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Processi di separazione gas-solido: separatori inerziali, precipitatori elettrostatici

Processi di separazione gas-solido: separatori inerziali, precipitatori elettrostatici

I processi di separazione per i sistemi gas-solido sono fondamentali per la rimozione delle impurità e la raccolta del particolato, soprattutto in ambito industriale. Ecco come questi processi possono essere impiegati per eliminare le impurità, purificare i prodotti industriali e rimuovere gli inquinanti dagli effluenti.

Separazione

La consente la separazione in base alle diverse densità della fase dispersa rispetto alla fase disperdente. La , allo stesso modo, sfrutta questo principio ma con l’impiego di una elevata accelerazione centrifuga. Questi metodi di separazione risultano efficaci per particelle di dimensioni maggiori, mentre per le particelle più fini vengono impiegati altri metodi.

Separatori inerziali

I separatori inerziali, come i cicloni, sfruttano la combinazione di forze centrifughe, gravitazionali e inerziali per separare la polvere dai flussi di gas. In particolare, i cicloni fanno passare la corrente di gas e polvere in un sistema composto da due cilindri concentrici, consentendo la separazione del solido grazie alla differenza di inerzia tra le particelle e il gas.

Precipitatori elettrostatici

I precipitatori elettrostatici sfruttano fenomeni elettrostatici, creando un campo elettrico intenso che porta alla formazione di ioni e all’attrazione degli stessi sulle particelle di particolato presenti nei fumi. Questo “” consente la separazione del particolato, che viene poi catturato e rimosso.

Fenomeni fisici

I fenomeni fisici coinvolti nella separazione dei solidi dai gas sono influenzati da diversi fattori, tra cui le proprietà del gas, le interazioni tra i gas e le particelle stesse. La scelta della metodologia di separazione dipende da vari fattori, inclusa la necessità di ottenere un gas più o meno esente da particelle solide. La è essenziale per l’alta efficienza, consentendo la separazione delle particelle solide attraverso un mezzo filtrante con apertura inferiore alle dimensioni medie delle particelle.

A seguito di questa procedura, le particelle sono trattenute nel mezzo filtrante formando uno strato solido poroso, contribuendo così alla filtrazione. Per applicazioni industriali, vengono impiegati materiali filtranti come fibre, tessuti, ceramica e reti metalliche. Inoltre, il metallo poroso sinterizzato rappresenta uno dei supporti più efficienti in termini di rapporto costi/separazione.

Questi processi di separazione gas-solido sono fondamentali per le attività industriali e offrono numerosi vantaggi, contribuendo alla purificazione dei prodotti e alla riduzione degli inquinanti.

Proprietà di aldeidi e chetoni: risonanza, energia di legame

Proprietà di aldeidi e chetoni: risonanza e di legame

Le aldeidi e i chetoni sono caratterizzati principalmente dalla presenza del , un gruppo polare che li distingue sia strutturalmente che chimicamente. Le aldeidi, con formula generale RCHO, e i chetoni, con formula generale RCOR, presentano il gruppo funzionale C=O, in cui il carbonio è ibridato sp2. A differenza degli alcheni, questi composti hanno un alto momento dipolare a causa della differenza di elettronegatività tra il carbonio e l’.

Risonanza

Le strutture di risonanza dei chetoni evidenziano il carattere dipolare del gruppo carbonilico. In queste strutture, è presente un carbocatione stabilizzato dalla presenza di gruppi alchilici. Questa caratteristica contribuisce ad aumentare i punti di ebollizione rispetto agli alcheni con un peso molecolare paragonabile.

La temperatura di ebollizione è influenzata dalla forza dei legami intermolecolari e varia a seconda della presenza di forze di dispersione di van der Waals, nonché delle attrazioni dipolo-dipolo. Le aldeidi e i chetoni presentano inoltre una maggiore solubilità in rispetto agli idrocarburi, grazie alla presenza di doppietti elettronici solitari sull’ossigeno.

Energia di legame

Gli alcheni hanno un’energia di legame del doppio legame di 146 kcal/mol, mentre il gruppo carbonilico presenta energie di legame variabili a seconda delle sue specifiche caratteristiche. Tale diversità di energia di legame suggerisce che le reazioni di addizione al gruppo carbonilico sono termodinamicamente svantaggiate, anche se l’addizione di acqua a un alchene è esotermica.

La di un alcol ad alchene, che rappresenta la reazione inversa, è lenta e richiede un acido forte come catalizzatore. La polarità del gruppo carbonilico abbassa l’energia dello stato di transizione per entrambe le reazioni, aumentandone la velocità.

