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Colonna di distillazione: bilanci materiali

Bilanci materiali in una colonna di distillazione: Analisi e processo

Una colonna di distillazione è composta da piatti che consentono il contatto tra il vapore che sale e il liquido piatto. Il contatto tra liquido e vapore permette lo scambio tra i componenti più volatili e quelli meno volatili. Durante questo processo, i componenti più volatili tenderanno ad evaporare, mentre quelli meno volatili condenseranno. Il vapore che esce dalla colonna viene condensato e parte di esso costituisce il , mentre il resto è rinviato nella colonna come riflusso. Il liquido che scende dalla base è parzialmente vaporizzato in una caldaia, e una parte viene utilizzata come .

Il bilancio materiale globale della colonna di distillazione isolata porta alla relazione: Vm+ = Lm + D. Un bilancio materiale per un componente generico i assume la forma: Vm+1 ym+1,i = Lm xm,i + DxD,i. Combinando le due equazioni si ottiene: Vm+1 ym+1,i = Lm xm,i + Vm+1 xD,i – Lm xD,i, da cui si ricava: Lm/Vm+1 = xD,i – ym+1,i/ xD,i – xm,i.

Un’analisi simile può essere condotta per la , con le seguenti notazioni: W = portata molare del prodotto di coda e V = portata molare del vapore che sale dalla caldaia alla colonna. I bilanci materiali globale e relativo al componente i assumono la forma: Vn + W = Ln+1 e Vn yn,i + W xw,i = Ln+1 xn+1,i. Eliminando W si ottiene: Ln+1/Vn = xw,i – yn,i / xw,i – xn+1,i.

Rapporto tra i calori specifici di un gas: legge di Poisson

Il rapporto tra calore specifico a pressione e calore specifico a volume costante di un gas è un concetto di fondamentale importanza nella termodinamica, denominato . Tale rapporto è rappresentato da γ = Cp/Cv, dove Cp indica il calore specifico a pressione costante e Cv il calore specifico a volume costante. Mentre per solidi e liquidi la differenza tra Cp e Cv è trascurabile, per i gas questa differenza è notevole, in quanto il calore assorbito a pressione costante viene utilizzato anche per produrre lavoro quando il gas si espande contro una pressione esterna.

Il riscaldamento di una mole di gas a volume costante richiede l’aggiunta di una quantità di calore Cv per aumentare di K la sua temperatura, mentre se il gas si espande contro la pressione esterna costante, la quantità di calore erogata non è totalmente impiegata per aumentare la temperatura, ma in parte viene usata dal sistema per produrre lavoro di espansione. Questo implica che per aumentare di 1 K la temperatura di una mole di gas occorre fornire una quantità di calore pari a Cp = Cv + pΔV. Inoltre, il calore necessario per scaldare n moli di un gas a volume costante di un incremento infinitesimo di temperatura dT è dato da dQv = nCvdT.

Applicando tali concetti al Primo principio della termodinamica, in cui non sono possibili altre forme di lavoro oltre a quello meccanico, si deduce che dQv = dU, ovvero il calore assorbito dal sistema a volume costante corrisponde all’incremento della sua . Pertanto, se è nota la dipendenza dell’ interna dalla temperatura, il calore specifico Cv può essere immediatamente dedotto facendo la derivata di tale funzione rispetto a T.

Per determinare il , i due chimici francesi Clément e Desormes condussero un esperimento sull’aria, un gas biatomico, in cui sottoposero il gas a una compressione adiabatica portandolo da uno stato iniziale A a uno stato intermedio B e successivamente a una trasformazione isocora fino allo stato C, in cui la temperatura era uguale a quella dello stato iniziale.

Nelle trasformazioni adiabatiche, ovvero trasformazioni senza scambi di calore con l’esterno, durante il processo vale la legge di Poisson: PAV^γ = PBV^γ, da cui si ottiene il rapporto di pressione e volume tra due stati differenti. Successivamente, è dimostrato che il rapporto tra le temperature e le pressioni in vari stati è legato dal rapporto Cp/Cv attraverso varie relazioni.

