back to top
Home Blog Pagina 7

Le 10 espressioni latine che vengono infiltrate nel linguaggio quotidiano da tutti, esponendo un’eredità romana controversa

0

: La "lingua morta" che ti perseguita ogni giorno – chi l’avrebbe detto? Sembra una bufala, ma indovina un po’? Stiamo parlando latino tutti i giorni neanche accorgercene, da "P.S." nelle email a "carpe diem" nei meme. "Lingua morta" o "del passato"? Macché, è più viva che mai, collegandoci ai romani con le loro stesse parole – e sì, senza bisogno di quelle noiose declinazioni! #LatinoVivo #ParliamodiStoria #MaiMorto

Ma dai, non farci gli snob: il latino è ovunque, e se credi che sia roba da professori polverosi, ripensaci. Lo usiamo come una vecchia reliquia riutilizzata, tipo quelle espressioni che ci fanno sentire un po’ antichi ma fighetti. Pronti a scoprire 10 perle che usiamo senza ritegno? Ecco la lista che ti farà dire: "Accidenti, i romani erano avanti!"

. Post scriptum – Significa letteralmente "scritto dopo", e lo usiamo per buttare lì un pensierino extra dopo la firma, con la sigla "P.S.". Nell’antichità, senza editing facile, i romani dovevano arrangiarsi: scrivevano a mano su pergamena e aggiungevano roba alla fine, perché tornare indietro era per i deboli. Tipico trucco da scribi furbi!

2. Tabula rasa – Tradotto, "tavoletta raschiata", per dire quando cancelli tutto e ricominci da zero. Veniva dalle tavolette di cera romane: raschiavi via il testo con lo stilo per riutilizzarle. Insomma, i romani riciclavano meglio di noi oggi – e senza ambientalisti a rompergli le scatole!

3. Carpe diem – "Afferra il giorno", il mantra per godersi il presente senza stress per domani. Orazio lo rese famoso, e in una Roma piena di incertezze, chi non voleva vivere alla giornata? Era il loro modo per dire: "Vivi ora, prima che tutto vada a rotoli" – un consiglio che ancora oggi fa incavolare i pianificatori seriali.

4. Curriculum vitae – Oggi è quel CV che sventoli per un , ma significa "corso della vita". Nato nel Medioevo tra monaci e notai che documentavano i loro successi, ora è il nostro biglietto per il mondo del lavoro. Peccato che i romani non avessero LinkedIn – avrebbero dominato!

5. Deficit – Significa "manca", e in economia indica quando spendi più di quanto hai. I contabili romani lo annotavano nei registri per le entrate in rosso – eleganti, eh? Anche loro sapevano che i debiti non sono mai una buona idea, ma almeno lo dicevano con classe.

6. Eccetera – "E le altre cose", per abbreviare liste infinite con "ecc.", "etc." o il classico "eccetera eccetera". Cicerone lo usava nei discorsi per non annoiare il pubblico – un vero maestro nel taglio corto, perfetto per i tempi di attenzione moderni.

7. Gratis – Significa "per i favori", e indica roba che non costa un centesimo. Per i romani, era un gesto generoso, tipo: "Te lo do senza chiedere nulla, amico". Un po’ come oggi, quando offri un caffè e pensi: "Spero di non pentirmene".

8. Habitat – Originariamente "egli/ella abita", ora descrive dove vive una specie. Gli scienziati lo hanno adottato per parlare di ambienti, e ora lo usiamo per casa o natura. I romani l’avrebbero trovato banale, ma hey, almeno ci fa sentire ecologisti!

9. Honoris causa – "Per motivo d’onore", per quelle lauree onorarie a VIP che non hanno sudato libri. Il primo? Giosuè Carducci nel 1876. È il modo delle università per dire: "Sei grande, prenditi un titolo gratis" – un trucco che fa invidia ai politici.

10. Vademecum – "Vieni con me", per guide pratiche da portare sempre appresso. Iniziò con libretti religiosi per pellegrini, ora è qualsiasi manuale tascabile. I romani sarebbero stati i primi influencer, con i loro "vieni con me" per viaggi e preghiere!

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Yellowstone invaso da centinaia di orsi: l’AI crea l’immagine falsa per nascondere la realtà

Orsi grizzly e neri bloccano Yellowstone? Panico virale per un "raduno misterioso" che puzza di disastro imminente! Ma attenzione, gente, è solo l’ennesima bufala AI-made che fa impazzire i social. "Gli orsi formano un blocco precedenti all’ingresso di Yellowstone: gli scienziati temono di sapere qualcosa che noi non sappiamo". #OrsiInvasione #YellowstoneFollia #FakeNewsEpidemia

Tutto è esploso da un post su Facebook per la Giornata mondiale degli orsi, con orde di orsi accovacciati come se volessero fare la guardia al parco – roba da far tremare i pantaloni ai ranger! Ma non fatevi ingannare, è una montatura totale da "Casper Planet", quella pagina satirica che si diverte a spargere panico per noia, e chissenefrega se la gente ci casca. Snopes e i fact-checker hanno dovuto intervenire per spegnere l’incendio, confermando che non c’è un solo orso vero in quella foto.