In conclusione, le proprietà di aldeidi e chetoni sono influenzate dal gruppo carbonilico, che gioca un ruolo chiave nelle interazioni molecolari e nelle reazioni chimiche di questi composti. La sua polarità e energia di legame sono fondamentali per comprendere le caratteristiche fisiche e chimiche di aldeidi e chetoni rispetto ad altri composti organici.

Costruzione degli orbitali molecolari: idrogeno, azoto, orbitali di legame e di antilegame

Costruzione degli orbitali molecolari: , azoto, orbitali di legame e di antilegame

Nel processo di costruzione degli orbitali molecolari delle molecole biatomiche, è fondamentale considerare le configurazioni elettroniche degli atomi costituenti. Gli elettroni negli atomi occupano orbitali atomici con diverse energie, come ad esempio 1s, 2s, 3d, che rappresentano regioni di massima probabilità di trovare gli elettroni.

Secondo la , gli elettroni presenti in una molecola si distribuiscono in orbitali molecolari, formati dalla combinazione degli orbitali atomici. Nella costruzione degli orbitali molecolari di una molecola biatomica, ci si concentra sulla configurazione elettronica degli atomi costituenti, in particolare sugli elettroni di legame. Gli orbitali molecolari si ottengono combinando gli orbitali atomici e vengono riempiti a partire da quelli con energia più bassa.

Il riempimento degli orbitali segue il principio di esclusione di Pauli, secondo il quale un massimo di due elettroni può essere ospitato in ciascun orbitale molecolare. Inoltre, si applica la o principio della massima molteplicità, che prevede che se ci sono orbitali degeneri, gli elettroni si distribuiscano singolarmente con spin paralleli prima di accoppiarsi.

Molecola di idrogeno
La molecola più semplice è l’idrogeno (H2), la cui costruzione degli orbitali molecolari coinvolge la somma delle funzioni d’onda degli elettroni per ottenere gli orbitali molecolari. Dato che ciascun atomo di idrogeno ha un solo elettrone nell’orbitale 1s, si combinano queste funzioni d’onda per ottenere un orbitale di 1s e uno di antilegame σ*1s. Gli elettroni si dispongono entrambi nell’orbitale σ1s di legame, che ha un’energia inferiore rispetto all’orbitale σ*1s di antilegame.

Orbitali di legame e di antilegame
Negli orbitali di antilegame è presente un piano nodale, una regione in cui è minima la probabilità di trovare l’elettrone. Gli elettroni presenti in un non contribuiscono alla formazione del legame, ma si oppongono ad esso. Il numero di orbitali contenenti elettroni di legame è maggiore rispetto al numero di orbitali contenenti elettroni di antilegame, determinando la stabilità della molecola.

Molecola di azoto
Nella costruzione degli orbitali molecolari per la molecola di azoto (N2), si considera la configurazione elettronica dell’atomo di azoto, che presenta tre elettroni nell’orbitale p. Gli orbitali px possono sovrapporsi lateralmente dando un orbitale σ di legame e un orbitale σ di antilegame, mentre gli orbitali py e pz possono formare un orbitale π. Gli orbitali molecolari più stabili sono i due orbitali di legame σ2p, determinando un ordine di legame pari a 3 per la molecola di azoto.

In generale, per le molecole biatomiche omonucleari, l’ordine di riempimento degli orbitali molecolari segue uno schema specifico. Questa strategia conduce alla formazione degli orbitali molecolari degli elementi biatomici, indicando la stabilità della molecola e le caratteristiche del legame.

Portata di un gas: velocità di aspirazione

Portata di un gas: come calcolare la

La portata di un gas si riferisce alla quantità di gas che fluisce attraverso una canalizzazione in un determinato periodo di tempo, misurato in massa o numero di molecole. Un altro metodo per misurare la portata di un gas è il volume V’ che attraversa una sezione della canalizzazione misurato alla pressione esistente nella canalizzazione, espresso in m^3/s nel S.I.

Nell’ambito della tecnica del vuoto, la definizione più comune della portata di un gas è il volume Q di gas normalizzato ad una pressione di riferimento, espresso dalla formula: Q = V’P (). La portata Q viene spesso espressa in , dove lusec = [mmHg L/s].

Per comprendere meglio il concetto di portata di un gas, possiamo fare un’analoga con i circuiti elettrici dove l’ Z di un tubo corrisponde al rapporto tra la differenza ΔP di pressione esistente tra le due estremità della canalizzazione e la quantità Q di gas che vi passa. L’inverso di Z, ovvero il rapporto Q/ (P1 – P2), definisce la C.

