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Il successo globale dalle origini

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Il rap è un genere musicale che trae le sue negli anni ’70 nel Bronx, New York, come elemento fondamentale della cultura hip-hop. stile musicale si è evoluto in numerose forme, influenzando non solo il panorama musicale, ma anche la cultura globale. Nato come espressione della comunità afroamericana in risposta a sfide sociali ed economiche, oggi il rap rappresenta uno dei generi più ascoltati a livello mondiale, raggiungendo posizioni di vertice nelle classifiche musicali e contribuendo a creare un’industria da miliardi di dollari.

Origini del rap e la nascita dell’hip-hop

Per comprendere le origini del rap è necessario tornare agli anni ’70, quando la comunità afroamericana del Bronx utilizzava la come strumento di protesta e consapevolezza. Il termine “rap” deriva dall’inglese colloquiale, significando “colpire” o “battere rapidamente”, e si è evoluto nella cultura hip-hop per descrivere il parlato in rima sopra a basi musicali. Un ruolo fondamentale nella nascita dell’hip-hop è stato rivestito da DJ Kool Herc, che inventò una tecnica innovativa utilizzando due giradischi per isolare e ripetere i breakbeat delle canzoni funk. Questo approccio non solo forniva una base musicale continua per i ballerini, ma creava anche l’opportunità per l’improvvisazione vocale, dando vita alle rime e agli slogan che caratterizzerebbero il rap.

Le prime esibizioni ritmiche portarono alla nascita degli MC, i Master of Ceremonies, che usarono nuove tecniche dei DJ per manipolare i dischi in reale. Il primo brano rap registrato, “Rapper’s Delight” della Sugarhill Gang, vide la luce nel 1979, mentre Melle Mel, membro dei Grandmaster Flash and the Furious Five, contribuì a trasformare il rap in una forma musicale più strutturata con canzoni come “The Message”, che affrontavano tematiche sociali e di denuncia.

Il gangsta rap e la sua evoluzione

Negli anni ’80 e ’90, il rap si diversificò con l’emergere del gangsta rap, particolarmente sulla costa ovest degli Stati Uniti, dove artisti come gli N.W.A. iniziarono a raccontare la dura realtà di vita nei quartieri poveri, rappresentando la violenza e le tensioni sociali. Con brani come “Fuck tha Police”, il gangsta rap divenne un potente strumento di denuncia. La rivalità tra la East Coast e la West Coast, alimentata da diverse etichette discografiche, prese piede e portò a un’escalation di tensioni che sfociarono nelle tragiche morti di alcuni dei suoi esponenti più noti.

Questa evoluzione del rap ha consentito di portare all’attenzione mondiale questioni sociali frequentemente trascurate, contribuendo in modo significativo alla cultura pop e lasciando un’impronta duratura nel panorama musicale e sociale contemporaneo.

Il rap nel contesto attuale

In Italia, il rap ha trovato la sua voce negli anni ’80 e ’90, con artisti pionieri che mescolavano rime impegnate a suoni innovativi, mentre oggi, esponenti come Sfera Ebbasta dettano legge nelle classifiche, segnando traguardi significativi nella musica italiana. Negli ultimi anni, anche il contributo delle artiste femminili ha guadagnato crescente visibilità, riflettendo un panorama musicale in evoluzione dove i temi e le narrazioni sono ridisegnati.

Il rap ha quindi continuato a ramificarsi in sottogeneri, tra cui il gangsta rap e il lo-fi rap, mentre la trap si è affermata come una delle evoluzioni più popolari del genere, caratterizzata da beat elettronici e testi focalizzati su e lusso, segnando la crescita del genere anche a livello internazionale.

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La scoperta è ritenuta importante

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I nematodi, noti anche come vermi cilindrici, presenti nella zona di esclusione (CEZ) di Chernobyl, non mostrano danni genetici significativi rispetto agli esemplari provenienti da ambienti incontaminati. Questa informazione emerge da uno condotto dalla Columbia University e recentemente pubblicato sulla rivista PNAS. Le scoperte suggeriscono una forma di resistenza genetica che non sembra essere influenzata dai livelli di radiazione ambientali. Nonostante l’alta presenza di materiali radioattivi, gli organismi continuano a prosperare in ambiente inospitale, favoriti dall’assenza di attività umana, aprendo per studi sugli effetti delle radiazioni su diverse specie. Comprendere i meccanismi di questa resistenza potrebbe avere implicazioni nello sviluppo di nuovi trattamenti per malattie come il cancro e altre patologie genetiche.

