back to top
Home Blog Pagina 285

Elettrodi di riferimento: elettrodo a idrogeno, a calomelano, argento/cloruro di argento

Elettrodi di riferimento per potenziometriche

Gli elettrodi di riferimento rappresentano una parte fondamentale delle utilizzate nelle analisi potenziometriche. Sono elettrodi caratterizzati da un potenziale noto e stabile, indipendente dall’intensità di corrente che attraversa la cella in cui sono inseriti.

Nella rappresentazione di una cella elettrochimica per analisi potenziometrica, c’è una semicella che fornisce un potenziale di riferimento noto e un’altra semicella dal cui potenziale può essere conosciuta la concentrazione dell’analita. Il potenziale di cella, in questo contesto, è dato dalla differenza di potenziale tra l’indicatore e il riferimento.

I principali elettrodi di riferimento sono l’elettrodo standard a idrogeno (SHE), l’ e l’elettrodo argento/cloruro di argento.

Elettrodo a idrogeno

L’elettrodo a idrogeno, sebbene scarsamente utilizzato nell’analisi di routine, è di fondamentale importanza per la determinazione dei potenziali standard di altre semireazioni. Esso è costituito da un elettrodo di platino immerso in una soluzione avente attività di H+ = .00 e fugacità di H2(gas) = 1.00.

Il per la semireazione H+ + 1 e- ⇄ ½ H2(gas) è 1.00 V a tutte le temperature, e nonostante la sua importanza, l’elettrodo a idrogeno è di rado utilizzato a causa delle difficoltà legate alla sua preparazione.

Elettrodo a calomelano

L’elettrodo a calomelano si basa sulla semireazione di riduzione Hg2Cl2(s) + 2 e- ⇄ 2 Hg(l) + 2 Cl-(aq). Il potenziale dell’elettrodo è determinato dalla concentrazione di Cl- in equilibrio con Hg e Hg2Cl2. La concentrazione dello ione Cl- è determinata dalla solubilità di KCl.

L’elettrodo è costituito da un tubo contenente Hg, Hg2Cl2 e KCl inserito in un altro tubo contenente una soluzione satura di KCl. Un setto poroso funge da ponte salino per equilibrare le concentrazioni.

Elettrodo argento/cloruro di argento

L’elettrodo argento/cloruro di argento si basa sulla semireazione AgCl(s) + 1 e- ⇄ Ag(s) + Cl-(aq). Anche in questo caso, il potenziale dell’elettrodo è determinato dalla concentrazione di Cl-.

L’elettrodo è costituito da un filo di argento con un sottile film di AgCl, immerso in una soluzione di KCl munito di un setto poroso che funge da ponte salino.

In conclusione, gli elettrodi di riferimento rivestono un ruolo cruciale nelle analisi potenziometriche, fornendo un punto di riferimento noto e stabile per la misurazione dei potenziali elettrochimici.

Gruppi protettori: caratteristiche, esempi

Gruppi protettori nella sintesi organica: caratteristiche e esempi

I gruppi protettori costituiscono un’importante risorsa nell’ambito della sintesi organica, poiché consentono di prevenire reazioni collaterali indesiderate e di ottenere prodotti puri. La formazione di sottoprodotti durante le reazioni organiche non solo comporta la perdita di reagenti, ma può anche contaminare i prodotti finali. Pertanto, l’utilizzo di gruppi protettori diventa cruciale per garantire la purezza del prodotto sintetizzato.

Caratteristiche dei gruppi protettori

Un gruppo protettore efficace deve mostrare una reattività selettiva verso un particolare gruppo funzionale, formando un substrato stabile durante la . Inoltre, deve essere facilmente rimovibile in modo selettivo una volta completata la sintesi.