In conclusione, la legge di Poisson e il rapporto tra i calori specifici a pressione e volume costante sono concetti fondamentali nella termodinamica dei gas, e hanno importanti implicazioni nella comprensione del comportamento dei gas in diversi processi termodinamici.

Processi di trasporto di materia: numero di Reynolds

Processi di trasporto di materia:

Nei reattori chimici, la presenza di gradienti di concentrazione dà luogo a processi di trasporto di materia che interagiscono con le reazioni chimiche coinvolte. Spesso, ciò porta a un’alterazione dei valori misurati della velocità di reazione. Questi effetti sono più significativi nei sistemi eterogenei, dove le reazioni catalitiche eterogenee vengono condotte industrialmente facendo passare un fluido a contatto con un letto granulare di particelle sulla cui superficie avviene la reazione chimica.

Sequenza di eventi

In tali situazioni, è importante considerare la sequenza di eventi, che include il trasferimento del reagente dalla fase fluida alla superficie esterna dei granuli del catalizzatore, la diffusione nei pori presenti nei granuli, l’adsorbimento e la reazione superficiale, la controdiffusione nei pori all’interno dei granuli e il trasferimento dei prodotti di reazione dalla superficie dei granuli al cuore della massa fluida.

Coefficiente di trasporto

Gli stadi di trasferimento di materia possono essere espressi mediante un’equazione del tipo: Ni = ke (Ci – Ci,s), dove Ci rappresenta la concentrazione del componente nel cuore del fluido e Ci,s è il suo valore alla superficie del solido. Il coefficiente di trasporto di materia ke è espresso dal rapporto del del componente e il valore medio dello spessore dello strato di fluido in moto laminare che fluisce a contatto con la superficie.

Numero di Reynolds

Il numero di Reynolds (Re) è definito come Re = uρdp/μ, dove dp è il diametro di un granulo e u è la velocità del fluido. Mentre il numero di Schmidt (Sc) è definito da Sc = μ/ρD, con D come il coefficiente di diffusione del componente, μ la viscosità e ρ la densità. Il passaggio da un regime all’altro è condizionato dal valore della temperatura, con il regime chimico che prevale a temperature basse e il regime diffusionale a temperature elevate come nelle reazioni di combustione dei solidi.

In conclusione, la comprensione e l’analisi del numero di Reynolds sono fondamentali per valutare l’influenza delle trasformazioni chimiche e dei processi di trasporto di materia, offrendo così una prospettiva più approfondita sull’ottimizzazione delle reazioni industriali.

Grado di avanzamento di una reazione

Grado di Avanzamento di una Reazione Chimica: Concetti Chiave e Implicazioni

Il grado di avanzamento di una reazione chimica è un parametro fondamentale per comprendere la variazione nel corso della reazione del numero di moli di specifici componenti. Nella chimica fisica, la velocità di reazione può essere strettamente correlata al grado di avanzamento, il quale dipende dalle concentrazioni delle specie coinvolte e può variare in diversi punti dell’apparecchiatura di reazione.

Equilibrio Chimico e Costanti di Velocità

La velocità di una reazione chimica può essere espressa attraverso la costante di velocità, la quale a sua volta dipende dalla temperatura secondo l’. Questa equazione coinvolge il fattore di frequenza, l’ di attivazione e gli ordini di reazione che determinano la sensibilità della velocità di reazione alla variazione di concentrazione dei reagenti. Inoltre, la della reazione, legata alla sua variazione di standard, gioca un ruolo fondamentale nello studio del grado di avanzamento.

Bilancio Materiale e Velocità di Reazione

Il bilancio materiale di un reattore chimico è un passo cruciale per comprendere la trasformazione dei componenti nel corso della reazione. La velocità con cui avviene tale trasformazione è espressa come la differenza tra i componenti entranti e uscenti nell’unità di , inclusa la velocità di reazione per unità di volume del sistema reagente. Inoltre, la velocità totale di reazione tende ad annullarsi quando il sistema si avvicina alle condizioni di equilibrio, evidenziando l’importanza della relazione tra concentrazione e grado di avanzamento della reazione.