L’immagine, spacciata come reale, è in realtà un pasticcio generato dall’intelligenza artificiale, postata prima da "Bear’s World" con tanto di ammissione – poi magicamente rimossa, perché social la verità è opzionale. Il Parco Nazionale di Yellowstone ha dovuto mandare email per chiarire che non ci sono raduni di orsi o disastri in , ma intanto la disinformazione ha già fatto il suo danno, alimentando falsi allarmismi e meme idioti. Che mondo, dove una foto fake scatena più caos di un vero uragano! E per chi ci casca, beh, magari è ora di smettere di credere a tutto ciò che luccica online.

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

La rara microluna rosa di questo week-end verrà ignorata dalla maggior parte delle persone, troppo distratte dal tran tran quotidiano.

Avete presente quando vi promettono una serata epica e finisce in un flop cosmico? Ecco, la "Luna Rosa" sta arrivando per deludervi dolcemente! Tra il 12 e il 13 aprile 2025, questo satellite traditore sarà al suo apogeo, più lontano dalla Terra, apparendo più piccolo del 14% e meno luminoso del 30% – insomma, la tipica promessa non mantenuta. Ma chissenefrega, è un evento "naturale" che non costa un centesimo! #LunaRosaFail #MicromoonDrama #Astronomia2025

Sabato sera, 12 aprile 2025, il cielo ci serve un siparietto celeste che più fiacco non si può: la micromoon rosa, una luna piena che coincide con l’apogeo, il punto più distante dalla Terra. L’azione clou scatterà alle 2:22 del mattino di domenica 13, ma già dalla sera prima potrete beccarla sorgere a est, giusto dopo il tramonto – ideale per chi ha voglia di starsene lì a fissare il vuoto con un drink in mano.

Proprio perché è a circa 405.000 chilometri di distanza, questa luna apparirà più piccola e spenta rispetto a una superluna, con un calo del 14% nelle dimensioni e del 30% nella luminosità. Ma ammettiamolo, chi se ne accorge davvero un telescopio? Solo i saputelli degli astrofili noteranno la differenza, mentre il resto di noi continuerà a confonderla con una lampadina difettosa.

Il significato della Luna Rosa: nessuna tinta rosata, solo un stagionale che puzza di marketing. Il nome viene dal phlox selvatico, quel fiore rosa che spunta nei campi del Nord America a primavera, ma non sperate in sfumature romantiche – è solo una trovata simbolica per celebrare la rinascita, tipo una carta di auguri scadente.

In altre culture, la chiamano Luna dell’Erba o Luna delle , entrambe legate alla fertilità e al risveglio della natura, e ha pure un tocco religioso come Luna pasquale, che fissa la data della Pasqua. Quest’anno, cadrà il 20 aprile 2025, perché la tradizione cristiana la lega alla prima luna piena post-equinoxio – un calendario che fa impazzire anche i santi.

Perché si parla di “micromoon”: quando la luna sembra rimpicciolirsi è solo un trucco orbitale. L’orbita non è un cerchio perfetto ma ellittica, quindi quando è al perigeo abbiamo la superluna (tutta hype), e all’apogeo ecco questa micromoon, la versione "light" che non rompe le scatole. Aprile segna la seconda di tre micromoon consecutive da marzo a maggio, mentre in autunno ci toccheranno tre superlune tra ottobre e dicembre – perché l’universo ama i colpi di scena.

Nonostante le differenze, l’illusione ottica quando sorge all’orizzonte la fa sembrare più grande del dovuto, un po’ come quei selfie ritoccati che ingannano tutti – ma non fatevi fregare.

Come e quando osservare al meglio la microluna rosa: per non perdervi lo spettacolo, andate in un posto con vista libera a est, magari sabato 12 aprile dopo il tramonto. Gli esperti dicono che sarà e luminosa dal 10 al 14 aprile, con oltre il 95% della superficie illuminata, e in Italia dovreste vederla bene salvo nuvole al Nord. Se il fa schifo, guardatela online – perché nel 2025, anche le stelle sono su streaming!

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Disagio provocato in massa da immagini di cibo artificiali dell’IA tra i consumatori più sensibili

AI e Cibo: Immagini "Inquietanti" che Fanno Schifo e Rovinano l’Appetito!
Siete pronti a perdere la fame? Uno studio bomba dall’Università di Duisburg-Essen, pubblicato su Appetite, rivela che le foto di cibo create dall’AI – quelle quasi perfette ma con ridicoli – ci fanno letteralmente accapponare la pelle. Chiamatela "valle del perturbante", ma è solo un modo fancy per dire che l’AI sta rovinando il nostro pranzo con proporzioni da incubo e texture che sembrano uscite da un horror low-budget. #AICibo #ValleDelPerturbante #NeofobiaAlimentare

In un mondo dove l’AI promette meraviglie, questo studio getta sul fuoco: 95 persone hanno giudicato 38 immagini di piatti generati dall’intelligenza artificiale, da super realistici a palesemente falsi, inclusi cibi marci e schifosi. Risultato? Le immagini quasi perfette, con errori minuscoli come proporzioni sbagliate o texture innaturali, sono state etichettate come le più "inquietanti", lasciando i partecipanti con un disagio da far invidia a un film di zombie. Al contrario, quelle totalmente finte o realistiche? Boh, il cervello le archivia e passa oltre, perché noi umani siamo troppo furbi per cascarci.

