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Central Park svela i suoi segreti nascosti e i potenti di New York ne orchestrano la costruzione

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: Il Parco dei Sogni Americano Nascosto da un Passato Sporco! Sapevate che il famoso Central Park di NYC, quel paradiso verde tra Hudson e East River, è stato creato demolendo interi quartieri? Sì, hanno spazzato via case e comunità per far spazio a 3,41 km² di percorsi, laghi artificiali e attrazioni da favola. Ma dietro il glamour, c’è un tocco di ipocrisia: un era solo un’area residenziale, rasa al suolo per i capricci dei potenti. #CentralParkScandal #NYCdarkside #

Immaginatevi Central Park, il cuore pulsante di Manhattan, un colosso verde di 4 km per 800 metri che batte in dimensioni persino Monaco e il Vaticano messi insieme – ma è solo metà del parco di Monza, per darvi un’idea. Questo non è un semplice fazzoletto d’erba: dentro ci sono oltre 93 km di sentieri che un tempo dividevano i poveri a piedi dai ricchi a cavallo, una mossa "classista" che oggi farebbe impazzire i social. Ora tutti pedalano e camminano, ma non dimentichiamo che al suo interno si nascondono tesori come il Metropolitan Museum, la fontana Bethesda, lo zoo e laghi finti come le promesse elettorali. L’unica cosa reale? Le rocce antiche, vecchie fino a ,1 miliardi di anni, come la Vista Rock con il Castello Belvedere – che doveva essere due, ma i fondi erano finiti, quindi hanno optato per una tettoia da quattro soldi. Che spreco!

Parlando di fondi e follie, torniamo all’Ottocento, quando NYC stava esplodendo e la griglia urbana non lasciava spazio per un vero parco. Nel 1853, i big shot decisero: demoliamo tutto per un’area verde "per tutti" – tradotto, per i privilegiati. Hanno puntato dritto al Seneca Village, una comunità di ex-schiavi appena liberati, tra la 59ª e la 106ª strada. Per giustificarlo, hanno lanciato una campagna diffamatoria sui giornali, giocando sul razzismo dell’epoca per far passare la cosa come un "favore". Non è ironico? Mentre i lavori partivano, indissero un concorso sul New York Times per il design, con requisiti da capogiro: strade, fontana, campo da cricket, pista di pattinaggio e sala concerti.

Alla fine, vinse il Greensward Plan di Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux, un capolavoro finto-naturale che sembra selvaggio ma è tutto progettato. Con un budget di 1,5 milioni di dollari ( a 60 milioni oggi), rasarono al suolo il Seneca Village e altre 1600 vite, offrendo compensi ridicoli e costringendo la gente a sloggiare. Hanno lasciato solo le rocce, perché quelle non si discutono, e hanno piantato alberi e costruito edifici per trasformare il caos in quel paradiso che oggi tutti amano. Ma ammettiamolo, è un po’ come una facciata luccicante su un passato che puzza di ingiustizia!

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Trump sospende i dazi USA su chip, smartphone e PC, ma l’esenzione resta temporanea e lascia spazio a nuove tensioni commerciali

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Trump fa una mossa shock: Dazi tech sospesi, ma è solo la quiete prima della tempesta! Il tycoon scatena il caos con un’esenzione improvvisa su smartphone, chip e PC, ma avverte: presto tornerà a colpire duro i cinesi. "La migliore notizia possibile per gli investitori tecnologici", dicono gli analisti, ma Trump non molla – nuovi dazi in arrivo! #DaziUSA #GuerraCommerciale #TrumpTech #MadeInAmerica

I dazi statunitensi continuano a far tremare il mondo tech, con Donald Trump che concede una pausa tattica su elettronici importati, come smartphone e chip, evitando quelle imposte pesanti annunciate dalla U.S. Customs and Border Protection. Ma attenzione, non è una vera tregua: questi componenti, perlopiù dalla Cina, entrano liberi solo se arrivati o prelevati dai magazzini a partire dal 5 aprile 2025, mentre il buon vecchio Trump giura che i saranno il prossimo bersaglio.