Il Ruolo del Grado di Avanzamento nella Chimica Fisica

Le concentrazioni dei componenti in un sistema reattivo possono essere espresse attraverso un parametro particolare chiamato grado di avanzamento della reazione. Questo parametro è fondamentale per comprendere l’evoluzione della reazione chimica nel tempo ed è strettamente legato ai coefficienti stechiometrici e alle variazioni di moli dei componenti nel sistema. La velocità di reazione può essere espressa esclusivamente in funzione del grado di avanzamento e della temperatura, sottolineando l’importanza di comprendere il ruolo di questo parametro nell’ambito della chimica fisica.

In conclusione, il grado di avanzamento di una reazione chimica è un concetto cruciale per comprendere la dinamica delle trasformazioni chimiche e le relazioni tra le concentrazioni dei reagenti e prodotti. Il suo ruolo nell’ambito della chimica fisica ne fa un parametro fondamentale nello studio delle reazioni chimiche e del comportamento dei reattori chimici.

Polimetilmetacrilato: sintesi, usi

Polimetilmetacrilato: sintesi e applicazioni

Il polimetilmetacrilato, conosciuto come plexiglass, è un tipo di polimero termoplastico spesso utilizzato al posto del vetro per via della sua notevole trasparenza. Questo materiale possiede diverse denominazioni commerciali, tra cui Acrivill, Altuglas, Deglas, Limacryl, Lucite, Oroglas, Perclax, Perspex, Plexiglass, Vitroflex, Trespex e Setacryl.

Il polimetilmetacrilato si ottiene a partire dal metilestere dell’acido 2-metilpropenoico, noto come metilmetacrilato, mediante due processi di sintesi. Un metodo si basa sull’utilizzo di acetone, mentre l’altro impiega e metanolo come reagenti.

Nel primo metodo, l’acetone reagisce con cianuro di idrogeno per produrre 2-idrossi-2-metilpropanonitrile, che viene successivamente trasformato in ammide. Quest’ultima reagisce con il metanolo in presenza di un catalizzatore acido per produrre il metil, 2-metilpropenoato, componente fondamentale per la sintesi del polimero.

Nel secondo metodo, l’etene reagisce con monossido di e metanolo per produrre il metilpropionato, che a sua volta, reagendo con metanale in condizioni specifiche, genera il metil, 2-metilpropenoato.

La polimerizzazione del metil, 2-metilpropenoato avviene per via radicalica, utilizzando un perossido o un azocomposto come catalizzatore. La quantità di iniziatore influisce sia sulla velocità della reazione di polimerizzazione che peso molecolare del polimero risultante. Questa reazione può avvenire in massa, in soluzione, in sospensione e in emulsione.

Il polimetilmetacrilato trova numerose applicazioni, quali la fabbricazione di tettoie, vetrate, pannelli decorativi, piani per mobili, lastre per autoveicoli, cupole protettive, insegne pubblicitarie, lenti infrangibili, nonché nell’industria automobilistica, edilizia, produzione di vernici, smalti e inchiostri.

Il PMMA si è dimostrato un materiale estremamente versatile con un’ampia gamma di utilizzi ed è considerato una valida alternativa al vetro grazie alla sua trasparenza e resistenza.

Via dei pentoso fosfati: fasi

La Via dei Pentoso Fosfati: La Fonte di e 5-Fosfato

La via dei pentoso fosfati rappresenta un’alternativa alla ed è adottata dai batteri che non dispongono dell’enzima aldolasi. Questa via fornisce la maggiore quantità di NADPH, necessaria per i processi anabolici e per la sintesi di molecole complesse. Inoltre, produce ribosio 5-fosfato, un precursore degli acidi nucleici.

La via del pentoso fosfato, anche conosciuta come Shunt, è un processo metabolico che, oltre a produrre NADPH, dà origine al ribosio 5-fosfato, utilizzato per la sintesi di molecole complesse come gli acidi nucleici.