Ma ecco il colpo basso: lo studio collega tutto alla neofobia alimentare, quella paura idiota di provare cibi nuovi. Gente con alti livelli di neofobia ha dato di matto di fronte a queste imperfezioni, mentre chi ha un BMI più alto – sì, parliamo di chi ama mangiare sul serio – si è rivelato più tollerante, addirittura apprezzando le foto AI come se fossero un invito a tavola. E dai, è come se l’AI stesse sabotando il marketing alimentare: un piccolo errore visivo e addio campagna pubblicitaria, trasformando un piatto invitante in qualcosa di totalmente rivoltante.

Alla fine, i ricercatori sostengono che l’evoluzione ci ha resi ipersensibili alle anomalie nel cibo per proteggerci, ma ora ci fa rifiutare roba sicura solo perché "sembra sbagliata". Insomma, l’AI potrebbe starci rendendo paranoici, e chi lo sa, magari è solo un altro trucco per venderci di più. Che mondo, eh?

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

L’economia italiana sabotata da dazi doganali fin dall’Unità al Mercato Comune Europeo

0

Dazi Italia: Dal Liberoscambio all’Autarchia Fascista, Trump Mette in Agitazione l’UE!
Sai che l’Italia, nata come paradiso del libero scambio, ha flirtato con dazi folli che hanno favorito i potenti e rovinato i contadini? Dal regime fascista che voleva l’autarchia a tutti i costi, fino alle tensioni con gli USA di Trump – ora sospese per 90 giorni – l’Europa rischia di perdere la sua politica commerciale "libera". Ma attenzione, questi dazi potrebbero far saltare tutto! # # #UEinCrisi #

In Italia, un paese che ha sempre giocato con il fuoco del commercio, i dazi doganali sono arrivati pochi anni dopo l’Unità, rovesciando il sogno liberoscambista. Questa politica protezionista ha aiutato alcuni settori a gonfiarsi come palloni, mentre ne affossava altri, e ha resistito per decenni. Sotto il regime fascista, i dazi sono stati pompati alle stelle per promuovere l’autarchia – un’idea geniale per isolare il paese, ma che ha finito per morderci il sedere. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si è unita al Mercato comune europeo, cedendo il controllo ai burocrati di Bruxelles. Oggi, l’Europa finge di essere tutta per il libero scambio, eliminando dazi interni ma picchiando duro su certe importazioni da paesi terzi. Eppure, con le scosse dei dazi di Trump – recentemente sospesi per 90 giorni – e le risposte dell’UE, il commercio globale potrebbe capovolgersi in modo epico.

I dazi doganali prima e dopo l’Unità d’Italia
Prima dell’Unità, l’Italia era un casino di stati con politiche doganali da far girare la testa: il Regno di Sardegna giocava al liberoscambismo con tariffe ridicole, mentre il Regno delle Due Sicilie e lo Stato pontificio tassavano tutto come se fosse una rapina. Nel 1847, il papa Pio IX ha provato a unire tutti con una Lega doganale, copiando la Germania, ma è finita in fumo – chissà se per invidia o semplice caos. Dopo l’Unità, il liberoscambio è stato imposto ovunque, spinto da Cavour e la Destra storica, che giuravano fosse la chiave per far decollare la Penisola.

Il protezionismo in Italia
Negli anni ’70 dell’Ottocento, il liberoscambio ha iniziato a vacillare come un ubriaco durante la crisi economica globale del 1873, e con la Sinistra storica al potere, che aveva idee diverse e più "protettive". Così, tra gli anni ’70 e ’80, sono arrivati i dazi: prima una versione light nel 1878, poi una bomba nel 1887. Questi dazi hanno gonfiato le industrie deboli, salvandole dalla concorrenza straniera, ma hanno massacrato gli agricoltori del Sud, esacerbando il divario tra Nord e Mezzogiorno – un vero schiaffo ai contadini. La Francia, offesa, ha risposto con dazi di rappresaglia che hanno rovinato i nostri vini, oli e agrumi, alimentando una guerra commerciale legata anche a liti politiche come l’occupazione della Tunisia. Questa follia è finita nel 1892, ma il protezionismo in Italia è rimasto come un brutto vizio.