Pensando in termini di circuiti elettrici, se si hanno più tubi in serie o in parallelo, le cui conduttanze sono rispettivamente C1, C2, C3, la conduttanza del sistema è data, nel caso di un circuito in parallelo, da: C(parallelo) = C1 + C2 + C3 …, e nel caso di un circuito in serie: 1/C(serie) = 1/C1 + 1/C2 + 1/C3 …

La velocità di aspirazione S di una pompa è definita come il volume V’ di gas aspirato dal sistema nell’unità di tempo misurato alla pressione P, e si calcola con la formula: S = Q/P. La velocità S di aspirazione che interessa è data dalla relazione: 1/S = 1/So + 1 /C, da cui S = SoC/So+C.

In sede di progettazione di un impianto da vuoto, è importante notare che è sempre conveniente, quando possibile, collegare le pompe con C >> So, in quanto la velocità di aspirazione nel recipiente sarà all’incirca uguale a quella della pompa: S ≅ So. Al contrario, se C

Miscele gassose. Esercizi svolti e commentati

Miscele gassose: Esercizi e concetti fondamentali

Le miscele gassose sono costituite da miscugli omogenei di gas, come ad esempio l’aria, composta principalmente da azoto, , argon, biossido di carbonio e altri gas in minori proporzioni. Questi componenti possono essere separati solo attraverso un cambio di stato.

Quando i gas hanno un comportamento ideale, è possibile applicare equazioni tipiche dei gas ideali alle miscele gassose. È importante notare che i gas nelle miscele non reagiscono tra loro. Consideriamo una miscela di due gas A e B, con A e nB rappresentanti le moli di A e B, rispettivamente, e nTot indicante il numero totale di moli, pari a nA + nB.

in miscele gassose

La pressione parziale pA di un gas A in un contenitore è la pressione che il gas A avrebbe se fosse da solo. Se il gas A ha un comportamento ideale, l’equazione di stato diventa pA = nART/V, dove V è il volume del contenitore e R è una costante con valore R = 0.08206 atm L/mol K. In modo analogo, per il gas B si ha pB = nBRT/V.

Legge di Dalton e altre considerazioni

Poiché entrambi i gas sono ideali, la miscela dei gas segue un comportamento ideale e quindi pTot = nTotRT/V = (nA + nB) RT/V = nART/V + nBRT/V = pA + pB. Questa è la legge di Dalton, che afferma che la somma delle pressioni parziali è uguale alla pressione totale. La frazione molare del gas A è data dal rapporto tra le moli di A e le moli totali, XA = nA / nTot. Alla miscela gassosa può essere assegnato un Wmix, dato dal rapporto tra la massa del gas e il numero di moli totali.

1. Considerando una miscela di tre gas con frazione molare di A pari a 0.277, pressione parziale di B a 4.65 atm e numero di moli di C a 7.06, con pressione totale di 14.55 atm, si calcolano la frazione molare di B (a), la frazione molare di C (b), la pressione parziale di A (c), la pressione parziale di C (d), il numero di moli di A (e) e il numero di moli di B (f).

2. Data un recipiente da 13.0 L che contiene ossigeno a 35.0 atm e 25.0 °C e viene aggiunto elio fino a raggiungere una frazione molare di ossigeno di 0.210, si calcolano il numero di moli di ossigeno (a), la pressione totale dopo l’aggiunta di elio (b) e la densità della miscela gassosa (c).

3. In un recipiente da 100.0 L vengono aggiunte 10.0 moli di H2 e 3.0 moli di O2. A 1000 °C avviene la reazione: 2 H2(g) + O2(g) → 2 H2O(g). Viene calcolato il risultato di questa reazione.

In questo modo, è possibile approfondire la comprensione delle miscele gassose e le relative equazioni, in un ambito teorico e pratico attraverso l’applicazione di esercizi risolti.Calcolo delle pressioni parziali e totali dei gas

Nel calcolo delle pressioni parziali e totali dei gas, occorre considerare diversi fattori che influenzano il comportamento di un gas. Possiamo calcolare le moli totali e le pressioni parziali dopo che è avvenuta una reazione, per poi determinare la pressione totale.

Reazione chimica tra O2 e H2
Il rapporto stechiometrico tra O2 e H2 è di 1:2, quindi 3.0 moli di O2 reagiscono con 2 x 3.0 = 6.0 moli di H2. Di conseguenza, le moli di H2 in eccesso risultano essere pari a 10.0 – 6.0 = 4.0.

Calcolo delle moli di H2O formate e delle moli totali
Le moli di H2O formate sono pari a 6.0. Le moli totali presenti sono quindi pari a 6.0 + 4.0 = 10.0.