Esempio pratico

Consideriamo, ad esempio, la reazione dell’-butino con il 4-bromo, butan-1-olo in presenza di ammoniuro di sodio per ottenere il 5-ottino-1-olo. Durante questa reazione, è necessario proteggere il gruppo –OH dell’alcol per evitare reazioni indesiderate. Un modo per farlo è sfruttare la reattività degli eteri insaturi, che consentono l’addizione selettiva dell’alcol, proteggendo efficacemente il gruppo funzionale desiderato. Successivamente, il gruppo protettore può essere rimosso in modo controllato, permettendo così di ottenere il prodotto finale desiderato.

Applicazione in una sintesi di dipeptide

Nella sintesi di un dipeptide a partire da due , l’utilizzo di gruppi protettori risulta altrettanto fondamentale. Proteggendo selettivamente il di uno degli amminoacidi e il gruppo acido dell’altro, si garantisce che soltanto i gruppi reattivi desiderati partecipino alla formazione del dipeptide. In questo modo, dopo la rimozione dei gruppi protettori, si ottiene il dipeptide desiderato in modo selettivo ed efficiente.

Con questo approccio, i gruppi protettori si rivelano essenziali per la realizzazione di reazioni chimiche controllate e selettive, consentendo di ottenere i prodotti desiderati in modo efficiente e puro.

Nutrienti delle piante: elementi essenziali

Nutrienti Essenziali per le Piante: Importanza e Classificazione

Gli elementi nutrienti essenziali per le piante rappresentano un fattore cruciale per la loro crescita e sviluppo. Secondo la legge del minimo vitale, enunciata da Liebig, la crescita di una pianta è limitata dalla sostanza nutritiva disponibile in quantità minore rispetto alle altre. La comprensione di tali sostanze è fondamentale per garantire una intensiva delle coltivazioni.

Le piante attingono oltre il 95% del peso secco da tre elementi – carbonio, idrogeno e ossigeno – presenti nell’aria e nell’. Il restante 5% è costituito da altri 17 nutrienti inorganici, di cui solo 14 sono essenziali per la crescita delle piante. Tra questi, i tre elementi essenziali fondamentali e i restanti classificati in nutrienti primari, secondari e micronutrienti.

I nutrienti primari, come azoto, e , sono richiesti in grandi quantità e comunemente presenti nei concimi miscelati. I nutrienti secondari, come calcio, e zolfo, sono necessari in minori quantità e possono essere integrati nel terreno attraverso vari fertilizzanti. Infine, i micronutrienti, come ferro, rame, zinco, manganese, boro, molibdeno e nichel, sono richiesti in piccole quantità e sono disponibili in fertilizzanti specifici.

Le piante utilizzano tali elementi in diverse forme e quantità, con ruoli e funzioni specifici. Ad esempio, alcuni elementi agiscono come catalizzatori per reazioni enzimatiche, regolatori del movimento dell’acqua all’interno e all’esterno della cellula e costituenti strutturali della cellula stessa. Le piante assorbono tali nutrienti sotto forma di cationi e anioni per svolgere le loro funzioni vitali.

In conclusione, la conoscenza dei nutrienti essenziali e dei loro ruoli è cruciale per ottimizzare la crescita e lo sviluppo delle piante. Questi elementi sono fondamentali per garantire una corretta produzione e salvaguardare la salute delle coltivazioni.

Ricorda sempre di consultare esperti del settore e seguire le normative vigenti per l’uso responsabile dei fertilizzanti e dei nutrienti per le piante.I minerali essenziali per le piante

I minerali essenziali per le piante svolgono un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo. Componenti importanti come l’ATP, l’ADP, gli acidi nucleici, i coenzimi e i fosfolipidi richiedono la presenza di minerali come il magnesio, il zolfo, il ferro, lo zinco, il molibdeno, il boro, il rame, il manganese, il cloro e il nichel.

Magnesio
Il magnesio (Mg2+) costituisce l’atomo centrale della clorofilla e gioca un ruolo cruciale nella formazione di zuccheri, proteine, grassi e vitamine.

Zolfo
Il zolfo (SO4^2-) è un componente di alcuni amminoacidi, proteine e del coenzima A, ed è di conseguenza essenziale per il metabolismo delle piante.