Analisi dei nematodi nella CEZ

Lo studio ha esaminato il DNA di 298 nematodi raccolti in diverse aree della zona di esclusione, sia in contesti ad alta che a bassa radioattività. È emerso che non vi era un aumento significativo di danni nel DNA rispetto agli esemplari prelevati in ambienti non contaminati, tra cui Filippine, Germania, Stati Uniti, Mauritius e Australia. I ricercatori hanno anche testato come le radiazioni influenzassero la resistenza dei nematodi a sostanze chimiche dannose, chiamate mutageni. I risultati rivelano che i nematodi di Chernobyl non una resistenza superiore ai mutageni rispetto agli esemplari di contesti incontaminati.

I risultati rappresentano una sorpresa, poiché l’esposizione alle radiazioni generalmente comporterebbe un elevato tasso di mutazioni nel DNA. Tuttavia, i dati suggeriscono che l’esposizione cronica non ha portato a cambiamenti genetici significativi, indicando una potenziale resistenza genetica che non è direttamente correlata all’esposizione alle radiazioni nel lungo termine. Questa potrebbe aiutare a chiarire le variabili che rendono alcuni individui più suscettibili a determinate forme di cancro e ad altre malattie genetiche.

Contesto della zona di esclusione di Chernobyl

Circa 39 anni fa, il 26 aprile 1986, il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose, liberando una grande quantità di materiale radioattivo, che si concentrò nelle città vicine di Chernobyl e Prypiat. Il giorno successivo, circa 120.000 persone furono evacuate e fu istituita una zona di esclusione con un raggio di circa 30 km attorno alla centrale, dove la vita umana è ancora vietata a causa dei livelli di radioattività elevata.

Da allora, il panorama si è trasformato in terre abbandonate, in cui la natura ha ripreso il controllo, colonizzando strade e palazzi. Gli effetti delle radiazioni influenzano anche la flora e la fauna della zona, che continua a presentare livelli di radioattività variabili, rimanendo comunque elevati in diverse aree.

Le radiazioni ionizzanti a Chernobyl

Le sostanze radioattive rilasciate a seguito dell’incidente, tra cui iodio-131, cesio-137 e stronzio-90, sono isotopi radioattivi che tendono a trasformarsi in forme più stabili attraverso il decadimento, rilasciando energia sotto forma di radiazioni ionizzanti. Queste radiazioni rappresentano un serio pericolo, essendo in grado di alterare il DNA e indurre mutazioni cellulari. L’alto potere mutagenico delle radiazioni ionizzanti è all’origine delle preoccupazioni legate al disastro di Chernobyl, poiché danneggiano il materiale genetico delle cellule, potenzialmente portando a malattie gravi.

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Cosa sappiamo e come funziona

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Microsoft ha recentemente presentato Majorana 1, il primo chip quantistico di tipo, che rappresenta un passo significativo verso i computer quantistici topologici, posizionando l’azienda di Redmond all’avanguardia nel campo della computazione quantistica. Questo processore, delle dimensioni di un palmo di mano, è il primo al mondo a utilizzare qubit topologici (8 in totale), una nuova tipologia di qubit che affronta uno dei principali ostacoli dei computer quantistici tradizionali: la fragilità e la necessità di complessi sistemi di correzione degli errori. Grazie alle quasi-particelle di Majorana, eccitazioni quantistiche teorizzate dal fisico Ettore Majorana nel 1937, Microsoft ha progettato un’architettura in grado di scalare fino a 1 milione di qubit, un obiettivo attualmente irraggiungibile per i computer basati su qubit convenzionali. Questo sviluppo potrebbe accelerare l’adozione della computazione quantistica con applicazioni in vari settori, tra cui chimica, dei materiali e intelligenza artificiale.

Funzionamento del chip Majorana 1

Per comprendere l’importanza di questa innovazione, è fondamentale rivedere il concetto di qubit e il funzionamento dei computer quantistici. A differenza dei computer tradizionali, che utilizzano bit binari (0 e 1), i computer quantistici si basano sui qubit, le unità di informazione in grado di esistere in molteplici stati contemporaneamente grazie alla sovrapposizione quantistica. Questa proprietà consente di eseguire calcoli complessi in parallelo, offrendo una potenza di calcolo che potenzialmente supera quella di qualsiasi supercomputer classico, aprendo a possibilità applicative significative.

Tuttavia, i qubit tradizionali sono notoriamente instabili: per codificare un qubit, è necessario mantenere una serie di condizioni particolari, e anche piccole interferenze ambientali possono compromettere i calcoli. Pertanto, i computer quantistici attuali richiedono un numero elevato di qubit di supporto per la correzione degli errori. Ad esempio, per ottenere 48 qubit logici, sono stati utilizzati fino a 280 qubit fisici.