Determinazione della pressione a diverse temperature
A temperatura ambiente (T = 273 K), la pressione totale è data da p = nRT/V = 10.0 x 0.08206 x 273 / 100.0 = 2.23 atm. Mentre a -40.0 °C (233 K), la pressione è p = nRT/V = 4.0 ∙ 0.08206 ∙ 233 / 100.0 = 0.765 atm.

Mescolamento di neon e argon
Considerando un recipiente di 6.00 L con neon a 800 torr e un recipiente di 10.0 L con argon a 400 torr, determiniamo:
– La pressione totale dopo il mescolamento in torr
– La frazione molare di entrambi i gas
– Le pressioni parziali di entrambi i gas se vengono compressi in un contenitore di 10.0 L

Calcolo delle grandezze richieste
Dopo il mescolamento, i gas occuperanno un volume totale pari a 10.0 + 6.0 = 16.0 L, e la pressione sarà 0.724 atm (corrispondente a 550 torr). La frazione molare di neon è 0.546 e quella di argon 0.454. Le pressioni parziali di neon e argon nei nuovi 10.0 L di volume sono rispettivamente 0.633 atm (481 torr) e 0.527 atm (400.5 torr).

Con questi calcoli, è possibile determinare con precisione le pressioni parziali e totali dei gas in diverse condizioni, contribuendo così alla comprensione del comportamento dei gas in situazioni diverse.

Saggio di Marsh: analisi dell’arsenico, metodica

Il saggio di Marsh: scoperta e analisi dell’

Il saggio di Marsh rappresenta un metodo estremamente sensibile per la rilevazione dell’arsenico, particolarmente utilizzato nell’ambito della tossicologia forense. L’arsenico, un elemento dall’ampio utilizzo sia in campo medico che come veleno, ha una storia antica e variegata. Utilizzato in passato per la cura della sifilide e come rimedio per la malaria, l’arsenico è noto per la sua efficacia come veleno, tanto da essere definito il “veleno dei re e re dei veleni”.

La scoperta dell’arsenico da parte dei romani nelle miniere del Monte Amiata nel III secolo a.C. ha portato a un cambiamento radicale nella pratica dell’avvelenamento, dove il veleno poteva essere somministrato in dosi ridotte e costanti per condurre lentamente alla morte. È stato nel Quattrocento che l’arsenico ha iniziato a essere impiegato come principale strumento per omicidi nelle corti europee.

Il chimico inglese James Marsh ha fondamentale perfezionato il test per rilevare piccole quantità di arsenico nelle analisi tossicologiche, ottenendo una maggiore sensibilità e precisione. Uno dei casi più famosi in cui il saggio di Marsh è stato utilizzato è stato nel processo a Marie Lafarge nel 1840, in cui l’imputata era accusata di avvelenamento del marito.

Metodica del saggio di Marsh

Nel saggio di Marsh, un campione sospettato di contenere arsenico viene trattato con e . L’ossido di arsenico (III) è la forma più comune e tossica dell’arsenico, e il processo coinvolge due semireazioni: ossidazione e riduzione.

In ambiente acido, l’arsenico forma , e successivamente, l’arsina gassosa prodotta viene convogliata in un tubo contenente cloruro di calcio, che funge da essiccante. Riscaldando l’estremità del tubo, si decompongono l’arsina in arsenico metallico, che si deposita nella parte fredda del tubo, lasciando una macchia di colore nero splendente. Il saggio è in grado di rilevare quantità di arsenico minori di 0.1 mg.

Il metodo di analisi del saggio di Marsh è in grado di distinguere la presenza di , poiché la macchia di arsenico è solubile in ipoclorito di sodio, a differenza di quella dell’antimonio.

In conclusione, il saggio di Marsh rappresenta un’importante metodica per l’analisi dell’arsenico e dei suoi composti, contribuendo in modo significativo all’ambito della tossicologia forense e della scienza chimica.

Titolazione Karl Fischer: applicazioni, reazioni

Titolazione Karl Fischer: applicazioni e reazioni

La titolazione di Karl Fischer è un metodo ampiamente utilizzato per misurare il contenuto di in varie sostanze, come oli, prodotti farmaceutici e alimentari. La presenza di acqua può influenzare significativamente le prestazioni di una sostanza, rendendo essenziale la sua determinazione accurata.

Questa tecnica analitica, introdotta nel 1935, è particolarmente rapida, non provoca reazioni collaterali ed è di semplice implementazione. A differenza di tecniche strumentali come la spettroscopia infrarossa, la e la spettroscopia a microonde, la titolazione di Karl Fischer fornisce risultati affidabili senza richiedere strumentazioni complesse.