Ferro
Il ferro (Fe2+, Fe3+) è necessario per la sintesi della clorofilla e fa parte della struttura della nitrogenasi.

Zinco
Lo zinco (Zn2+) è fondamentale nella sintesi proteica, stabilizzando i ribosomi e favorendo i processi enzimatici.

Molibdeno
Il molibdeno (MoO4^2-) interviene nei processi di azotofissazione e nella riduzione dei nitrati, contribuendo alla composizione della nitro-reduttasi.

Boro
Il boro (H3BO3) favorisce la lignificazione dei tessuti e prende parte ai processi enzimatici nella sintesi del saccarosio e dell’amido.

Rame
Il rame (Cu+, Cu2+) è coinvolto nella struttura degli enzimi che partecipano ai processi fotosintetici e respiratori.

Manganese
Il manganese (Mn2+) catalizza i processi di formazione della clorofilla e delle proteine.

Cloro
Il cloro (Cl-) è coinvolto nella fotolisi dell’acqua nei cloroplasti, aiutando nella fase luminosa della fotosintesi.

Nichel
Il nichel (Ni2+) è un componente di enzimi e partecipa al metabolismo dell’urea.

In conclusione, questi minerali essenziali svolgono ruoli vitali nel metabolismo e nella crescita delle piante e la loro presenza è necessaria per il mantenimento di uno stato di salute ottimale.

Ciclo Otto: fasi, rendimento, rapporto di compressione

Il ciclo Otto: , Rendimento e Rapporto di Compressione

Il ciclo Otto rappresenta un’importante fase nel funzionamento dei motori a combustione interna, come ad esempio il motore a benzina, dove avviene la conversione dell’ chimica contenuta in una miscela aria-benzina in energia meccanica.

Le fasi del ciclo Otto sono chiaramente definite. Dopo l’aspirazione della miscela aria-benzina, quest’ultima viene compressa con aumento di pressione e , seguita dalla combustione con ulteriore aumento di pressione e temperatura a volume costante. Successivamente avviene l’espansione del gas nel cilindro e infine lo scarico dei gas esausti.

Fasi del ciclo Otto:
– A → B: Fase di compressione, con compressione adiabatica della miscela aria-benzina nel cilindro
– B → C: Combustione della miscela aria-benzina compressa
– C → D: Espansione adiabatica dei gas nel cilindro
– D → A: Scarico dei gas esausti

Il rendimento di un ciclo Otto ideale è definito come il rapporto tra il lavoro effettuato e il assorbito. Questo può essere calcolato utilizzando la formula η = – 1/r^(γ-1), dove r rappresenta il rapporto di compressione. È importante notare che un aumento del rapporto di compressione porta ad un aumento del rendimento di un ciclo Otto ideale. Tuttavia, un’elevata pressione può causare la combustione della miscela aria-benzina anche in assenza di scintilla.

Infine, il rapporto di compressione è un elemento cruciale nel calcolo del rendimento del ciclo Otto ideale. Esso è rappresentato come una funzione del rapporto di compressione, che si traduce in un aumento del rendimento del ciclo Otto ideale in relazione all’incremento del rapporto di compressione.

In conclusione, comprendere le fasi, il rendimento e il rapporto di compressione del ciclo Otto è fondamentale per comprendere il funzionamento e l’ottimizzazione dei motori a combustione interna, come il motore a benzina.

Benzotriazolo proprietà, sintesi e usi

0

Benzotriazolo: Caratteristiche, Sintesi e Applicazioni

Conosciuto anche come 1H-,2,3-benzotriazolo, il benzotriazolo (BTA) è un composto eterociclico aromatico con la formula C6H5N3, che presenta tre atomi di azoto consecutivi. Questa molecola può essere formalmente considerata come una fusione di benzene con un .

Proprietà del Benzotriazolo

Il benzotriazolo si presenta sotto forma di cristalli che vanno dal bianco al marrone chiaro ed è solubile in varie sostanze, tra cui , benzene, toluene, cloroformio e dimetilformammide, con una solubilità in di 20 g/L.