Questa esenzione è solo un respiro per le Big Tech come Apple, Microsoft e NVIDIA, che evitano rincari folli per i consumatori e irritazioni con gli investitori, ma non illudetevi – è una guerra commerciale in piena regola. La Casa Bianca blatera di riportare la tech in America, lottando contro le catene globali dominate dall’Asia, specialmente la Cina. Gli analisti finanziari la definiscono come «la migliore notizia possibile per gli investitori tecnologici», una boccata d’aria che però potrebbe svanire in un baleno.

Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, ha sbottato: Il Presidente Trump ha chiarito che l’America non può fare affidamento sulla Cina per la produzione di tecnologie critiche, come semiconduttori, chip, smartphone e laptop. Per questo motivo, il Presidente si è assicurato migliaia di miliardi di dollari di investimenti statunitensi dalle più grandi aziende tecnologiche al mondo, tra cui Apple (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) e NVIDIA. Su indicazione del Presidente, queste aziende si stanno affrettando a trasferire la loro produzione negli Stati Uniti il prima possibile.

E Trump in persona, dal suo pulpito su Truth, non le manda a dire: Questi prodotti [tech, NdR] sono soggetti agli attuali dazi del 20% sul Fentanyl e stanno semplicemente passando a una “categoria” tariffaria diversa. […] Stiamo esaminando i semiconduttori e l’INTERA CATENA DI FORNITURA DELL’ELETTRONICA nelle prossime indagini tariffarie sulla sicurezza nazionale. Ciò che è emerso è che dobbiamo produrre prodotti negli Stati Uniti e che non saremo tenuti in ostaggio da altri Paesi, in particolare da nazioni commerciali ostili come la Cina, che farà tutto ciò che è in suo potere per mancare di rispetto al popolo americano.

Insomma, con queste sparate da duro, Trump trasforma quello che sembra un gesto di clemenza in una minaccia velata – più che una tregua, è proprio la quiete prima della tempesta per il settore tech.

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Nubbin, il chip per la memoria che trasforma il futuro tecnologico, viene imposto alla società mentre ci si interroga sulla vera preparazione per le sue implicazioni kontroverse

Siete pronti per un incubo tecnologico che vi fruga nel cervello? Black Mirror stagione 7 sbatte in faccia il "Nubbin", quel dannato chip che ti pianta sulla tempia per trasformare la tua mente in un parco giochi virtuale – e i fan stanno già urlando: "Possiamo comprarlo?!" Ma fidatevi, questo aggeggio è solo l’ennesima follia distopica che ci fa dubitare della realtà.

Ehi, non ditemi che non vi fa accapponare la pelle: "Nubbin" è quel dispositivo super tecnologico che si appiccica su una tempia e ti regala poteri mentali da far impallidire un influencer in overdose di like. Sconquassa la coscienza, riaffiora ricordi sepolti, e improvvisamente ti chiedi se sia davvero ciò che vogliamo – o se siamo solo un branco di idioti che brama l’ultima cazzata high-tech. Per fortuna, è solo una trovata di marketing, pompata da orde di influencer che si mettono in trance, occhi vuoti e sguardo da zombie, inondando i social con video che sembrano usciti da un manicomio digitale. Ma andiamo, siamo onesti: in un mondo dove la tecnologia ci spinge verso vite online totali, chi diavolo sa più distinguere il vero dal finto?

Questi tizi di TCKR Systems – pura invenzione, ovviamente – ci bombardano con slogan come "La realtà perfetta? È tutto nella tua testa. La realtà è noiosa. È di qualcosa di meglio", e voi vi fidate? È il classico trucco per farci ingoiare pillole digitali che ci rendono dipendenti, mentre Black Mirror ci sbatte in faccia la cruda verità: un nuovo "chip cerebrale" per la cura della memoria suona figo, ma è solo un biglietto per l’inferno. Siamo sicuri di volerci arrivare? La serie non è solo intrattenimento, è uno schiaffo al nostro presente, dove la tecnologia ci trasforma in cavie ignare, e le nostre vite si dissolvono in un mix di sogni virtuali e incubi reali.