Qui entra in gioco Majorana 1. Microsoft ha sviluppato qubit topologici, che una stabilità intrinseca e una minore suscettibilità agli errori. Questi qubit non codificano l’informazione attraverso lo stato di una singola particella, ma attraverso le interazioni tra gli stati di molte particelle che operano sulla superficie di un microscopico superconduttore. Questo design li rende meno vulnerabili alle perturbazioni esterne, poiché l’informazione è distribuita su un intero sistema piuttosto che concentrata su una singola entità. Le quasi-particelle di Majorana emergono in condizioni specifiche e contribuiscono a formare un qubit topologico che beneficia di questo approccio strutturale, eliminando così la necessità di sistemi complessi di correzione degli errori.

Il processore Majorana 1 impiega una chiamata topoconduttore, composta da un nano-filo di materiale semiconduttore (arseniuro di indio) situato vicino a un materiale superconduttore alluminio. In condizioni appropriate, il nano-filo diventa superconduttore, consentendo l’emergere delle quasi-particelle di Majorana necessarie per il qubit topologico.

Possibili applicazioni di Majorana 1

Un computer quantistico con 1 milione di qubit ha il potenziale di trasformare vari settori, inclusi:

  • Chimica e scienza dei materiali: sviluppo di nuovi materiali -riparanti per costruzioni e dispositivi elettronici.
  • Sostenibilità ambientale: creazione di catalizzatori per la decomposizione delle microplastiche e alternative ecologiche a materiali inquinanti.
  • Agricoltura e biotecnologie: ottimizzazione degli enzimi per aumentare la fertilità del suolo e la resa delle colture.
  • Intelligenza artificiale: miglioramento degli algoritmi di machine learning tramite simulazioni avanzate che superano le capacità degli attuali supercomputer.

Microsoft ha sottolineato l’importanza di questo sistema, affermando che “tutti i computer operativi nel mondo, messi insieme, non possono compiere ciò che un computer quantistico da un milione di qubit sarà in grado di fare.” Ciò implica che compiti che attualmente richiedono anni di esperimenti e ingenti risorse potrebbero essere svolti in maniera rapida ed efficiente grazie alla potenza del quantum computing.

Dopo 17 anni di ricerca, Microsoft ha presentato un processore che potrebbe rendere la computazione quantistica pratica e scalabile. Questo progetto è stato convalidato da una pubblicazione sulla rivista Nature e ha catturato l’attenzione della DARPA, che lo ha selezionato per la fase finale di un programma chiamato US2QC, volto a sviluppare un computer quantistico resistente agli errori.

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Perché non è possibile e come si è realmente salvato

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Un episodio singolare ha coinvolto Adrián Simancas, un kayaker di 23 anni originario del Venezuela, che è stato brevemente inghiottito da una megattera (Megaptera novaeangliae) a Bahía El Águila, nello Stretto di Magellano, il 8 febbraio 2025. L’incidente, filmato dal padre di Simancas, ha rapidamente fatto il giro del mondo grazie alla diffusione del video. È chiarire che, dato il design anatomico delle megattere, risultare completamente inghiottiti da questi cetacei è fisicamente impossibile; infatti, il loro esofago è largo quanto un pugno, troppo stretto per consentire l’ingresso di un essere . Le megattere si nutrono principalmente di krill e non considerano gli esseri umani come parte della loro dieta. Nel 2021, un altro kayakista era finito accidentalmente nella bocca di una balena, venendo rapidamente espulso.

Caratteristiche anatomiche delle megattere

Negli ambienti molto frequentati come lo Stretto di Magellano, gli incontri tra megattere e esseri umani non sono rari. Questi cetacei tendono a mostrare curiosità verso subacquei e naviganti. In particolare, è probabile che la megattera di Simancas non si fosse resa conto della presenza dell’uomo durante la sua alimentazione. Durante la caccia, le megattere ingoiano grandi quantità d’acqua e prede, grazie alla loro mandibola altamente muscolosa, che permette una significativa apertura della bocca. Le prede sono trattenute dai fanoni, una che filtra l’acqua in eccesso. Simancas ha descritto una sensazione viscosa sul viso, probabilmente riferendosi ai fanoni dell’animale.

Altri eventi simili

Nel 2021, Michael Packard, un pescatore di aragoste, ha vissuto un’esperienza analoga con una megattera a Cape Cod, nel Massachusset. In quel caso, l’incidente è stato più traumatico, poiché Packard ha perso il respiratore e si è dislocato un ginocchio, ma è stato rapidamente espulso dalla balena. La sua avventura ha ispirato un documentario intitolato “In the Whale”, uscito nel 2023. Anche nel 1864, un marinaio di nome Peleg Nye è stato documentato nelle cronache di bordo mentre tentava di arpionare un capodoglio (Physeter macrocephalus) e fu temporaneamente inghiottito, ma successivamente liberato senza gravi conseguenze.