Presenta tautomeria e dà luogo a una tautomerizzazione. Le caratterizzazioni effettuate tramite spettroscopia U.V., I.R. e NMR indicano che il primo dei due isomeri è quello più stabile. Entrambi i tautomeri possono produrre derivati.

Può agire da acido perdendo l’idrogeno legato all’azoto, con una costante di dissociazione Ka di 6.3 x 10^-9. Tuttavia, a causa della presenza del doppietto elettronico solitario, può agire anche come base debole secondo la teoria di Brønsted-Lowry. Inoltre, può formare un composto di coordinazione stabile con il rame, inibendone la corrosione e passivando il metallo e le sue leghe. Agisce anche come donatore di elettroni o precursore di radicali o carbanioni.

Sintesi del Benzotriazolo

Il benzotriazolo si ottiene tramite la dell’1,2-diamminobenzene, conosciuto anche come o-fenilendiammina, con l’acido nitroso. Durante questa reazione si forma come intermedio un sale di diazonio che dà luogo a ciclizzazione intramolecolare.

Reazioni

Il benzotriazolo reagisce con le ammine primarie alifatiche in presenza di formaldeide in ambiente acquoso per produrre prodotti N-acilati.

Applicazioni

Il benzotriazolo è utilizzato per la progettazione di nuovi composti farmacologicamente attivi, i cui derivati sostituiti hanno proprietà biologiche diverse, tra cui azione antibatterica e antivirale. Grazie alle sue caratteristiche anticorrosive, trova impiego in alcuni detersivi per lavastoviglie per prevenire l’ossidazione degli utensili metallici.

Poliolefine e proprietà: additivi

0

Poliolefine: Additivi e proprietà dei polimeri termoplastici

Le poliolefine derivano dalla polimerizzazione delle olefine, ovvero idrocarburi alifatici ciclici e aciclici con uno o più doppi legami carbonio-carbonio. Esse comprendono un’ampia gamma di composti tra cui , cicloalcheni e polieni.

Tra le poliolefine più diffuse troviamo il polietilene e il polipropilene, affiancati da polibutilene, poliisobutilene, polimetilpentene e copolimeri costituiti da monomeri come e propene.

Le poliolefine presentano notevoli proprietà che le rendono adatte a svariati utilizzi. Sono durevoli, resistenti al , alla corrosione e non tossiche, il che le rende ideali per dispositivi medici e packaging alimentare. Tuttavia, sono suscettibili all’ossidazione e all’esposizione solare.

Per limitare i danni provocati dalla luce, vengono utilizzati degli additivi come assorbitori di raggi UV, antiossidanti e stabilizzanti.
Gli assorbitori di raggi UV possono essere derivati del benzatriazolo, del benzofenone, composti organici del nichel e salicilati. Gli antiossidanti proteggono il polimero dalla degradazione durante la e le successive di trasformazione, suddividendosi in primari e secondari a seconda del loro meccanismo di azione. Gli stabilizzanti, come le ammine impedite stabilizzanti alla luce (HALS), sono in grado di disattivare i radicali liberi formati dalla radiazione UV.

In conclusione, le poliolefine presentano un’ampia gamma di applicazioni grazie alle loro eccezionali proprietà meccaniche e chimiche e agli additivi che le proteggono dalla degradazione causata dalla luce.

Riarrangiamento pinacolico: meccanismo, prodotti di reazione

Riarrangiamento Pinacolico: Meccanismo e Prodotti di

Il riarrangiamento pinacolico, noto anche come trasposizione pinacolica, è un processo catalizzato dagli acidi che converte un glicole (,2-diolo) in un composto carbonilico. Questa reazione organica può essere estesa a tutte le situazioni in cui avviene una migrazione di un gruppo da un atomo a un atomo adiacente, violando il principio di minima variazione strutturale. Questo principio stabilisce che le reazioni elementari coinvolgono un numero limitato di legami, poiché la rottura simultanea di più legami è una situazione improbabile.

