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Le comete: composizione, caratterizzazione

Comete: Composizione e Caratteristiche

Il termine “cometa” deriva dal greco κόμη, che significa “chioma” o “capelli”, poiché gli antichi paragonavano la coda di questi corpi celesti a una lunga capigliatura.

Solo negli anni ’50, lo studioso Oort, osservando le traiettorie di alcune comete, ipotizzò l’esistenza di un deposito di piccoli asteroidi localizzati a metà strada tra l’ultimo pianeta del sistema solare, Plutone, e l’Alpha Centauri, la stella più vicina a noi. Questi asteroidi sono principalmente composti da ghiaccio e polvere di roccia, e la loro composizione è oggetto di continuo studio.

Composizione

Le comete sono caratterizzate da un nucleo che varia dalle dimensioni di 100 m a 40 km e sono conosciute come “palle di neve sporca” poiché sono prevalentemente costituite da ghiaccio. Allo stato solido, contengono monossido di (CO), (CO2), (NH3) e metano (CH4), oltre a frammenti di roccia contenenti silicati e polvere. Inoltre, presentano una vasta gamma di composti organici, come metanolo (CH3OH), formaldeide (HCHO), (CH3CH2OH), idrocarburi a catena lunga e amminoacidi. Recenti osservazioni hanno rivelato la presenza di glicina, il più semplice degli aminoacidi, nonché cianuro di idrogeno (HCN).

La superficie delle comete è polverosa, e le sostanze ghiacciate sono protette dalle radiazioni solari da una crosta.

Caratterizzazione

Analisi spettroscopiche condotte sulla cometa Tempel nel 2005 hanno rivelato la presenza di polveri di composti inorganici sia amorfi che cristallini, tra cui forsterite Mg2SiO4, fayalite, ferrosilite, pirosseno, nontronite e altri minerali contenenti ferro. Inoltre, vi sono tracce di alluminio, sodio, carbonio amorfo, solfuri e idrocarburi poliaromatici.

Quando le comete si avvicinano al Sole, la temperatura della loro superficie aumenta, causando la fuoriuscita di materiale nello spazio vuoto. Durante questo processo, polvere e altre particelle, insieme ai gas fusi, vengono rilasciati nello spazio.

La parte visibile di una cometa durante il suo passaggio è la testa o chioma, che si forma intorno al nucleo a causa del processo di degassamento e vaporizzazione di parte dei suoi componenti, avvenuto a una velocità stimata di 1 km/s.

In conclusione, nonostante le numerose scoperte scientifiche e quelle ancora in attesa di essere fatte, il fascino delle comete che passano e sembrano scomparire nel nulla è un mistero che affascina ancora l’umanità.

È interessante notare che questo articolo viene pubblicato il 25 dicembre, giorno in cui tutti, indipendentemente dalle proprie convinzioni, ricordano la cometa che, secondo la tradizione, guidò i Magi a Betlemme e che troneggia in tutti i presepi.

Spettri e struttura molecolare: spettro U.V., I.R., N.M.R., spettro di massa

Spettroscopia molecolare: l’anatomia delle molecole attraverso gli spettri U.V., I.R., N.M.R. e spettro di massa

I vincoli tra molecolare e proprietà spettroscopiche rivelano dettagli intriganti della materia.
La formula molecolare, oltre a determinare le dimensioni della molecola, può essere confermata dall’osservazione della massa dello ione molecolare nello spettro di massa. Inoltre, fornisce informazioni numero e le specie di eteroatomi, che a loro volta definiscono e limitano il numero e la natura dei . Il *grado di insaturazione* offre indicazioni sul numero di doppi o tripli legami e sulla possibilità che la molecola sia ciclica.

Gli spettri vengono esaminati separatamente per evidenziare ogni elemento di struttura che emerge dalla loro osservazione. È cruciale elencare sia gli elementi strutturali presenti che quelli che si possono dimostrare essere assenti. Le evidenze spettrali sono analizzate nell’ordine: UV, IR, MS, e si considerano anche evidenze qualitative sull’acidità o sulla basicità del composto.

Per riassumere gli elementi strutturali dedotti in ciascuno stadio, vengono scritte strutture parziali, così da ordinare e illustrare l’intera sequenza di deduzioni attraverso una progressione di strutture parziali di complessità crescente e sempre meglio definite, culminanti con la struttura completa.