E indovinate un po’? Black Mirror non sta inventando un bel niente – sta solo amplificando ciò che già ci somiglia fin troppo. Nubbin e TCKR Systems sono fake, ma la paura che lasciano è maledettamente reale: scenari surreali che diventano la nostra quotidianità, con inquietudini che ci inseguono come ombre. La tecnologia va lontano, sì, ma a che prezzo? Non è il futuro che ci spaventa, è il presente che, silenziosamente, ci sta già fottendo.

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Il primo volo spaziale con equipaggio femminile viene orchestrato da Blue Origin, tra presenze come Katy Perry e la compagna di Jeff Bezos, scatenando polemiche non ufficiali.

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al potere: Katy Perry e le sue compagne di volo sfidano la gravità in un trip spaziale da capogiro! Chi l’avrebbe detto che mentre il mondo si preoccupa di guerre e crisi, Jeff Bezos manda su una manciata di celebrità a fare un giretto oltre i 100 km? Oggi, 14 aprile 2025, il razzo New Shepard di ha catapultato sei donne – tra cui la pop star Katy Perry e la scrittrice Lauren Sánchez – oltre la linea di Kárman, segnando la prima volta nella con un equipaggio "soltanto" al femminile. Un bel calcio nel sedere alle vecchie storie maschiliste dello , eh? #SpazioDelleDonne #BlueOriginEpic #KatyPerryConquistaLoSpazio

Ma andiamo al sodo: questo volo turistico, battezzato NS-31, è partito dal deserto texano alle 15:30 italiane e ha durato solo 11 minuti, portando a bordo anche la produttrice Kerianne Flymm, la giornalista Gayle King e le scienziate Amanda Nguyen e Aisha Bowe. Pensateci, gente: è la prima crew tutta al femminile dalla pioniera sovietica Valentina Tereshkova nel 1963 – e senza nemmeno un uomo a rovinare la festa! Blue Origin, l’agenzia di Bezos, non è nuova a questi show: è il 31° lancio e l’11° con passeggeri, spesso VIP disposti a sborsare un sacco di quattrini per un assaggio di zero-G.

Certo, New Shepard è un giocattolino rispetto ai bestioni di SpaceX: non va in orbita, solo su e giù in traiettoria parabolica, omaggiando Alan Shepard, il primo americano lassù. Ma hey, è tutto parte del boom del turismo spaziale made in USA, nato dopo che la NASA ha mollato il colpo con gli Shuttle nel 2011. Mentre Elon Musk spedisce satelliti e astronauti alla ISS, Bezos si concentra su questi voli suborbitali per ricchi curiosi, con viste mozzafiato dalla capsula e un po’ di peso zero per far sentire tutti eroi.

E non pensate che Blue Origin si fermi qui: stanno lavorando a roba grossa come New Glenn, Blue Moon per la Luna e Blue Ring per orbite serie. Nel volo NS-31, la capsula si è staccata dal razzo riutilizzabile a :40 dal lancio, ha sfiorato i 107 km di altezza per 3 minuti buoni, e poi è tornata giù con i paracadute. Insomma, un’avventura che fa impallidire i vecchi voli di Apollo – e chissà, magari è solo l’inizio di un’era dove le star pop dettano le regole dello spazio. Commento: Beh, se questo non è un modo per dire "le donne primeggiano", non so cos’altro lo sia – Bezos, prendi appunti!

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Minecraft umilia la concorrenza come videogioco più venduto di sempre, con oltre 300 milioni di copie diffuse in tutto il mondo

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Minecraft sta demolendo record: il gioco dei blocchi ha superato i 300 milioni di copie vendute, e con quel film idiota che ha invaso i cinema, i meme come "I… am Steve" e "Chicken Jockey" stanno rendendo i ragazzini pazzi furiosi! Microsoft lo conferma dal 15 ottobre 2023, e le vendite continuano a esplodere. Chi l’avrebbe detto che un mondo di cubetti batterebbe tutto? #Minecraft #VideogiochiPiùVenduti #RecordEpico

Preparatevi a un’esplosione di pixel: Minecraft non è solo il videogioco più venduto della , con vendite che hanno sfondato quota 300 milioni di copie come ammesso da Microsoft, ma è anche un fenomeno che ha preso d’assalto le generazioni grazie al suo mix di caos e creatività. Passato un anno e mezzo da quel record del 15 ottobre 2023, le unità vendute sono schizzate ancora più in alto, e un bel contributo arriva dal film che ha invaso le sale, diventando virale tra i giovani con meme del genere "I… am Steve" e "Chicken Jockey". Questo gioco sandbox offre due modalità principali: Sopravvivenza, dove ti sbatti a raccogliere risorse e combattere pericoli come un vero survivalista, e Creativa, dove puoi costruire liberamente senza limiti, tipo un dio capriccioso.