Applicazioni

La titolazione Karl Fischer trova ampio impiego in diverse industrie, inclusa quella alimentare, farmaceutica, cosmetica, chimica e petrolchimica. È utilizzata per determinare il contenuto di acqua in vari prodotti, come miele, zuccheri, oli, farmaci, creme, dentifrici, solventi, vernici, lubrificanti e idrocarburi.

Prima dell’introduzione della titolazione di Karl Fischer, veniva utilizzata un’altra tecnica basata sull’essiccazione del campione in stufa, con alcuni svantaggi legati alla durata del processo e alla possibile perdita di composti volatili. La titolazione di Karl Fischer ha superato efficacemente tali limitazioni, diventando un metodo rapido e selettivo per la determinazione del contenuto di acqua.

Reazioni

Questo metodo si basa sulla reazione di Bunsen in cui il è ossidato dall’ secondo la seguente equazione:
I2 + SO2 + 2H2O → 2 HI + H2SO4

La titolazione avviene in un solvente anidro come il metanolo e in presenza di una base, come la piridina o l’imidazolo, per neutralizzare l’ prodotto dalla reazione, formando una soluzione tampone con un pH compreso tra 5 e 7.

Nella titolazione coulometrica, utilizzata nei casi in cui è necessario determinare basse concentrazioni di acqua, l’acqua reagisce con lo iodio e l’anidride solforosa in presenza di una base e un alcol. In questa tecnica, l’iodio è generato elettroliticamente e la quantità di acqua viene determinata misurando il consumo totale di elettricità.

La titolazione di Karl Fischer è diventata un fondamentale strumento analitico per la determinazione precisa del contenuto di acqua in varie sostanze, contribuendo così a garantire la qualità e l’affidabilità dei prodotti in molteplici settori industriali.

Batteria redox a flusso di vanadio: reazioni

Il funzionamento di una batteria redox a flusso di

Le batterie redox a flusso sono dispositivi elettrochimici in grado di immagazzinare attraverso che coinvolgono due soluzioni contenenti diverse coppie redox. Questo sistema è composto da due serbatoi contenenti le soluzioni che vengono pompate in un elettrolizzatore costituito da un certo numero di celle, connesse in serie o in parallelo. Queste celle sono composte da membra a scambio ionico, che permettono la diffusione di ioni, evitando il mescolamento diretto delle soluzioni anodiche e catodiche. In particolare, le batterie a flusso di vanadio (VRB) sono una delle più sviluppate, in quanto sfruttano le proprietà del vanadio, che può presentare molteplici stati di ossidazione.

Il vanadio, con configurazione elettronica [Ar] 3d^3 4s^2, può presentare diversi stati di ossidazione, tra cui +5, +4, +3 e +2. Questa caratteristica ha portato all’impiego del vanadio nelle batterie a flusso, in cui si utilizzano ioni di vanadio in diversi stati di ossidazione. Ad esempio, nel caso della batteria redox a flusso di vanadio, i serbatoi contengono le specie attive del vanadio in diversi stati di ossidazione, come ad esempio VO2+ e VO2+ al catodo e V2+/V3+ all’anodo, con concentrazioni dell’ordine di .5-2 M in 2-5 M.

Le reazioni elettrolitiche che avvengono durante il processo di scarica sono fondamentali per il funzionamento della batteria a flusso di vanadio. Ad esempio, nell’elettrodo positivo si verifica la reazione VO2+ + H2O → VO2+ + 2 H+ + 1 e- con un potenziale standard di -0.99 V, mentre nell’elettrodo negativo avviene la reazione V3+ + 1 e- → V2+ con un potenziale standard di -0.26 V. Durante il processo di carica, le reazioni avvengono in senso opposto con un potenziale di 1.25 V.

Le batterie redox a flusso di vanadio presentano elettrodi costituiti da feltri di carbone/grafite ad elevata area superficiale, che possono essere trattati per catalizzare le reazioni elettrochimiche. Questi dispositivi sono noti per la loro alta efficienza energetica, tempi di risposta brevi e lunga durata nel tempo.

In conclusione, le batterie redox a flusso di vanadio rappresentano un sistema promettente per l’accumulo di energia elettrica, con diverse potenziali applicazioni nell’ambito dell’energia sostenibile e delle tecnologie di accumulo energetico.

Titolazioni redox: esercizi svolti e commentati

redox: esercizi e soluzioni commentate

Le titolazioni redox sono un metodo fondamentale nell’ambito dell’analisi volumetrica quantitativa e richiedono la conoscenza delle reazioni, il bilanciamento delle equazioni e il rapporto stechiometrico tra le specie, solitamente presenti negli esercizi di stechiometria.