Inoltre, ciascuna caratteristica strutturale e ciascuna struttura parziale viene controllata per essere certi che sia compatibile con la formula molecolare, mentre, ad ogni stadio, si notano gli atomi ancora restanti. Se, ad un certo stadio, più strutture o famiglie di strutture, appaiono ugualmente compatibili, ciascuna deve essere portata avanti separatamente.

Spettro U.V.

Lo spettro U.V. fornisce informazioni sulla presenza di cromofori coniugati nella molecola. L’assorbimento al di sopra di ∼ 210 nm indica la presenza di sistemi coniugati. Spettri più complessi richiedono una ricerca bibliografica per trovare modelli che diano uno spettro analogo.

Spettro I.R.

Gli spettri I.R. indicano i gruppi funzionali presenti e sono utilizzati per l’analisi qualitativa dei composti organici. La zona delle vibrazioni fondamentali può essere suddivisa in due parti: la regione dei gruppi funzionali (da 4100 a 1500 cm) e la regione delle impronte digitali (da 1500 a 600 cm-1).

Spettro di massa

Dallo spettro di massa si possono ottenere indicazioni rilevanti, rilevando le masse vicine a quelle dello ione molecolare e notando l’espulsione di frammenti, indicazioni che servono a stabilire la presenza di questi gruppi legati con un singolo legame in modo inequivocabile.

Spettro N.M.R.

Nello spettro NMR, si attribuisce per ciascun segnale il numero degli idrogeni adiacenti basandosi sullo splitting del segnale stesso. È inoltre importante vedere se si distinguono segnali che hanno lo stesso splitting in quanto essi corrispondono ad idrogeni accoppiati tra loro e quindi adiacenti. La presenza di un gruppo metilico avente tre idrogeni identici dà un segnale intenso; inoltre, se l’atomo legato al gruppo –CH3 non ha idrogeni si ha un singoletto di area 3, de l’atomo invece ha un idrogeno come nel caso –CH-CH3 si ha un doppietto mentre se l’atomo a cui è legato il gruppo metilico ha due idrogeni come nel caso di –CH2-CH3 si avrà un tripletto.

Attraverso questi spettri, è possibile decifrare la struttura molecolare e le sue caratteristiche, un passo fondamentale nell’analisi chimica e molecolare.

Interpretazione statistica dell’entropia: macrostati e microstati

: Macro e

Nel 1870, Ludwig Boltzmann ha proposto l’interpretazione statistica dell’entropia, esaminando il comportamento statistico delle particelle microscopiche di un sistema.

Le varie formulazioni del spiegano ciò che accade, ma non il motivo. Il disordine è più probabile dell’ordine, e l’interpretazione statistica offre un modo per comprendere diversi fenomeni.

Le possibilità associate al lancio di 5 monete possono essere espresse sinteticamente con una tabella.

I macrostati rappresentano le proprietà complessive di un sistema. Un macrostato non specifica l’ordine specifico in cui escono testa o croce o quali monete abbiano dato quel risultato. Un sistema di cinque monete presenta sei possibili macrostati. Successivamente, si considera l’ordine con cui si verificano gli eventi. Ogni sequenza è un microstato, una descrizione dettagliata di ogni elemento del sistema.

Interpretazione statistica

Macrostati correlati a 3 teste e 2 croci o a 2 teste e 5 croci sono 10 volte più probabili dei macrostati con 5 teste o 5 croci, assumendo che tutti i microstati abbiano la stessa probabilità. Gli eventi più ordinati corrispondono a 5 teste o 5 croci, rappresentando complessivamente solo 2 su 32 possibilità. Gli eventi che comportano un disordine maggiore costituiscono 20 su 32 possibilità.

Si nota che partendo da uno stato ordinato (5 teste o 5 croci) e lanciando le monete, è molto probabile ottenere uno stato meno ordinato, con 30 su 32 possibilità di avere un ordine inferiore. I risultati sono ancora più evidenti lavorando su numeri più grandi; per esempio, considerando il lancio di 100 monete.