Estratti dalla fase ossidativa irreversibile e dalle interconversioni, le fasi della via dei pentosi fosfati sono cruciali per la produzione di NADPH e ribosio 5-fosfato.

La fase ossidativa irreversibile comprende tre reazioni: la deidrogenazione del glucosio-6-fosfato, l’idrolisi del 6-fosfoglucono-δ-lattone e la decarbossilazione ossidativa del 6-fosfoglutonato.

Dopo la fase ossidativa, inizia la fase delle interconversioni, che prevede una serie di reazioni reversibili. Questo processo comporta isomerizzazione, conversione in xilulosio-5-fosfato e sintesi di gliceraldeide-3-fosfato e sedoeptulosio-7-fosfato.

Il flusso attraverso la via di sintesi dei pentosi fosfati è regolato dall’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi. Il deficit di questo enzima, noto come favismo, può causare sofferenza degli eritrociti, rendendoli suscettibili alla lisi in presenza di particolari farmaci o di determinati alimenti.

Sia la fase ossidativa irreversibile che quella delle interconversioni sono fondamentali per la produzione di NADPH e ribosio 5-fosfato, sostenendo processi vitali nel metabolismo cellulare.

In sintesi, la via dei pentosi fosfati fornisce sia NADPH, un importante trasportatore di chimica, che ribosio 5-fosfato, il quale agisce come precursore di molecole più complesse, svolgendo un ruolo cruciale nel metabolismo cellulare.

Distribuzione di probabilità: atomo di idrogeno, funzioni d’onda

Distribuzione di probabilità nell’atomo di idrogeno: fenomeni quantistici

Nel contesto della meccanica quantistica, la conoscenza simultanea della posizione e della velocità di una particella non è possibile, ma è piuttosto descritta in termini statistici attraverso la distribuzione di probabilità.

Per determinare la posizione di un elettrone all’interno di un atomo, è possibile applicare il principio di indeterminazione di Heisenberg, espresso dall’equazione ΔxΔp = ħ. Dove Δx rappresenta l’errore sulla posizione, Δp quello sulla quantità di moto e ħ è la costante di Planck ridotta. La quantità di moto di un elettrone in un atomo si aggira intorno a 9 ∙ 10^-19 g cm/s.

Il valore della costante di Planck ridotta è di circa 6.55 ∙ 10^-27 erg· s, consentendo un’approssimazione utile per ottenere Δx, che risulta essere dell’ordine di grandezza di 10^-8 cm. In relazione alle dimensioni dell’atomo di idrogeno, Δx si situa quasi nello stesso ordine di grandezza dell’atomo stesso. Questa condizione implica che finché l’elettrone è legato all’atomo, non si può affermare altro se non che si trova all’interno dell’atomo.

Funzioni d’onda e distribuzione di probabilità

Per ciascun valore del numero quantico principale n, è possibile ottenere un’ e una o più funzioni d’onda risolvendo l’ per l’atomo di idrogeno. Conoscere le funzioni d’onda, o le ampiezze di probabilità ψ, consente di calcolare la distribuzione di probabilità per l’elettrone in relazione al numero quantico principale.

La distribuzione di probabilità e la per n = sono indipendenti dalla direzione e dipendono solo dalla distanza r tra l’elettrone e il nucleo. L’elettrone si trova più frequentemente vicino al nucleo, e la probabilità che si trovi a una certa distanza diminuisce all’aumentare di r. Questa condizione porta all’ionizzazione dell’atomo poiché l’energia dei fotoni con una lunghezza d’onda inferiore a 10^-8 cm risulta essere superiore all’energia necessaria per ionizzare l’atomo di idrogeno.

Funzione di distribuzione radiale

La funzione di distribuzione radiale Qn(r) per lo stato fondamentale dell’atomo di idrogeno ha un andamento caratteristico, che raggiunge un massimo quando r = ao, con ao che rappresenta l’unità di lunghezza atomica ( ao = 5.29∙10^-9 cm). All’aumentare del raggio, il volume di spazio definito da 4πr^2 Δr aumenta, raggiungendo un massimo a r = ao.