Esercizio : Quantità di ferro presente in un campione espressa come % di Fe2O3

Un minerale contenente ferro di massa 0.4891 g è stato disciolto in HCl e il ferro presente è stato ridotto a ferro (II). Per la titolazione del ferro (II) sono stati utilizzati 36,92 mL di una soluzione 0.02153 M di K2Cr2O7. Dobbiamo determinare la quantità di ferro presente nel campione espressa come percentuale di Fe2O3.

Le coinvolte sono:
Fe^2+ -> Fe^3+ + 1 e^-
Cr2O7^2- + 14 H^+ + 6 e^- -> 2 Cr^3+ + 7 H2O

Per bilanciare la reazione, moltiplichiamo la prima semireazione per 5 e la sommiamo alla seconda. Otteniamo:
6 Fe^2+ + Cr2O7^2- + 14 H^+ -> 6 Fe^3+ + 2 Cr^3+ + 7 H2O

Il rapporto stechiometrico indica che 6 moli di Fe^2+ reagiscono con 1 mole di Cr2O7^2-. Calcolando le moli di Cr2O7^2-, otteniamo 0,0007949.

Dal rapporto stechiometrico, otteniamo che le moli di Fe2O3 sono pari a 0,002384. Quindi la percentuale di Fe2O3 nel campione è 77,86%.

Esercizio 2: Percentuale di ossalato di sodio contenuta in un campione

Per titolare un campione di ossalato di sodio Na2C2O4 impuro di massa 0,5116 g, sono stati utilizzati 35,62 mL di MnO4^- 0,04000 M. Dobbiamo calcolare la percentuale di ossalato di sodio contenuta nel campione.

Le semireazioni coinvolte sono:
C2O4^2- -> 2 CO2 + 2 e^-
MnO4^- + 8 H^+ + 5 e^- -> Mn^2+ + 4 H2O

Dopo il bilanciamento, otteniamo:
5 C2O4^2- + 2 MnO4^- + 16 H^+ -> 10 CO2 + 2 Mn^2+ + 8 H2O

Dal rapporto stechiometrico, calcoliamo le moli di C2O4^2-, risultando in 0,003562. Di conseguenza, la percentuale di Na2C2O4 contenuta nel campione è 93,30%.

Esercizio 3: Calcolo della percentuale m/V di NaClO

Un volume di 25 mL di soluzione contenente ClO^- viene diluito a 1000 mL; 25 mL della soluzione diluita sono trattati con un eccesso di KI che riduce ClO^- a Cl^- e liberando I3^-. Quest’ultimo viene titolato con 8,96 mL di Na2S2O3 0,09892 M. Dobbiamo calcolare la percentuale m/V di NaClO contenuta nella soluzione.

Dalle reazioni coinvolte, calcoliamo le moli di Na2S2O3. Dal rapporto stechiometrico, otteniamo le moli di ClO^-. La massa di NaClO in 25 mL è 0,0330 g. Quindi nella soluzione iniziale avente volume di 25,0 mL sono contenuti 1,32 g di NaClO. Quindi la percentuale m/V è 5,28%.

Esercizio 4: Determinazione della percentuale di etanolo in un liquore

Per determinare la percentuale di etanolo in un liquore, eseguiamo un’ossidazione dell’etanolo a acido etanoico con un eccesso di bicromato di potassio K2Cr2O7. L’etanolo viene ossidato ad acido etanoico CH3COOH con un’eccesso di bicromato di potassio K2Cr2O7 che viene ridotto a Cr3+.

Cercando di bilanciare le espressioni precedenti, determiniamo la percentuale di etanolo nell’esercizio.

Questi esercizi illustrano l’importanza delle titolazioni redox nell’analisi quantitativa. Sono un valido esempio per comprendere come applicare i concetti teorici alla risoluzione pratica di problemi di laboratorio.Calcolo della percentuale di etanolo in una soluzione

La reazione tra Fe^2+ e Cr_2O_7^2- è definita dalla seguente equazione:
6 Fe^2+ + Cr_2O_7^2- + 14 H+ → 6 Fe^3+ + 2 Cr^3+ + 7 H2O.

Inizialmente, 5.00 mL di una soluzione vengono diluiti fino a raggiungere un volume di 500.0 mL. Successivamente, 10.00 mL di questa soluzione diluita vengono distillati per ottenere l’etanolo, che viene raccolto in 50.00 mL di una soluzione acidificata di K_2Cr_2O_7 0.0200 M. L’eccesso di bicromato viene quindi titolato utilizzando 21.48 mL di una soluzione 0.1014 M di Fe^2+. È richiesto di calcolare la percentuale di etanolo contenuta nel liquore, espressa come % m/V.