Rappresentazioni letterarie

Il concetto di essere inghiottiti da una balena rimane prevalentemente un evento di natura letteraria, come illustrato dalle storie bibliche e dai racconti di fantasia. Recentemente, nel romanzo “Whalefall” di Daniel Kraus, pubblicato poco prima degli eventi dello Stretto di Magellano, il protagonista è inghiottito da un capodoglio. Sebbene la di essere parzialmente inghiottiti esista, nel contesto di un capodoglio, le condizioni richiederebbero circostanze estremamente improbabili per garantire la sopravvivenza.

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Il latte UHT è trattato ad alte temperature per aumentarne la conservabilità

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Il latte , acronimo di "Ultra High Temperature", è un prodotto sottoposto a un processo di pastorizzazione caratterizzato da alte temperature, solitamente comprese tra i 130 °C e i 160 °C, per un breve periodo di , inferiore ai dieci secondi. Questo trattamento consente di ottenere un latte a lunga conservazione, capace di essere trasportato su distanze notevoli e di mantenersi sugli scaffali senza refrigerazione per settimane. Esistono due tecniche principali di trattamento: l’UHT indiretto, in cui il latte è riscaldato attraverso scambiatori di calore, e l’UHT diretto (uperizzazione), che prevede l’iniezione di vapore nel latte. L’esposizione a temperature elevate, però, può causare alterazioni delle proteine del latte, portando a problemi sia industriali che qualitativi, come indicato da vari studi. Le ricerche suggeriscono anche strategie mitigative, come l’uso di composti stabilizzanti e un rigoroso controllo delle condizioni termiche.

Significato dell’UHT e processo di pastorizzazione

L’UHT rappresenta una specifica modalità di pastorizzazione mirata alla riduzione della carica microbica e alla promozione di una conservazione prolungata. A livello industriale, le due modalità di trattamento si differenziano per il modo in cui il calore trasferito:

  • Metodo UHT Indiretto: il latte viene riscaldato con scambiatori di calore in cui il latte e la fonte di calore scorrono in sezioni separate, consentendo il trasferimento di calore senza contatto diretto con l’alimento.

  • Metodo UHT Diretto (Uperizzazione): il latte è iniettato con vapore acqueo, che trasferisce energia termica. Questo processo provoca un inevitabile trasferimento di molecole d’acqua, potenzialmente diluendo il prodotto finale. Tuttavia, la fase di raffreddamento può avvenire sottovuoto, agevolando l’evaporazione dell’acqua in eccesso.

Una volta raffreddato, il latte UHT viene confezionato in ambienti sterili per prevenire contaminazioni. Spesso si utilizzano cartoni multistrato, come i Tetrapàk®, che proteggono il latte e ne favoriscono la ; in condizioni adeguate, il latte può mantenere le sue qualità per diversi mesi. Tuttavia, una volta aperto, il latte UHT è esposto all’aria e diventa suscettibile a contaminazioni microbiche, riducendo notevolmente la sua durata.

Modifiche nella struttura delle proteine del latte

Il latte è una fonte complessa di nutrienti, contenente vari tipi di proteine, tra cui le caseine, che costituiscono l’80% delle proteine nel latte bovino. Queste proteine sono essenziali per apportare amminoacidi necessari alla salute. Tuttavia, le alte temperature utilizzate nel processo UHT possono denaturare le proteine, alterandone la tridimensionale e causando la perdita delle loro funzioni biologiche.

Studi indicano che tale denaturazione è accompagnata da aggregazioni tra le proteine, generando strutture insolubili che possono precipitare. Questo fenomeno è paragonabile a un gomitolo di filo che si srotola, con catene di amminoacidi esposte che interagiscono in modi che portano a insolubilità e, potenzialmente, a problemi di sedimentazione nel latte UHT.

Possibili soluzioni

È fondamentale affrontare le criticità associate al trattamento UHT. I ricercatori suggeriscono l’aggiunta di agenti chelanti o polimeri che possano limitare l’aggregazione e la precipitazione delle proteine, oltre a raccomandare un attento monitoraggio delle temperature e dei tempi di esposizione. Queste pratiche possono prevenire alterazioni nella consistenza e nel colore del latte, come il fenomeno della reazione di Maillard, che può causare un imbrunimento indesiderato del latte.

