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Bachelite, sintesi e usi

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La bachelite, una delle più importanti, fu creata nel 1907 da Leo Baekeland, un chimico statunitense di origine belga. Questa resina si è distinta come il primo polimero ad essere prodotto su larga scala negli anni ’20. Il suo impiego commerciale ebbe inizio nel 1908 con la realizzazione di boccole isolanti per la Weston Electrical Instrument Corporation.

Fino a quel momento, i composti polimerici erano principalmente di origine naturale come cellulosa, proteine e acidi nucleici. La bachelite, derivante da e formaldeide con farina di legno come riempitivo, ha segnato l’inizio dell’era dei polimeri, superando materiali come la celluloide per la facilità di modellazione e produzione in serie.

Proprietà della bachelite

La bachelite è un termoindurente, ovvero una resina che mantiene la propria forma rigida anche dopo il raffreddamento e non si scioglie al . Presenta stabilità dimensionale, durezza superficiale elevata, resistenza meccanica e bassa conducibilità elettrica. Inoltre, è resistente agli agenti chimici, ai solventi e alla corrosione, ideale per applicazioni che richiedono elevate proprietà di resistenza e durata.

Sintesi

La sintesi della bachelite avviene per partendo dai monomeri fenolo e formaldeide. La reazione può avvenire in ambiente acido con catalizzatori come acido cloridrico, cloruro di zinco o cloruro di alluminio, o in ambiente basico.

Durante il primo stadio della reazione in ambiente acido, il fenolo attacca il gruppo carbonilico della formaldeide. Questo processo porta alla formazione della struttura reticolare della bachelite, conferendole le proprietà distintive che la rendono un materiale versatile e resistente.

Infine, la bachelite si distingue per la sua resistenza alla corrosione, alla temperatura e agli sforzi meccanici, rendendola una scelta ideale per applicazioni in cui è richiesta robustezza e durata nel .

La produzione della bachelite: un processo di policondensazione

Il processo di produzione della bachelite inizia con la sintesi del 2-idrossimetilfenolo, noto come alcol salicilico. Nel secondo stadio della reazione, avviene la policondensazione di questo composto con espulsione di molecole di acqua, dando origine a un polimero lineare chiamato novolacca, che è un materiale termoplastico.

Se il rapporto tra formaldeide e fenolo è inferiore a 1, la reazione non procede oltre. Tuttavia, con un rapporto superiore a 1, nella fase finale del processo, la novolacca reagisce con una soluzione alcalina calda di formaldeide per formare la bachelite polimerica reticolata.

Usi della bachelite

La bachelite è stata ampiamente utilizzata dalle industrie elettriche e automobilistiche per la creazione di componenti non conduttori, supporti per apparecchi elettrici, e altri isolanti. Questo materiale è stato impiegato anche come sostituto dell’avorio per la produzione di palle da biliardo.

Nel settore della gioielleria, la bachelite è stata introdotta da Coco Chanel nelle sue collezioni di bigiotteria, includendo braccialetti realizzati con questo materiale. Negli anni ’30, la bachelite è stata utilizzata per la produzione di fiches da poker, pezzi degli scacchi e nel 1933 è stata impiegata in Bayko, un popolare giocattolo da costruzione britannico ideato da Charles Plimpton.

Durante la seconda guerra mondiale, la bachelite è stata impiegata in varie apparecchiature belliche, come i telefoni da campo, gli occhiali protettivi dei piloti e i bottoni delle uniformi britanniche. Sebbene nel tempo sia stata sostituita da polimeri più avanzati, oggi la bachelite è nuovamente apprezzata per le sue qualità e viene utilizzata per la produzione di apparecchiature e manufatti elettrici.

Anidride borica, sintesi e usi

L’anidride borica, o triossido di (B2O3), rappresenta uno dei tre ossidi del boro insieme al subossido di boro (B6O) e al monossido di boro (BO). Questo elemento è stato isolato per la prima volta nel 1808 da Sir Humphry Davy. Pur essendo poco solubile in acqua, le soluzioni contenenti anidride borica sono moderatamente acide.

Il boro, con configurazione elettronica 1s2,2s2,2p1, presenta tre elettroni spaiati che formano tre orbitali con ibridazione sp2, conferendo al boro un numero di ossidazione +3. Nella struttura dell’anidride borica, un atomo di ossigeno è legato a due atomi di boro, ciascuno dei quali è legato a un ossigeno tramite doppio legame.

L’anidride borica si presenta comunemente come una polvere bianca amorfa con un punto di fusione di circa 450°C. Nonostante la scarsa solubilità in acqua, è igroscopica e assorbe lentamente acqua trasformandosi in .

In presenza di acqua, l’anidride borica reagisce formando acido borico secondo l’equilibrio: B2O3 + 3 H2O ⇄ 2 B(OH)3. L’acido borico non si dissocia completamente in soluzione acquosa, ma la sua acidità deriva dall’interazione con le molecole d’acqua.

Sintesi dell’anidride borica

L’anidride borica può essere ottenuta a partire dall’acido borico attraverso la seguente sequenza di : B(OH)3(s) → HBO2(s) + H2O(g) a 100°C; 4 HBO2(s) → H2B4O7(s) + H2O(g) a 140°C; infine, H2B4O7(s) → 2 B2O3(s) + H2O(g).

Alternativamente, l’anidride borica può essere prodotta dalla decomposizione termica del (tetraborato di disodio decaidrato): Na2B4O7 ∙ 10 H2O → Na2B4O7 + 10 H2O; Na2B4O7 → 2 NaBO2 + B2O3.

Un altro metodo sintetico coinvolge la reazione del con ossigeno o vapore acqueo: 2 B2H6(g) + O2(g) → 2 B2O3(s) e 6 B2H6(g) + 3 H2O(g) → B2O3(s) + 6 H2.

Applicazioni

L’anidride borica trova impiego in diverse applicazioni industriali, come nei vetri borosilicati, nella produzione di smalti e vernici, come ritardante di fiamma e in alcuni settori dell’elettronica. La sua versatilità e proprietà acide la rendono un composto chimico di interesse in vari campi tecnologici.

Applicazioni dell’anidride borica in diversi settori

L’anidride borica è un composto chimico che trova ampie applicazioni in settori diversi grazie alle sue proprietà uniche. Uno dei settori in cui viene utilizzata è la produzione di mattoni refrattari, che richiedono resistenza alle alte temperature, all’abrasione e alla corrosione. Questi mattoni sono essenziali in ambienti ad alta temperatura come forni industriali o caminetti.

Utilizzo in campo metallurgico

In campo metallurgico, l’anidride borica è impiegata per la preparazione di saldature speciali, nella tempra dell’acciaio e nella produzione di leghe con ferro, nichel o manganese. Questo composto aumenta la forza, la resistenza ai graffi e agli agenti chimici di articoli ceramici come rivestimenti e pavimenti, stoviglie, porcellana e apparecchi smaltati.