Il numero di moli di Fe^2+ utilizzate è calcolato come segue:
moli di Fe^2+ = 0.02148 L * 0.1014 mol/L = 0.002178.

Di conseguenza, le moli di Cr_2O_7^2- in eccesso sono pari a:
moli di Cr_2O_7^2- in eccesso = 0.002178/6 = 0.0003630.

Le moli di bicromato utilizzate sono determinate mediante il calcolo seguente: 0.0200 mol/L * 0.05000 L = 0.001000. Quindi le moli di bicromato che hanno reagito con l’etanolo sono pari a 0.001000 – 0.0003630 = 0.0006370.

La reazione tra etanolo e bicromato è definita dall’equazione:
3 CH_3CH_2OH + 2 Cr_2O_7^2- + 16 H+ → 3 CH_3COOH + 4 Cr^3+ + 11 H2O.

Il rapporto stechiometrico tra etanolo e bicromato è di 3:2. Quindi il numero di moli di etanolo è determinato come segue:
Moli di etanolo = 0.0006370 * 3/2 = 0.0009555.

La massa di etanolo è quindi calcolata come:
massa di etanolo = 0.0009555 mol * 46.50 g/mol = 0.04443 g.

La massa di 0.04443 g di etanolo è presente in 10.00 mL della soluzione diluita. Pertanto, in 500.0 mL sono contenuti 0.04443 * 500.0 / 10.00 = 2.222 g di etanolo.

Poiché la massa di 2.222 g è pari a quella contenuta in 5.00 mL di soluzione iniziale, la percentuale di etanolo % m/V è calcolata come segue:
% m/V = 2.222 * 100 / 5.00 = 44.4 %.

Punto equivalente: calcolo del potenziale, grafici, esempi

Calcolo del Punto Equivalente: Potenziale e Grafici

Il punto equivalente in una titolazione acido-base o complessometrica corrisponde al punto di massima pendenza della curva di titolazione, matematicamente è un punto di flesso, dove la derivata prima presenta un massimo e la seconda si annulla.

Nel caso di una titolazione redox, se la reazione ha una stechiometria :1, la curva sarà simmetrica. In caso contrario, il punto equivalente può trovarsi più in alto o basso rispetto al punto di flesso, configurando un punto equivalente asimmetrico.

Equazione per il Potenziale al Punto Equivalente

Un esempio pratico è la titolazione dello ione ferro (II) con permanganato, rappresentata dalla reazione:
5 Fe2+(aq) + MnO4(aq) + 8 H+(aq) → 5 Fe3+(aq) + Mn2+(aq) + 4 H2O(l)

L’ per l’ossidazione del ferro (II) e la riduzione del permanganato sono dati da:
E = E°Fe3+/Fe2+ – 0.05916 log [Fe2+]/[ Fe3+
E = E°MnO4-/Mn2+ – 0.05916 / 5 log [Mn2+]/[ MnO4][H+]8

Dalla combinazione delle due equazioni e la sostituzione delle concentrazioni al punto equivalente si ottiene:
E = E°Fe3+/Fe2++  5 E° MnO4-/Mn2+/6  – 0.07888 pH

L’equazione mostra una media pesata dei potenziali standard e la dipendenza del potenziale dal pH al punto equivalente. Ad esempio, a pH = 1, si avrà un potenziale di +1.31V.

Esercizi sui gas nelle reazioni

Leggi e concetti fondamentali sui gas nelle reazioni chimiche

Nella risoluzione degli esercizi relativi ai gas nelle reazioni chimiche, è fondamentale avere padronanza delle leggi che regolano il comportamento dei gas e dei coinvolti nelle reazioni. Durante la risoluzione di questi tipi di esercizi, può anche verificarsi la presenza di un reagente limitante, il che richiederà ulteriori calcoli per determinare i prodotti coinvolti.

# Principali

Legge di Boyle

: Questa legge riguarda il comportamento dei gas a temperatura costante. Esprime la relazione inversa tra pressione e volume, ovvero pV1 = p2V2.

Prima legge di Gay-Lussac

: Valida a pressione costante, questa legge stabilisce una relazione diretta tra volume e temperatura, V1/T1 = V2/T2.

Seconda legge di Gay-Lussac

: Questa legge è valida a volume costante e stabilisce una relazione tra pressione e temperatura, p1/T1 = p2/T2.