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Il funzionamento del robot che replica fedelmente il sistema muscoloscheletrico umano

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Immaginate un in grado di muoversi con la fluidità di un essere umano, replicando con precisione la biomeccanica del nostro corpo. Questo è l’obiettivo di Protoclone, un nuovo androide sviluppato dalla startup californiana Clone Robotics, che ha suscitato notevole interesse nel campo della robotica avanzata. Protoclone si distingue per l’uso di un sistema muscolare artificiale, noto come Myofiber, che imita il dei muscoli umani. La scheletrica del robot è progettata per essere quasi identica a quella umana, includendo oltre 200 ossa sintetiche, un sistema nervoso artificiale e una varietà di sensori tattili e inerziali che gli permettono di apprendere osservando i movimenti umani. Tale innovazione offre un movimento sorprendentemente naturale, generando entusiasmo per le sue potenziali applicazioni in automazione e assistenza domestica, ma anche una certa inquietudine per la sua somiglianza con gli esseri umani.

Production and Technology

Clone Robotics ha annunciato che, entro il 2025, realizzerà una prima serie limitata di 279 unità, denominate Clone Alpha, con l’intento di integrare i robot umanoidi nella vita quotidiana. Tuttavia, la tecnologia che rende Protoclone così realistico solleva interrogativi legati alla psicologia umana, in particolare riguardo all’effetto uncanny valley, che può generare disagio negli osservatori di repliche troppo fedeli degli esseri umani.

Il Protoclone utilizza un sofisticato sistema scheletrico e muscolare artificiale che replica la biomeccanica umana. Il suo scheletro è realizzato in materiali polimerici avanzati e riproduce una struttura ossea simile a quella umana. Il sistema Myofiber, al cuore dell’innovazione, simula i muscoli umani tramite fibre muscolari artificiali, consentendo movimenti fluidi e precisi. Ogni muscolo è composto da un tubo flessibile progettato per contrarsi in risposta a fluido idraulico pressurizzato.

Mobilità e Sensori

Oltre a oltre .000 fibre muscolari artificiali, Protoclone offre una gamma di oltre 200 gradi di libertà nei movimenti. Il suo sistema Myofiber è alimentato da una pompa elettrica da 500 watt, che garantisce movimenti rapidi e potenti. Protoclone è anche dotato di un avanzato sistema sensoriale, con 4 telecamere di profondità per la percezione tridimensionale dell’ambiente circostante, 70 sensori inerziali per monitorare in reale la posizione del corpo e 320 sensori di pressione nei muscoli artificiali per fornire un feedback preciso sulle forze esercitate.

Questa combinazione di tecnologie permette al Protoclone di apprendere per imitazione, osservando e riproducendo comportamenti umani con notevole precisione.

Obiettivi Futuri

Clone Robotics ha l’ambizione di sviluppare robot domestici capaci di assistere gli esseri umani in attività quotidiane come lavare i piatti o cucinare. Tale sviluppo si colloca in un contesto di mercato in espansione, con diverse aziende, tra cui Tesla e Figure AI, impegnate nello sviluppo di robot umanoidi con funzionalità avanzate.

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Guida su come rimuovere il codice PIN dall’iPhone

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Utilizzare un iPhone implica l’adozione di diverse misure di sicurezza per proteggere i dati personali degli utenti. Tra queste, il di sblocco e il della SIM. Mentre il codice di sblocco impedisce accessi non autorizzati al dispositivo, il PIN della SIM protegge l’utilizzo della scheda telefonica, evitando usi impropri. Alcuni utenti trovano questi sistemi di sicurezza poco pratici e desiderano sapere come rimuoverli.

Come togliere il codice di sblocco dall’iPhone

Il codice di sblocco è una sequenza numerica che consente di proteggere l’accesso al dispositivo. Negli iPhone di ultima generazione, è spesso affiancato da sistemi di autenticazione biometrica come Face ID e Touch ID. Per rimuovere il codice di sblocco, è necessario seguire questi passaggi:

  • Aprite l’app Impostazioni e selezionate l’opzione Face ID e codice (su iPhone X e successivi) o Touch ID e codice (su modelli precedenti). Nei dispositivi senza sensore biometrico, troverete l’opzione Codice.
  • Inserite il codice attuale per confermare la vostra identità.
  • Selezionate l’opzione Disattiva il codice.
  • Confermate la vostra identità tramite Face ID, Touch ID o codice di sblocco.
  • Toccate la voce Disattiva nel riquadro che appare sullo schermo.

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Togliere il codice di sblocco comporta alcune conseguenze significative. Tra queste, le applicazioni che richiedono Face ID o Touch ID non richiederanno più autenticazione biometrica, e le vostre carte Apple Pay verranno rimosse dal dispositivo. Inoltre, Apple Watch non si sbloccherà automaticamente e non sarà utilizzare un codice di sblocco per reimpostare la password dell’account Apple.