Applicazioni in ceramica ad alta resistenza

L’anidride borica è utilizzata anche nella produzione di ceramica ad alta resistenza meccanica e termica, come il carburo di boro. Questo materiale ha una durezza molto elevata, valutata 9.3 nella scala di Mohs. Il carburo di boro viene ottenuto industrialmente dalla reazione tra anidride borica e carbonio.

Produzione di materiali refrattari

Dalla reazione tra anidride borica e biossido di zirconio si ottiene il diboruro di zirconio, un materiale ceramico refrattario con un alto punto di fusione di 3246 °C. Questo materiale trova applicazione in ambienti ad elevata temperatura in cui sono richieste elevate proprietà di resistenza termica e chimica.

Utilizzo nel settore del vetro

L’anidride borica, in qualità di vetrificante, viene impiegata per ottenere il vetro borosilicato, noto anche come Pirex. Questo tipo di vetro è rinomato per la sua resistenza al calore e agli sbalzi termici, ed è ampiamente utilizzato in vetreria da laboratorio e come componente di dispositivi medici impiantabili.

In conclusione, l’anidride borica è un composto versatile con numerose applicazioni in settori come l’industria ceramica, metallurgica e del vetro, dimostrando di essere una risorsa preziosa per la produzione di materiali ad alte prestazioni.

Chimica verde

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La Rivoluzione della Chimica Verde: Principi e Applicazioni nella Società Moderna

La Chimica Verde rappresenta un’innovativa metodologia per la progettazione, produzione e utilizzo di sostanze chimiche, con l’obiettivo principale di ridurre o eliminare l’utilizzo di sostanze dannose per l’ambiente e per la salute umana.

Obiettivi chiave della Chimica Verde

L’approccio della Chimica Verde si concentra sulla creazione di processi chimici efficienti ed ecocompatibili, utilizzando materie prime rinnovabili, minimizzando i rifiuti e promuovendo pratiche sostenibili lungo l’intero ciclo di vita di un prodotto chimico.

L’origine della Chimica Verde

La necessità di una rivoluzione industriale più sostenibile ha portato alla definizione dei dodici principi della Chimica Verde nel 1991 da Paul T. Anastas e John C. Warner. Questi principi forniscono linee guida per sviluppare processi più puliti e sicuri.

Impatti positivi della Chimica Verde

L’adozione della Chimica Verde porta benefici tangibili all’ambiente e alla società, riducendo l’inquinamento, preservando la biodiversità e migliorando la qualità dell’aria e dell’acqua. Inoltre, favorisce la creazione di nuove opportunità di lavoro, promuovendo l’innovazione e la crescita economica sostenibile.

I 12 principi della Chimica Verde

1.

Prevenzione

: evitare la formazione di sostanze pericolose sin dall’inizio del processo produttivo per ridurre gli sprechi e l’uso di fonti non rinnovabili come il petrolio e i .

2.

Economia atomica

: massimizzare l’utilizzo degli atomi nei prodotti desiderati riducendo la formazione di sottoprodotti indesiderati.

3.

Sintesi chimiche meno pericolose

: utilizzare metodi e reagenti che riducano al minimo il rischio di incidenti chimici, inquinamento e danni alla salute umana.

Questi principi sono fondamentali per promuovere processi chimici più sostenibili e ridurre l’impatto ambientale delle attività industriali.

Conclusioni

In conclusione, la Chimica Verde rappresenta una risorsa preziosa per affrontare le sfide globali attuali, come il cambiamento climatico, l’agricoltura sostenibile e la tutela delle risorse naturali. L’adozione di quest’approccio innovativo è fondamentale per garantire un futuro più sostenibile e rispettoso dell’ambiente e della salute umana.

Progettazione di prodotti chimici sicuri e sostenibili

Una delle sfide più importanti per l’industria chimica moderna è quella di utilizzare e produrre sostanze con bassa o nessuna tossicità per la salute umana e l’ambiente. La progettazione di prodotti chimici che siano intrinsecamente sicuri e sostenibili nel loro utilizzo finale è essenziale per preservare l’efficacia della funzione riducendo al contempo la tossicità.

Solventi e sostanze ausiliarie sicure

Un principio fondamentale riguarda l’uso di solventi e sostanze ausiliarie sicure. Queste sostanze, non direttamente coinvolte nella struttura del prodotto di reazione, ma necessarie per la reazione chimica, dovrebbero essere sostituite con che rispettino criteri come bassa tossicità, non infiammabilità e non volatilità.

Efficienza energetica

La progettazione per l’efficienza energetica è un aspetto cruciale. I processi chimici dovrebbero essere sviluppati tenendo conto dei requisiti energetici e riducendo al minimo gli impatti ambientali ed economici. L’adozione di metodi sintetici condotti a temperatura e pressione ambiente e l’utilizzo di energie rinnovabili sono passaggi fondamentali in questo senso.

Utilizzo di materie prime rinnovabili

Promuovere l’uso di materie prime rinnovabili come la è un’ulteriore strategia importante per rendere più sostenibile l’industria chimica. Lo sviluppo di materiali di nuova generazione e l’utilizzo di risorse rinnovabili possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale.

Riduzione dei derivati e dei gruppi protettivi

Un altro principio chiave della Chimica Verde è la riduzione degli utilizzi di derivati e gruppi protettivi nella sintesi di molecole bersaglio. Progettare processi per ridurre l’uso di reagenti aggiuntivi può contribuire a rendere più efficienti e sostenibili le operazioni chimiche.

Catalisi e utilizzo di enzimi

I catalizzatori svolgono un ruolo cruciale nei processi chimici e possono essere sostituiti con enzimi che accelerano le in condizioni blande, riducendo la temperatura e la pressione necessarie e aumentando la selettività.

Progettazione per la degradazione

Infine, i prodotti chimici dovrebbero essere progettati per degradarsi in modo che al termine della loro funzione si trasformino in prodotti di degradazione innocui che non persistono nell’ambiente. Questo approccio contribuisce a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti chimici.

Monitoraggio e controllo dell’inquinamento

Sviluppare metodologie analitiche per l’analisi in reale è essenziale per prevenire l’inquinamento e garantire il monitoraggio e il controllo costante dei processi industriali.

In conclusione, adottare principi e strategie della Chimica Verde è fondamentale per promuovere una produzione chimica più sostenibile, sicura ed eco-compatibile, riducendo l’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana.La chimica verde è un approccio innovativo che si concentra sull’eliminazione dell’uso e della generazione di sostanze pericolose durante i processi chimici. L’obiettivo principale è progettare processi più efficienti con una produzione minima di rifiuti, monitorando costantemente i processi in corso per intervenire tempestivamente e prevenire la formazione di scorie o tossine.