Il nome “riarrangiamento pinacolico” deriva dalla trasformazione del pinacolo in pinacolone, ovvero del 2,3-dimetil-2,3-butandiolo in 3,3-dimetil-2-butanone. Questa reazione fu descritta per la prima volta nel 1860 dal chimico tedesco Wilhelm Rudolph Fitting.

Poiché il diolo è simmetrico, la protonazione di un ossigeno e la perdita di avvengono con la stessa probabilità su entrambi i gruppi –OH, portando alla formazione di un carbocatione terziario.

Meccanismo del Riarrangiamento Pinacolico

Il meccanismo del riarrangiamento pinacolico implica uno shift 1,2 di un gruppo metilico che porta alla formazione di un carbocatione stabile, seguito dalla deprotonazione dell’ossigeno che porta alla formazione del chetone.

Considerando il caso del 2-metil-2,3-butandiolo, non simmetrico rispetto al 2,3-dimetil-2,3-butandiolo, la protonazione avviene sull’ossigeno con successiva perdita di acqua e formazione di un carbocatione. In questo caso, avviene lo shift 1,2 di un idruro con formazione del carbocatione.

Pur essendo una trasposizione di tipo Wagner-Meerwein, il riarrangiamento pinacolico si differenzia per la maggiore stabilità del carbocatione intermedio.

Concludendo, il riarrangiamento pinacolico è una reazione organica di grande importanza, con un meccanismo ben definito che porta alla formazione di composti carbonilici da mediante una serie di passaggi specifici.

Equilibri simultanei: aspetti qualitativi, esempi

Equilibri Simultanei in Chimica: Concetti e Esempi

Le reazioni di equilibrio possono coinvolgere contemporaneamente diverse reazioni, portando alla formazione di equilibri simultanei. Questi equilibri possono influenzare la posizione dell’equilibrio stesso, specialmente quando le reazioni presentano componenti in comune.

In ambito chimico, gli equilibri in soluzione acquosa sono spesso simultanei, anche se alcuni di essi potrebbero non influenzare direttamente l’equilibrio principale e di conseguenza vengono trascurati. Ad esempio, nella dissociazione di un acido debole monoprotico con una data concentrazione e costante di dissociazione, si considerano contemporaneamente i concetti relativi all’equilibrio di .

Un esempio pratico può essere la dissoluzione del (II) in una soluzione ammoniacale, in cui si assiste a un intricato sistema di nove equilibri simultanei che coinvolgono diverse specie chimiche.

Nel contesto di equilibri multipli, risulta essenziale applicare il per considerare gli effetti prodotti dall’aggiunta di specifiche specie chimiche, simulando così le variazioni alle condizioni sperimentali.

In conclusione, mentre la comprensione degli equilibri simultanei in chimica richiede un’ approfondita, è essenziale considerare attentamente tutte le reazioni coinvolte per ottenere le concentrazioni delle varie specie in determinate condizioni sperimentali.

Contenuto rivisto per ottimizzazione SEO.

Termite: miscela incendiaria, reazioni

Termite: caratteristiche, reazioni e

La termite è una miscela incendiaria costituita da un ossido metallico come agente ossidante e un metallo più reattivo in forma di polvere che funge da combustibile. La reazione della termite, conosciuta anche come reazione di Goldschmidt, è altamente esotermica, rilasciando una grande quantità di nel corso della reazione.

La reazione avviene bruciando una miscela di e polvere di alluminio, producendo energia sufficiente da provocare la fusione del ferro, che è uno dei prodotti della reazione stessa. Gli ossidi metallici comunemente usati nella termite sono l’ossido di ferro (III) (noto come ematite) e l’ossido di ferro (II) e ferro (III) (noto come magnetite).

La scelta dell’ossido metallico dipende dalla posizione del metallo nella serie di attività. L’ossido di stagno e l’ossido di piombo possono essere considerati, mentre al posto dell’alluminio può essere usato il . La reazione dell’ossido di stagno (IV) con alluminio è un esempio di reazione della termite.