In sintesi, l’argomento illustra come la distribuzione di probabilità, le funzioni d’onda e la funzione di distribuzione radiale siano cruciali per comprendere il comportamento dell’elettrone all’interno dell’atomo di idrogeno, permettendo di valutare la sua posizione e la in relazione alla distanza dal nucleo.

Acidità di composti organici: effetto induttivo, risonanza

Acidità di composti organici: effetto induttivo e risonanza

L’acidità dei composti organici come gli acidi carbossilici dipende dalla capacità dell’acido di cedere un protone a un opportuno accettore. La valutazione dell’acidità dei composti organici si basa sulla o pKa.

I fattori strutturali che influenzano la forza dell’acido e della sua base coniugata includono l’effetto di risonanza, gli effetti induttivi ed elettrostatici, l’, la possibilità di formare legami a idrogeno e gli effetti sterici.

Effetto di risonanza

Gli effetti di risonanza giocano un ruolo cruciale nell’acidità dei composti organici. Gli acidi carbossilici il cui anione è stabilizzato dalla risonanza sono significativamente più forti dei corrispondenti alcoli in cui la sostituzione del carbonile con un gruppo metilenico impedisce la stabilizzazione della carica negativa per risonanza.

Effetto induttivo

A differenza dell’effetto mesomerico, l’effetto induttivo dipende fortemente dalla distanza. La presenza di effetti induttivi può modificare le proprietà acide e basiche di determinati gruppi, come nel caso dell’acido trifluoroacetico e del β-trifluoroetilammonio.

Legami a idrogeno

La formazione di legami a idrogeno intramolecolari può influenzare significativamente la forza di un acido o di una base. Ad esempio, l’acido o-idrossibenzoico è più forte dell’acido p-idrossibenzoico a causa della formazione del legame a idrogeno nell’isomero orto.

Effetti sterici

Gli effetti sterici possono influenzare le proprietà acide e basiche dei composti aromatici influenzando la risonanza, come nel caso del 3,5-dimetil-4-nitrofenolo rispetto al 4-nitrofenolo.

Ibridazione

La disponibilità di un doppietto elettronico per la formazione di un legame con il protone dipende dall’ibridazione, e la basicità aumenta con il carattere p. Questo è evidente nel confronto dei pKa per l’etano, l’ e l’etino.

In sintesi, la comprensione dell’acidità dei composti organici è cruciale per comprendere le reazioni chimiche e la stabilità delle molecole organiche. La molecolare e i vari effetti influenzano la forza degli acidi e delle basi, e l’analisi di tali fattori è essenziale per una comprensione approfondita della chimica organica.

Trattamento dell’acqua in una piscina: disinfettanti

Il corretto trattamento dell’ in una piscina

Il trattamento dell’acqua di una piscina è di fondamentale importanza per preservare la salute di chi vi entra; l’acqua, infatti, è un ambiente ideale per la proliferazione di batteri e muffe. Il processo di trattamento è complesso e prevede varie fasi e aspetti necessari per prevenire e combattere fenomeni indesiderati.

È essenziale che una piscina sia dotata di un filtro adeguato per rimuovere le sostanze inquinanti e garantire la trasparenza dell’acqua. La scelta del tipo di filtro dipende dalle dimensioni della piscina. È importante garantire una corretta circolazione dell’acqua affinché i prodotti di trattamento siano uniformemente distribuiti e la temperatura dell’acqua rimanga costante.

Il controllo del pH dell’acqua è cruciale, con valori compresi tra 7.0 e 7.4 che garantiscono l’evitare irritazioni cutanee, la corrosione degli impianti e la formazione di alghe e batteri.