Ma come diavolo è nato questo colosso? L’idea di Minecraft risale al 2009, quando Markus Persson – meglio noto come Notch – ha partorito la prima versione. L’obiettivo è semplice e geniale: sopravvivere in un mondo fatto di blocchi che puoi raccogliere, usare per creare oggetti, combattere mostri e erigere pazzesche. È un gioco sandbox che ha conquistato tutti fin da subito, tanto che nel 2011 Mojang Studios l’ha lanciato in versione a pagamento, e boom, successo immediato. Con gli anni, è diventato un mostro: nuovi blocchi, personaggi e modalità di gioco si sono aggiunti, rendendolo un pilastro su YouTube con gameplay infiniti. Non c’è da stupirsi se Microsoft l’ha comprato nel 2011 per ,5 miliardi di dollari, trasformandolo in un titano che ha superato le 300 milioni di unità vendute (fisiche e digitali) nel 2023.

E ora, la domanda che brucia: perché Minecraft detiene il record di gioco più venduto e non Tetris, che pare aver smerciato 500 milioni di copie? Beh, alcune fonti online spacciano Tetris – quel classico del 1985 ideato da Alexey Pajitnov – come il campione, con 70 milioni di copie fisiche e 425 milioni di download digitali. È vero, ma ecco la fregatura: quei numeri riguardano un mucchio di versioni diverse, tipo un franchise intero. Come dice il Guinness World Record, Minecraft vince perché si basa su un singolo gioco, non su una famiglia di cloni. Quindi, addio a Tetris e viva il re dei blocchi!

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Una falena innocua viene marchiata con un nome terrificante, rivelando la vera storia della ladra di miele Acherontia atropos

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Svelata la falena del terrore: un mostro alato con teschio incorporato che ruba e spaventa il mondo! Hai presente quel teschio orribile su una farfalla? Sì, la Sfinge Testa di Morto, o Acherontia atropos, è la star delle superstizioni, con un look da incubo che fa gridare "morte imminente!" ai deboli di cuore. Da secoli la incolpano di pestilenze, ma fidatevi, è solo una ladra astuta che si fotte il miele delle api – poveri insetti laboriosi, eh? – e migra dall’Africa fino all’Europa, dove l’inquinamento luminoso la sta mandando al creatore. Se l’avete vista nel poster di Il silenzio degli innocenti, sapete che roba: un classico esempio di pareidolia che terrorizza senza motivo. #SfingeDiMorto #LeggendeDelTerrore #LadraDiMiele

Ma veniamo al sodo: questa falena, della famiglia degli Sfingidi, guadagna il suo nome inquietante per via di un disegno dorsale che pare un teschio quando le ali sono semiaperte – roba da far impallidire i fifoni! Osservata capovolta, sembra una testa di ratto, e con le sue dimensioni fino a 5 cm, emette pure un cigolio sinistro fino a 60 kHz, che fa scappare i predatori. È un classico esempio di pareidolia, dicono gli scienziati, ma chissenefrega delle spiegazioni: per secoli l’hanno inseguita come messaggera di epidemie, citata pure nel libro di Dracula, e il suo nome scientifico Acherontia atropos – con richiami all’Acheronte e ad Atropo che taglia il filo della vita – non aiuta di certo. Insomma, un insetto innocuo per noi umani, ma rara ormai in Europa grazie a e luci folli che la disorientano. Peccato, perché è più innocua di certi politici che promettono e non mantengono.