I dazi durante il fascismo: l’autarchia
Il regime fascista, salito al potere nel 1922, ha portato il protezionismo a livelli epici, perché i nazionalisti amano chiudersi in casa e sviluppare roba interna, magari in di guerre. Negli anni ’30, l’autarchia è diventata l’ossessione: dopo l’invasione dell’Etiopia nel 1935, le sanzioni della Società delle Nazioni hanno dato il pretesto per alzare i dazi e promuovere solo prodotti italiani. Risultato? Costi alle stelle per le materie prime che scarseggiano da noi, e sostituzioni ridicole – al posto del tè, ecco il karkadè, un surrogato africano che non aveva lo stesso gusto, e per il caffè, miserie a base di cicoria. In generale, gli scambi con l’estero sono crollati, ma non del tutto – un autogol che ha fatto più danni che benefici.

Il secondo dopoguerra e il Mercato comune europeo
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha finalmente abbracciato il liberoscambio, unendosi al GATT nel 1948 e firmando accordi per smantellare i dazi. Nel 1969, le tariffe tra i paesi europei sono sparite, e dal 1993 è partito il Mercato comune europeo con i suoi 31 membri oggi. Questo ha spostato il controllo dei dazi a livello comunitario, dove l’Europa predica un liberoscambio "moderato": dazi zero dentro, ma ancora morsi per certe importazioni da fuori. Insomma, non è tutto rose e fiori, e con le tensioni globali, chissà quanto durerà questo equilibrio precario.

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

I benefici dell’olivo venivano sfruttati dall’uomo già 3700 anni fa, con prove emerse da uno studio in Sicilia.

Scoperta epica in Sicilia: olivi antichi di 3700 anni, più vecchi di certi politici corrotti! Gli archeologi hanno scovato la prova che i nostri antenati già trafficavano con questi alberi saccheggiando la natura, seconda solo a Malta. #MediterraneoShocking

In una palude fangosa e dimenticata vicino Messina, un team di studiosi ha fatto saltare il banco con la scoperta delle tracce più antiche di sfruttamento dell’olivo in Italia, datate a ben 3700 anni fa – roba che fa impallidire le solite chiacchiere su "eredità culturali" dei burocrati. Questa bomba archeologica, seconda solo a quella di Malta (che risale a 5000 anni fa), è stata svelata da una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Quaternary Science Reviews, grazie alla collaborazione tra le università di Pisa, della Tuscia e Sapienza di Roma. Insomma, non è solo storia, è un affronto alla pigrizia moderna!

Lo studio si è focalizzato sull’area di Pantano Grande, una zona paludosa e infestata di zanzare nei pressi di Messina, dove i ricercatori hanno estratto carotaggi profondi che rivelano una sequenza stratigrafica ininterrotta fino a 3700 anni fa. Analizzando il polline, hanno trovato quantità assurde di polline di olivo già durante la Media età del Bronzo, il che non significa solo che l’albero era diffuso, ma che c’era un bel po’ di manodopera umana dietro – tipo una gestione selvaggia, non ancora una piantagione organizzata, ma abbastanza per far invidia ai contadini di oggi.

Passando alle fasi epiche, lo studio traccia l’evoluzione dell’olivo in Sicilia attraverso tre grandi ondate: prima, nell’Età del Bronzo intorno al 1700 a.C., con un uso sistematico dell’olivo selvatico per olio, legno e persino foraggio; poi, nell’Epoca romana dal II secolo a.C. al III secolo d.C., dove le prove come anfore e presse indicano una coltivazione su scala industriale; e infine, nel Periodo moderno sotto il Regno di Sicilia dal XIII al XIX secolo, con un salto a pratiche agricole high-tech che hanno abbandonato il selvatico per roba più "civile". È come se gli antichi ci stessero dicendo: "Noi facevamo meglio di voi perdigiorno!"

Ma il vero colpo di scena viene dall’interdisciplinarietà, con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa in prima linea. Come spiega la professoressa Monica Bini, coautrice dello studio insieme a Giovanni Zanchetta: "La nostra ha unito approcci delle scienze naturali e delle scienze umane. Questa sinergia ha permesso di ricostruire le dinamiche di lungo periodo dell’interazione uomo-ambiente e di comprendere come fattori culturali, climatici e commerciali abbiano influenzato la dell’olivo."

E Zanchetta non le manda a dire: "L’espansione dell’olivo in Sicilia non può essere spiegata solo da condizioni ambientali favorevoli. È il risultato di decisioni umane, tecniche agricole e reti di scambio che hanno attraversato i secoli e trasformato il paesaggio agricolo mediterraneo." Insomma, non è solo scienza, è un pugno in faccia a chi pensa che il progresso sia una novità – questi tizi hanno svelato come l’uomo ha sempre manipolato la natura per i suoi comodi, e forse è ora che impariamo la lezione prima di rovinare tutto del tutto.