Disinfettanti per garantire la sicurezza dell’acqua

L’utilizzo di agenti disinfettanti come il cloro, sotto forma di ipoclorito di calcio (solido) o (liquido), è fondamentale per eliminare agenti patogeni dall’acqua della piscina. Tuttavia, è importante tenere conto delle proprietà e della stabilità di tali agenti disinfettanti, ad esempio l’ non è molto stabile e può degradarsi in presenza di luce UV. In commercio esistono disinfettanti dotati di stabilizzanti per ovviare a questo problema.

L’ozonizzazione è un altro metodo di trattamento dell’acqua che garantisce una sicurezza microbiologica eccellente grazie alla maggiore attività dell’ossigeno nascente rispetto al cloro nella distruzione dei batteri. Tuttavia, l’ozono è un gas instabile e costoso da produrre, limitandone l’utilizzo.

Prima di immergersi in piscina, è consigliabile fare una doccia per salvaguardare la propria salute e quella degli altri usufruendo della .

In conclusione, il trattamento dell’acqua in una piscina richiede la scelta e l’utilizzo corretto di disinfettanti e un’attenta gestione degli altri parametri per garantire un ambiente sano e sicuro per chi ne usufruisce.

Germanio: proprietà, composti

Il Germanio e i Suoi Composti

Il Germanio, con numero atomico 32 e appartenente al della tavola periodica, ha configurazione elettronica [Ar] 3d10, 4s2, 4p2 e si trova nel gruppo del carbonio tra il silicio e lo stagno. Si presenta come un solido a temperatura ambiente, duro, fragile, lucido, di colore bianco-grigio.

Proprietà
Il Germanio è un semimetallo con proprietà chimico-fisiche simili a quelle del silicio ed è utilizzato come semiconduttore nei transistor e nei circuiti integrati quando viene drogato con piccole quantità di arsenico, gallio, indio, antimonio e . Quando colpito da fotoni aventi un’energia maggiore di 11.2 keV, il cristallo diventa fluorescente ed emette un fotone avente un’energia di 9.9 keV.

È un elemento abbastanza raro e si trova in natura nella argirodite 4 Ag2S·GeS oltre che nella germanite. Nel 1886 il chimico tedesco Clemens Winkler scoprì il germanio mentre analizzava l’argirodite. Si dimostrò simile al silicio, ma alquanto più reattivo.

Composti
L’elemento si ossida lentamente a GeO2 a 250 °C, Il biossido di germanio può essere ottenuto per arrostimento del solfuro di germanio GeS2. Esso non ha carattere basico ma si scioglie in acido cloridrico diventando GeCl4, mentre reagisce con il sodio formando sali di germanio.

Conclusione
Il Germanio è un elemento dalle molteplici proprietà, spesso impiegato nell’elettronica e nei . La sua scoperta ha contribuito significativamente allo sviluppo della scienza e della tecnologia moderna.

Il Germanio: produzione e reattività

Il Germanio è un elemento chimico con numero atomico 32 e simbolo Ge. Esso è ampiamente impiegato nell’industria elettronica per la produzione di semiconduttori e di fibre ottiche. Il Germanio si trova in natura prevalentemente sotto forma di minerali eutettici di argento e piombo.

Il Germanio può essere ottenuto tramite diverse metodologie. La reazione del tetracloruro di germanio con litio alluminio idruro è uno dei modi per produrlo. Inoltre, i tetralogenuri di germanio GeX4 si ottengono per sintesi diretta degli elementi, mentre il fluoruro può essere ottenuto mediante la reazione con acido fluoridrico biossido.

Il Germanio reagisce con agenti ossidanti come l’acido solforico concentrato e ossigenata e si scioglie nei metalli alcalini per formare germanati. Questi germanati possono essere trattati con acidi o idrolizzati per ottenere un gel di ossido idrato GeO2 · n H2O, comportandosi in maniera simile al silicio.

Il biossido di germanio può essere ottenuto ad alta temperatura dalla reazione tra GeO2 e Germanio, mentre il monossido di germanio può essere ottenuto in modo simile. Il Germanio può anche formare germaniuri fondendo con elementi metallici elettropositivi, come nel caso dell’alluminio.