L’importanza della Chimica Verde per la sicurezza e la sostenibilità

Uno dei principi fondamentali della chimica verde è la promozione di una chimica intrinsecamente più sicura, che mira a prevenire incidenti chimici come rilasci, esplosioni e incendi. Questo viene ottenuto attraverso la selezione o la progettazione di sostanze chimiche con un ridotto potenziale di rischio.

Applicazioni della Chimica Verde

Le applicazioni della chimica verde sono molteplici e hanno un impatto significativo sulla sostenibilità ambientale e sulla sicurezza. Ci sono diversi settori in cui la chimica verde ha trovato applicazione con successo:

Produzione di plastiche da materie prime rinnovabili

: sostituendo le materie prime a base di petrolio con fonti rinnovabili, si riduce l’impatto ambientale legato alla produzione di plastiche.

Sintesi di nuovi farmaci

: l’utilizzo di solventi verdi e reattivi meno tossici nella sintesi di farmaci porta a prodotti più sicuri e sostenibili.

Utilizzo di enzimi come biocatalizzatori

: sempre più aziende stanno adottando enzimi per ridurre l’uso di solventi, il consumo di materie prime e risparmiare energia durante i processi chimici.

Inoltre, la ricerca attuale si concentra sulla sintesi di plastiche biodegradabili provenienti da risorse rinnovabili, che promuovono la circularità e la riduzione dell’inquinamento da plastica.

In conclusione, la chimica verde rappresenta una rivoluzione nell’ambito della chimica, promuovendo processi più sicuri, sostenibili ed efficienti. Collaborando e investendo in queste tecnologie innovative, è possibile contribuire attivamente alla salvaguardia dell’ambiente e alla prevenzione dei rischi per la salute umana.

Alabastro, proprietà e usi

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L’utilizzo dell’Alabastro nell’arte e nell’architettura

L’alabastro è stato un minerale utilizzato nell’arte e nell’architettura per secoli, apprezzato per le sue qualità uniche e il suo fascino estetico. Il suo nome ha origine dalla parola greca “ἀλάβαστρον”, che si riferisce a un vaso usato per contenere profumi o unguenti o potrebbe derivare dalla città di Alabastron in Egitto o dall’antico egiziano “a-labaste”, associato ai vasi della dea egizia Bastet.

La definizione e l’utilizzo dell’Alabastro

Esistono due diverse definizioni di alabastro: secondo gli archeologi, può indicare sia il gesso sia la calcite, due minerali con proprietà simili. Gli geologi, invece, limitano il termine all’alabastro di gesso, un solfato di biidrato, mentre la calcite è un carbonato di calcio. I due minerali sono spesso confusi per via delle loro somiglianze.

L’Alabastro nell’antico Egitto e nel Medioevo

Nell’antico Egitto, l’alabastro era usato per creare intagli, statue e vasi per fini religiosi e funerari. Si estraeva dalla calcite presente in e stalagmiti vicino a Suez, in Egitto. Anche durante il Medioevo e il Rinascimento, l’alabastro era molto apprezzato per la sua bellezza ed era impiegato per creare sculture religiose e decorazioni in chiese e palazzi.

Diffusione e caratteristiche dell’Alabastro

L’alabastro è una roccia sedimentaria che si forma per precipitazione di minerali in ambienti evaporitici. Si trova in molte parti del mondo, tra cui l’Europa. In Spagna, in particolare nella regione dell’Aragona, si trova alabastro con diverse colorazioni, come il beige e il miele. In Italia, nella città toscana di Volterra, si trova il tipo più pregiato di alabastro, risalente a un periodo compreso tra i 26 e i 7 milioni di anni fa.

La produzione dell’Alabastro a Volterra

I depositi di alabastro di Volterra sono presenti in cave a cielo aperto o in gallerie, dove vengono estratti i blocchi di alabastro. Questi blocchi vengono poi lavorati e utilizzati per creare sculture, oggetti ornamentali e altro ancora. La millenaria dell’alabastro e le sue caratteristiche uniche lo rendono un materiale prezioso e ammirato nell’ambito artistico e architettonico.

Alabastro: caratteristiche, provenienza e proprietà

L’alabastro è una pietra naturale con varietà differenti in base alla composizione chimica del terreno in cui si forma. Le varietà bianche e trasparenti sono quelle meno ricche di inclusioni, mentre gli alabastri tendenzialmente grigi con venature presentano inclusioni di argilla e ossidi metallici. In Egitto, le cave di alabastro si trovano nel deserto orientale, vicino a Luxor, e sono rinomate per la loro purezza. Depositi di alabastro si trovano anche in Iran, nella regione di Yazd, e negli Stati Uniti, in California, Utah, Colorado e Oklahoma.

Proprietà dell’alabastro

Il colore e le caratteristiche dell’alabastro possono variare a seconda delle specifiche impurità minerali presenti. Le tonalità ambra, gialle e rossastre sono dovute a ossidi e idrossidi metallici come il . La varietà più pregiata è quella bianca, nota per la sua purezza e capacità di trasmettere la luce. L’alabastro ha una durezza nella scala di Mohs compresa tra 1.5-2, il che lo rende facilmente scolpibile. Tuttavia, essendo più morbido rispetto a e granito, è più suscettibile a graffi e danni.

Usi dell’alabastro

L’alabastro è spesso utilizzato come pietra decorativa per la produzione di piccoli oggetti scultorei, statuette e vasi. Viene lavorato con limature sottili e lucidato per ottenere la superficie desiderata. Grandi lastre di alabastro sono state impiegate nella Cattedrale di Nostra Signora degli Angeli a Los Angeles. La cattedrale utilizza un sistema di raffreddamento apposito per evitare il surriscaldamento delle lastre di alabastro, che altrimenti perderebbero la loro trasparenza.

In conclusione, le caratteristiche e la versatilità dell’alabastro lo rendono un materiale molto apprezzato nell’ambito artistico, architettonico e decorativo. La sua capacità di trasmettere la luce e la sua resistenza al fuoco lo rendono una scelta ideale per molteplici usi creativi.

Reagente di Marquis

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Il significativo reagente di Marquis è una miscela di e concentrato utilizzato per identificare le droghe illegali come l’eroina, la morfina, le droghe a base di oppiacei e le anfetamine appartenenti alla famiglia degli .

Test rapido per il rilevamento delle droghe

Con l’aumento del consumo e del traffico illegale di droghe, sono diventati fondamentali test rapidi, seppur presuntivi, per individuarle in tracce. Il reagente di Marquis, creato dal chimico russo Eduard Marquis alla fine del XIX secolo, rappresenta uno strumento essenziale per il rilevamento delle sostanze stupefacenti. Questo test è noto per la sua efficacia e affidabilità nel campo dell’analisi chimica.