Disordine e Entropia

Ogni macrostato ha un altissimo numero di microstati, ovvero una vasta gamma di modi in cui un atomo può trovarsi nelle stesse condizioni di temperatura e pressione. Gli atomi si trovano nello spazio secondo la distribuzione di Maxwell-Boltzmann e si muovono casualmente in una condizione di massimo disordine. La possibilità che tutti gli atomi si trovino confinati in un angolo e con velocità uguali è minima, al punto da poter essere considerata impossibile. Boltzmann provò che l’entropia di un sistema in un dato stato può essere scritta come S = k ln W, dove k è la costante di Boltzmann e ln W è il logaritmo naturale dei numeri di microstati che corrispondono a un determinato macrostato. L’entropia risulta così relazionata alla probabilità di uno stato; il secondo principio della termodinamica può quindi essere espresso come un aumento spontaneo di entropia in ogni processo.

Pompe di calore e refrigeranti: funzionamento, coefficiente di prestazione

Le pompe di calore e i refrigeranti: funzionamento e coefficiente di prestazione

Le apparecchiature come le pompe di calore, i condizionatori e i refrigeranti sfruttano il trasferimento di calore da una sorgente a temperatura più bassa a una sorgente a temperatura più alta.

Un ciclo termodinamico è composto da trasformazioni su un fluido in modo che torni alle condizioni iniziali di pressione, volume e temperatura. Il ciclo termodinamico può essere diretto, se trasforma calore in lavoro, o inverso, se trasferisce calore da un corpo a temperatura più bassa a un altro a temperatura più alta.

Per il , il ciclo inverso richiede lavoro meccanico. Se serve a sottrarre calore da un ambiente a una temperatura più bassa della temperatura esterna, è detto ciclo frigorifero; se invece è realizzato per somministrare calore ad un ambiente a temperatura maggiore rispetto a quella esterna, si tratta di una pompa di calore.

Il trasferimento di calore avviene da un serbatoio freddo Qc a uno caldo, mediante l’effetto del lavoro W che viene convertito in trasferimento di calore secondo l’equazione Qh = Qc + W.

Le componenti di un impianto frigorifero sono il compressore, il condensatore, lo strozzatore e l’evaporatore. Il coefficiente di prestazione COPref valuta la quantità di calore trasferito Qc in rapporto al lavoro W.

Un altro metodo per valutare la qualità di un impianto refrigerante è dato dal (EER), definito come EER = Qc t2 / W t1.

Le pompe di calore sono macchine in grado di trasportare il calore da un ambiente a un altro. In estate, sottraggono calore all’ambiente che si vuole rinfrescare, portandolo all’esterno; in inverno forniscono calore all’ambiente che si vuole riscaldare, sottraendolo all’ambiente esterno.

Il principio di funzionamento delle pompe di calore è lo stesso del frigorifero quando si vuole raffreddare e l’opposto quando si vuole riscaldare. In quest’ultimo caso, il fluido circolante assorbe calore dall’esterno e lo cede all’interno della . Le fasi coinvolte sono l’evaporazione, la compressione, la condensazione e l’espansione.

La qualità di una pompa di calore viene valutata in funzione del calore trasferito Qh rispetto al lavoro richiesto. Il coefficiente di prestazione COPhp rappresenta questo rapporto.

Energia libera di Helmholtz e di Gibbs- Chimica

Energia libera di Helmholtz e di Gibbs in Chimica

L’energia libera di Helmholtz è una funzione di stato utilizzata per rappresentare l’energia libera in una trasformazione dove la temperatura e il volume rimangono costanti. Il consente di prevedere la spontaneità e la reversibilità di un processo. In un processo spontaneo, la variazione totale di è maggiore di zero, mentre in condizioni di equilibrio o in un processo reversibile la variazione totale di entropia è uguale a zero. Per prevedere la spontaneità di una reazione, è necessario trovare altri criteri basati sull’uso di funzioni termodinamiche relative esclusivamente al sistema, piuttosto che all’ambiente, imponendo specifici vincoli come condizioni di volume costante, temperatura costante o volume e temperatura costanti.

Energia libera di Helmholtz

L’energia libera di Helmholtz viene definita come A = U – TS, dove U rappresenta l’. In un processo spontaneo che avviene a volume e temperatura costante, la variazione dell’energia libera di Helmholtz dA è inferiore a zero. Se dA è uguale a zero, il processo è reversibile o ha raggiunto uno stato di equilibrio.