Come togliere il PIN della SIM dall’iPhone

Il PIN della SIM è un codice numerico concepito per proteggere l’uso della scheda telefonica. Se attivato, il PIN richiesto ogni volta che si riavvia il dispositivo o quando si rimuove e reinserisce la SIM o la e-SIM. In caso di attivazione, nella barra di stato comparirà la notifica “SIM bloccata”. Per rimuovere il PIN della SIM, seguire i passaggi sottostanti:

  • Aprite l’app Impostazioni e selezionate la voce Cellulare. Se il dispositivo ha una sola SIM o eSIM, troverete direttamente l’opzione PIN SIM. Qualora si tratti di un modello Dual SIM, sarà necessario selezionare prima il numero che si desidera modificare.
  • Spostate su OFF l’interruttore davanti alla voce PIN SIM.
  • Inserite il PIN attuale per confermare la modifica.
  • Toccate la dicitura Fine per completare l’operazione.

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Qualora non abbiate mai cambiato il PIN, il codice predefinito è quello fornito dal vostro operatore telefonico. È possibile reperirlo attraverso la documentazione ricevuta al momento dell’acquisto della SIM o sul sito del proprio operatore. È sconsigliato tentare di indovinare il PIN, poiché troppi tentativi errati possono bloccare la scheda, rendendo necessario un codice PUK per sbloccarla.

Disattivare il PIN della SIM può risultare comodo per evitare richieste di codice ogni riavvio del dispositivo; tuttavia, questa scelta riduce la protezione della scheda telefonica, che risulta accessibile a chiunque abbia accesso diretto all’iPhone.

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La più piccola auto del mondo, del 1962, pesa solamente 59 kg.

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La Peel P50, microcar introdotta nei primi anni ’60 dalla Peel Engineering Company, detiene il Guinness World Record per l’automobile di serie più del mondo. Questa vettura, dotata di tre ruote, misura 1,2 metri di altezza, 1,3 metri di lunghezza e 0,9 metri di larghezza, per un peso complessivo di circa 59 kg. L’obiettivo di veicolo era quello di realizzare una city car adatta al trasporto di “un uomo adulto e una borsa della spesa”. Nella sua versione originale, la P50 non era nemmeno dotata di retromarcia; per le manovre era presente una maniglia sul retro che consentiva di sollevarla e spostarla a mano.

Design e Caratteristiche

L’ era equipaggiata con una sola portiera sul lato sinistro, un tergicristallo e un solo fanale. La carrozzeria era in fibra di vetro e, grazie alla maniglia, era trasportare l’auto facilmente tramite spazi ristretti. Il motore della Peel P50 erogava 4,5 cavalli e consentiva di raggiungere una velocità massima di circa 60 km/h. All’epoca, era disponibile in tre varianti cromatiche: bianco, rosso e blu, con un prezzo di circa 199 sterline, corrispondenti a circa 1500 euro attuali.

Produzione e Rarità

La produzione della Peel P50 fu limitata, con solo 50 esemplari prodotti, di cui 27 sono ancora esistenti. Questa vettura, caratterizzata da una notevole instabilità in curva e da una protezione ridotta in caso di incidenti, è divenuta molto ricercata dai collezionisti. Un’unità di P50 è stata venduta nel marzo 2016 all’asta di Sotheby’s per 176 mila dollari, superando il precedente record di 120 mila dollari.

Nel 2010, la Peel Engineering Company ricevette un finanziamento di 80 mila dollari e avviò nuovamente la produzione di queste piccole utilitarie, offrendo due versioni: benzina ed elettrica. Il prezzo di vendita della P50 montata si aggira intorno alle 20 mila sterline, mentre la versione fai-da-te è disponibile per circa 11 mila sterline.

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Cosa sono, come vengono riconosciuti e perché si presentano soprattutto in inverno?

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I geloni, noti anche come pernioni, rappresentano una reazione del circolatorio alle basse e all’umidità. Queste lesioni cutanee si manifestano in genere su mani, piedi, orecchie e naso, le zone più esposte e periferiche del corpo. A seguito dell’esposizione al freddo, si verifica una vasocostrizione dei capillari, che può provocare prurito, rossore, dolore e, nei casi più gravi, ulcere suscettibili a infezione. La prevenzione gioca un ruolo fondamentale nel contrastare la loro insorgenza.

Cosa sono i geloni e da cosa sono causati

Un gelone, o eritema pernio, è un’infiammazione della pelle che si verifica a seguito dell’esposizione al freddo, particolarmente in condizioni di umidità. La principale causa di disturbo è la vasocostrizione, che restringe i capillari e i vasi più piccoli della pelle. Questo danneggiamento termico colpisce prevalentemente le estremità del corpo, che risultano più vulnerabili all’abbassamento delle temperature. Inoltre, esiste una correlazione con le variazioni di temperatura, poiché un brusco passaggio da un ambiente freddo a uno caldo può contribuire all’insorgenza del problema, provocando infiammazione attraverso una dilatazione rapida dei vasi sanguigni.