La termite è utilizzata in vari contesti, sia civili che militari, ma è estremamente pericolosa a causa delle alte temperature raggiunte durante la reazione. Trova impieghi nel campo della saldatura dei metalli, grazie al sviluppato durante la reazione, e nel processo di ottenimento di metalli fusi dai loro ossidi, favorendo termodinamicamente tali processi.

Questo articolo ha carattere esclusivamente informativo e divulgativo: non si assume alcuna responsabilità per l’uso improprio delle informazioni qui fornite.

Sale di Zeise: struttura, usi

Struttura e utilizzo del sale di Zeise

Il sale di Zeise è un composto metallorganico con una formula chimica complessa (K[PtCl3(C2H4)]•H2O) noto anche come tricloro() platinato (II) di . È stato sintetizzato per la prima volta nel 1827 dal chimico William Christopher Zeise e la sua struttura è stata oggetto di dibattito scientifico per diversi anni. Solo nel XX secolo, grazie alle moderne tecniche di diffrazione dei raggi X e risonanza magnetica nucleare, è stato possibile comprendere appieno la struttura del sale di Zeise.

Struttura molecolare

Il sale di Zeise è costituito da un anione con una struttura planare quadrata, in cui il legame C=C è perpendicolare al piano PCl3. Il legame π tra il legante etene e il metallo di transizione coinvolge una complessa interazione di donazione e retrodonazione di elettroni, portando a nuove scoperte nel campo della chimica come l’apticità e la retrodonazione π.

Modello di Dewar-Chatt-Duncanson

Il modello di Dewar-Chatt-Duncanson spiega il tipo di legame chimico tra un alchene e un metallo in determinati composti metallorganici. Secondo questo modello, la donazione e retrodonazione di elettroni tendono a ridurre l’ordine di legame -carbonio, causando un aumento della distanza di legame e un abbassamento della frequenza vibrazionale. Questa interazione comporta una reibridazione degli atomi di carbonio da sp2 a sp3 e un ripiegamento degli atomi di idrogeno lontano dal metallo.

Applicazioni del sale di Zeise

I composti derivati dal sale di Zeise hanno varie applicazioni, come ad esempio l’utilizzo in un test per l’epatite e come componente di farmaci antitumorali come il cisplatino, uno dei più potenti attualmente in uso in campo clinico.

In conclusione, il sale di Zeise non solo ha una struttura molecolare complessa, ma ha anche svariate applicazioni pratiche, dimostrandosi di grande interesse in diversi ambiti scientifici e farmaceutici.

Composti organometallici: sintesi, reattivi di Grignard, composti organorame, zincorganici

Composti organometallici e loro sintesi

I composti organometallici, o metallorganici, costituiscono una classe di composti chimici che presentano un legame -Metallo. Tra i composti organometallici più importanti troviamo i reattivi di Grignard, in cui il metallo è principalmente magnesio, ma possono anche contenere litio, sodio, rame e zinco.

Il legame C-Me è polarizzato a causa dell’elettronegatività del carbonio, che gli conferisce una parziale carica negativa. Questa caratteristica permette al carbonio di agire da nucleofilo, attaccando atomi più elettronegativi come l’alogeno, l’ossigeno o l’azoto, formando così nuovi legami carbonio-carbonio.

I composti organometallici sono fondamentali come punto di partenza per la sintesi di composti più complessi a partire da sostanze semplici.

Proprietà dei composti organometallici

I e magnesio-organici presentano una parziale carica negativa sul carbonio legato, rendendoli delle basi forti. In presenza di acidi deboli, questi composti si protonano dando luogo alla formazione di un idrocarburo.

Sintesi dei composti litio-organici

Per ottenere i composti litio-organici, è possibile reagire un alogenuro alchilico con il litio in presenza di un solvente non polare come il n-esano, l’etere etilico anidro o il n-pentano. Ad esempio, l’-bromobutano reagisce con il litio producendo l’n- butillitio e il bromuro di litio. Questi composti possono essere impiegati come iniziatori nella polimerizzazione di elastomeri come il polibutadiene e il copolimero stirene-butadiene.