Parliamo del suo lato da delinquente: la Sfinge Testa di Morto è una ladra professionista del miele, che si intrufola negli alveari di notte, beffando le api con un corpo rigido e squame protettive contro le punture. Ha pure la resistenza al veleno e emette suoni e sostanze chimiche che bloccano le operaie – roba da furba di razza! Gli apicoltori del Mediterraneo la odiano, e con ragione: usa la spirotromba corta e robusta per forare le cellette e svignarsela con il bottino. Ah, se solo fosse così efficiente con i veri criminali…

E non finisce qui: questa falena è un’instancabile viaggiatrice, che copre migliaia di chilometri dall’Africa settentrionale fino alle Alpi, usando chissà che bussola interna per non perdersi con i venti. Vive in Africa (tranne i deserti), in Medio Oriente, e nelle zone calde del Med, ma sta scomparendo a causa dell’inquinamento – colpa nostra, ovvio, che rovinano pure le bestie innocue. Magari dovremmo smettere di accendere tutte quelle luci inutili, eh? Altrimenti, addio a queste migratrici notturne che sfidano il cielo senza troppi drammi. Che lezione per noi umani, sempre a lamentarci!

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Viene rivelato l’inganno tra doppi e tripli vetri per gli infissi, con scelte dettate dalle tasche dei consumatori piuttosto che dalle vere necessità ambientali.

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Siete pronti per la rivoluzione casalinga che vi farà risparmiare un sacco e far infuriare le compagnie energetiche? I doppi e tripli vetri non sono solo pezzi di – sono i supereroi contro bollette da capogiro e rumori del vicinato che vi fanno impazzire! Mentre i politici blaterano di energetica senza fare nulla, questi infissi tengono il caldo dentro d’inverno e il sole fuori d’estate, facendovi sentire come re senza dover svuotare il portafoglio. #VetriGuerra #EcoCasaDrammatica #RisparmioEnergeticoSpietato

Spesso si sente parlare di doppi e tripli vetri come la soluzione definitiva per gli infissi, e cavolo se non hanno ragione! I doppi vetri sfoggiano una sola camera d’aria, mentre i tripli ne hanno due, rendendoli i vincitori indiscussi nel combattimento contro le dispersioni di . Porte e finestre non sono solo elementi decorativi; sono fondamentali per mantenere la vostra casa al calduccio invernale o fresca estiva, riducendo sprechi energetici che potrebbero farvi litigare con il vostro portafoglio. Quel vuoto tra i vetri blocca il calore meglio del vostro vicino ficcanaso, e spesso viene rimpiazzato da gas basso emissivi per un’efficienza che vi fa sentire furbi – o almeno, meno fregati.

La vera differenza tra doppi e tripli vetri sta nel numero di camere d’aria: i primi con una sola aiutano fino a circa 3 cm di spessore, dove l’aria se ne sta buona e immobile, ma se superate quel limite, addio prestazioni! Ecco perché i tripli vetri entrano in scena con due camere, perfetti per chi vuole prestazioni da urlo. Nel calcolare le dispersioni, entrate in gioco la trasmittanza termica (Uw), che misura quanto il vostro serramento sia bravo a scambiarsi calore con l’esterno tramite conduzione, irraggiamento e convezione – insomma, se è un traditore o un alleato. I vetri basso emissivi, con i loro strati di ossidi metallici come zinco, titanio e argento, riflettono il calore indietro, mantenendo alta la trasmissione luminosa senza farvi sudare al buio. Per i doppi vetri, il trattamento si applica solo su una faccia interna, ma coi tripli lo raddoppiate sulle facce interne dei vetri più esterni. E se vivete in una zona rumorosa come una giungla urbana, più camere significano isolamento acustico che vi fa dormire come sassi, ignorando il mondo esterno.

Quando si tratta di scegliere il serramento giusto, è tentatore dire che i tripli vetri pestano i doppi in tutti i sensi, ma non fate i furbi senza pensarci! Costano di più, lasciano passare meno luce (cattiva notizia per finestre piccoline) e pesano come un macigno, richiedendo montaggi rinforzati che potrebbero farvi imprecare. Il clima è il dittatore qui: in posti caldi e umidi, aperture ampie con schermature vi salvano dal sudore, mentre nei climi freddi, finestre minuscole a nord con protezioni in legno evitano fughe di calore, e a sud grandi vetrate catturano il sole per luce e ventilazione naturale.