Il reagente di Marquis consente una risposta rapida al test e può essere utilizzato anche al di fuori dei laboratori, risultando particolarmente utile per le forze dell’ordine che operano in luoghi come aeroporti e frontiere.

Utilizzo e analisi del test

Se il test dà esito positivo, è essenziale sottoporre il campione a un’analisi più dettagliata in laboratorio mediante strumenti sofisticati come la Risonanza Magnetica Nucleare, la Spettrometria di Massa, la Spettroscopia Raman e la Cromatografia su strato sottile.

Composizione e evoluzione del reagente di Marquis

La formulazione iniziale del reagente prevedeva la miscelazione di 100 mL di acido solforico concentrato con 5 mL di formaldeide al 40% v/v. Nel corso del tempo sono state apportate variazioni, come l’aggiunta di metanolo per rallentare la reazione e permettere una migliore osservazione dei cambiamenti di colore.

Durante le prime fasi di utilizzo, il reagente di Marquis è stato testato su vari alcaloidi per sviluppare scale di di riferimento utili nell’identificare sostanze specifiche.

Meccanismo di reazione

Nonostante non sia completamente chiaro, si crede che la reazione tra gli alcaloidi e il reagente di Marquis avvenga attraverso stadi di carbocationi. Nel primo stadio, si verifica l’attacco nucleofilo dell’anello benzenico degli alcaloidi al gruppo carbonilico dell’aldeide, formando un carbocatione benzilico primario.

Questo test colorimetrico fornisce informazioni cruciali per l’identificazione delle droghe illegali, contribuendo alla lotta contro il traffico di sostanze stupefacenti.

Analisi del processo di chimica analitica

Durante il secondo stadio, si verifica un importante passaggio dove il carbocatione benzilico interagisce con un altro anello benzenico, dando vita a un composto con due anelli benzenici uniti da un ponte metilenico.

Nel terzo stadio, l’ossidazione avviene in presenza di acido solforico, portando alla formazione di un alcol secondario che successivamente subisce una disidratazione, generando così un carbocatione benzilico secondario. Questa struttura è un addotto che, a seconda del gruppo R e dell’alcaloide presente, può assumere colorazioni caratteristiche che consentono la sua identificazione. C’è anche un meccanismo ipotizzato che avviene per via radicalica, sebbene non supportato da prove sperimentali.

Colorazioni e identificazione

I risultati del test sono rapidamente visibili dopo pochi secondi, anche se potrebbero verificarsi variazioni nelle colorazioni. Tuttavia, eventuali cambiamenti del colore dopo i primi 60 secondi non devono essere considerati a causa delle con l’umidità e l’ossigeno nell’aria.

Per esempio, la 3,4-metilenediossimetanfetamina (MDMA o ecstasy) e la 3,4-metilenediossiamfetammina (MDA) mostrano una colorazione compresa tra il viola e il nero dai 0 ai 5 secondi. Al contrario, anfetamine e metanfetamine producono una colorazione che va dall’arancio al marrone, mentre la 2C-B, conosciuta anche come cocaina rosa, si colora dal giallo al verde entro i primi 5-10 secondi. Infine, il destrometorfano o DXM assume una colorazione che varia dal grigio al nero tra i 15 e i 30 secondi.

Pirazolone, proprietà e derivati

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La classe di composti organici conosciuti come pirazoloni è caratterizzata dalla presenza di un anello eterociclico a cinque membri con due atomi di azoto adiacenti e un gruppo chetonico al suo interno. Questi composti hanno diverse applicazioni biologiche, chimiche e farmacologiche, ed includono importanti antipiretici e analgesici.

I derivati del pirazolone possono presentarsi in due isomeri a seconda della posizione del gruppo chetonico. Il capostipite di questa famiglia di è il pirzolone, con formula C3N2H4O. Alla fine del XIX secolo, furono sintetizzati i precursori dei moderni antipiretici e analgesici non oppioidi come il , l’ e il fenazone, con quest’ultimo che è stato il primo derivato del pirazolone a essere sintetizzato nel 1883 da Ludwig Knorr, noto anche come antipirina.

Il fenazone, un derivato del pirazolone, viene sintetizzato tramite una reazione di condensazione tra la e l’acetoacetato di etile in condizioni basiche, seguita dalla metilazione del composto intermedio (1-fenil-3-metilpirazolone) in presenza di dimetil solfato o ioduro di metile.

Proprietà del pirazolone

I pirazoloni e i loro derivati sono solide da incolori a gialli, con punti di fusione di oltre i 100 °C, che possono diminuire in presenza di sostituenti sull’azoto. Le specie a basso peso molecolare sono solubili in acqua calda, mentre quelle con peso molecolare più elevato sono solubili nella maggior parte dei solventi organici. Inoltre, la maggior parte dei pirazoloni è facilmente solubile in alcali acquosi, e possono presentare fenomeni di tautomeria influenzati dal legame a idrogeno.

I pirazoloni possiedono sia carattere basico che acido, con una predominanza del carattere debolmente acido, consentendo la titolazione con basi forti o in alcuni casi anche con acido perclorico.

Derivati del pirazolone

L’aminofenazone, conosciuta anche come aminopirina, fu sintetizzata per la prima volta da Friedrich Stolz e Ludwig Knorr alla fine del XIX secolo. Questo composto fu in seguito commercializzato come farmaco antifebbrile conosciuto con il nome di Pyramidon da Hoechst AG a partire dal 1897. Oltre a possedere proprietà antifebbrili, la aminofenazone ha dimostrato anche attività antinfiammatorie e antipiretiche.

Il metamizolo, conosciuto anche come metamizolo sodico, è un analgesico non steroideo con nome commerciale Novalgina, con una potente attività antipiretica superiore al paracetamolo e all’ibuprofene. Questo farmaco è utilizzato in diversi paesi tra cui Italia, Spagna e Giappone, ma è stato ritirato dal mercato statunitense a causa di possibili effetti collaterali.

Il fenilbutazone è un farmaco con spiccate proprietà analgesiche e antinfiammatorie, ma privo di attività antipiretica. Trova impiego nel trattamento dell’artrite reumatoide, nella sindrome di Reiter in fase sperimentale e nel settore veterinario per il trattamento di patologie dell’apparato locomotore dei cavalli.

La 4-amminoantipirina viene utilizzata come reagente in biochimiche che producono perossidi o fenoli. Nonostante le sue proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antipiretiche, l’uso di questo composto è sconsigliato a causa del rischio di agranulocitosi, una condizione patologica che porta a una marcata riduzione dei globuli bianchi nel sangue.