Il Germanio dà aloanioni complessi stabili del tipo GeF62-, e sono noti anche i dialogenuri GeX2 che si ottengono scaldando i tetralogenuri con germanio elementare. Questi composti sono notevolmente instabili e reattivi.

In conclusione, il Germanio mostra una vasta gamma di reattività e può essere prodotto attraverso una serie di processi chimici. La sua importanza nelle applicazioni tecnologiche moderne continua a garantirne una domanda costante sul mercato.

Rivelatori di energia radiante: curva H e D

Rivelatori di radiante: curva H e D

I rivelatori di energia radiante convertono il flusso radiante in un segnale elettrico legato alla radiazione incidente sulla superficie di un sensore. Le radiazioni elettromagnetiche e le loro intensità possono essere rivelate tramite fenomeni indotti dalla radiazione ovvero attraverso effetti chimici, effetti fotoelettrici, produzione di calore o per diretta induzione elettromagnetica.

Metodi fotochimici e fotografici
Un metodo assoluto per la rivelazione di una radiazione elettromagnetica e della sua intensità è fornito da una qualunque reazione fotochimica di cui si conosca la resa. Infatti la resa della reazione dipende dal numero di fotoni incidenti della radiazione e quindi dell’intensità. Tuttavia, un metodo fotochimico è capace di dare una risposta di tutta la radiazione incidente per un certo periodo di senza nessuna valutazione di possibili fluttuazioni di intensità in periodi di tempo più piccoli. Un particolare aspetto dei metodi fotochimici che trova vaste applicazioni è dato dai . Essi sfruttano il fatto che radiazioni sufficientemente energetiche sono capaci di dissociare gli di argento:
AgBr → Ag + Br
con il risultato di avere un deposito di argento metallico in alcune zone di un film o di una lastra opportunamente sviluppati. La quantità di argento metallico depositatasi in un punto può essere misurata attraverso un densitometro. Esso misura l’intensità della luce trasmessa attraverso il film o la lastra sviluppata rispetto all’intensità di luce incidente.

Curva H e D
La determinazione e valutazione fotografica è spesso soggetta a notevoli limitazioni a causa della non linearità della risposta dell’emulsione fotografica rispetto alla intensità dell’energia raggiante ricevuta. Esiste tra queste grandezze una relazione complessa che può essere visualizzata attraverso la curva H e D (da Hurter e Drieffeld) in cui sull’asse delle ascisse sono riportate i logaritmi delle esposizioni e sull’asse delle ordinate la densità. L’esposizione è la quantità totale di energia raggiante ricevuta ovvero il prodotto del potere raggiante moltiplicato per il tempo di esposizione. La densità è definita come il logaritmo decimale del rapporto tra la luce incidente (Po) e quella trasmessa (Pt):
D = log10 Po /Pt
Quindi, ad esempio, se la luce incidente vale 10 e quella trasmessa è uguale a 5 si ha:
D = log10 = 10/5 = 0.3. La curva H e D mostra chiaramente che una buona linearità esiste solo in un campo ristretto di esposizione, infatti non presenta un andamento rettilineo per radiazioni poco e molto intense quindi il tratto rettilineo rappresenta l’unica zona di lavoro effettiva della curva. Per questo motivo è spesso difficile far uso di metodi fotografici in assoluto, ma si preferisce tarare con opportuni standard e fare misure di confronto con essi. La rivelazione fotografica richiede radiazioni sufficientemente energetiche e trova applicazione nel campo del visibile, ultravioletto e particolarmente nella regione dei raggi X.