L’energia libera di Gibbs, definita come G = H – TS, fornisce ulteriori utili informazioni sulla spontaneità di un processo a pressione e temperatura costanti. Un processo è spontaneo se, a pressione e temperatura costante, la variazione di energia libera di Gibbs ΔG è inferiore a zero. Se ΔG è uguale a zero, il processo è reversibile o ha raggiunto uno stato di equilibrio.

Le funzioni termodinamiche dell’energia libera di Helmholtz e l’energia libera di Gibbs consentono anche di ottenere utili informazioni. Ad esempio, l’energia libera di Helmholtz fornisce informazioni massimo lavoro che può essere fatto da un sistema a temperatura costante, mentre l’energia libera di Gibbs fornisce informazioni sul massimo lavoro che può essere fatto da un sistema a pressione costante. Infine, a pressione e temperatura costanti, il massimo lavoro corrisponde alla variazione di energia libera del processo.

Minerali metalliferi: riduzione dei metalli

La riduzione dei minerali metalliferi

I minerali metalliferi possono contenere uno o più metalli ed è economicamente vantaggioso estrarre da essi un metallo. Le materie prime utilizzate per l’estrazione dei metalli sono i minerali metalliferi. Alcuni metalli come platino, , argento hanno scarsa tendenza a ossidarsi e si trovano più facilmente allo stato ridotto ovvero i metalli allo stato natio.

La maggior parte dei metalli si trovano nello stato ossidato, principalmente come ossidi, ossidi idrati, solfuri, carbonati, e cloruri. Pertanto, la preparazione dei metalli è in gran parte un processo di riduzione. I minerali metalliferi contengono impurezze, chiamate ganga, che devono essere eliminate per aumentare la concentrazione della sostanza utile. I vari trattamenti di concentrazione vengono adottati in base alle caratteristiche del materiale.

Il primo trattamento effettuato è la flottazione. Questo metodo sfrutta le differenze di polarità e affinità con l’acqua tra la ganga e il minerale. La flottazione si realizza polverizzando i minerali metalliferi, sospendendoli in acqua contenente oli ed agitando in presenza di tensioattivi. Successivamente si forma una schiuma che trascina le particelle di solfuro poco solubili in acqua, favorendone il galleggiamento, mentre la ganga idrofila resta fondo del bacino di flottazione.

La levigazione è effettuata quando tra il minerale e la ganga che lo accompagna esiste una notevole differenza di peso specifico. Il materiale, previamente macinato, viene sottoposto all’azione di una corrente d’acqua che trascina più lontano le particelle meno pesanti. Questo processo è adatto, ad esempio, per le sabbie aurifere sfruttando la notevole differenza tra il peso specifico dell’oro e quello della sabbia.

Concentrazione elettromagnetica

La concentrazione elettromagnetica è applicabile ai minerali metalliferi in cui un componente è dotato di proprietà magnetiche; la separazione si realizza sottoponendo il materiale polverizzato all’azione di un’elettrocalamita.

Una volta ottenuto il minerale arricchito, si procede con la riduzione.

Riduzione

Sugli ossidi si esegue la riduzione con carbone o con un ossido di . Se gli ossidi dei metalli hanno potenziali redox molto bassi, è necessario un processo di riduzione più energico. I solfuri devono essere trasformati in ossidi per riscaldamento all’aria, un processo noto come “arrostimento”. I carbonati vengono trasformati in ossidi per riscaldamento, in un processo chiamato calcinazione e possono comportare anche ossidazione del metallo ad opera dell’ossigeno atmosferico con successiva riduzione degli ossidi.

Espansione adiabatica di un gas ideale

Espansione Adiabatica di un Gas Ideale: Concetti Fondamentali e Equazioni Associate

Quando un gas si espande adiabaticamente, compie lavoro sull’ambiente e, di conseguenza, la sua interna diminuisce. Secondo il , questa variazione di è descritta dall’equazione dU = dQ – pdV. Nell’espansione adiabatica, in cui dQ = 0, l’equazione diventa dU =  – pdV.

L’energia interna U è funzione della temperatura (T) e del volume (V), ovvero U = U(T,V). Pertanto, dU = ( δU/δT)V dT + (δU/δV)T dV. Nel caso di un’espansione adiabatica, (δU/δV)T = 0, e quindi dU = ( δU/δT)V dT. Questo corrisponde al calore specifico a volume costante, denotato come CV = ( δU/δT)V, consentendo di riscrivere l’equazione come dU = CV dT.