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

I dazi di Trump vengono contrastati dall’euro digitale: il legame con la risposta dell’UE spiegato

0

L’UE contro l’impero del dollaro: con l’euro digitale, l’Unione Europea sta per sferrare un colpo basso alle ambizioni di Trump e al suo caos di dazi e guerre economiche! Immaginate una moneta elettronica che sfida il dominio USA, riducendo la dipendenza da VISA e Mastercard. È ora di dire addio ai boss americani? #EuroDigitale #UEvsTrump #GuerraEconomica #SovranitàEuropea

In un mondo economico sempre più caotico e dominato da tensioni da far impallidire un film d’azione, l’Unione Europea sta accelerando sul lancio dell’euro digitale, una moneta elettronica emessa dalla BCE (Banca Centrale Europea) che equivale al buon vecchio euro contante. L’obiettivo? Rinforzare la sovranità monetaria dell’Eurozona, scrollarsi di dosso la schiavitù dai sistemi di pagamento legati al dollaro e rispondere con i denti alle follie protezioniste di Donald Trump nel suo secondo mandato presidenziale. Non è solo una mossa finanziaria, è una dichiarazione di guerra economica – e l’UE non ha intenzione di perdere.

Ma andiamo al sodo: l’euro digitale non è una di quelle criptovalute pazze come Bitcoin, che vanno su e giù come un ottovolante impazzito. È una di denaro elettronico stabile, rispettosa della privacy e utilizzabile anche offline, trasformarsi in uno spione digitale per controllare ogni mossa dei cittadini. Partito nel 2023 e rallentato da qualche intoppo, il progetto ha ripreso slancio grazie alle recenti scaramucce geopolitiche, diventando un pilastro della risposta UE a un mondo dove le del gioco economico cambiano più velocemente di un politico che cambia idea.

Cosa non è l’euro digitale? Beh, per prima cosa, non è una criptovaluta decentralizzata e volatile come Ethereum, né uno strumento per ficcare il naso nelle tasche della gente o combattere l’evasione fiscale con metodi da Grande Fratello. Al contrario, è semplicemente l’equivalente digitale dell’euro fisico: emesso dalla BCE, con pieno corso legale, e pronto per essere usato da tutti in Eurozona tramite smartphone o carte. E per i pagamenti offline? Nessun problema, grazie alla tecnologia NFC (Near Field Communication), che lo rende pratico come il contante, senza bisogno di connessione.

Ora, perché tutta questa fretta sull’euro digitale? Colpa – o merito – delle mosse di Trump, che ha reso il dollaro un’arma contro le esportazioni USA, scatenando barriere commerciali e un clima da vera “guerra economica”. L’Europa, stufa di dipendere dai circuiti americani che controllano due terzi delle transazioni digitali, vuole un sistema tutto suo per garantire autonomia. Come ha tuonato Piero Cipollone, Membro del Comitato esecutivo della BCE: “L’eccessiva dipendenza da operatori non europei compromette la nostra resilienza e la nostra sovranità monetaria. Inoltre rende evidente l’urgente necessità di un euro digitale. Se non agiamo, non soltanto ci esporremo a rischi significativi, ma ci lasceremo sfuggire anche una grande opportunità.”

Cipollone non si è fermato lì, aggiungendo: “I dati dimostrano che i circuiti di carte domestici stanno perdendo quote di mercato in tutta Europa, mentre quelli internazionali applicano commissioni elevate alle banche e ai commercianti europei. Allo stesso la crescente popolarità dei portafogli digitali come PayPal o Apple Pay espone le banche europee a ulteriori deflussi di commissioni e di dati. Le recenti misure adottate dalla nuova amministrazione statunitense per promuovere le criptoattività e le stablecoin basate sul dollaro destano timori per la stabilità finanziaria e l’autonomia strategica dell’Europa. Potrebbero infatti determinare non solo altre perdite di commissioni e dati, ma anche il trasferimento di depositi in euro verso gli Stati Uniti e l’ulteriore rafforzamento del ruolo del dollaro nei pagamenti transfrontalieri.”

Insomma, l’euro digitale è il colpo di genio per rafforzare l’indipendenza europea, con un’infrastruttura interna aperta ai privati ma rigorosa su standard tech e ambientali. A differenza delle cripto che divorano come un buco nero, questa moneta sarà eco-friendly, con regole simili al contante: limiti al saldo, e se superi, zac! Viene spostato su un conto bancario o bloccato. Niente di troppo invasivo, promesso.

E i prossimi passi? Sul tavolo del Consiglio europeo e del Parlamento, si discute di un quadro normativo blindato per proteggere la privacy, come da GDPR (General Data Protection Regulation). La BCE ha già dato il via alla “fase di preparazione” nel 2023, con due anni per testare tutto: fornitori, regole e piattaforme. Solo alla fine decideranno se lanciarlo per davvero, assicurandosi che sia semplice, privato, accessibile e verde. L’Europa non molla, e questa è solo l’inizio della ribellione monetaria!