Fototubi nel vuoto
Nel classico effetto fotoelettrico i fotoni dotati di un’energia superiore ad una ben definita soglia limite sono capaci, quando arrivano su una superficie metallica, di provocare l’emissione di elettroni dotati di un’energia cinetica che dipende sia dall’energia della radiazione incidente sia dalla natura del metallo la quale controlla il valore della soglia limite dell’energia. Questo principio è sfruttato in tubi fotoemissivi mantenuti sotto vuoto o riempiti di gas. Questi tubi sono costituiti da due elettrodi sottoposti a una differenza di potenziale tramite una sorgente esterna e posti in un involucro trasparente; il catodo è generalmente costituito da un foglio di metallo costruito in maniera tale da raccogliere la radiazione incidente. Esso è ricoperto di un materiale caratterizzato dalla tendenza ad emettere elettroni per bombardamento fotonico. Nel fotocatodo opaco lo strato è spesso e gli elettroni sono emessi nella stessa direzione da cui arriva la radiazione. Nel fotocatodo trasparente sono emessi nell’altra direzione. L’anodo è costituito da un filo metallico che serve a scaricare gli elettroni emessi per effetto fotoelettrico. I tubi a fotoemissione trovano applicazione nel campo del visibile e del vicino ultravioletto.

Fototubi moltiplicatori
Tra i rivelatori di energia radiante vi sono i fototubi moltiplicatori. Hanno una particolare geometria operanti nel vuoto e costruiti in modo da ottenere in un solo tubo una amplificazione del segnale elettrico di parecchi milioni di volte per mezzo di un processo di emissione secondaria. Gli elettroni sono emessi da un catodo come in un normale fototubo, per effetto fotoelettrico. Tuttavia sono poi inviati contro una seconda superficie più sensibile (Cu-Be, Cs-Sb) detta dinodo mantenuta a un potenziale più positivo. Un elettrone incidente su tale superficie causa per urto l’emissione di molti elettroni secondari che sono a loro volta accelerati ed inviati ad un altro dinodo e così via. Questo processo viene ripetuto 10-15 volte per dare un’amplificazione totale di 2^10- 3^10 volte. I fototubi moltiplicatori sono usati negli spettrofotometri.

Policarbonati: sintesi, proprietà

Policarbonati: caratteristiche e impieghi nell’industria

I policarbonati (PC) rappresentano una particolare categoria di polimeri termoplastici ottenuti dalla policondensazione del carbonio con tre atomi di ossigeno. La struttura molecolare di questi composti può essere visualizzata come rappresentato in figura:

![Policarbonati](http://chimicamo.org//wp-content/uploads/2013/11/Polic.gif)

Le caratteristiche dei policarbonati variano in base al gruppo R e al peso molecolare: generalmente, un aumento del peso molecolare conferisce al polimero maggiore rigidità.

Sintesi dei Policarbonati

La sintesi dei policarbonati può avvenire mediante diversi monomeri di partenza. Il tipo più comune è ottenuto da bisfenolo A (2,2-bis(4-idrossifenil) propano o BPA) in soluzione basica e fosgene contenuto in un solvente organico come il diclorometano. Il bisfenolo A è prodotto dalla condensazione del fenolo con il propanone, mentre il fosgene deriva dalla reazione del monossido di carbonio e del cloro. La polimerizzazione è catalizzata da un’ammide all’interfaccia tra la soluzione acquosa e quella organica.

Proprietà dei Policarbonati

I policarbonati si presentano come solidi trasparenti con un punto di rammollimento compreso tra 150 e 300 °C. Mostrano eccellenti proprietà meccaniche ed elettriche e risultano insensibili all’azione di acqua, luce, agenti atmosferici e idrocarburi. A differenza del vetro, i policarbonati possono essere curvati a freddo. Grazie alle loro ottime proprietà ottiche, vengono impiegati in applicazioni che richiedono trasparenza e resistenza all’urto.

Applicazioni dei Policarbonati

I policarbonati trovano impiego in una vasta gamma di settori industriali. Sono utilizzati nei fari delle automobili, nei dispositivi di segnalazione stradale, negli impianti di illuminazione, nella produzione di lenti degli occhiali e bottiglie infrangibili. Trovano applicazione anche nel settore elettronico, edile e medico, in particolare nelle apparecchiature per dialisi.

In conclusione, i policarbonati rappresentano una soluzione versatile e affidabile per molteplici esigenze industriali, grazie alle loro caratteristiche uniche di trasparenza, resistenza e adattabilità.

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