Unendo l’equazione precedente con l’equazione dell’espansione adiabatica, si ottiene – nRT/V dV = CV dT, che dopo essere riarrangiata diventa dT / T = – nR dV/ CV V.

Dalla definizione di , dH = dQ + Vdp. Nell’espansione adiabatica, considerando che dQ = 0, l’equazione diventa dH = Vdp. Questo può essere espresso come dH = ( δH/δT)p dT, dove il calore specifico a pressione costante è rappresentato da Cp = ( δH/δT)p. Utilizzando l’ V = nRT/p, si ot…

Potenziali termodinamici: potenziale di Landau, energia interna

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Potenziali termodinamici e il loro ruolo nel determinare gli stati termodinamici

I potenziali termodinamici sono quantità scalari usate per descrivere stati termodinamici e processi non ciclici. Cinque tipi di potenziali termodinamici includono interna, energia libera di Helmholtz, , e potenziale di Landau.

L’energia interna è una funzione di stato che rappresenta l’energia associata al moto casuale e disordinato delle molecole. I due principali contributi all’energia interna sono l’energia cinetica e l’energia potenziale.

Energia libera di Helmholtz

L’energia libera di Helmholtz misura il lavoro utile ottenibile da un sistema termodinamico chiuso a temperatura e volume costante.

Entalpia

L’entalpia di un sistema termodinamico è la somma dell’energia interna e dell’energia ottenuta dal prodotto della pressione per il volume.

Energia libera di Gibbs

L’energia libera di Gibbs di un sistema termodinamico è determinata dalla differenza tra la sua entalpia e il prodotto della sua per la sua temperatura assoluta. Indica la capacità di fare un lavoro non meccanico e ha un ruolo nella spontaneità di una reazione.

Potenziale di Landau

Il potenziale di Landau, o gran potenziale, è una quantità usata in meccanica statistica, in particolare nei processi irreversibili che avvengono in sistemi aperti. È definito come ΦG = U – TS – μN, dove U è l’energia interna, T è la temperatura, S è l’entropia, μ è il potenziale chimico e N è il numero di particelle nel sistema.

I potenziali termodinamici, indicano la capacità di effettuare lavoro e sviluppare calore. Sono utili nel computo degli effetti di una reazione chimica e nella misurazione delle proprietà dei materiali in una reazione.

Principio di minima energia

I potenziali termodinamici tendono a diminuire fino a raggiungere il valore minimo di energia, in particolare quando i parametri del sistema sono mantenuti costanti come entropia, temperatura, pressione e parametri esterni.

I potenziali termodinamici giocano un ruolo chiave nel determinare gli stati termodinamici e nella comprensione dei processi termodinamici non ciclici, consentendo il calcolo degli effetti delle reazioni chimiche e la misurazione delle proprietà dei materiali.

Acetaldeide e derivati: sintesi

Acetaldeide e derivati: sintesi e metodi di ottenimento

L’acetaldeide, conosciuta anche come etanale con formula CH3CHO, è un liquido incolore volatile e infiammabile con un odore pungente e irritante. Questo composto riveste un ruolo importante nelle sintesi industriali organiche e viene impiegato in svariati settori industriali, come nelle industrie della , conceria e cartaria, nonché come conservante per frutta e prodotti ittici.

Metodi di ottenimento:
1) Da etanolo
Convenzionalmente, l’etanolo può essere trasformato in acetaldeide sia mediante o tramite ossidazione.

Nei processi che coinvolgono la deidrogenazione, l’etanolo viene fatto reagire su un catalizzatore di rame attivato con cromo a 260-290 °C, generando acetaldeide e come prodotti. In alternativa, il processo di ossidazione avviene facendo passare acetaldeide e aria su una rete di argento a 450-550 °C.

2) Da etilene
L’etilene può essere ossidato ad acetaldeide in presenza di sali di palladio e rame, secondo il processo Wacker.

3) Da idrocarburi leggeri
L’ossidazione di idrocarburi saturi, in particolare butano, produce una miscela di composti ossigenati tra cui l’acetaldeide. Questo processo avviene mediante una serie di reattori di ossidazione operanti in fase liquida o gassosa e un sistema di frazionamento dei prodotti di ossidazione.