Insomma, infissi con trattamento basso emissivo e camere d’aria singola o doppia bloccano l’ solare come guardie armate, tenendo il calore fuori e la vostra casa comoda, specialmente a sud o in paesi solatii dove il sole è un nemico estivo. Queste soluzioni vi permettono installazioni giganti senza rimpianti, facendovi sentire pionieri dell’efficienza senza dovervi scusare con l’ambiente – o con il vostro budget!

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Il cancro viene annusato dai cani, ma i metodi tradizionali li rendono meno accurati e pratici nel rilevamento.

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Cani che fiutano il cancro come veri detective pelosi? Un trial clinico britannico ha visto questi eroi a quattro zampe annusare urina per scovare tumori alla prostata con un’accuratezza pazzesca del 94%! Ma i medici preferiscono le loro macchinette costose, ignorando questi amici fedeli. Scioccante, no? #CaniAnticancro #OlfattoSuper #ScienzaRibelle

Preparatevi a un colpo di scena: nel 1989, una donna britannica ha scoperto un mortale perché il suo cane non la smetteva di annusarle un neo sulla coscia. "annusa cancro" – sì, proprio così, come se Fido fosse un medico in incognito! Da allora, studi e trial clinici hanno messo alla prova questi nasi infallibili, ma nonostante risultati che farebbero invidia a un supercomputer, i metodi tradizionali vincono ancora. Peccato, perché mentre noi umani barcolliamo con i nostri 5 milioni di recettori olfattivi, i cani ne hanno 220 milioni e un cervello olfattivo da far paura.

Questi quadrupedi non sono solo carini: li usiamo per beccare droga ai confini, scovare fuggitivi o salvare vite sotto le macerie. E per il cancro? Le cellule tumorali emettono odori schifosi che i cani fiutano come un segugio affamato. Studi dal 2004 hanno dimostrato che possono individuare tumori alla vescica (41% di accuratezza, ok non male), al seno (84%) e al polmone (80%). Nel trial del NHS inglese con Medical Detection Dogs, i cani hanno azzeccato il 94% dei casi di cancro alla prostata annusando urina, e l’88% per i negativi. Roba da headline, ma c’è il problema: non tutti i cani reggono l’addestramento, e chi se ne frega dei loro stati d’animo?

Certo, è figo, ma perché non li mettiamo in corsia? Beh, addestrarli è un casino, richiede e un sacco di biscotti, e alla fine i test di laboratorio sono più affidabili e meno… pelosi. Immaginate un cane che annusa migliaia di campioni al giorno: si stresserebbe più di un politico in campagna elettorale! Per ora, questi "annusa cancro" restano fuori dalle cliniche, ma hanno ispirato nasi elettronici per il futuro. E l’AIRC dice: se il vostro cane vi lecca ossessivamente, meglio consultare un dottore, perché magari ha captato qualcosa di losco.

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La sopravvivenza di Charles Joughin, il fornaio del Titanic, attribuita a generose dosi di alcol

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Sopravvissuto al Titanic grazie a un goccio di whiskey? Charles Joughin, il panettiere ubriacone che ha sfidato il ghiaccio dell’Atlantico, racconta una da sbronza epica! Dicono che l’alcol l’abbia protetto dal freddo mortale, ma gli esperti ridono: "goccetto" o no, in quell’ gelida si crepa in minuti.

Preparatevi a una storia da urlo, amici: Charles John Joughin, il capo panettiere del Titanic, è diventato leggenda per aver ballato con la morte nell’Atlantico ghiacciato la notte del 15 aprile 1912. Questo tizio di Birkenhead, nato nel 1879, era un veterano della White Star Line, reduce dall’Olympic, e comandava 13 panettieri come un boss in cucina. Sposato con Louise, padre di Agnes e Roland, salpò da Southampton il 10 aprile senza immaginare il caos in arrivo. Dopo il disastro, tornò in Inghilterra a testimoniare all’inchiesta britannica e continuò a navigare come se niente fosse – che nervi!