Come riconoscere un gelone

Inizialmente, il paziente potrebbe non avvertire immediatamente dolore; il prurito rappresenta il primo sintomo, mentre il dolore si manifesta successivamente. La pelle può apparire rossa o violacea, e in casi più avanzati si possono sviluppare vescicole, con il rischio di ulcere o necrosi che possono essere soggette a infezioni.

Chi è più a rischio e come prevenire i geloni

Le persone con predisposizioni mediche come il lupus o patologie circolatorie, come la sindrome di Raynaud, sono maggiormente a rischio. Fattori esterni, come il fumo di sigaretta e il consumo di alcol, possono esacerbare la vulnerabilità ai geloni. Una prevenzione efficace implica la protezione delle estremità dal freddo, evitando indumenti stretti e contenendo l’esposizione a sbalzi termici. È raccomandato mantenere in movimento mani e piedi durante permanenze prolungate all’aperto in condizioni fredde.

Quali sono i trattamenti consigliati per i geloni

I geloni tendono a risolversi autonomamente, ma per alleviare il disagio si possono utilizzare creme lenitive o farmaci a base di cortisone, sotto consiglio medico. In casi di grave entità, il medico può prescrivere calcioantagonisti per via orale, che favoriscono la vasodilatazione, migliorando il flusso sanguigno verso le estremità. È altresì fondamentale, in presenza di geloni, evitare frizioni o massaggi, riscaldare gradualmente la pelle ed evitare di mantenere la pelle umida e fredda per favorire la guarigione.

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Asteroide 2024 YR4: la possibilità di impatto con la Terra per la NASA supera il 3%

La NASA ha recentemente aggiornato le stime riguardanti l’asteroide 2024 , segnalando un incremento della probabilità di con la che ora si attesta al 3,%. Si tratta della percentuale più alta mai registrata per un asteroide potenzialmente pericoloso. In precedenza, il record apparteneva all’asteroide 99942 Apophis, il cui valore arrivò al 2,7% nel 2004. Con un’eventualità di 1 su 31 di collisione, l’attenzione degli scienziati è rivolta al monitoraggio continuo della traiettoria del corpo celeste.

La dell’asteroide 2024 YR4 e l’aumento del rischio di impatto

L’asteroide 2024 YR4 è stato scoperto il 27 dicembre 2024, e da quel momento gli astronomi lo stanno osservando attentamente. La dimensione del corpo celeste varia tra i 40 e i 90 metri, una grandezza sufficiente a causare danni significativi in caso di impatto. L’ultimo aggiornamento della NASA ha alzato le stime di rischio, e grazie a nuove osservazioni i dati potrebbero variare.

Cosa accadrebbe in caso di impatto con la Terra?

In caso di collisione con il nostro pianeta, le conseguenze dipenderebbero dalla posizione di impatto e dalla composizione dell’asteroide stesso. Un corpo di queste dimensioni potrebbe generare un’esplosione pari a decine di megatoni, similmente all’evento di Tunguska del 1908, che causò la distruzione di milioni di alberi in Siberia.

Nonostante il valore attuale della probabilità di impatto, gli esperti rassicurano che, grazie a ulteriori osservazioni, il rischio potrebbe diminuire nel tempo. Nel corso della storia, numerosi asteroidi inizialmente considerati pericolosi sono stati successivamente esclusi dalle categorie di minaccia. Pertanto, le agenzie spaziali continueranno il monitoraggio costante dell’asteroide 2024 YR4 per rimanere aggiornati sulla situazione.

Fonte: NASA

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Questo elmo di epoca romana, dopo 20 anni di restauri, torna al suo antico splendore

Sembrava un semplice rottame, ma l’Elmo Hallaton era un elmo di di cavalleria con intarsi in oro e argento: ci sono voluti 20 anni di ma gli studiosi sono riusciti a recuperare l’80% della struttura originale.

@Leicestershire collections

Nel Leicestershire, all’inizio degli anni 2000, un gruppo di archeologi dilettanti fece una scoperta straordinaria portando alla luce durante gli scavi un oggetto metallico, fortemente ossidato e apparentemente insignificante. Inizialmente scambiato per semplice rottame, il reperto si rivelò essere un elmo di epoca romana di cavalleria, riccamente decorato con intarsi in oro e argento.

Per garantire la massima tutela del reperto, l’elmo venne trasferito al British Museum, dove esperti restauratori iniziarono un meticoloso di conservazione. Il manufatto, noto oggi come Elmo Hallaton, era così deteriorato che è stato necessario estrarlo con cura all’interno di un blocco di terra. Attraverso sofisticate tecnologie di scansione e restauro, gli studiosi sono riusciti a riportarlo al antico splendore, recuperando circa l’80% della struttura originaria.