L’edaravone, commercializzato con il nome di Radicava, è un farmaco utilizzato per il trattamento dell’ictus e della sclerosi laterale amiotrofica, sebbene il suo meccanismo d’azione non sia ancora completamente chiaro. Si ipotizza che agisca grazie alle sue proprietà antiossidanti, aiutando a contrastare i radicali liberi e riducendo lo stress ossidativo che può contribuire alla morte dei neuroni nelle persone affette da SLA.

Il propifenazone, noto anche come isopropilantipirina, è un derivato del fenazone introdotto nel 1951 per il trattamento dei disturbi reumatici. Nel tempo, è stato sostituito da altri farmaci più moderni come l’aspirina, il paracetamolo e farmaci antinfiammatori non steroidei come l’ibuprofene, a causa dei possibili effetti collaterali associati ad alcuni dei suoi predecessori.

Tartrazina, usi e proprietà

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La tartrazina, conosciuta anche come giallo tartrazina o E102, è un colorante azoico di origine sintetica scoperto nel 1884 dal chimico svizzero Johann Heinrich Ziegler durante le sue ricerche sulle molecole distillabili dal catrame di carbone. Questo colorante è usato e riconosciuto in tutto il mondo, ad eccezione di alcuni paesi che richiedono l’indicazione della presenza di tartrazina nei prodotti alimentari, come negli Stati Uniti. Tuttavia, l’utilizzo di questo colorante è oggetto di controversie a causa dei potenziali effetti collaterali e dei rischi per la salute che potrebbero derivarne.

La tartrazina fa parte della famiglia dei coloranti pirazolonici, che includono l’unità del pirazolone, un eterociclo a 5 membri con due atomi di azoto adiacenti. Quando combinato con gruppi azoici, il pirazolone forma una sottofamiglia di noti come azopirazoloni.

La formula chimica della tartrazina è C16H9N4Na3O9S2 ed è un solido cristallino solubile in acqua e moderatamente solubile in solventi organici come etanolo, etere etilico, acetone e cloroformio, ma insolubile negli oli e nei grassi. Presenta stabilità termica fino a 200°C all’aria e fino a 300°C in presenza di gas inerte come l’. Mostra una colorazione persistente anche in ambienti acidi e ad alte temperature, ed è resistente alla luce, alla temperatura e all’ossidazione.

Uno dei punti di forza della tartrazina è la sua capacità di offrire stampe gialle verdastre brillanti, ed è uno dei primi coloranti utilizzati nella stampa a getto d’inchiostro. Tuttavia, a causa delle sue ridotte dimensioni molecolari, mostra una scarsa resistenza all’acqua sulla carta comune.

La tartrazina è caratterizzata da forti bande di assorbimento nella regione dell’U.V. con un picco di a 258 nm e nella regione del visibile con un picco di assorbanza a 436,26 nm. La sua assorbanza è direttamente proporzionale alla concentrazione, rendendola identificabile tramite metodi spettrofotometrici.

Proprietà della Tartrazina

La tartrazina si presenta come un colorante azoico con proprietà uniche che lo rendono ampiamente utilizzato nell’industria alimentare e della stampa.

Usi della Tartrazina

La tartrazina trova ampio impiego per le sue caratteristiche cromatiche brillanti e la sua solubilità in diversi solventi, ma è importante considerare i potenziali rischi associati al suo consumo e l’obbligo di indicarne la presenza nei prodotti.Gli utilizzi della tartrazina includono la colorazione di cibi e bevande analcoliche, così come l’industria cosmetica che la impiega in rossetti, prodotti per il viso, shampoo e altri prodotti di largo consumo. I suoi usi si estendono anche alla tintura di lana e seta, grazie alla capacità di legarsi facilmente alle proteine presenti nei tessuti. Non solo, la tartrazina è anche utilizzata nell’industria alimentare per colorare bevande, formaggi, dolci, e molto altro ancora.

Ampiamente diffuso nell’industria alimentare, la tartrazina è presente in diversi prodotti come caramelle, formaggi processati, gelatine e persino in alcuni farmaci. Anche se utilizzata comunemente, l’uso di coloranti artificiali come la tartrazina ha generato un dibattito tra gli esperti riguardo ai possibili effetti collaterali sulla salute.

Effetti collaterali della Tartrazina

La Food and Drug Administration negli Stati Uniti e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare hanno espressioni diverse riguardo all’utilizzo di coloranti artificiali come la tartrazina. Alcuni studi indicano che la tartrazina potrebbe causare avverse come orticaria, problemi gastro-intestinali, effetti sul sistema nervoso e respiratorio, sebbene molti di questi effetti siano considerati rari e non pienamente confermati.

Ad esempio, il biossido di titanio, utilizzato in vari prodotti alimentari, ha generato dibattiti per i possibili effetti tossici. Sebbene negli Stati Uniti non sia vietato, in Europa sono state evidenziate possibili implicazioni sulla genotossicità.

In generale, la tartrazina si conferma un colorante controverso, suscitando preoccupazioni riguardo alla sua sicurezza e ai potenziali rischi per la salute. Data la sua ampia diffusione, è importante monitorare attentamente la presenza di questo colorante nei prodotti di consumo e valutare attentamente i potenziali effetti collaterali che potrebbero derivarne.

Calcoli biliari, composizione, cause

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Calcoli biliari: cause, sintomi e trattamento

I calcoli biliari, noti anche come calcoli alla colecisti, sono stati riscontrati nelle cistifellee delle mummie egiziane risalenti al 1000 a.C. L’analisi chimica dei calcoli biliari fornisce importanti informazioni sull’eziologia, l’origine e le basi metaboliche della formazione di questi calcoli, aiutando a identificare i fattori di rischio che predispongono all’insorgenza di tale patologia.

La formazione dei calcoli biliari

La cistifellea, o colecisti, è un organo cavo dell’apparato digerente responsabile dell’immagazzinamento della bile prodotta dal fegato. Durante la digestione, rilascia la bile nell’intestino tenue. La bile svolge due ruoli principali: facilita la digestione e l’assorbimento dei grassi e contribuisce all’eliminazione di scorie metaboliche.

I calcoli biliari si formano a causa della precipitazione di sostanze poco solubili, come il e la , all’interno della cistifellea. Questo squilibrio nella composizione chimica della bile può portare alla formazione di minuscoli cristalli che crescono nel , formando calcoli di dimensioni variabili.

Cause dei calcoli biliari

Le cause dei calcoli biliari includono livelli elevati di colesterolo o bilirubina all’interno della cistifellea. Le persone a rischio sono principalmente le donne, soprattutto dopo la gravidanza o durante l’assunzione di terapie ormonali. Altri fattori di rischio sono l’obesità, elevati livelli di colesterolo, età superiore ai 40 anni e condizioni di salute come cirrosi o malattie infiammatorie dell’intestino.