Analogamente, il clorobenzene può reagire dando il fenillitio, anche conosciuto come litiobenzene, che trova impiego nelle sintesi organiche e come sostituto dei reattivi di Grignard per introdurre gruppi fenilici.

Reattivi di Grignard

I reattivi di Grignard si ottengono dalla reazione di un alogenuro alchilico con il magnesio in presenza di dietiletere anidro o tetraidrofurano. Ad esempio, il bromocicloesano reagisce con il magnesio in presenza di dietiletere per dare il bromuro di cicloesilmagnesio.

I composti di organorame possono essere ottenuti per metallazione, cioè scambiando i metalli tra un alogenuro di rame (I) e un composto organometallico. Tipicamente, il gruppo alchilico è di tipo primario. I cuprati sono spesso usati come catalizzatori nelle sintesi organiche e vengono generati in situ. Oltre alle qualità catalitiche, i cuprati vengono utilizzati nelle addizioni 1,4 (reazione di Michael) a chetoni, acidi carbossilici o esteri α-β-insaturi, nonché nelle sostituzioni nucleofile e nelle reazioni di accoppiamento.

I composti zincorganici si ottengono dalla reazione di un alogenuro alchilico con lo zinco in presenza di dietiletere. Questi composti sono meno reattivi dei composti litiorganici e dei reattivi di Grignard nei confronti di aldeidi e chetoni e vengono prevalentemente usati nella reazione di Simmons-Smith, che comporta una ciclizzazione di un alchene.

Concentrazione iniziale di un acido diprotico dal pH: esercizi

Determinazione della concentrazione iniziale di un acido diprotico dal : esercizio risolto

Gli acidi diprotici, rappresentati con la formula H2A, subiscono due dissociazioni regolate dalle costanti acide K_a1 e K_a2. È comune che K_a1 sia significativamente maggiore di K_a2, permettendo di considerare solo la prima dissociazione nella determinazione del pH, trascurando la concentrazione idrogenionica derivante dalla seconda dissociazione.

Un esercizio tipico riguarda il calcolo della concentrazione iniziale di un acido diprotico dato un determinato pH. Ad esempio, calcolare la concentrazione iniziale dell’ per ottenere un pH di 4,05, conoscendo le costanti di equilibrio K_a1 = 4,30 * 10^-7 e K_a2 = 5,61 * 10^-11.

Gli equilibri di dissociazione dell’acido carbonico sono i seguenti:
H2CO3 + H2O ⇌ HCO3- + H3O+ (K_a1 = 4,30 * 10^-7)
HCO3- + H2O ⇌ CO3^2- + H3O+ (K_a2 = 5,61 * 10^-11)

Le costanti differiscono di 4 ordini di grandezza, giustificando la trascurabilità del secondo equilibrio. Se il pH è 4,05, allora [H3O+] = 8,91 * 10^-5 M, e [HCO3-] = 8,91 * 10^-5 M. Costruiamo un e chiamiamo x la concentrazione iniziale dell’acido:

| | H2CO3 | H2O | ⇌ | HCO3- | H3O+ |
|———————|——-|—–|—|——-|——|
| Stato iniziale | x | | | | |
| Variazione | -8,91 * 10^-5 | | | +8,91 * 10^-5 | +8,91 * 10^-5 |
| All’equilibrio | x – 8,91 * 10^-5 | | | 8,91 * 10^-5 | 8,91 * 10^-5 |

Sostituendo tali valori nell’espressione della , otteniamo 4,30 * 10^-7 = (8,91 * 10^-5)(8,91 * 10^-5) / (x – 8,91 * 10^-5). Semplificando, arriviamo a X = 7,94 * 10^-9 /x. Moltiplicando a destra e a sinistra per X otteniamo 4,30 * 10^-7x = 7,94 * 10^-9. Da cui X = 7,94 * 10^-9 / 4,30 * 10^-7 = 0,0185.

Quindi, sostituendo, otteniamo x = concentrazione iniziale dell’acido carbonico = 0,0185 M.

è in caricamento