Equazione di stato dei gas

: Questa equazione mette in relazione pressione, volume, temperatura e numero di moli ed è espressa da pV = nRT, dove R rappresenta la costante dei gas.

Equazione combinata dei gas

: Questa equazione applica le leggi dei gas quando un gas passa da una certa pressione, volume e temperatura a un’altra pressione, volume e temperatura.

Oltre agli esercizi convenzionali sui gas, spesso vengono proposti problemi legati alle reazioni che coinvolgono la produzione di gas, richiedendo un maggiore livello di comprensione da parte dello studente.

# Esempi di esercizi su gas nelle reazioni

1) Calcolo dei grammi di clorato di potassio che si decompongono secondo la reazione bilanciata: KClO3(s) → KCl(s) + O2(g), al fine di ottenere 638 mL di O2 alla temperatura di 128 °C e alla pressione di 752 torr.

2) Calcolo della massa di che si forma nella reazione bilanciata: P4(s) + 6 H2(g) → 4 PH3(g), considerando 37.5 g di fosforo reagiscono con 83.0 L di H2 a STP.

3) Calcolo del volume di idrogeno gassoso raccolto sull’ a 18 °C e alla pressione di 725 mm Hg, ottenuto da 0.840 g di litio nella reazione bilanciata: Li(s) + H2O(l) → LiOH(aq) + H2(g), tenendo conto che a 18 °C la pressione dell’acqua è di 15.48 mm Hg.

4) Determinare la massa di solfato di ammonio che deve reagire con un eccesso di idrossido di sodio, secondo la reazione bilanciata: (NH4)2SO4 + 2 NaOH → 2 NH3(g) + Na2SO4 + 2 H2O, al fine di ottenere 2.00 L di NH3 a STP.

Questi esercizi richiedono l’applicazione delle leggi e dei concetti sui gas, nonché la comprensione dei calcoli stechiometrici per risolverli con successo.

Reagenti ausiliari nelle titolazioni redox: classificazione, proprietà, riduttore di Jones

Reagenti ausiliari nelle redox: classificazione e proprietà

I reagenti ausiliari nelle titolazioni redox sono utilizzati per ottenere l’analita con lo stesso numero di ossidazione. Le sono un tipo di analisi volumetrica che si basa su reazioni di ossidoriduzione, in cui avviene un trasferimento di elettroni tra una specie a concentrazione nota (agente titolante) e la specie da titolare (analita).

Nelle titolazioni redox, l’analita deve essere presente in un singolo stato di ossidazione. Ad esempio, il ferro può essere determinato con una titolazione redox che sfrutta la reazione: Ce4+ + Fe2+ → Ce3+ + Fe3+. Tuttavia, poiché il ferro presenta due stati di ossidazione (+2 e +3), è necessario ridurre tutto il ferro (III) eventualmente presente a ferro (II) prima della titolazione.

Classificazione dei reagenti ausiliari

I reagenti ausiliari si suddividono in , come , alluminio, piombo, nichel, rame, cadmio, argento, e ossidanti, come sodio bismutato (NaBiO3), perossidisolfato di ammonio ((NH4)2S2O8), perossido di .

Proprietà dei reagenti ausiliari

I reagenti ausiliari devono reagire quantitativamente con l’analita, non alterare il numero di ossidazione di altre specie presenti e il loro eccesso deve essere facilmente allontanabile. Nel caso di reagenti ausiliari riducenti, il metallo è aggiunto al campione in cui si riducono gli ioni presenti che hanno uno stato di ossidazione più alto. L’eccesso di reagente ausiliario deve essere rimosso prima della titolazione.

Riduttore di Jones

Un metodo alternativo per l’utilizzo di un agente riducente ausiliario è quello di metterlo in una colonna. La colonna riduzione è costituita da un tubo chiuso ad un’estremità da un setto poroso munito di rubinetto. Un esempio di colonna di riduzione è il riduttore di Jones, che è riempita con un amalgama zinco-mercurio preparata unendo zinco granulare ad una soluzione di HgCl2.

Riduttore di Walden

Un’altra colonna di riduzione è il riduttore di Walden, che è riempita di argento in granuli; la soluzione contenente l’analita, acidificata con HCl, viene fatta passare attraverso la colonna in cui l’ossidazione dell’argento fornisce gli elettroni necessari per la riduzione degli ioni contenuti nell’analita.

Conclusioni

I reagenti ausiliari riducenti e ossidanti sono fondamentali nelle titolazioni redox, in particolare per assicurare una reazione quantitativa e l’identificazione accurata dell’analita. La corretta preparazione e manipolazione di tali reagenti sono cruciali per ottenere risultati affidabili nelle analisi chimiche.

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