Trattamento e prevenzione

Il trattamento dei calcoli biliari varia a seconda della gravità del caso. Nei casi lievi, si può ricorrere a cambiamenti nella dieta, all’aumento dell’attività fisica e all’idratazione adeguata. Nei casi più gravi, potrebbe essere necessaria la rimozione chirurgica dei calcoli o della cistifellea stessa.

Per prevenire la formazione dei calcoli biliari è consigliabile mantenere un peso salutare, seguire una dieta equilibrata e limitare il consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi. Inoltre, è importante bere a sufficienza e evitare l’eccesso di alcol.

In conclusione, i calcoli biliari sono una condizione comune che può causare sintomi dolorosi e complicazioni. È fondamentale consultare un medico in caso di sospetti e seguire le indicazioni per un corretto trattamento e una prevenzione adeguata. Su Chimica Today è possibile trovare ulteriori approfondimenti su questo argomento.

La Variazione Geografica nei Calcoli Biliari: Stati Uniti vs Europa

La presenza di calcoli biliari mostra una marcata variazione geografica. Negli Stati Uniti, circa il 15% della popolazione è affetto da questa condizione, con una maggiore prevalenza nei messicani-americani rispetto ai bianchi non ispanici e una minor incidenza nei neri non ispanici. Al contrario, si è riscontrata una prevalenza straordinariamente alta tra gli indiani d’America. In Europa, gli studi hanno rivelato una prevalenza compresa tra il 9% e il 21%, con un’incidenza di 0,63 persone all’anno su 100.

Composizione Chimica dei Calcoli Biliari

I calcoli biliari possono essere composti principalmente da colesterolo puro (54,3%), bilirubina pura (2,2%), o una combinazione di entrambi (43,5%). Il colesterolo rimane il costituente chimico più comune, presente nell’82,6% dei calcoli biliari. Altri componenti minori includono fosfolipidi, , acidi biliari, acidi grassi esterificati, proteine solubili, magnesio, ferro, , sodio, potassio, fosfato inorganico, ossalato e cloruro. Il calcio è presente nel 32,6% dei calcoli biliari sotto forma di sali di calcio di bilirubina e carbonato.

Prevenzione dei Calcoli Biliari

Una dieta sana è fondamentale per prevenire la formazione di calcoli biliari. Evitare diete drastiche o un basso apporto calorico è essenziale, con una particolare attenzione a non scendere al di sotto delle 800 calorie al giorno. Una dieta ricca di fibre e povera di grassi aiuta a mantenere il colesterolo biliare in forma liquida, riducendo il rischio di formazione dei calcoli.

Alimenti come frutta e verdura fresca, fagioli, cereali integrali e crusca dovrebbero essere parte integrante della dieta. Studi recenti hanno dimostrato che un consumo moderato di olio di oliva e caffè può ridurre il rischio di calcoli biliari. La lecitina, presente in alimenti come semi di soia, uova e cioccolato, può anche giocare un ruolo nella prevenzione dei calcoli biliari, impedendo al colesterolo di solidificarsi nella cistifellea.

In conclusione, una dieta equilibrata e ricca di fibre, unita a una corretta idratazione e alla limitazione di grassi saturi, può contribuire significativamente alla prevenzione dei calcoli biliari, migliorando la salute del sistema biliare nel suo complesso.

Buretta, lettura e tipi

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Importanza e utilizzo delle burette in laboratorio

La buretta, uno strumento fondamentale in chimica analitica, è costituita da un tubo di vetro graduato munito di rubinetto. Inventata nel 1845 da Étienne Ossian Henry e perfezionata nel 1855 da Karl Friedrich Mohr, la buretta rimane uno strumento essenziale nell’analisi chimica quantitativa anche dopo duecento anni dalla sua creazione.

Funzionamento della buretta e tipologie

La buretta viene impiegata per erogare e misurare una quantità variabile di una soluzione chimica, detta titolante. Il rubinetto controlla il flusso della soluzione, che può avvenire sia in modo continuo che goccia a goccia.

Originariamente, i rubinetti delle burette erano in vetro e necessitavano di lubrificazione con vaselina o grasso. Tuttavia, con l’introduzione del , un materiale autolubrificante, questa problematica è stata risolta.

Lettura accurata della buretta

Durante l’utilizzo della buretta, è fondamentale effettuare la lettura corretta, sia durante il riempimento (operazione detta “azzeramento”) sia al raggiungimento del punto finale della titolazione. La presenza di e coesione all’interno del tubo di vetro può influenzare la forma del liquido, creando un menisco concavo.

Per evitare errori di parallasse nella lettura, è necessario che l’occhio dell’operatore si trovi alla stessa altezza del menisco inferiore. Le burette Schellbach utilizzano una linea blu su una banda bianca per facilitare la lettura e ridurre gli errori.

Conclusioni

Le burette sono strumenti indispensabili nei laboratori chimici, con varie tipologie disponibili. La buretta volumetrica è la più comune, mentre la buretta ambrata, nota anche come di Mohr, offre una protezione dalla luce e viene spesso impiegata nelle per preservare la qualità del titolante. La precisione e l’accuratezza nella lettura e nell’utilizzo delle burette sono essenziali per garantire risultati affidabili nelle analisi chimiche quantitative.

Le Diverse Tipologie di Burette e le Loro Caratteristiche

Le burette sono strumenti essenziali in laboratorio per misurare con precisione i volumi di liquidi durante le analisi chimiche. Tra le varie tipologie di burette troviamo la buretta a gas, caratterizzata da un rubinetto posizionato nella parte superiore e un tubo riempito con un fluido collegato a un serbatoio sul fondo per raccogliere il gas.

Un’altra opzione sono le burette digitali, ideali per analisi di routine con lo stesso titolante. Questi strumenti sono collegati a una bottiglia di soluzione titolante e permettono di erogare volumi controllati in modo preciso, con la possibilità di azzeramento automatico per multiple .

Classi di Precisione delle Burette

Le burette sono suddivise in classi A e B, che indicano il livello di precisione del vetro utilizzato per la loro produzione. Le burette di classe A sono calibrate con maggiore accuratezza e spesso sono corredate da un certificato di precisione. Realizzate in materiale borosilicato, offrono la massima precisione grazie alla loro e chimica superiore.

Al contrario, le burette di classe B sono più economiche e adatte per utilizzi più generici in laboratorio. Realizzate in vetro sodo-calcico, sono adatte per la maggior parte dei materiali, ma non garantiscono la stessa resistenza chimica e termica delle burette di classe A.