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Le conversazioni passate vengono ora immagazzinate da ChatGPT grazie alla memoria a lungo termine: il meccanismo spiegato

0

ChatGPT diventa un stalker digitale? OpenAI lancia la memoria infinita per spiare le tue chiacchiere! Ora il chatbot più chiacchierato del web ricorda tutte le tue conversazioni passate per risposte su misura, trasformando l’AI in un vero ficcanaso evoluto. Ma occhio, è solo per i paganti e l’UE è tagliata fuori per via di quelle noiose sulla privacy. #ChatGPTScandalo #AIMemoria #PrivacyInPericolo

OpenAI ha appena dato una bella scossa al mondo dell’AI con un aggiornamento che fa di ChatGPT un maestro del ricordo, usando ogni singola chiacchierata per craccare il tuo profilo personale. Questo trucco, già in rollout per gli abbonati ai piani premium, è una mossa da urlo che permette all’AI di “conoscere” i propri interlocutori nel , passando da un ricordo selettivo a un archivio completo. Niente più dimenticanze: preferenze, hobby e persino i tuoi tic linguistici finiranno dritti nel calderone per risposte che sembrano uscite dalla mente di un terapista impiccione. Ma non fatevi illusioni, è opzionale e disattivabile – a meno che non siate in certe zone come l’Unione Europea, dove le leggi stringenti tengono alla larga questo giocattolo.

Passando ai dettagli, questa novità è un upgrade della vecchia funzione Memoria del 2023, che era roba da dilettanti: ricordava solo cose basilari come il tuo nome o le preferenze linguistiche, e solo se glielo chiedevi tu. Ora, con la reference chat history, ChatGPT va in overdrive, assorbendo l’intero malloppo delle conversazioni bisogno di inviti. È come se l’AI si evolvesse da segretaria a spia personale, e sta già arrivando ai piani Pro (quel salasso di 200 dollari al mese) e Plus (20 dollari, più abbordabile). Presto toccherà a Team, Enterprise ed Education, ma la versione gratuita? Boh, OpenAI non lo dice, e paesi come UK, Svizzera e l’intera UE rimangono esclusi per via di regolamenti che OpenAI ha già bollato come un casino burocratico.

Sul fronte pratico, accendendo ChatGPT con questa feature, vedrai una notifica che ti avverte del nuovo livello di "intimità". Nelle impostazioni, puoi gestire la memoria manuale e quella automatica basata sulla cronologia – ma quest’ultima è un po’ una scatola nera: accendila o spegnila, e basta, senza sbirciare dentro. Per i paranoici, c’è l’opzione Chat temporanea, che evita di lasciare tracce. Tecnicamente, significa che ChatGPT ora capisce il contesto in profondità, tipo ricordarsi dei tuoi progetti o ambizioni passate per consigli mirati – un bel passo avanti, ma che fa venire i brividi se pensi a quanta roba finisce server di OpenAI. Insomma, è un’innovazione che solleva dubbi sulla trasparenza, con l’AI che usa i tuoi dati per decisioni automatiche: meglio stare attenti alle impostazioni, soprattutto se non volete che la vostra vita privata diventi un copione per l’AI. E ricordate, in UE non se ne fa niente!

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Il cinema viene invaso dal primo documentario di GeoPop, Vulc – L’essenza di un legame, che sfida le convenzioni scientifiche sul grande schermo

0

Vulc: Il documentario che fa tremare la Terra e scuote la tua anima! Siete pronti a un’esplosione di scienza e umanità che non le manda a dire? Geopop, quei geni della divulgazione che non si limitano a parlare di rocce e magma, stanno invadendo i cinema con VULC – L’essenza di un , un documentario indipendente che grazie al sostegno di Missione Cultura e della community di Mecenati, vi mostrerà i vulcani italiani in tutta la loro gloria focosa e viscerale. Dimenticate le solite chiacchiere accademiche: qui si parla di giganti come i Campi Flegrei, Stromboli, Etna e Vesuvio, narrati attraverso storie di gente che li vive da vicino – o che trema da lontano. Proiezioni gratuite a Milano, Catania e Napoli a maggio: affrettatevi, prima che i biglietti vadano in eruzione! #Geopop #VULC #Vulcani #Documentario #ScienzaRibelle

Ma andiamo al sodo: VULC – L’essenza di un legame non è solo un film, è una bomba culturale che mescola geologia con l’anima umana, trasformando i vulcani in simboli di solitudine, vita e icona. Pensateci: questi colossi non sono solo di lava e fumo, ma creature che legano l’uomo in un abbraccio mortale e affascinante. Girato da Geopop con il contributo della community di Mecenati, esplora i principali vulcani attivi italiani attraverso immagini mozzafiato e racconti di chi li osserva o ci vive sopra, sfuggendo alla solita retorica sensazionalista per scavare nell’essenza vera della natura.

Le anteprime al cinema sono fissate in tre città italiane, pronte a farvi saltare in aria: Milano il 15 maggio alle 19.00 all’Anteo Palazzo del Cinema; Catania il 19 maggio alle 19.00 al Cinema Eplanet Ariston; e Napoli il 23 maggio alle 19.00 al Cinema Modernissimo. E attenzione, fanatici della scienza: alla fine di ogni proiezione, Andrea Moccia sarà in sala per rispondere alle domande e curiosità del pubblico, perché chi l’ha detto che i documentari non possono essere interattivi e un po’ irriverenti?

