delle proprietà acide e basiche delle sostanze diventa cruciale quando queste vengono impiegate come solventi. Numerosi solventi possono manifestare proprietà acide o basiche e, pertanto, vengono classificati come acidi o protogenetici, basici o protofili, anfiprotici (che possono agire sia come donatori che come accettori di protoni a seconda delle condizioni) e inerti o aprotici.

Il carattere anfiprotico è osservabile, in misura più o meno pronunciata, in tutti i solventi, ad eccezione di quelli aprotici. Questo si manifesta attraverso l’autoprotolisi o autoionizzazione, ad esempio:

H2O + H2O ⇌ H3O+ + OH-
CH3OH + CH3OH ⇌ CH3OH2+ + CH3O-
CH3COOH + CH3COOH ⇌ CH3COOH2+ + CH3COO-
NH3 + NH3 ⇌ NH4+ + NH2-

La costante di autoprotolisi, comunemente chiamata prodotto ionico dell’acqua, rappresenta il grado di autoprotolisi per ciascun solvente e assume un valore ben definito e costante a temperatura costante. Ad esempio, per un solvente anfiprotico HX soggetto all’equilibrio HX + HX ⇌ H2X+ + X-, la costante di autoprotolisi K viene espressa dalla relazione K = [H2X+ ] [X-].

La valutazione della forza acida, forza basica e influisce sul valore della costante di autoprotolisi. Nel sistema acqua, ad esempio, la costante K è tanto più grande quanto maggiore è la tendenza degli equilibri ad andare verso destra. L’acido acetico, al contrario, rappresenta il caso opposto avendo forti proprietà sia acide che basiche, influenzate dalla costante dielettrica.

Grazie alle loro proprietà acido-base, i solventi possono influenzare gli acidi o le basi in essi sciolti. Ad esempio, l’, l’acido formico e l’acido acetico, sciolti in acqua, si comportano rispettivamente come acidi fortissimi, di media forza e debole. Se dissolti in ammoniaca liquida, solvente più protofilo dell’acqua, agiscono da acidi fortissimi, dimostrando l’ del solvente.

In , la comprensione delle proprietà acido-base dei solventi è cruciale per valutarne l’effetto sui soluti in soluzione, garantendo una migliore comprensione dei processi chimici in atto.

pH di sali derivanti da acido debole e base debole

pH dei sali derivanti da e

Il calcolo del pH dei sali derivanti da acidi deboli e basi deboli è più complesso rispetto a quello dell’idrolisi salina. È necessario considerare che questi sali subiscono l’idrolisi per entrambi i costituenti.

Esempi

Un esempio di questo tipo di sale è il di NH4CN, derivante dalla base debole NH4OH e dall’acido debole HCN. In acqua, si dissocia completamente in NH4+ e CN-. Sia l’ione ammonio che l’ione cianuro subiscono idrolisi secondo specifici equilibri.

Un sale derivante da acido debole e base debole può essere acido, basico o neutro a seconda delle forze dell’acido e della base:

– se K_a > K_b la soluzione risulta acida
– se K_a

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