Il vetro sodo-calcico è composto principalmente da silice, soda e calce, con piccole quantità di altri composti per il controllo del colore e la rifinitura. A causa della sua composizione, il vetro sodo-calcico non è indicato per l’esposizione a sostanze chimiche e temperature elevate.

Tabelle di Classificazione delle Burette

Di seguito, una tabella che mostra le specifiche tolleranze per diverse classi di burette in base al volume:

Volume (mL)

Classe

Suddivisione (mL)

Tolleranza (mL)


– 5 – A – 0.01 – ± 0.01
– 5 – B – 0.01 – ± 0.01
– 10 – A – 0.02 – ± 0.02
– 10 – B – 0.02 – ± 0.04
– 25 – A – 0.1 – ± 0.03
– 25 – B – 0.1 – ± 0.06
– 50 – A – 0.1 – ± 0.05
– 50 – B – 0.1 – ± 0.10
– 100 – A – 0.2 – ± 0.10
– 100 – B – 0.2 – ± 0.20

Queste specifiche sono fondamentali nella scelta della buretta più adatta alle proprie esigenze di laboratorio, garantendo la precisione e l’affidabilità necessarie durante le analisi chimiche.

Proprietà del gruppo uscente

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L’importanza del Gruppo Uscente nelle di

Nelle reazioni di o nucleofila che possono avvenire tramite meccanismi SN1 e SN2, è fondamentale che ci sia la presenza di un gruppo uscente efficace. In una reazione di sostituzione nucleofila, i nucleofili agiscono spostando un gruppo funzionale, noto come gruppo uscente, dal substrato per generare un prodotto sostituito.

Caratteristiche Fondamentali del Gruppo Uscente

I gruppi uscenti migliori sono generalmente le basi deboli. Secondo la teoria di Brønsted e Lowry degli acidi e delle basi, un acido è considerato come un donatore di protoni, mentre una base è un accettore di protoni. Ad esempio, considerando l’acido cloridrico che si dissocia nel seguente modo: HCl + H2O → Cl- + H3O+, agisce da acido cedendo un protone all’acqua, che funge da base poiché accetta il protone.

Ruolo dell’Acido nei Processi Chimici

Un acido forte ha una base coniugata debole, secondo il principio che quanto più è forte un acido, tanto più debole è la sua base coniugata. Ad esempio, i composti Cl-, Br-, e I- sono considerati basi deboli in quanto sono le basi coniugate rispettivamente di HCl, HBr, e HI, che sono acidi forti.

Altri Buoni Gruppi Uscenti

Un altro esempio di buon gruppo uscente è il tosilato, che è la base coniugata dell’acido p-toluensolfonico, un acido forte che è significativamente più forte dell’acido benzoico. Di conseguenza, l’ione tosilato è considerato una base molto debole. Questi esempi dimostrano l’importanza dei gruppi uscenti nelle reazioni di sostituzione nucleofila e la necessità di comprendere le caratteristiche che rendono un gruppo efficace in tal contesto.

Valutazione della base coniugata

La base coniugata dell’acido metansolfonico, il mesilato CH₃SO₃, è un esempio di buon gruppo uscente. La sua forza può essere valutata considerando il valore di Ka, che per questo acido è di circa 70. Un criterio fondamentale per valutare l’attitudine di un gruppo uscente è la costante di dissociazione acida (Ka): maggiore è il valore di Ka, più forte è l’acido e più debole sarà la sua base coniugata.

Importanza della stabilità della base coniugata

La stabilità della base coniugata influisce sulla capacità di un gruppo uscente di separarsi dalla molecola. Un valore elevato di Ka indica una base coniugata stabile, con una maggiore propensione ad accettare cariche negative. Inoltre, il pKa (calcolato come -log Ka) più basso corrisponde a una base coniugata più stabile.

Considerazioni sull’ di legame

Un altro parametro significativo per valutare i gruppi uscenti è l’, che misura la forza di legame in una reazione chimica. Ad esempio, considerando le energie di legame per i legami tra il carbonio e gli alogeni, possiamo osservare che il legame C-I ha un’energia di legame inferiore rispetto ad altri legami come C-F, C-Cl e C-Br. Di conseguenza, l’ioduro risulta essere il miglior gruppo uscente tra gli alogeni.

Altri fattori da considerare

Oltre alla costante di dissociazione acida e all’energia di legame, altri fattori influenzano l’attitudine di un gruppo uscente. La dimensione dell’atomo gioca un ruolo importante: all’aumentare delle dimensioni atomiche, la basicità diminuisce a causa di una minore densità elettronica. L’elettronegatività è un’altra variabile da considerare, poiché aumenta da sinistra a destra nella Tavola Periodica, riducendo la basicità. Infine, la presenza di risonanza in una molecola può influenzare la sua stabilità e determinare se può agire come un buon gruppo uscente.

Grado di libertà esempi e applicazioni

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Cos’è il Grado di Libertà e Come si Applica in Chimica e Statistica

Il concetto di grado di libertà nella chimica e nella statistica è fondamentale per comprendere il numero di modi in cui le molecole possono muoversi nello spazio o le variazioni massime indipendenti che possono avvenire in uno spazio campionario. Questo concetto fu introdotto per la prima volta dal matematico Carl Friedrich Gauss all’inizio del 1821.

Grado di Libertà in Statistica

Un esempio chiaro per comprendere i gradi di libertà è quello di dover scegliere tra due abiti da indossare. In questo caso, il grado di libertà è pari a 1. Se, invece, non fosse permesso indossare nuovamente lo stesso abito, il grado di libertà diventerebbe zero, poiché non ci sono altre opzioni. Se le opzioni disponibili sono N, i gradi di libertà saranno pari a N-1.

Gas e Grado di Libertà

Le molecole sono composte da atomi che contengono un nucleo positivamente carico e elettroni negativamente carichi. Nelle molecole, come nell’idrogeno, l’ potenziale è la somma delle repulsioni e delle attrazioni tra le cariche elettriche. Questo legame è descritto dalla curva dell’energia potenziale, che svolge un ruolo significativo nella chimica molecolare.

Grado di Libertà Traslazionale

Il grado di libertà traslazionale deriva dal moto traslatorio delle molecole. Nei gas monoatomici, biatomici e triatomici, le molecole si muovono liberamente e possiedono un’ traslatoria dipendente dalla temperatura. Ad esempio, per i gas monoatomici come l’argon, che possono muoversi in qualsiasi direzione nello spazio, i gradi di libertà traslatori sono tre, corrispondenti agli assi x, y e z.

Grado di Libertà Rotazionale

Il grado di libertà rotazionale riguarda il moto rotatorio delle molecole. Nei gas monoatomici in cui le molecole sono assimilabili a masse puntiformi, il momento d’inerzia è nullo, poiché la sfera è simmetrica rispetto alla rotazione.