Se siete Mecenati, beh, siete i privilegiati: dal 11 al 21 aprile prenotate in anticipo i biglietti gratuiti usando l’email del vostro abbonamento. Niente trucchi, Geopop verificherà tutto scrupolosamente – quindi, non-Mecenati, non provateci o vi beccate una figuraccia! Prenotazioni individuali, e per esigenze speciali tipo minori o disabilità, contattate la redazione. Dal 22 aprile, invece, i biglietti sono aperti a tutti: preparatevi a unirvi alla festa, perché questo documentario non è solo per gli esperti, è per chiunque voglia un po’ di thrill vulcanico nella . Non perdetevi l’occasione, o rischiate di rimanere sepolti sotto una montagna di rimpianti!

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Svelato il disastro ambientale di Love Canal: urbanisti costruiscono un intero quartiere su una discarica tossica

0

Sversamenti tossici a Love Canal: un incubo americano che ha avvelenato famiglie innocenti! Immaginate case da sogno costruite su una bomba ecologica: rifiuti chimici che affiorano come mostri dal sottosuolo, causando aborti e malattie. È la vergogna di Niagara Falls, dove avidità aziendale e burocrazia hanno giocato con la salute pubblica. #LoveCanalDisaster #RifiutiTossici #DisastroAmbientale

In un classico esempio di malagestione che grida "sogno" americano andato in fumo, Love Canal a Niagara Falls, New York, è diventato sinonimo di disastro ambientale. Qui, un canale progettato per l’ idroelettrica è stato trasformato in una discarica di veleni, con industrie come la Hooker Electrochemical Company che hanno scaricato 21.000 tonnellate di sostanze chimiche pericolose, ignorando i rischi per le famiglie vicine. Negli anni ’50, scuole e case sono spuntate proprio sopra questo inferno sotterraneo, e i residenti hanno iniziato a lamentare odori chimici durante le piogge, senza sapere che stavano vivendo su una polveriera tossica.

Il canale, ideato da William T. Love nel 1890 come grande progetto per alimentare industrie con energia idroelettrica, è crollato miseramente con l’arrivo della corrente alternata di Nikola Tesla, lasciando solo un buco nel terreno. Trasformato in discarica negli anni ’20, è stato riempito di rifiuti urbani e industriali, inclusi barili che perdevano sostanze letali. Cinquant’anni dopo, l’area è stata ceduta per costruire una scuola e un quartiere residenziale, con l’amministrazione che ha chiuso un occhio su questa porcheria – un vero schiaffo alla salute pubblica.

Negli anni ’70, la contaminazione è esplosa in superficie: odori "chimici" durante le piogge, diossine nelle fognature e composti tossici come che infestavano l’aria, il suolo e persino i seminterrati delle case. L’EPA ha rivelato nel 1977 un vero e proprio veleno invisibile, spingendo il Presidente Carter a dichiarare l’emergenza nel 1978, con fondi per sfollare i residenti e bonificare l’area. Ma chi ha pagato davvero? Le famiglie, esposte a rischi che nessuno voleva ammettere.

Studi epidemiologici su oltre 2.800 persone hanno confermato gli orrori: aborti spontanei ,5 volte superiori alla media nazionale, e fino a 3,45 volte di più per le donne tra i 30 e 35 anni vicino al canale. fetali e problemi al fegato erano all’ordine del giorno, con sostanze come e benzene che hanno rovinato vite, mentre il mercurio si è rivelato un falso allarme. È una lezione brutale su come l’inquinamento colpisca i più vulnerabili, con le aziende che se la cavano a buon mercato.

Lo sfollamento è stato caotico: quasi 950 famiglie espropriate e mandate in alberghi, mentre la FEMA gestiva la crisi. I lavori di bonifica hanno drenato liquami, isolato il sito con argilla e ripulito corsi d’acqua come il Bergholtz Creek, rimuovendo migliaia di metri cubi di terra contaminata. Solo nel 2000 i lavori si sono conclusi, con controlli ogni cinque anni, ma l’acqua di falda resta off-limits. E la Hooker Company? Ha patteggiato per 129 milioni di dollari nel 1995, una misera multa per anni di avidità che hanno avvelenato un’intera comunità.

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Trump bersagliato dalla Cina con un aumento dei dazi al 125% in risposta alle sue mosse

0

contro USA: i dazi volano alle stelle in una guerra commerciale da incubo! Pechino ha sbattuto la porta in faccia a Washington, alzando i dazi sulle importazioni USA dal 84% al 125% dopo che Trump ha colpito con un mostruoso 145%. Ma con milioni di posti a rischio, è solo un circo economico? # #CinaUSA #

Il governo cinese ha appena scatenato il caos, annunciando venerdì 11 aprile un balzo dei dazi sulle importazioni dagli Stati Uniti, portandoli dall’84% al 125%. Questa mossa arriva dritta in risposta all’amministrazione Trump, che ha confermato un’aliquota tariffaria del 145% prodotti cinesi – una somma che include il 125% imposto di recente e quel 20% extra da febbraio a marzo 2025, come ritorsione per la presunta mancanza di collaborazione di Beijing sul traffico di fentanyl.