Derivati dell’acetaldeide
1)
Il processo più diffuso per la di acido acetico è basato sull’ossidazione dell’acetaldeide catalizzata da acetato di cobalto o manganese, condotta con ossigeno a circa 70-80 °C. Modificando le condizioni di reazione e il sistema catalitico, l’ossidazione dell’acetaldeide può condurre alla produzione simultanea di acido e anidride.

2) Paraldeide
Tre molecole di acetaldeide possono condensare a temperatura ambiente per formare un trimero ciclico contenente legami singoli C-O.

3) Metaldeide
La metaldeide è il tetramero ciclico dell’acetaldeide, preparato per ciclizzazione con acido solforico a bassa temperatura (-10 °C). Questo composto trova impiego nella produzione di profumi, poliesteri e coloranti basici, oltre che come conservante, agente aromatizzante, denaturante dell’alcol, in composizioni di carburanti e come solvente nelle industrie della gomma, concia e carta.

L’acetaldeide nel corpo umano si forma per ossidazione dell’etanolo nel fegato prima di essere convertita ad acido acetico. È più tossica dell’alcol etilico ed è responsabile dei malesseri avvertiti dopo aver ingerito sostanze alcoliche.

Biocarburanti: bioetanolo, biodiesel

Biocarburanti: scopri il bioetanolo e il biodiesel

I biocarburanti sono una fonte di sostenibile ottenuta da biomasse, a differenza dei tradizionali combustibili fossili. La biomassa si riferisce alla frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti da varie attività agricole e industriali.

Durante l’evoluzione dell’umanità, fonti naturali di energia come il vento e l’ dei fiumi sono state utilizzate per svariati scopi. Tuttavia, l’avvento dei combustibili fossili ha rivoluzionato l’industria e i trasporti, relegando le biomasse in un ruolo secondario.

Tuttavia, le crisi petrolifere e la crescente consapevolezza dell’esaurimento delle risorse non rinnovabili hanno spinto la ricerca di fonti energetiche alternative come i biocarburanti. Tra i più conosciuti troviamo il bioetanolo, il biocherosene, il biobutanolo e il bio-olio.

Il bioetanolo, un tipo di biocarburante, viene principalmente prodotto attraverso la fermentazione degli zuccheri. L’etanolo è ottenuto utilizzando residui di lavorazioni agro-industriali o sciroppi di glucosio prodotto dall’idrolisi dell’amido di mais. Negli ultimi anni, la ricerca si è concentrata sul bioetanolo di seconda generazione, ottenuto dagli idrolizzati dei materiali lignocellulosici come la paglia e il legno di scarto, al fine di non utilizzare risorse alimentari preziose.

Il biodiesel, un altro tipo di biocarburante, è principalmente ottenuto da materie prime rinnovabili come oli vegetali o grassi animali. La reazione chimica coinvolta nella di biodiesel è la transesterificazione, che porta alla formazione di esteri metilici di (FAME) e glicerolo come co-prodotto. Gli oli vegetali vengono riscaldati in presenza di un alcol, in genere il metanolo, in una soluzione alcalina per produrre combustibile.

In ultima analisi, i biocarburanti come bioetanolo e biodiesel si pongono come valide alternative ai combustibili fossili, poiché sono ottenuti da fonti rinnovabili e contribuiscono alla dell’impatto ambientale legato all’uso di combustibili tradizionali.

Modello atomico di Bohr: postulati

Il contributo di Niels Bohr alla comprensione della atomica

Niels Bohr, fisico danese, propone nel 1913 un modello atomico rivoluzionario basato sullo spettro a righe dell’atomo di idrogeno. Questa teoria rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della struttura atomica e il suo autore nel 1922 viene insignito del Premio Nobel per la fisica.

Durante i suoi studi all’Università di Manchester, Bohr collabora con Ernest Rutherford, il quale, attraverso il celebre esperimento sulla struttura atomica, dimostra che l’atomo è costituito da un nucleo circondato dagli elettroni. Nonostante ciò, la teoria atomica di Rutherford non spiega come gli elettroni possano muoversi attorno al nucleo senza finire per spiraleggiare verso di esso, emettendo elettromagnetica.

Per superare le limitazioni del modello di Rutherford, Bohr combina le conoscenze della fisica classica con quelle della fisica quantistica elaborando un nuovo modello atomico che si basa su quattro .