In conclusione, il grado di libertà è un concetto cruciale per comprendere i movimenti molecolari nella chimica e le variazioni statistiche nei campioni. La sua applicazione può fornire una visione più chiara dei processi fisici e chimici che avvengono a livello atomico e molecolare.

Gradi di Libertà Molecolari: Un’Analisi Dettagliata

Moto Rotatorio Molecolare

Quando si parla di molecole di gas, il concetto di gradi di libertà è essenziale per comprendere i diversi modi in cui una molecola può muoversi nello spazio. Ad esempio, per una molecola di gas biatomico, il potrebbe non essere nullo. In particolare, le molecole di gas biatomico presentano tre assi coordinati lungo i quali il di due atomi può muoversi liberamente, il che significa che la molecola biatomica ruota attorno a un asse perpendicolare al suo asse principale. Pertanto, in questo caso, si avranno due gradi di libertà del moto rotatorio.

Per un gas triatomico non lineare, ci saranno invece tre gradi di libertà rotazionali, mentre per un gas triatomico lineare, come ad esempio il biossido di carbonio, si avranno due gradi di libertà rotazionali simili a quelli di una molecola biatomica.

Libertà Vibrazionale Molecolare

Il numero di gradi di libertà vibrazionali di una molecola dipende dalla capacità degli atomi presenti di muoversi l’uno rispetto all’altro attraverso azioni di stretching e bending. Ad esempio, una molecola biatomica può vibrare con i due atomi che si muovono in modo oscillatorio in virtù del legame chimico tra di loro che agisce come una sorta di molla.

Applicazioni Pratiche

La comprensione dei gradi di libertà molecolari è fondamentale per studiare il comportamento fisico e termodinamico di una molecola di gas. Questo concetto trova applicazione pratica nel determinare il specifico di diversi gas e nella valutazione della capacità termica di un corpo. Maggiore è la capacità termica di una sostanza, minore sarà l’effetto che una determinata quantità di calore avrà sulla sua temperatura.

La temperatura di un sistema è spesso misurata in base all’energia cinetica media dovuta ai moti traslazionali delle molecole. La presenza di moti vibrazionali o rotazionali può ridurre l’energia cinetica traslazionale e, di conseguenza, la dipendenza dell’energia interna dalla temperatura, aumentando così la capacità termica della sostanza.

In conclusione, i gradi di libertà molecolari rappresentano un concetto fondamentale per comprendere il comportamento dei gas e delle sostanze in generale, così come per analizzare le proprietà termodinamiche di un sistema.

Complessi del cianuro

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Complessi del cianuro: un’introduzione ai cianometallati

I che coinvolgono il cianuro come legante sono noti come cianometallati. Questi complessi sono tipici dei e sono stati studiati per la prima volta da Alfred Werner, che ha dimostrato che formano complessi esacoordinati con struttura ottaedrica.

Cianometallati esacoordinati e pentacoordinati

I cianometallati esacoordinati sono formati da una varietà di metalli di transizione come Ti(III), V(III), Cr(III), Mn(IV), Fe(II), Co(III), Ru(III), e Os(III). Questi composti, essendo costituiti da sei ioni cianuro con carica negativa, sono prevalentemente di natura anionica.

Invece, i cianometallati pentacoordinati possono presentare una struttura bipiramidale trigonale o piramidale a base quadrata e coinvolgono metalli come Cr(II), Mn(III), Fe(II), e Co(III). Un esempio è il pentacianocobaltato [Co(CN)5]2- con struttura piramidale a base quadrata.

Complessi del cianuro con leganti aggiuntivi

Alcuni complessi del cianuro possono contenere leganti diversi dal cianuro. Ad esempio, il nitroprussiato [Fe(CN)5NO]2- è un esempio in cui il cianuro è presente insieme ad un altro legante.

Il ruolo del cianuro nei complessi del ferro

Il ferro può formare due tipi di complessi del cianuro: il ferrocianuro, con il ferro in stato di ossidazione +2, e il ferricianuro, con il ferro in ossidazione +3. Questi complessi sono importanti nella sintesi di sostanze come il e vengono utilizzati anche in diversi settori industriali.

L’interazione del cianuro con i metalli nobili

Il cianuro mostra proprietà complessanti anche con metalli nobili. Ad esempio, il cianuro di (I) può formare complessi solubili in presenza di ioni cianuro, come [Cu(CN)3]2- e [Cu(CN)4]3-, con diverse geometrie molecolari.

In conclusione, i complessi del cianuro giocano un ruolo significativo in chimica coordinativa e presentano interessanti proprietà che li rendono importanti sia dal punto di vista teorico che applicativo.

L’interazione del cianuro con metalli pregiati come l’oro e l’argento

Il cianuro è un composto che può formare complessi con metalli come l’oro e l’argento. Mentre l’oro è scarsamente solubile, il complesso [Au(CN)2] è solubile, permettendo la solubilizzazione del metallo attraverso una reazione specifica. In modo simile, l’argento può solubilizzarsi formando il complesso [Ag(CN)2].

L’effetto del cianuro come legante di campo forte

Secondo la serie spettrochimica, l’ione cianuro agisce come un legante a campo forte. Questa serie, stabilita dal chimico R. Tsuchida nel 1938, ordina i leganti e gli ioni metallici in base alla capacità di generare campi. Gli studi spettroscopici sugli ioni metallici hanno contribuito a definire un elenco dei leganti in ordine crescente di campo.

L’effetto dei leganti sul campo cristallino

Gli orbitali d dei metalli di transizione sono influenzati dai leganti che si avvicinano, generando effetti sul campo cristallino. In presenza di leganti a simmetria ottaedrica, gli orbitali d sono destabilizzati dall’interazione con i leganti puntiformi, che porta alla separazione in due gruppi. Questo fenomeno comporta un abbassamento dell’ degli orbitali dxy, dxz, dyz, e un aumento dell’energia degli orbitali dx2- y2 e dz2.

La separazione del campo dei leganti e la serie spettrochimica

La separazione del campo dei leganti, indicata con Δ e o Δo per simmetria ottaedrica, rappresenta la repulsione tra gli elettroni d del metallo e i leganti. Questo valore è determinante per classificare i leganti come “a campo forte” o “a campo debole”. La serie spettrochimica fornisce un’importante classificazione dei leganti in base alla loro capacità di separare il campo cristallino.

In sintesi, l’interazione del cianuro con metalli come l’oro e l’argento porta alla formazione di complessi solubili, mentre il cianuro agisce come legante di campo forte, influenzando il campo cristallino e la separazione dei livelli energetici degli orbitali d. Questi concetti sono alla base della comprensione della chimica di coordinazione e della formazione dei complessi metallici.

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