Ora, la posizione di Beijing è tutta fumo e fuoco. Il ministero delle Finanze ha promesso che questo aumento è l’ultimo, con un comunicato che non le manda a dire: «anche se gli Stati Uniti continuassero a imporre tariffe più alte, non avrebbe più senso dal punto di economico e diventerebbe uno scherzo nella storia dell’economia mondiale». E c’è di più: «con le tariffe ai livelli attuali, non esiste più un mercato per i beni statunitensi importati in Cina», e per chiudere in bellezza, «se il governo degli Stati Uniti continuerà ad aumentare i dazi contro la Cina, Pechino li ignorerà». Insomma, un bel "fate voi" che puzza di sfida.

Ma attenzione, perché le ripercussioni su Pechino potrebbero essere un disastro epico. Gli analisti avvertono che questa rissa tariffaria sta colpendo duro l’economia cinese: le esportazioni verso gli USA valgono circa il 3% del PIL, e un calo potrebbe lasciare a spasso tra i 10 e i 20 milioni di lavoratori. Goldman Sachs ha già tagliato le previsioni di crescita del PIL cinese al 4% per quest’anno, citando le tensioni con Washington e un rallentamento globale in arrivo. Nonostante tutto, il ministero del Commercio cinese sta lasciando intendere che potrebbe trattare, ma solo se si fa sul serio e l’accordo è win-win per tutti – o almeno, così dicono.

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

Gli esperti dettano le quantità di pesce da consumare settimanalmente e i motivi controversi dietro questa imposizione

0

Avete presente quando vi dicono che il pesce è la panacea per la salute? Beh, pensateci due volte, perché potrebbe essere un piatto avvelenato! Mentre le istituzioni sanitarie come CREA spingono per 2-3 pasti settimanali di pesce per i suoi super-omega-3, EFSA grida allarme per tossine letali come metilmercurio e PCB che si accumulano nei nostri adorati salmoni. #PescePericoloso #DietaIngannatrice #Omega3OCancro

Siete pronti a scoprire il lato oscuro del vostro spuntino marino preferito? Il pesce è il re della dieta mediterranea, lodato da esperti come un concentrato di , omega-3 e vitamine che promettono un cuore d’ e ossa da Superman. Ma attenzione, non è tutto oro quel che luccica: sostanze tossiche come metilmercurio, diossine e PCB si nascondono nei mari inquinati, rischiando di trasformare il vostro pasto sano in un pericolo per donne in gravidanza, bambini e chiunque altro. L’EFSA, con il suo solito tono da guastafeste, raccomanda di limitare il pesce grasso a -2 volte a settimana e variare le specie per evitare un cocktail di contaminanti.

Le linee guida del CREA insistono su porzioni da 150 grammi di pesce per 2-3 giorni alla settimana, favorendo il pesce azzurro e snobbando quello conservato, mentre l’EFSA suggerisce circa 130 grammi di salmoni o aringhe per 1-2 volte. Il problema? In posti come la Svezia e la Finlandia, dove il Mar Baltico è un vero e proprio brodo di inquinanti, le autorità locali avvertono di tagliare il consumo per i più vulnerabili. Per non finire avvelenati, l’EFSA consiglia di mischiare pesce grasso e magro da acque pulite, troppe distinzioni tra selvatico e allevato – chissà se è per coprire qualche falla nell’industria.

Il pesce è un vero e proprio cocktail di nutrienti essenziali, dal selenio al , che combatte il colesterolo e rafforza il sistema immunitario grazie alla vitamina D. Eppure, nonostante questi superpoteri, un consumo sfrenato potrebbe farvi pentire: metilmercurio e compari possono rovinare lo sviluppo neurologico, specialmente nei bambini. Insomma, mangiatelo pure, ma con giudizio, per goderne i benefici senza trasformarvi in cavie da laboratorio.

Ma ecco il colpo basso: mangiare pesce tutti i giorni potrebbe essere una pessima idea, con rischi come l’accumulo di metilmercurio nei predatori giganti tipo pesce spada e tonno, che l’EFSA collega a danni cerebrali nei feti e nei bimbi. Questa roba non è solo mercurio "puro", ma una versione subdola che si infila nel cervello come un intruso. E non dimentichiamo le diossine e PCB, etichettati come cancerogeni di gruppo 1 dalla International Agency for Research on Cancer, pronti a scatenare un incubo tumorale se esagerate. Le microplastiche? Un’altra bomba a orologeria, anche se gli studi stanno ancora grattando la testa. Meglio variare e stare attenti, o il vostro piatto salutare diventerà un disastro!

Per approfondire l’argomento sulla fonte originale

è in caricamento