Postulati del modello atomico di Bohr

Il modello atomico di Bohr si basa su quattro postulati fondamentali. Il primo postulato afferma che l’elettrone in un atomo si muove secondo un’orbita circolare intorno al nucleo, regolato dalla forza elettrica di Coulomb tra l’elettrone e il nucleo.

Il secondo postulato descrive il moto dell’elettrone secondo le leggi di Newton, introducendo però il concetto di permesse, in particolare quelle di raggio tale che il momento angolare dell’elettrone sia multiplo intero di h/2π, nota costante di Planck. Questo quanto introduce un nuovo aspetto quantistico nella teoria.

Il terzo postulato stabilisce che un elettrone in un’orbita di Bohr non emette continuamente radiazione elettromagnetica, quindi la sua energia rimane costante, definendo così l’orbita come “stazionaria”.

Il quarto postulato afferma che la radiazione elettromagnetica viene emessa solo quando un elettrone si sposta da un’orbita ad energia maggiore a una ad energia minore, emettendo un quanto di energia definito dalla equazione di Planck-Einstein.

L’energia di un elettrone in un’orbita permessa è caratterizzata da un particolare valore di n, e si articola in energia cinetica e energia potenziale, le quali, combinate all’equazione di Planck-Einstein, forniscono una trattazione teorica dei valori di energia dello spettro dell’atomo di idrogeno.

Conclusioni

Il modello atomico di Bohr rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della struttura atomica e ha contribuito significativamente alla fisica quantistica. La sua combinazione di concetti della fisica classica con quelli della fisica quantistica ha permesso di superare le limitazioni del modello atomico di Rutherford e di fornire una spiegazione più accurata dello spettro atomico dell’atomo di idrogeno.

Coniugazione: classificazione, esempi

La Coniugazione delle Molecole: Definizione e Tipi

La coniugazione rappresenta la diminuzione di energia di una molecola a causa della presenza di legami insaturi coniugati, i quali sono disposti in modo alternato rispetto ai legami saturi. Le molecole che permettono la delocalizzazione degli elettroni possono dare tre tipi di coniugazione: π-π, π-p e π-σ.

Coniugazione di Tipo π-π

Un esempio di questo tipo di delocalizzazione è il ,3-butadiene, CH2=CH-CH=CH2. Nelle molecole a catena lineare, la risonanza ha un ruolo relativamente marginale nella determinazione della struttura elettronica dei vari sistemi nello stato fondamentale. La della lunghezza del legame C2-C3 nell’1,3-butadiene rispetto a un analogo composto completamente saturo è attribuiblie più all’ibridazione degli orbitali coinvolti nel legame che a un preciso carattere di doppio legame.

Benzene

Un classico esempio di composto con coniugazione di tipo π-π è il benzene, che ha sei atomi di carbonio ibridati sp2 uniti da legami σ (sp2-sp2) per formare un ciclo a sei termini. La molecola è rappresentata da due strutture limite in risonanza tra loro. Gli orbitali pz si sovrappongono a due a due per dare luogo a tre doppi legami coniugati, ma localizzati tra due nuclei adiacenti. La molecola reale ha un contenuto energetico inferiore a entrambe le strutture prese singolarmente.

Coniugazione π-p

Il cloruro di vinile (CH2=CH-Cl) è un esempio comune di molecola che presenta questo tipo di coniugazione; la nube elettronica π tra i due atomi di carbonio risente della presenza del doppietto elettronico non condiviso cloro e viceversa. La coniugazione π-p può anche interessare particelle estremamente reattive come , e radicali, che risultano notevolmente stabilizzate da questo tipo di delocalizzazione.

Coniugazione π-σ

La coniugazione π-σ, detta iperconiugazione, coinvolge la sovrapposizione degli elettroni π con gli elettroni σ di un atomo adiacente, come nel caso del toluene. Si tratta di una risonanza in cui la posizione media dei nuclei non cambia. Le forme limite indicate nella scrittura indicano la sovrapposizione parziale degli elettroni σ del legame C-H con gli elettroni π.

In conclusione, la coniugazione delle molecole rappresenta un aspetto fondamentale nella comprensione della struttura elettronica e della stabilità dei composti chimici, influenzando direttamente i processi di reazione e le proprietà fisiche delle sostanze.

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