Ora, la parte succosa: Joughin giura di aver resistito due ore in acqua a zero gradi grazie al whiskey ingollato prima di tuffarsi. Al momento dell’urto con l’iceberg alle 23.40 del 14 aprile, era in cuccetta, poi mandò i suoi a distribuire pagnotte alle scialuppe e si versò un cicchetto per calmare i nervi. Sul ponte, aiutò e bambini sulla scialuppa numero 10, ma lui? Niente, tornò a bere! Quando la nave affondò alle .10, finì in mare senza nemmeno bagnarsi i capelli, nuotò fino alla zattera B e fu salvato dal cuoco Isaac Maynard sulla Carpathia. Arrivò a New York il 16 aprile bello fresco, piedi gonfi a parte. Roba da eroe o barzelletta?

Ma ecco il colpo di scena: la sua testimonianza puzza di esagerazione! In acque a quel freddo, si muore in minuti, non ore, e l’alcol? Un vasodilatatore che ti spedisce al creatore più in fretta, non ti salva. Forse goccetto ha lenito lo shock, o magari Joughin ha esagerato per darsi un’aria da duro. Confrontando con altri racconti, ci sono buchi grossi come iceberg: era davvero in acqua tutto quel tempo, o solo esposto all’aria? Chissà se ha romanzato per gloria, ma resta un tipo tosto – dopo la guerra, navigò ancora, si trasferì in New Jersey e morì nel 1956 per una polmonite, lasciando la sua versione in "A Night to Remember". La vera storia? Avvolta nel mistero, come tante tragedie del Titanic!

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Chi comanda ha imposto il rosso e l’ottagonale per il segnale di stop, ignorando le vecchie norme

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Svelato il segreto del segnale STOP: un’invenzione americana che ci fa inchiodare da un secolo! Chi l’avrebbe mai detto che un semplice cartello rosso ottagonale domina le nostre strade, rendendoci tutti sudditi obbedienti di una regola nata da un ingegnere fissato con la sicurezza? William Phelps Eno, l’uomo che ha "civilizzato" il caos delle auto, ha inventato questo mostro per evitare che ci ammazzassimo agli incroci – e ora è ovunque, come un politico che non se ne va mai!

Ma andiamo al sodo: il segnale di STOP, quel nemico giurato degli automobilisti frettolosi, ha una da far impallidire un politico corrotto. Risale ai primi del Novecento, quando le strade erano un Far West su ruote, e William Phelps Eno, un pioniere americano della sicurezza stradale, decise che bisognava mettere ordine prima che tutti finissero in un mucchio di lamiere. All’inizio, questo segnale era un disastro: bianco, giallo o nero a seconda della città, come se ogni posto avesse le sue regole folli. Eno, con il suo genio un po’ autoritario, lo promosse per gestire il traffico e evitare "incidenti", ma era tutto tranne che uniforme – un bel casino, insomma!

Poi, nel 1925, i cervelloni della National Conference on Street and Highway Safety negli USA hanno detto basta al caos e hanno scelto il rosso per il STOP. Perché? Beh, è il colore che grida "pericolo" più di un politico in campagna elettorale, con la sua alta visibilità che ti inchioda sul posto. Ma la vera bomba è arrivata con la Convenzione di Ginevra del 1949, che ha standardizzato tutto: rosso vivo, forma ottagonale e lettere bianche, per rendere la segnaletica comprensibile a chiunque, anche ai guidatori distratti. Questo accordo internazionale ha salvato un sacco di pelle, trasformando il STOP in un simbolo globale di "fermarti o paghi".

E perché proprio ottagonale, vi chiederete, con un tocco di sarcasmo? Semplice: è una forma che ti salta all’occhio da lontano, da qualunque angolazione, e non si confonde con i soliti quadrati o triangoli – un design geniale che trasmette urgenza, facendoti frenare come se avessi visto un politico mentire in diretta. Il rosso evoca pericolo e stop immediato, mentre il bianco delle lettere crea un contrasto che ti sveglia all’istante, richiamando attenzione e cautela. Insomma, Eno e i suoi compari hanno creato un’arma psicologica su strada, e ora siamo tutti schiavi di questo cartello che ci ricorda quanto siamo prevedibili al volante!