La decorazione dell’elmo è particolarmente ricca di simboli. La parte frontale presenta il busto di una donna incorniciata da animali, mentre i guanciali mostrano un imperatore romano a cavallo, accompagnato dalla dea Vittoria in volo. Sotto gli zoccoli del cavallo appare una figura rannicchiata, probabilmente la rappresentazione di un guerriero britannico sconfitto.

Reperti e significato del sito

L’elmo non era l’unico reperto di valore rinvenuto nel sito di Hallaton. Accanto ad esso furono scoperti oltre 5.000 monete dell’età del ferro e romane, ossa di maiale e preziosi manufatti in argento. Gli archeologi ritengono che l’area fosse un santuario dedicato a riti sacri e celebrazioni militari, risalente all’epoca dell’invasione romana della Britannia nel 43 d.C.

Repliche e presentazione

Per permettere al pubblico di apprezzare il reperto sono state realizzate due repliche dell’elmo, seguendo metodologie differenti. Una è stata creata dall’argentiere Rajesh Gogna che ha utilizzato scansioni 3D per ricostruire digitalmente il manufatto e poi placcarlo in oro e argento. L’altra replica è stata forgiata dall’archeologo italiano Francesco Galluccio, che ha preferito metodi artigianali simili a quelli utilizzati dagli antichi romani.

Dopo vent’anni di lavori, l’Elmo Hallaton è finalmente tornato nel Harborough Museum, dove è ora esposto insieme alle due repliche. Questo straordinario reperto offre uno sguardo prezioso sulla presenza romana in Britannia e sulla maestria degli artigiani dell’epoca.

Fonte: Harborough Museum/ Leicestershire Museum Collections

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La musica viene semplificata sempre di più secondo uno studio scientifico

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Un recente condotto da un team di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università di Padova ha rivelato un calo costante della complessità musicale negli ultimi anni. L’analisi ha riguardato circa 20.000 composizioni di vari generi, tra cui classica, jazz, rock, pop, hip-hop ed elettronica, e ha mostrato come le strutture musicali siano diventate sempre più prevedibili e ripetitive. Questo fenomeno si osserva non solo nei generi più recenti, ma anche nella classica e jazz, che in passato erano caratterizzate da strutture armoniche complesse. Tra i fattori individuati nel cambiamento ci sono la democratizzazione della produzione musicale, l’accesso a tecnologie avanzate e il ruolo degli algoritmi di streaming, che sembrano favorire l’emergere di brani più immediati.

Il processo di semplificazione della musica: melodie sempre più ripetitive

Nel corso della musicale, le composizioni erano spesso caratterizzate da armonie complesse e transizioni tra le note più articolate. Autori come Beethoven e jazzisti come Coltrane e Davis hanno creato opere con una ricca varietà melodica. Al contrario, le canzoni odierne tendono a ruotare attorno a poche note ripetute, con ritornelli facilmente memorizzabili. I ricercatori hanno utilizzato strumenti della scienza delle reti per mappare le composizioni musicali, misurando varietà e complessità strutturale. I risultati indicano che, negli ultimi decenni, la varietà delle transizioni tra le note è diminuita, con brani che mostrano un aumento della ripetitività. Sebbene la musica classica e il jazz mantengano una certa complessità, anche questi generi storici sono soggetti a una semplificazione evidente, con una diminuzione delle variazioni melodiche.

Immagine Grafici che mostrano la semplificazione musicale nel nei principali generi. Credit: arXiv.

Perché le canzoni diventano più semplici

Le cause di questa trasformazione includono l’evoluzione tecnologica. In passato, la creazione musicale richiedeva competenze specifiche e strumenti elaborati, mentre oggi chiunque può utilizzare software per produrre tracce. Questa democratizzazione ha reso la musica più accessibile, ma ha anche favorito l’adozione di strutture più semplici, influenzate dagli strumenti digitali. Con l’avvento dello streaming, piattaforme come Spotify e YouTube Music si basano su algoritmi che premiano le canzoni immediati e orecchiabili. Brani con ritornelli semplici tendono a ottenere più ascolti, contribuendo alla loro diffusione. Inoltre, la crescita della velocità di fruizione dei contenuti ha portato a una maggiore frammentazione dell’attenzione del pubblico, suggerendo che le hit di successo devono conquistare l’ascoltatore rapidamente.

Qual è il futuro della musica

Il futuro della musica è oggetto di discussione. La continua semplificazione potrebbe limitare l’innovazione, oppure si potrebbe assistere a un ritorno della complessità in risposta alla ripetitività attuale. La previsione è complicata, in particolare considerando l’ crescente dell’intelligenza artificiale nel panorama musicale.

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