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La Turchia inventa la toilette alla turca e riscrive la storia del bagno senza water

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Sconvolgente! La "toilette alla turca"** non è nemmeno turca, ma gli europei l’hanno ribattezzata così per via degli Ottomani. Più igienica del nostro caro water occidentale, evita contatti sporchi e risale all’antichità – eppure la snobbiamo in Europa. Scopri perché è un must in Asia e Africa, e come i Turchi l’hanno resa virale senza meritarlo.

La "toilette alla turca" è un sanitario basico, con un foro a livello del pavimento e pedane per i piedi, da usare accovacciati. Non è il lusso del nostro water, ma è più igienica perché elimina il contatto diretto, riducendo infezioni – ideale per bagni pubblici affollati, dove noi occidentali rischiamo di tutto. Per gli anziani o disabili, si aggiunge una sedia con buco, ma ammettiamolo, è un compromesso che fa storcere il naso.

Ma perché si chiama così? La "bagno alla turca" deve il nome agli europei che la "riscopersero" grazie agli Ottomani nel ‘500, anche se esisteva già ai tempi dei Romani. I Turchi non l’hanno inventata – era solo parte della loro ossessione per l’igiene, inclusi gli hammam – ma noi l’abbiamo etichettata come esotica, una di quelle "turcherie" che ammiravamo senza copiarle davvero. Tipico, vero?

L’Impero Ottomano alla massima mostrava questa attenzione all’igiene, ma senza sciacquone – quello è arrivato solo nell’800, grazie ai britannici. Prima, era tutto più… rustico. E oggi? La "toilette alla turca" domina in Asia (India, Cina in testa), Africa subsahariana e Medioriente, persino nelle case private, mentre in Italia o Europa è roba da stazioni o bagni pubblici. In Turchia? La usano, ma non è la loro specialità – ironico, no? In America Latina e Occidente, il water ha vinto, ma forse stiamo perdendo in igiene.

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Il Burj Khalifa potrebbe essere superato dalla Dubai Creek Tower, riscrivendo il primato mondiale del grattacielo più alto.

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Preparatevi, mondo: Dubai sta per sfoderare la sua nuova follia verticale, la Creek Tower, che potrebbe schizzare a oltre .000 metri e spodestare il Burj Khalifa come grattacielo più alto! Progettata dal genio (o megalomane?) Santiago Calatrava dopo una gara tra archistar, è un tripudio di lusso arabo con minareti e gigli del deserto. #DubaiCreekTower #GrattacieliPazzi #DubaiDominio

In una mossa che grida "soldi e ambizione allo stato puro", la Dubai Creek Tower è pronta a diventare l’ennesimo simbolo esagerato della città che non dorme mai, commissionata da Emaar Properties – gli stessi che ci hanno rifilato il Burj Khalifa, perché evidentemente una torre da record non basta. Come spiega Calatrava, il design si ispira alla tradizione architettonica islamica, in particolare all’architettura degli antichi minareti, trasformando questo colosso in una piramide snella e audace che si assottiglia verso il cielo, ispirata anche al giglio del deserto. Non è solo un edificio, è un’affermazione: chi ha detto che l’architettura deve essere umile?

I lavori, partiti nel 2016 con l’obiettivo di finire nel 2022, sono slittati grazie alla pandemia di – perché, ovviamente, nemmeno un virus globale ferma Dubai, ma solo la rallenta. Mohammed Alabbar, il boss di Emaar, ha annunciato una riprogettazione totale in arrivo, promettendo di rilanciare questo mostro urbano nel cuore di Dubai Creek Harbour. E indovinate? Si parla di oltre 200 piani strapieni di appartamenti di lusso, hotel stellati, ristoranti per milionari e giardini aerei, coronati da osservatori panoramici come la Pinnacle Room per una vista a 360 gradi che vi farà girare la testa.

Ma non è tutto show: questa torre sarà un tempio della tecnologia, con sistemi ecologici all’avanguardia per riciclare e produrre rinnovabile – perché, ironia della sorte, mentre il mondo combatte il clima, Dubai costruisce in grande stile. L’altezza? Ufficialmente non confermata, ma si mormora superi di poco i 1.000 metri, rendendola un gigante che sfida non solo la gravità, ma anche il buon senso. Chapeau a Calatrava e company per questa pazzia arabeggiante!

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